ATTO III – La Clemenza
L’atto sposta l’azione ad Aquisgrana:
Sotterranei sepolcrali che rinserranno la tomba di Carlo Magno in Aquisgrana. A destra dello spettatore avvi il detto monumento con porta di bronzo, sopra la quale leggesi in lettere cubitali l’iscrizione “KAROLO MAGNO”: in fondo scalea che mette alla maggior porta del sotterraneo, nel quale pur si vedranno altri minori sepolcri; sul piano della scena altre porte che conducono ad altre catacombe. Due lampade pendenti dal mezzo spandono una fioca luce su quegli avelli. Don Carlo e don Riccardo avvolti in ampi mantelli oscuri entrano guardinghi dalla porta principale..
Ecco la scena, in una didascalia decisamente elaborata per un libretto italiano. Non ho sotto mano l’Hernani di Hugo per controllare che non sia una traduzione più o meno fedele dell’originale francese.
Carlo è in attesa dell’elezione del nuovo Imperatore del Sacro Romano Impero (storicamente eletto dai principi elettori, alla sua epoca, più per proforma che per altro). Entra nei sotterranei dove si trova la tomba di Carlo Magno (la presenza della tomba di Carlo Magno è fondamentale nel proseguo dell’atto) e dove ha scoperto che si radunano coloro che congiurano contro di lui.
CARLO
E’ questo il loco?
RICCARDO
Sì…
CARLO
E’ l’ora?
RICCARDO
E’ questa:
Qui s’aduna la lega…
CARLO
… che contro me cospira…
Degli assassini al guardo
L’avel mi celerà di Carlo Magno…La tomba di Carlo Magno riveste, come accennato, un’importanza decisa a livello drammaturgico. E’ infatti al suo interno che si cela Carlo per poter salvarsi la vita, ma anche per poter sorvegliare coloro che vogliono assassinarlo.
E gli elettori?
RICCARDO
Raccolti,
cribrano i dritti a cui spetti del mondo
la più bella corona, il lauro invitto
de’ cesari decoro.
CARLO
Lo so… mi lascia
(Riccardo va per partire)
Ascolta:
se mai prescelto io sia,
tre volte il bronzo ignivomo
dalla gran torre tuoni.
Tu poscia scendi a me; qui guida Elvira.
RICCARDO
E vorreste?...
CARLO
Non più… fra questi avelli
Converserò coi morti
E scoprirò i ribelli.
(don Riccardo parte)Interessante (oltre a capire cosa voglia dire “bronzo ignivomo”… vi lancio la domanda) la parte finale. Carlo, di fronte alla possibilità di essere eletto imperatore, sembra acquistare improvvisamente la consapevolezza della responsabilità che il suo incarico comporta. Di fronte alla domanda sottintesa di Riccardo (vorreste renderla vostra amante), Carlo, che ha costretto Elvira a seguirla, risponde “non più”, quasi a lasciar intuire che, come avverrà, rinuncerà alla donna amata.
CARLO
Gran Dio! Costor sui sepolcrali marmi
Affilano il pugnal per trucidarmi!
Scettri!... dovizie!... onori!...
Bellezza!... gioventù!... che siete voi?
Cimbe natanti sopra il mar degl’anni,
cui l’onda batte d’incessanti affanni,
finché giunto allo scoglio della tomba
con voi nel nulla il nome vostro piomba!Giunge quindi la riflessione, la riflessione sulla vita, sulla morta e sulla fama, una riflessione che più tardi (nel Don Carlo) farà Elisabetta di Valois davanti alla tomba di Carlo V (probabilmente un caso librettistico, ma di sicura suggestione). Una riflessione che porta alla maturazione del personaggio: cosa sono gli scettri, i piaceri, gli onori, la bellezza e la gioventù di fronte all’ineluttabilità della morte e dell’oblio? Cos’è il suo comportamento irresponsabile (sembra sottintendere) di fronte alla vita? In questo momento Carlo non è più un re, ma un uomo che si confronta con la vita e la morte, e con la paura di essere dimenticato.
