Il Calderone di Severus

6.3 Giuseppe Verdi

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view post Posted on 2/2/2013, 18:13
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Dopo aver analizzato due opere di Wagner, incomincio la parte riguardante Verdi, un po’ perché mi piacerebbe andare più o meno in contemporaneità tra i due compositori, un po’ perché Verdi ha composto un numero decisamente maggiore d’opere. Naturalmente non credo di analizzare tutte le opere del compositore di Busseto, ma mi soffermerò su quelle più interessanti sia da un punto di vista tematico, sia da un punto di vista dell’evoluzione musicale.
Prima di fornirvi l’elenco delle opere di Verdi con accanto la data e le diverse versioni (che portano il numero delle opere di Verdi a più delle tradizionali 27, considerando, per esempio, che tra la prima versione di Forza del destino e la seconda cambia, oltre al finale, anche la struttura di un intero atto, rendendo le due opere decisamente diverse a livello drammaturgico), vorrei porre la luce su alcuni aspetti dell’opera verdiana.
In primo luogo, il mondo in cui Verdi si trova ad operare – ovvero quello della produzione operistica italiana – è decisamente diverso da quello in cui si trova ad operare, all’incirca negli stessi anni, Wagner. Il mondo produttivo italiano è dettato da ritmi decisamente sostenuti, da una produzione quasi seriale di opere, che contenevano al loro interno delle forme compositive ben precise, ovvero sia la divisione in numeri. Un’operazione di cambiamento radicale, come quella che opererà Wagner, in Italia sarebbe stata essenzialmente impossibile anche a livello puramente pratico (nessun compositore italiano si sarebbe mai potuto permettere anni per produrre un’opera). Di conseguenza, Verdi – dal punto di vista di certa critica musicologica, che io condivido – ha sempre lottato per poter superare, seppur con intenti decisamente diversi da quelli wagneriani, le forme dell’opera italiana, riuscendovi compiutamente unicamente con Otello e, ancora di più, Falstaff, dove i pezzi chiusi – pur in parte riconoscibili in Otello, soprattutto per quel che concerne la canzone del salice e la successiva Ave Maria di Desdemona – vanno scomparendo, per lasciare lo spazio ad un tutt’uno musicale, un tutt’uno musicale ricercato essenzialmente per ragioni teatrali, per rendere il dramma. Non c’è, quindi un programmaticità di carattere “filosofico” dietro alla ricerca verdiana di unità, quanto piuttosto un’idea più basata sul senso pratico dell’effetto drammatico compiuto.
Verdi, d’altronde, per ragioni puramente contingenti, non ebbe mai la cultura letteraria del coetaneo tedesco. Se Wagner nasce in una famiglia borghese di una grande città come Lipsia, Verdi, seppur non povero (anzi con ogni probabilità, come figlio dell’oste di Roncole, era quasi un notabile del paese), nasce nella campagna emiliana, in un contesto meno stimolante a livello culturale. E’ per questo che non scrisse mai da sé i propri libretti, ma si affidò sempre ad un librettista, per quanto – e le sue lettere ne sono una testimonianza – intervenisse attivamente nella stesura del libretto stesso, chiedendo cambiamenti per rendere meglio il senso teatrale. Probabilmente, se fosse nato in un altro contesto, sarebbe stato anch’egli librettista di se stesso.
Verdi è sicuramente uno spartiacque fondamentale nell’opera italiana, perché porta ad un cambiamento nel modus operandi. Ho detto, poco prima, che interveniva spesso attivamente nella stesura del libretto. È questa una quasi novità (anche Donizetti era in contatto con i propri librettisti, così come Bellini, ma il livello di intervento decisamente minore, considerando le diverse condizioni, potremmo definirle, contrattuali). Il modus di comporre antecedente a Verdi (e a partire dall’epoca post-barocca. Quindi più o meno da Rossini) si strutturava generalmente in questo modo: al compositore veniva dato un libretto, già precostituito (in epoca barocca il libretto può essere stato già musicato da altri compositori. Era il poeta il nome importante e non già il compositore. Quindi si andava a sentire il Tamerlano di Metastasio e non già di Haendel. Ancora ai primi dell’ottocento vi sono casi di libretti musicati da più compositori) da comporre per una determinata data (spesso non troppo distante), per quelle determinate voci (non a caso si parla di ruoli Rubini, ruoli Grisi, ruoli Colbran a seconda del primo interprete assoluto). È questo, essenzialmente, il mondo in cui si trova ad operare Verdi, appena giunge a Milano. Ed in questo modo comporrà le prime opere, poi, man mano che acquisisce celebrità (celebrità che raggiunge prestissimo con Nabuccodonosor, che è la sua terza opera) il suo intervento sarà sempre maggiore, a partire dalla scelta del soggetto da musicare. Un soggetto che Verdi generalmente sceglie per il suo effetto teatrale (e questo dimostra come Verdi fosse prima di tutto un uomo di teatro). Di qui gli interventi sulla stesura del libretto stesso. Ed in un ultimo momento il comporre indipendentemente dalle voci disponibili (il discorso è valido soprattutto per Otello e Falstaff).
Detto questo, vi lascio all’elenco delle opere, che noterete si distanzieranno via via che avanza il tempo tra loro anche di anni, altro sintomo dell’autonomia ormai raggiunta dal compositore.


