Il Calderone di Severus

6.3 Giuseppe Verdi

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view post Posted on 10/3/2013, 20:18
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CITAZIONE (Ida59 @ 10/3/2013, 13:44) 
Finalmente sono riuscita ad ascoltare i due file.
Dimitri è stupendo, come sempre, ma ho apprezzato anche Furlanetto: non è Bruson, ma mi è piaciuto.

Bruson è un baritono, quindi ha cantato il ruolo di Carlo V, mentre il ruolo di Silva è di basso.
Fra qualche giorno arriverò con l'atto III e IV, rispettivamente intitolati La Clemenza e La Maschera.
 
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view post Posted on 10/3/2013, 20:36
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Ops... imperdonabile :unsure: ... dimmi almeno che è un baritono-basso...
 
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view post Posted on 10/3/2013, 20:41
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CITAZIONE (Ida59 @ 10/3/2013, 20:36) 
Ops... imperdonabile... dimmi almeno che è un baritono-basso...

Non,è proprio baritono puro... Sei fortunata che la professoressa sta pensando alla bellezza della cattedrale di Rouen, altrimenti sarebbe scattata una punizione (chessò guardare il Macbeth delle lavandaie :P ) ;) .
Un basso-baritono potrebbe cantare il ruolo di Silva. Secondo me ti ha tratta in inganno il timbro scuro di Dmitri.
 
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view post Posted on 10/3/2013, 20:47
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Vedo che la professoressa oggi è particolarmente clemente... Ad ogni modo, per la punizione non potrei scegliere il sotterraneo? ;) :D
 
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view post Posted on 10/3/2013, 21:25
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CITAZIONE (Ida59 @ 10/3/2013, 20:47) 
Vedo che la professoressa oggi è particolarmente clemente... Ad ogni modo, per la punizione non potrei scegliere il sotterraneo?

Naturellement non. Mi sembra che non si abbia molto chiaro il significato di punizione :P :D
 
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view post Posted on 30/3/2013, 17:10
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ATTO III – La Clemenza



L’atto sposta l’azione ad Aquisgrana: Sotterranei sepolcrali che rinserranno la tomba di Carlo Magno in Aquisgrana. A destra dello spettatore avvi il detto monumento con porta di bronzo, sopra la quale leggesi in lettere cubitali l’iscrizione “KAROLO MAGNO”: in fondo scalea che mette alla maggior porta del sotterraneo, nel quale pur si vedranno altri minori sepolcri; sul piano della scena altre porte che conducono ad altre catacombe. Due lampade pendenti dal mezzo spandono una fioca luce su quegli avelli. Don Carlo e don Riccardo avvolti in ampi mantelli oscuri entrano guardinghi dalla porta principale..
Ecco la scena, in una didascalia decisamente elaborata per un libretto italiano. Non ho sotto mano l’Hernani di Hugo per controllare che non sia una traduzione più o meno fedele dell’originale francese.
Carlo è in attesa dell’elezione del nuovo Imperatore del Sacro Romano Impero (storicamente eletto dai principi elettori, alla sua epoca, più per proforma che per altro). Entra nei sotterranei dove si trova la tomba di Carlo Magno (la presenza della tomba di Carlo Magno è fondamentale nel proseguo dell’atto) e dove ha scoperto che si radunano coloro che congiurano contro di lui.

CARLO
E’ questo il loco?

RICCARDO
Sì…

CARLO
E’ l’ora?

RICCARDO
E’ questa:
Qui s’aduna la lega…

CARLO
… che contro me cospira…
Degli assassini al guardo
L’avel mi celerà di Carlo Magno…


La tomba di Carlo Magno riveste, come accennato, un’importanza decisa a livello drammaturgico. E’ infatti al suo interno che si cela Carlo per poter salvarsi la vita, ma anche per poter sorvegliare coloro che vogliono assassinarlo.

E gli elettori?

RICCARDO
Raccolti,
cribrano i dritti a cui spetti del mondo
la più bella corona, il lauro invitto
de’ cesari decoro.

CARLO
Lo so… mi lascia
(Riccardo va per partire)
Ascolta:
se mai prescelto io sia,
tre volte il bronzo ignivomo
dalla gran torre tuoni.
Tu poscia scendi a me; qui guida Elvira.

RICCARDO
E vorreste?...