E’ su questa paura che si gioca la conclusione dell’aria, un’aria dotata unicamente di tempo d’attacco (lunghissimo) e di cantabile.
Oh de’ verd’anni miei
Sogni e bugiarde larve,
se troppo vi credei,
l’incanto ora disparve.
S’ora chiamato sonoo
Al più sublime trono,
della virtù com’aquila
sui vanni m’alzerò,
e vincitor de’ secoli
il nome mio farò.Rimane l’orgoglio, la volontà di far sopravvivere il suo nome, un orgoglio però temprato dalla consapevolezza. Consapevolezza che il comportamento irresponsabile ed impulsivo tenuto finora è sbagliato.
Ascolto: Carlo (Dmitri Hvorostovskij)
VideoCarlo si nasconde dentro il monumento di Carlo (che vi ricordo è dotato di porta).
Poco dopo entra il coro di congiurati, dove sono presenti anche Silva ed Ernani. Ogni congiurato estrae una tavoletta e vi incide sopra il nome, gettandola in una tomba scoperchiata, per poter così sorteggiare il nome di chi ucciderà Carlo. Il prescelto è Ernani (che è felicissimo. Potrà finalmente vendicare il padre). Silva chiede a Ernani di concedergli il diritto di uccidere Carlo. Ernani rifiuta. Silva minaccia di suonare il corno e causare quindi la morte di Ernani. Ernani gli chiede di lasciargli almeno la possibilità di uccidere Carlo. Silva accetta, ma gli ricorda che lo aspetta la morte.
A questo punto i congiurati cantano un coro, che è uno dei casi più palesi di cecità della censura. Verdi ha sempre dovuto lottare contro la censura (su singole parole anche… quando parlerò di Ballo in maschera farò un esempio) dei diversi stati che formavano l’Italia. Nel caso di Ernani, la cui prima ebbe luogo a Venezia, la censura austriaca non notò alcuni versi che potevano essere facilmente utilizzati dai patrioti italiani.
Passare da
Si ridesti il leon di Castiglia a
Si ridesti il leon di Venezia o
il leon di San Marco, il passo è veramente breve. Ed infatti il coro è diventato un coro “risorgimentale”. Ci terrei a sottolineare che Verdi, a parte per il caso di Battaglia di Legnano, non ha mai scritto intenzionalmente alcunché di risorgimentale. Sono stati piuttosto i patrioti ad aver “preso” in prestito la musica di Verdi per ragioni politiche.
Credo che a Verdi sia sempre interessato dipingere il popolo, intenso nel senso più ampio, soprattutto il popolo sotto il giogo del potente, potente che è spesso vincitore, perché Verdi è tutto fuorché un ottimista. Così come i suoi potenti e, quindi, il suo studio del potere, hanno sempre un lato umano che ce li fa comprendere. E’ così Carlo V (che però è un potente che ha più lati positivi che negativi), ma è così anche con Filippo II (per rimanere in famiglia), che è un uomo tormentato e un potente prigioniero del suo stesso potere. Ma è così anche Macbeth (merito della fonte shakespeariana, ma anche di come Verdi ha lavorato con Piave per trarne un libretto).
Si ridesti il leon di Castiglia
E d’Iberia ogni monte, ogni lito
Eco formi al tremendo ruggito,
come un dì contro i Mori opressor.
Siamo tutti una sola famiglia,
pugnerem colle braccia, co’ petti;
schiavi inulti più a lungo e negletti
non sarem finché vita abbia il cor.
Sia che morte ne aspetti, o vittoria,
pugnerem, ed il sangue de’ spenti
nuovo ardire ai figliuoli viventi,
forze nuove al pugnare darà.
Sorga alfine radiante di gloria,
sorga un giorno a brillare su noi…
sarà Iberia feconda d’eroi,
dal servaggio redento sarà…Ascolto: Coro del Gran Teatro la Fenice di Venezia, direttore Sir John Elliot Gardiner.