1. Oberto, conte di San Bonifacio, dramma in due atti di Temistocle Solera (Milano, Teatro alla Scala, 17 novembre 1839)
2. Un giorno di regno ossia il finto Stanislao, melodramma giocoso in due atti di Felice Romani (Milano, Teatro alla Scala, 5 settembre 1840)
3. Nabuccodonosor, dramma lirico in quattro atti di Temistocle Solera (Milano, Teatro alla Scala, 9 marzo 1842)
4. I lombardi alla prima crociata, dramma lirico in quattro atti di Temistocle Solera (Milano, Teatro alla Scala, 11 febbraio 1843)
5. Ernani, dramma lirico in quattro atti di Francesco Maria Piave (Venezia, Teatro la Fenice, 9 marzo 1844)
6. I due Foscari, tragedia lirica in tre atti di Francesco Maria Piave (Roma, Teatro Argentina, 3 novembre 1844)
7. Giovanna d’Arco, dramma lirico in un prologo e tre atti di Temistocle Solera (Milano, Teatro alla Scala, 15 febbraio 1845)
8. Alzira, tragedia lirica in un prologo e due atti di Salvatore Cammarano (Napoli, Teatro di San Carlo, 12 agosto 1845)
9. Attila, dramma lirico in un prologo e tre atti di Temistocle Solera (Venezia, Teatro la Fenice, 17 marzo 1846)
10. Macbeth, melodramma di quattro parti di Francesco Maria Piave (Firenze, Teatro della Pergola 14 marzo 1847)
11. I Masnadieri, melodramma tragico in quattro atti di Andrea Maffei (Londra, Herzeleide Majesty’s Theatre, 22 luglio 1847)
12. Jérusalem, opéra en quatre actes di Alphonse Royer e Gustave Vaez, rifacimento di I lombardi alla prima crociata (Parigi, Opéra, 26 novembre 1847)
13. Il Corsaro, melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave (Trieste, Teatro Grande 25 ottobre 1848)
14. La battaglia di Legnano, tragedia lirica in quattro atti di Salvatore Cammarano (Roma, Teatro Argentina, 27 gennaio 1849)
15. Luisa Miller, melodramma tragico in tre atti di Salvatore Cammarano (Napoli, Teatro di San Carlo, 8 dicembre 1849)
16. Stiffelio, dramma in tre atti di Francesco Maria Piave (Trieste, Teatro Grande, 16 novembre 1850)
17. Rigoletto, melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave (Venezia, Teatro la Fenice, 11 marzo 1851)
18. Il Trovatore, dramma in quattro parti di Salvatore Cammarano, con aggiunte di Leone Emmanuele Baduare (Roma, Teatro Apollo, 19 gennaio 1853)
19. La Traviata, melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave (Venezia, Teatro la Fenice, 6 marzo 1853, Venezia, Teatro S. Benedetto 6 maggio 1854)
20. Les vêpres siciliens, opéra en cinq actes di Eugène Scribe e Charles Duveyrier (Parigi Opéra, 13 giugno 1855)
21. Simon Boccanegra, melodramma in un prologo e tre atti di Francesco Maria Piave (Venezia, Teatro la Fenice, 12 marzo 1857)
22. Aroldo, melodramma in quattro atti di Francesco Maria Piave, rifacimento di Stiffelio (Rimini, Teatro Nuovo, 16 agosto 1857)
23. Un ballo in maschera, melodramma in tre atti di Antonio Somma (Roma, Teatro Apollo, 17 febbraio 1859)
24. La Forza del destino, opera in quattro atti di Francesco Maria Piave (Pietroburgo, Teatro Imperiale, 10 novembre 1862)
25. Macbeth, melodramma in quattro atti di Francesco Maria Piave, riveduta nella musica e nel libretto (Parigi, Parigi, Théâtre Lyrique, 19 aprile 1865)
26. Don Carlos, opéra en cinq actes di François-Joseph Méry e Camille Du Locle (Parigi, Opéra, 11 marzo 1867)
27. La Forza del destino, opera in quattro atti di Francesco Maria Piave, riveduta nella musica e nel libretto (Milano, Teatro alla Scala, 27 febbraio 1869)
28. Aida, opera in quattro atti di Antonio Ghislanzoni (Il Cairo, Teatro khediviale dell’Opera, 24 dicembre 1871, Milano, Teatro alla Scala, 8 febbraio 1872)
29. Simon Boccanegra, melodramma in un prologo e tre atti di Francesco Maria Piave, libretto riveduto e corretto da Arrigo Boito (Milano, Teatro alla Scala, 24 marzo 1881)
30. Don Carlo, opera in quatro atti di François-Joseph Méry e Camille Du Locle, traduzione di Achille de Lauzières (Milano, Teatro alla Scala, 10 gennaio 1884)
31. Don Carlo, opera in cinque atti di François-Joseph Méry e Camille Du Locle, traduzione di Achille de Lauzières (Modena, Teatro Comunale, 29 dicembre 1886)
32. Otello, dramma lirico in quattro atti di Arrigo Boito (Milano, Teatro alla Scala, 5 febbraio 1887)
33. Falstaff, commedia lirica in tre atti di Arrigo Boito (Milano, Teatro alla Scala, 9 febbraio 1893)
 