CARLO
Non più… fra questi avelli
Converserò coi morti
E scoprirò i ribelli.
(don Riccardo parte)


Interessante (oltre a capire cosa voglia dire “bronzo ignivomo”… vi lancio la domanda) la parte finale. Carlo, di fronte alla possibilità di essere eletto imperatore, sembra acquistare improvvisamente la consapevolezza della responsabilità che il suo incarico comporta. Di fronte alla domanda sottintesa di Riccardo (vorreste renderla vostra amante), Carlo, che ha costretto Elvira a seguirla, risponde “non più”, quasi a lasciar intuire che, come avverrà, rinuncerà alla donna amata.

CARLO
Gran Dio! Costor sui sepolcrali marmi
Affilano il pugnal per trucidarmi!
Scettri!... dovizie!... onori!...
Bellezza!... gioventù!... che siete voi?
Cimbe natanti sopra il mar degl’anni,
cui l’onda batte d’incessanti affanni,
finché giunto allo scoglio della tomba
con voi nel nulla il nome vostro piomba!


Giunge quindi la riflessione, la riflessione sulla vita, sulla morta e sulla fama, una riflessione che più tardi (nel Don Carlo) farà Elisabetta di Valois davanti alla tomba di Carlo V (probabilmente un caso librettistico, ma di sicura suggestione). Una riflessione che porta alla maturazione del personaggio: cosa sono gli scettri, i piaceri, gli onori, la bellezza e la gioventù di fronte all’ineluttabilità della morte e dell’oblio? Cos’è il suo comportamento irresponsabile (sembra sottintendere) di fronte alla vita? In questo momento Carlo non è più un re, ma un uomo che si confronta con la vita e la morte, e con la paura di essere dimenticato.
E’ su questa paura che si gioca la conclusione dell’aria, un’aria dotata unicamente di tempo d’attacco (lunghissimo) e di cantabile.

Oh de’ verd’anni miei
Sogni e bugiarde larve,
se troppo vi credei,
l’incanto ora disparve.
S’ora chiamato sonoo
Al più sublime trono,
della virtù com’aquila
sui vanni m’alzerò,
e vincitor de’ secoli
il nome mio farò.


Rimane l’orgoglio, la volontà di far sopravvivere il suo nome, un orgoglio però temprato dalla consapevolezza. Consapevolezza che il comportamento irresponsabile ed impulsivo tenuto finora è sbagliato.

Ascolto: Carlo (Dmitri Hvorostovskij)
Video

Carlo si nasconde dentro il monumento di Carlo (che vi ricordo è dotato di porta).
Poco dopo entra il coro di congiurati, dove sono presenti anche Silva ed Ernani. Ogni congiurato estrae una tavoletta e vi incide sopra il nome, gettandola in una tomba scoperchiata, per poter così sorteggiare il nome di chi ucciderà Carlo. Il prescelto è Ernani (che è felicissimo. Potrà finalmente vendicare il padre). Silva chiede a Ernani di concedergli il diritto di uccidere Carlo. Ernani rifiuta. Silva minaccia di suonare il corno e causare quindi la morte di Ernani. Ernani gli chiede di lasciargli almeno la possibilità di uccidere Carlo. Silva accetta, ma gli ricorda che lo aspetta la morte.
A questo punto i congiurati cantano un coro, che è uno dei casi più palesi di cecità della censura. Verdi ha sempre dovuto lottare contro la censura (su singole parole anche… quando parlerò di Ballo in maschera farò un esempio) dei diversi stati che formavano l’Italia. Nel caso di Ernani, la cui prima ebbe luogo a Venezia, la censura austriaca non notò alcuni versi che potevano essere facilmente utilizzati dai patrioti italiani.
Passare da Si ridesti il leon di Castiglia a Si ridesti il leon di Venezia o il leon di San Marco, il passo è veramente breve. Ed infatti il coro è diventato un coro “risorgimentale”. Ci terrei a sottolineare che Verdi, a parte per il caso di Battaglia di Legnano, non ha mai scritto intenzionalmente alcunché di risorgimentale. Sono stati piuttosto i patrioti ad aver “preso” in prestito la musica di Verdi per ragioni politiche.
Credo che a Verdi sia sempre interessato dipingere il popolo, intenso nel senso più ampio, soprattutto il popolo sotto il giogo del potente, potente che è spesso vincitore, perché Verdi è tutto fuorché un ottimista. Così come i suoi potenti e, quindi, il suo studio del potere, hanno sempre un lato umano che ce li fa comprendere. E’ così Carlo V (che però è un potente che ha più lati positivi che negativi), ma è così anche con Filippo II (per rimanere in famiglia), che è un uomo tormentato e un potente prigioniero del suo stesso potere. Ma è così anche Macbeth (merito della fonte shakespeariana, ma anche di come Verdi ha lavorato con Piave per trarne un libretto).