VideoSi ode tuonare il cannone che annuncia l’elezione del nuovo imperatore. Carlo esce dalla tomba di Carlo Magno, mostrandosi sulla soglia. Il coro atterrito, crede di vedere un fantasma, ma Carlo si presenta come Carlo Quinto.
Gli elettori, i gentiluomini, i paggi, le dame (tra cui Elvira), si presentano al cospetto dell’imperatore, il quale denuncia i traditori: quelli appartenenti alla plebe sono condannati al carcere, i nobili alla scure. Le guardie stanno per trascinare Ernani tra la plebe, ma lui (che è forse ancora più orgoglioso di Carlo) si fa avanti e svela la sua vera identità:
Io son conte, duca sono
Di Segorbia, di Cardona…
Don Giovanni d’Aragona
Riconosca ognuno in me.
Or di patria e genitore
Mi sperai vendicatore…
Non t’uccisi… t’abbandono
Questo capo… il tronca, o re.Carlo si mostra inesorabile. Elvira interviene, chiedendo grazia per Ernani e per i prigionieri.
Ah! Signor, se t’è concesso
Il maggior d’ogni trono,
questa polvere negletta
or confondi col perdono…
sia lo sprezzo tua vendetta
che il rimorso compirà
CARLO
Taci, o donna.
ELVIRA
Ah no, non si.
Parlò il ciel per voce mia.
Virtù augusta è la pietà.Carlo ascolta Elvira – di questo la musica è testimone, nel modo in cui accompagna il
taci, o donna, una musica che non ha nulla di imperioso. Se il baritono è molto bravo si può sentire anche una nota leggermente dolente, perché Carlo sa che Elvira non lo amerà mai e sta già maturando (ma secondo me l’ha maturata inconsciamente già ad inizio atto) di rinunciare per sempre a lei.
Carlo si volge verso la toma di Carlo Magno da cui trae ispirazione per le parole che dirà subito dopo, ma a me appare chiaro che siano state le parole di Elvira a convincerlo a concedere la grazia ai prigionieri.
O sommo Carlo, più del tuo nome
Le tue virtudi aver vogl’io,
sarò, lo giuro a te ed a Dio,
delle tue gesta emulator.
Perdono a tutti.Si nota un ulteriore maturazione del personaggio. Dalla volontà di fama imperitura (vuole essere ricordato come è ricordato Carlo Magno), alla volontà di essere esempio di virtù, quindi un buon governante. Di qui – oltre che dalle parole di Elvira – la decisione di perdonare i congiurati.
Ma Carlo va oltre e, soffocando il suo amore per Elvira (
mie brame ho dome dice il libretto, ma la musica dice ben altro, dice la consapevolezza di chi ama qualcuno che non l’amerà mai, la consapevolezza di chi, pur di vedere la donna che ama felice, rinuncia a lei. In fondo a Carlo sarebbe bastato un ordine per avere Elvira, ma decide di darla in sposa ad Ernani.
Sposi voi siate, v’amate ognor.
A Carlo Magno sia gloria e onor.
TUTTI
Sia lode eterna Carlo, al tuo nome.
Tu, re clemente somigli a Dio
Perché l’offesa copri d’oblio,
perché perdoni agli offensor.
Il lauro augusto sulle tue chiome
Acquista insolito, divin fulgor.
A Carlo Quinto sia gloria e onor.L’atto si conclude con l’esaltazione di Carlo, esaltazione a cui Carlo pare essere quasi estraneo, che durante il concertato ripete il suo giuramento, il giuramento di essere un potente virtuoso, ma sempre in tono sommesso, decisamente poco trionfante, perché psicologicamente ha ben poco di cui dirsi vittorioso e trionfante. Sembra quasi diviso in due: da una parte è vittorioso sul piano politico (ha perdonato i congiurati, portandoli dalla sua parte), sul piano personale è perdente (ha concesso Elvira in sposa ad Ernani). Da qui il tono più ripiegato su se stesso di Carlo, già quando intona “O Sommo Carlo”.
Ascolto: Dmitri Hvorostovskij (Carlo), Angela Meade (Elvira), Marcello Giordani (Ernani)
Video