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view post Posted on 2/3/2013, 15:33
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Naturalmente di Verdi non analizzerò tutte le opere (sarebbe un lavoro lunghissimo), ma procederò in base a motivi di interesse che i vari titoli presentano.
Come prima lezione incentrata sulle opere di Verdi, compirò un breve excursus da Oberto conte di San Bonifacio a Nabucco, senza soffermarmi sulla trama delle tre opere comprese in questo periodo.
Oberto, primissima opera di Verdi, forse derivante in parte da un progetto precedente intitolato Rochester, di cui però non si quasi nulla, contiene in sé alcuni dei temi cari alla poetica verdiana: il rapporto padre-figlio (in questo caso Oberto-Leonora) ed il tema del potere (Oberto era un potente ora in esilio; Riccardo di Salinguerra è un potente per quanto irresponsabile).
In Oberto, tra le due tematiche, emerge chiaramente il rapporto padre-figlia: un padre, Oberto, che ama la figlia – a modo suo, come molti padri verdiani -, per quanto la rimproveri per i suoi sentimenti verso Riccardo, che l’ha sedotta e abbandonata, preferendo fidanzarsi con la più potente Cuniza, sorella di Ezzellino da Romano, che aveva precedentemente vinto contro Oberto. Un padre disposto a tutto per difendere l’onore della figlia (Riccardo è decisamente un personaggio antipatico, considerando che egli, infedele, accusa Leonora di infedeltà). E alla fine, in duello con lo stesso Riccardo, morirà proprio nel tentativo di uccidere colui che ha abbandonato la figlia che, lo ricordo, Oberto ama.
I personaggi sono, però, degli abbozzi (colpa anche di un libretto non felicissimo), soprattutto per quel che riguarda Cuniza, la quale, molto accomodante – o forse per liberarsi dal promesso sposo in passato fedifrago – nel voler che Riccardo torni insieme a Leonora. Anche la figura tenorile di Riccardo è decisamente poco approfondita (ad un certo punto non si capisce più cosa voglia), raggiungendo un certo spessore solo dopo l’uccisione di Oberto, quando, piuttosto repentinamente, a dire il vero, lo ritroviamo in preda al rimorso, tanto che alla fine sceglierà l’esilio; Leonora, invece, sceglierà il convento. Cuniza non è chiaro cosa faccia trovandosi senza fidanzato.
Di un certo interesse è il duetto Leonora-Oberto, che ha tinte donizettiane, cosa piuttosto normale, considerando che, in quel periodo, il compositore bergamasco era il maggiore compositore italiano in attività (Bellini era morto nel 1835 e Rossini aveva cessato di comporre opere a partire dal 1829), in cui emerge il primo dialogo, fra i tanti che avremo fino alla conclusiva Falstaff, dialogo padre-figlia.
E’ interessante ascoltare un estratto di quest’opera, con tutti i limiti che può avere un’opera prima, che ha comunque dei motivi di interesse, nel modo in cui tra tinte donizettiane, soprattutto nell’inizio, emergano i “modi” verdiani, o meglio del primo Verdi. Parlare di stile verdiano e, ancor più di voce verdiana, è improprio considerando che il compositore di Roncole ha composto per buona parte di un intero secolo, mutando stilemi, ovviamente. Si nota comunque come Oberto ami Leonora a modo suo e usi il suo amore paterno come una sorta di ricatto, tema che tornerà in altre opere, come Luisa Miller.