Si ridesti il leon di Castiglia
E d’Iberia ogni monte, ogni lito
Eco formi al tremendo ruggito,
come un dì contro i Mori opressor.
Siamo tutti una sola famiglia,
pugnerem colle braccia, co’ petti;
schiavi inulti più a lungo e negletti
non sarem finché vita abbia il cor.
Sia che morte ne aspetti, o vittoria,
pugnerem, ed il sangue de’ spenti
nuovo ardire ai figliuoli viventi,
forze nuove al pugnare darà.
Sorga alfine radiante di gloria,
sorga un giorno a brillare su noi…
sarà Iberia feconda d’eroi,
dal servaggio redento sarà…


Ascolto: Coro del Gran Teatro la Fenice di Venezia, direttore Sir John Elliot Gardiner.
Video

Si ode tuonare il cannone che annuncia l’elezione del nuovo imperatore. Carlo esce dalla tomba di Carlo Magno, mostrandosi sulla soglia. Il coro atterrito, crede di vedere un fantasma, ma Carlo si presenta come Carlo Quinto.
Gli elettori, i gentiluomini, i paggi, le dame (tra cui Elvira), si presentano al cospetto dell’imperatore, il quale denuncia i traditori: quelli appartenenti alla plebe sono condannati al carcere, i nobili alla scure. Le guardie stanno per trascinare Ernani tra la plebe, ma lui (che è forse ancora più orgoglioso di Carlo) si fa avanti e svela la sua vera identità:

Io son conte, duca sono
Di Segorbia, di Cardona…
Don Giovanni d’Aragona
Riconosca ognuno in me.
Or di patria e genitore
Mi sperai vendicatore…
Non t’uccisi… t’abbandono
Questo capo… il tronca, o re.


Carlo si mostra inesorabile. Elvira interviene, chiedendo grazia per Ernani e per i prigionieri.

Ah! Signor, se t’è concesso
Il maggior d’ogni trono,
questa polvere negletta
or confondi col perdono…
sia lo sprezzo tua vendetta
che il rimorso compirà

CARLO
Taci, o donna.

ELVIRA
Ah no, non si.
Parlò il ciel per voce mia.
Virtù augusta è la pietà.


Carlo ascolta Elvira – di questo la musica è testimone, nel modo in cui accompagna il taci, o donna, una musica che non ha nulla di imperioso. Se il baritono è molto bravo si può sentire anche una nota leggermente dolente, perché Carlo sa che Elvira non lo amerà mai e sta già maturando (ma secondo me l’ha maturata inconsciamente già ad inizio atto) di rinunciare per sempre a lei.
Carlo si volge verso la toma di Carlo Magno da cui trae ispirazione per le parole che dirà subito dopo, ma a me appare chiaro che siano state le parole di Elvira a convincerlo a concedere la grazia ai prigionieri.

O sommo Carlo, più del tuo nome
Le tue virtudi aver vogl’io,
sarò, lo giuro a te ed a Dio,
delle tue gesta emulator.
Perdono a tutti.


Si nota un ulteriore maturazione del personaggio. Dalla volontà di fama imperitura (vuole essere ricordato come è ricordato Carlo Magno), alla volontà di essere esempio di virtù, quindi un buon governante. Di qui – oltre che dalle parole di Elvira – la decisione di perdonare i congiurati.
Ma Carlo va oltre e, soffocando il suo amore per Elvira (mie brame ho dome dice il libretto, ma la musica dice ben altro, dice la consapevolezza di chi ama qualcuno che non l’amerà mai, la consapevolezza di chi, pur di vedere la donna che ama felice, rinuncia a lei. In fondo a Carlo sarebbe bastato un ordine per avere Elvira, ma decide di darla in sposa ad Ernani.

Sposi voi siate, v’amate ognor.
A Carlo Magno sia gloria e onor.

TUTTI
Sia lode eterna Carlo, al tuo nome.
Tu, re clemente somigli a Dio
Perché l’offesa copri d’oblio,
perché perdoni agli offensor.
Il lauro augusto sulle tue chiome
Acquista insolito, divin fulgor.
A Carlo Quinto sia gloria e onor.


L’atto si conclude con l’esaltazione di Carlo, esaltazione a cui Carlo pare essere quasi estraneo, che durante il concertato ripete il suo giuramento, il giuramento di essere un potente virtuoso, ma sempre in tono sommesso, decisamente poco trionfante, perché psicologicamente ha ben poco di cui dirsi vittorioso e trionfante. Sembra quasi diviso in due: da una parte è vittorioso sul piano politico (ha perdonato i congiurati, portandoli dalla sua parte), sul piano personale è perdente (ha concesso Elvira in sposa ad Ernani). Da qui il tono più ripiegato su se stesso di Carlo, già quando intona “O Sommo Carlo”.