OBERTO
Non ti bastò il periglio
d'un padre sventurato...
l'onore hai tu macchiato
di sua cadente età.

LEONORA
Padre! Mi strazii l'anima...
quel guardo mi spaventa!
O vendicata, o spenta
la figlia tua sarà.
A una tradita e misera
dona un amplesso, o padre...
OBERTO
La madre tua?...

LEONORA
Dal cielo
vede il mio pianto e geme!

OBERTO

Vede il tuo fallo e freme...
Taci, ti scosta, va'!

LEONORA
Del tuo favor soccorrimi,
ciel che agli afflitti arridi!
Or che a me presso il guidi,
mi salva il genitor

OBERTO
Del braccio tuo soccorrimi,
ciel, che agli oppressi arridi!
Io venni a questi lidi
vindice dell'onor!

OBERTO
Odi! ~ In quell'alte torri
il traditor si cela...
ivi il delitto svela;
lavi l'infamia, o mora...
ti fia concesso allora
del padre tuo l'amor.

LEONORA
Sì! ~ Fra quell'alte torri
la voce mia risuoni;
piombi sull'ara e tuoni
spavento allo spergiuro...
Ah! Meritarmi io giuro
la tua pietade ancor!

OBERTO
Un amplesso ricevi, o pentita;
ti fia pegno al perdono promesso.
Ma se infamia anteponi alla vita
fia l'estremo che ottieni da me!

LEONORA

Affidata del padre all'amplesso
di me stessa mi sento maggiore;
se l'infamia antepongo all'onore
fia l'estremo che ottengo da te.

Ascolto: Ildar Abdrazakov (Oberto), Evelyn Herlitzius (Leonora)
Video

Anche in Nabucco, opera su cui non mi soffermerò, ritornano, dopo la composizione di Un giorno di regno, opera buffa, graziosa, ma che ebbe esito sfortunato alla prima, i due grandi temi del potere e del rapporto padre-figlia (Nabucco-Fenena, ma anche Nabucco-Abigaille, per quanto Abigaille sia finta figlia di Nabucco e non chiedetemi per quale strano ragionamento Nabucco faccia credere ad una figlia di schiavi di essere sua figlia di sangue perché non è scritto da nessuna parte).
In questo caso emerge maggiormente la figura di potere ed il percorso che compie Nabucco da re oppressore a re “comprensivo” (non ho trovato termine migliore) dopo la follia, che è simile ad un’autoanalisi che passa soprattutto dalla consapevolezza del suo essere padre (della figlia legittima, quindi Fenena) e poi del suo essere re, nel senso di avere responsabilità verso il suo popolo.
Di Nabucco, così come di Giorno di Regno, non farò ascoltare nulla, un po’ perché non ho trovato, soprattutto di Nabucco, ascolti che mi piacessero del tutto, un po’ perché non ritengo Nabucco – nonostante sia stata l’opera che ha dato la notorietà a Verdi – un’opera di enorme interesse. Per molti versi è più interessante la successiva Lombardi alla prima crociata, per quanto abbia una trama sgangherata come poche e sia meno nota di Nabucco.
Ovviamente se avete domande, curiosità e quant’altro non esistate!
 
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view post Posted on 2/3/2013, 17:10
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Un palco all'opera
Ho deciso di chiamare così queste lezioni, ben costruite ed interessanti.
L'ascolto guidato è un'occasione unica per apprezzare e riconoscere stile e storia di un autore.
Mi è venuto in mente subito Rigoletto: il duetto padre - figlia dopo che Gilda è stata disonorata.
Sbaglio? Se sbaglio saprai correggermi.
Grazie per questo graditissimo approfondimento con proposte di brani scelti. Attendo la prossima lezione. :wub:
 
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view post Posted on 2/3/2013, 20:51
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Ops, mi ero perso la prima lezione su Verdi.
Interessantissima la spiegazione di come nasce l'opera, tra libretto, compositore e cantanti! Mi ero sempre fatta una sacco di domande rimaste senza risposta.
 
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view post Posted on 3/3/2013, 10:11
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CITAZIONE (chiara53 @ 2/3/2013, 17:10)
Un palco all'opera
Ho deciso di chiamare così queste lezioni, ben costruite ed interessanti.
L'ascolto guidato è un'occasione unica per apprezzare e riconoscere stile e storia di un autore.
Mi è venuto in mente subito Rigoletto: il duetto padre - figlia dopo che Gilda è stata disonorata.
Sbaglio? Se sbaglio saprai correggermi.
Grazie per questo graditissimo approfondimento con proposte di brani scelti. Attendo la prossima lezione.

Quando vengono in mente altri brani ascoltandone uno, non esiste un'unica risposta. Nel caso da te proposto, il raffronto ci può stare benissimo! Consideriamo che in entrambi i casi abbiamo un padre che ama la figlia, a modo suo (su Rigoletto tornerò al momento opportuno) ed una situazione simile. In entrambi i casi la figlia è disonorata. Ciò che cambia è lo status sociale dei personaggi. Oberto e Leonora sono nobili, tanto che possono permettsi di pensare di denunciare le malefatte di Riccardo. Rigoletto e Gilda sono di basso livello sociale, anzi Rigoletto è un buffone difforme ed il suo unico mezzo è una vendetta che prevederà di assoldare un assassino di professione. L'altra differenza è che Gilda ama il duca al punto da perdonarlo. Leonora agogna maggiormente all'amor e al perdono del padre.
Il raffronto è ben posto!
Complimenti, Chiara!