Ascolto: Dmitri Hvorostovskij (Carlo), Angela Meade (Elvira), Marcello Giordani (Ernani)
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view post Posted on 11/4/2013, 18:47
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Atto IV - La maschera



L'ultimo atto di Ernani inizia in maniera che si potrebbe definire festosa. Si sta celebrando il matrimonio tra Elvira ed Ernani e tutti appaiono felici, ma, come si può ben immaginare un'ombra grava sulla coppia di sposi.
Una Maschera tutta chiusa in nero domino appare per un attimo a turbare la festa. Poi, alla sua uscita, il coro torna a risuonare festoso.
Ernani ed Elvira entrano in scena entrambi pieni di gioia e di promesse di eterno amore.

ELVIRA
Or meco alfin sei tu...

ERNANI
E per sempre.

ELVIRA
O gioia!

ERNANI
Sì, sì, per sempre tuo...

ELVIRA e ERNANI
Fino al sopiro estremo
un solo core avremo.

Quindi tutto appare andare bene, ma un'ombra, come già accennato, grava sulla felicità di Ernani ed Elvira. Ed infatti si ode il suono di un corno, suono che fa tremare Ernani, perché egli sa che cosa significa quel suono. E' Silva che reclama la sua vita, in seguito al giuramento da lui stretto ( quando il corno suonerà tosto Ernani morirà), un giuramento a cui lo costringe l'onore... e l'onore è ciò che guida ogni azione di Ernani... il suo desiderio di vendetta verso il re, il suo stringere un giuramento suicida (perché non lo si può definire diversamente) con Silva, onore, quindi, che è più importante dell'amore per Elvira. Da un altro punto di vista, si può vedere insito in Ernani una sorta di desiderio di morte, che può spiegare ancora meglio il giuramento suicida.

ERNANI
(Maledizione di Dio!)

ELVIRA
Il riso del tuo volto fa ch'io veda.

(S'ode altro suono)

ERNANI
(Ah, la tigre domanda la sua preda!)

ELVIRA
Cielo!... Che hai tu?... Che affanni!...

ERNANI
Non vedi, Elvira, un infernal sogghigno,
che me, tra l'ombre, corruscante irride?...
E' il vecchio!... il vecchio!... mira!...

ELVIRA
Ohimè, smarrisci i sensi!

(I suoni ingagliardiscono appressandosi.)

ERNANI
(Egli mi vuole!) Ascolta, o dolche Elvira...
solo ora m'ange una ferita antica...
Va tosto per un farmaco, o diletta...

ELVIRA
Ma tu, signor!...

ERNANI
Se m'ami, va, t'affretta.
(Elvira va nelle stanze nuziali)


Ernani rimane quindi solo e per un attimo si autoillude che la morte non lo stia ancora chiamando, me è illusione breve, perché la Maschera comparsa ad inizio opera appare nuovamente. Ovviamente è Silva che è venuto a domanda la vita di Ernani. Gli ricorda il suo giuramento. Ed il suo onore (Sarai tu mentitor?). Ernani, attaccandosi alla felicità che finalmente gli arride, dopo una vita tutt'altro che felice, domanda a Silva di permettergli di vivere il suo amore.

ERNANI
Tutto ora tace intorno;
forse fu vana illusion la mia!...
Il cor, non uso ad esser beato,
sognò forse le angosce del passato.
Andiam...
(fa per seguire Elvira)

SILVA (fermandosi a capo delle scala)
T'arresta.

ERNANI
(E' desso!
Viene il mirto a cangiarmi col cipresso!)

SILVA (mostrandogli il corno)
Ecco il pegno: nel momento
in che Ernani vorrai spento,
se uno squillo intenderà
tosto Ernani morirà.
(appressandoglisi e smascherandosi)
Sarai tu mentitor?

ERNANI
Ascolta un detto ancor!
Solinto, errante, misero,
fin da' prim'anni miei,
d'affanni amaro un calice,
tutto ingoiar dovei.
Ora che alfine arridere
mi beggo il cielo sereno,
lascia ch'io libi almeno
la tazza dell'amor.


Silva è però spietato nel suo desiderio di causare la morte di Ernani, colui che gli ha rubato Elvira, la donna che egli comunque sia ama. In questo si vede la grande differenza tra Silva e Carlo. Da un lato Silva è implacabile nella sua sete di vendetta e nel suo amore deluso, dall'altra Carlo accetta di rinunciare ad Elvira per vederla felice, anche se questo gli provoca un'immensa sofferenza.