CITAZIONE (Ida59 @ 2/3/2013, 20:51)
Ops, mi ero perso la prima lezione su Verdi.
Interessantissima la spiegazione di come nasce l'opera, tra libretto, compositore e cantanti! Mi ero sempre fatta una sacco di domande rimaste senza risposta.

E se hai altro da domandare, non esitare
Un trucco per capire se la produzione si situa in un ambito di lavoro continuo è guardare il catalogo e contare il numero delle opere.
Rossini ne ha composte 44 in 19 anni (dal 1810 al 1829)
Donizetti ne ha composte circa 70 in 27 anni (dal 1816 al 1843)
Verdi ne ha composte una trentina in 54 anni (dal 1839 al 1893)
Puccini ne ha composte 10 (con più versioni di alcune di loro) in 40 anni (dal 1884 al 1924)
Solo da queste ciffre si capisce che qualcosa è cambiato nei modi produttivi.
 
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view post Posted on 5/3/2013, 22:11
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Come avevo annunciato, avrei voluto proseguire con I Lombardi alla prima crociata, ma mi vedo impossibilitata ad incentrare alcune lezioni su quest’opera per semplice mancanza di ascolti e, trattandosi di opera, mi sembra veramente assurdo sproloquiare senza aver un appiglio sonoro.
La quarta opera di Verdi mostra, in breve, un sicuro motivo di interesse nel personaggio di Pagano, che mostra – pur inserendosi in una trama sgangherata – un certo spessore psicologico. Parricida per sbaglio (non perché non volesse uccidere nessuno, ma perché voleva uccidere il fratello, Arvino, che tempo prima aveva sposato Viclinda, donna amata da entrambi i fratelli… però è notte in casa ed il padre dorme nella stanza di Arvino – il perché non è dato sapersi – Pagano entra e pugnala il padre, accorgendosene solo quando vede Arvino sano e salvo), sceglie l’esilio – ha la vita salva unicamente per l’intervento della nipote Giselda – e lo troveremo pentito, intento ad espiera, come eremita nel deserto della Palestina. Il finale dell’opera, dopo che si è finalmente riconciliato con il fratello, lo mostra morente davanti alle mura di Gerusalemme.
Altro personaggio interessante è per certi versi Giselda, l’unica veramente estranea alla guerra in corso – anzi lei sostiene fermamente l’inutilità della guerra – e all’odio che attraversa la sua famiglia. Ha, infatti, fin da subito parole, se non di perdono, per lo meno di comprensione per lo zio omicida. Al tempo stesso è un’eroina decisa, capace di dire la sua opinione davanti a tutti (tra cui, appunto, un’invettiva contro qualsiasi guerra “santa”, pronunciata di fronte ai crociati lombardi), di difendere il suo amore per Oronte – giovane principe mussulmano, che morirà, colpito da non si capisce chi, né perché, né come, né quando… entra moribondo al braccio di Giselda, vicino alla grotta dove Pagano vive come eremita – e a sopravvivere (cosa rara nell’opera) alla morte dell’amato.
Avrei voluto, come già detto, analizzare al meglio quest’opera, ma la mancanza di ascolti (ho trovato solo due brani che sono veramente pochi, anche perché uno non inerente ai temi che volevo sottolineare), me lo impedisce.
Mi sposto quindi sull’opera successiva, che segna la prima collaborazione con il più “fedele” librettista di Verdi: Francesco Maria Piave.


Ernani



libretto: Francesco Maria Piave

Personaggi:
Ernani, il bandito (tenore)
Don Carlo, re di Spagna (baritono)
Don Ruy Gomez de Silva (basso)
Elvira, nipote e fidanzata di don Ruy (soprano)
Giovanna, nutrice di Elvira (soprano)
Don Riccardo, scudiero del re (tenore)
Jago, scudiero di don Ruy (basso)

Cori: Montanari ribelli e Banditi, Cavalieri e familiari di Silva, Ancelle di Elvira, Cavalieri del re, Personaggi della lega, Nobili spagnoli e alemanni, Dame spagnole e alemanne

Epoca: l’anno 1519

Atto I – Il Bandito


Montagne dell’Aragona. Vedesi in lontananza il moresco castello di don Ruy Gomez de Silva. È presso il tramonto. Coro di Ribelli montanari e Banditi. Mangiano e bevono: parte gioca, e parte assetta le armi Questa è la didascalia, piuttosto completa nel panorama dell’opera italiana, che apre la scena.
Ci troviamo in Aragona, nel covo dei banditi, che appaiono come una combriccola piuttosto gaudente, dato che si presentano intonando:
Allegri!... beviamo! – Nel vino cerchiamo
Almeno un piacer!

I banditi rivolgono l’attenzione al loro capo, Ernani, che appare pensoso, il volto pallido. Per tirarlo su di morale, gli dicono che gli sono fedeli (son tuoi braccio e cor) e che sono disposti a morire per lui.
Il nostro protagonista si rivolge ai suoi fidi, confidandosi con loro e svelando che si è innamorato di una donna, la quale però è promessa ad un altro – Silva – ed, egli, Ernani, sa che morirà di dolore se non potrà avere la fanciulla. In questo momento, quindi Ernani, ci viene presentato, in un primo momento, come innamorato, innamorato al punto da sentire che la propria vita non avrebbe senso senza la donna che ama. Di Ernani emergerà, nel corso dell’opera, anche un aspetto decisamente più politico, aspetto politico che si mescolerà con la storia d’amore, in un legame sempre più stretto, portando poi al finale dell’opera.
La cavatina di Ernani è un brano di un certo interesse – e può anche permettere di ripassare la struttura dell’aria -, con un tempo di mezzo che, in effetti, mostra la situazione iniziale, dove Ernani è riconoscente ai banditi:

Mercé, fratelli, amici;
a tanto amor mercé...
Udite or tutti del mio cor gli affanni,
e se voi negherete il vostro aiuto
forse per sempre Ernani fia perduto.


Per poi aprirsi in un cantabile decisamente poetico (che andrebbe cantato con molti più colori, rispetto all’esempio che propongo poco sotto, quindi con mezze-voci e trasporto, che secondo me manca nell’interpretazione che ascolterete… ma non ho trovato nulla di veramente bello), che si incentra sull’amore per la fanciulla ed introduce la figura di Silva.

Come rugiada al cespite
D’un appassito fiore,
d'aragonese vergine
scendeami voce al core:
fu quello il primo palpito
d'amor che mi beò.
Il vecchio Silva stendere
osa su lei la mano...
domani trarla al talamo
confida l'inumano...
S'ella m'è tolta, ahi misero!
d'affanno morirò!


Il tempo di mezzo si pare con la risoluzione di Ernani di rapire la fanciulla amata, decisione che però, dopo un lungo intervento del coro, alla successiva cabaletta.

ERNANI
Si rapisca...

BANDITI
Sia rapita;
ma in seguirci sarà ardita?

ERNANI
Me’l giurò.

BANDITI
Dunque verremo;
al castel ti seguiremo.
Quando notte il cielo copra
tu ne avrai compagni all'opra,
dagli sgherri d'un rivale
ti fia scudo ogni pugnale.
Spera, Ernani; la tua bella
de' banditi fia la stella.
Saran premio al tuo valore
le dolcezze dell'amor.

ERNANI
Dell'esilio, nel dolore
angiol fia consolator.


La cabaletta, di piglio essenzialmente tradizionale, mostra ancora una volta l’importanza dell’amore per la fanciulla aragonese che si è fatto strada nel cuore di Ernani.

(O tu che l'alma adora,
vien, la mia vita infiora;
per noi d'ogni altro bene
il loco amor terrà.
Purché brillarti in viso
vegga soave un riso,
gli stenti suoi, le pene
Ernani scorderà.)


Ascolto: Placido Domingo (Ernani), Coro e Orchestra del Teatro alla Scala, Riccardo Muti (direttore)