SILVA
(fieramente presentandogli un pugnale e un veleno)
Ecco la tazza... scegliere,
ma tosto, io ti concedo.

ERNANI
Gran Dio!

SILVA
Se tardi od esiti...

ERNANI
Ferro e velen qui vedo!
Duca... rifugge l'anima...

SILVA
Dov'è l'ispano onore,
spergiuro, mentitore?

ERNANI
Ebben... porgi... morrò!
(prende il pugnale)

Elvira dalle stanze nuziali

ELVIRA (ad Ernani)
Ferma, crudele, estinguere
perché vuoi tu due vite?
(a SIlva)
QUale d'Averno demone
ha tali trame ordite?
Presso al sepolcro mediti,
compisci tal vendetta!...
La morte che t'aspetta,
o vecchio, affretterò.
(Va per scagliarsi contro Silva, poi s'arresta)
Ah, ma che diss'io? perdonami...
l'angoscia in me parlò.


L'improvviso intervento di Elvira non ferma la volontà di vendetta di Silva, né smuove il senso dell'onore di Ernani (è su questo che Silva fa leva per fargli mantenere il giuramento) ed Ernani ha comunque compreso dal primo suono del corno di dover morire, perché così ha giurato, e perché al momento del giuramento il desiderio di morte era in lui ben presente. Il finale prosegue inesorabile verso la sua unica conclusione possibile: la morte di Ernani.

SILVA
E' vano, o donna, il piangere...
E' vano... io non perdono.

ERNANI
(La furia è inesorabile)

ELVIRA
Figlia d'un Silva io sono.
Io l'amo... indissolubile
nodo mi stringe a lui.

SILVA
L'ami!... morrà costui,
per tale amor morrà.

ELVIRA
Per queste amare lagrime
di me, di lui pietà.

ERNANI
Quel pianto, Elvira, ascondimi...
ho d'uomo di costanza...
l'affanno di quest'anima
ogni dolore avanza...
Un giuramento orribile
ora mi danna a morte.
Fu scherno della sorte
la mia felicità.
Non ebbe di noi miseri,
non ebbe il cielo pietà.

SILVA
Se uno squillo intenderà
tosto Ernani morirà.

ERNANI
Intendo... intendo... compiasi
il mio destino fatale.
(si pianta il pugnale nel petto)

ELVIRA
Che mai facesti, o misero?
Ch'io mora!... a me il pugnale...

SILVA
No, sciagurata... arrestati,
il delirar non vale...

ERNANI
Elvira!... Elvira!...

ELVIRA
Attendimi...
sol te seguir desio...

ERNANI
Vivi... d'amarmi e vivere,
cara... t'impongo... addio...

ELVIRA e ERNANI
PEr noi d'amore il talamo
di morte fu l'altar.
(Ernani spira ed Elvira sviene)

SILVA
(Delle vendette il demone
qui venga ad esultar!)


Sulle parole di Silva si chiude l'opera che fin dalle sue premesse, anticipava un finale tragico, per quanto meno tragico di quello dell'omonima tragedia di Hugo, dove Hernani si avvelena, ma Dona Sol (è il nome di Elvira nell'originale) beve il restante del veleno. I due sposi, nel delirio indotto dal veleno, parlano delle loro nozze, come se stessero veramente avvenendo. Di fronte a tale amore, Silva mormora "Come sono felici", provando quindi invidia, o forse rimorso. Silva stesso si suicida, perché compiuta la sua vendetta, null'altro gli rimane. Un finale del genere era, con ogni probabilità, troppo duro ed estremo, per il melodramma italiano dell'epoca (molte morti avvengono fuori scena... si pensi alla morte di Lucia che viene cantata dal coro, per esempio) o forse la censura avrebbe avuto qualcosa da dire sul parallelo morte insieme-matrimonio (quasi) mistico e sui tre suicidi descritti.
La figura di Silva cambia comunque decisamente aspetto nel finale. Manca quel momento di rimpianto, quel "come sono felici" che sottintende un "come io non lo sono mai stato e non lo sarò mai, perché questa vendetta non mi ha dato alcuna gioia, ma solo la perdita di colei che amo", per lasciare unicamente spazio alla vendetta trionfante che non si piega davanti a nulla, nemmeno al dolore di Elvira.

Ascolto: Ernani (Placido Domingo), Elvira (Mirella Freni), Silva (Nicolaj Ghiaurov), direttore d'orchestra : Riccardo Muti.