| Visto che molti libri li ho letti secoli fa e me li ricordo poco e male, ho iniziato la rilettura di King, oggi ho trovato a casa di mia sorella L'Occhio del Male (Thinner), che non mi aveva entusiasmato la prima volta così ho deciso di rileggermelo oggi.
Un po' di trama spicciola. William Halleck, più Billy che William, è un grosso, in senso fisico del termine, grasso avvocato che vive una vita piuttosto grigia con la moglie Heidi e la figlia Linda, fino a quando una mattina investe e uccide una vecchia zingara per colpa della moglie che gli stava facendo un servizietto, ma la passa liscia grazie alla copertura di amici come il giudice e il capo della polizia. Per questo motivo gli zingari si infuriano e il capo gli lancia una bella maledizione: dimagrire, dimagrire e dimagrire, fino a morire con un po' di ossetti. Lui non ci sta e parte alla ricerca di questi zingari e di quello che lo aveva maledetto, per convincerlo a toglierli la maledizione. Il resto, per chi non lo avesse letto, non lo dico così non si rovina nulla, per chi ha letto lo sa già
La prima cosa che mi viene in mente da dire è che ho fatto bene a rileggermelo perché, come ho accennato, la prima volta non mi aveva entusiasmato, letto di fretta e con la stupidità della giovane età , invece mi è davvero piaciuto parecchio, trovandolo scorrevole come sempre (si legge con pochissimo tempo) e trovando il vero Stephen King pur essendo pubblicato con lo pseudonimo di Richard Bachman, e secondo me, tra quelli che ho letto di Bachman, è forse il migliore.
Il libro scorre via velocemente e altrettanto velocemente si entra nella testa e nel tormento di Billy che si fa sempre più pesante e opprimente pagina dopo pagina: la maledizione, il senso di colpa, la rabbia, la paura, ma nonostante ciò non si dà mai per vinto, trova dentro di se una forza che non aveva avuto, o del tutto soffocata da una vita piatta e vuota che non lo soddisfaceva veramente, e inizia questo viaggio on the road alla ricerca di questa carovana di zingari e Taduz Lemke, il vecchio dal naso marcio che gli ha lanciato la sua maledizione. E non si arrende fino alla fine. La fine che è un pugno alla stomaco, una rasoiata ben assestata che nemmeno senti, ti accorgi solo del sangue che ti scende, ma d’altronde parliamo di King, mica di Sveva Casati Modigliani
La prima volta non mi era piaciuto, non l’avevo trovato nulla di che, come trama e personaggi, come Ginelli, il solito gangster mafioso italoamericano (che noia! XD), scritto sempre molto bene come è inconfondibilmente King, infatti qui si capisce alla grande che è lui, mi sembra che proprio con questo libro un editore o libraio (o non mi ricordo chi) lo abbiano sgamato, comunque sia c’è il suo marchio – ok, io lo so a priori, ma si capisce veramente che lo stile è suo XD – poi si fa sgamare che come Bachman ci mette dei gran bei riferimenti a King e ai suoi libri. Su, si capisce.
Tornando al libro, no, non mi era piaciuto, e in fatto di trama e personaggi, non è che ho cambiato più di tanto opinione, l’ho apprezzati di più, perché ho apprezzato di più il senso del libro, quello che King voleva mostrare, o almeno quello che io ho recepito leggendolo (alla seconda lettura!). Pagina dopo pagina ti chiedi, chi è il Male e chi il Bene? È difficile rispondere, anche se sarebbe piuttosto semplice, Taduz maledice Billy, il giudice e il capo della polizia, due si suicidano, uno manca poco ci lascia le penne (manca poco?! ), ma se andiamo a fondo, nessuno è innocente, pagano per i loro peccati, hanno ucciso una vecchia e lasciato che il colpevole fosse impunito. Poi? La contro-maledizione (se così la si può definire)? Alla fine è una strage diciamo, nessuno è al di sopra di nessuno, tutti colpevoli, tutti innocenti, tutti maledetti. Tutti reietti della società. E tutto gira intorno all’ingiustizia della vita, ma non “banalmente” di un assassino che non viene condannato, ma di una società che vede l’estraneo come un mostro, un reietto appunto, rifiuti della società che sono tutti ladri, assassini, stupratori, venditori di droghe o strani intrugli, incantatori di fessi, portatori di malattie, pu…ne e stupratori. Questo sono per la gente “normale” gli zingari, cacciati ogni volta e costretti a vagare da una città all’altra che non solo non li accetta, ma li caccia come si caccia un insetto sporco e schifoso. È per questo che il simpatico () Taduz si arrabbia e lancia maledizioni qua e là, non è solo perché hanno ucciso sua figlia, un incidente, ok, può capitare (se la moglie non avesse deciso di fare "un servizio in macchina"), ma il resto no, insabbiare tutto come se nulla fosse, come se la vita di una zingara non fosse niente, perché tanto loro non sono niente per la società che discrimina il diverso. E non lo fa solo con gli zingari. Basta guardare come viene trattato Billy non appena perde peso e comincia a rendersi conto della maledizione che gli è stata lanciata. Pazzo da internare da coloro che dovrebbero sostenerlo dopo aver parlato della maledizione dello zingaro (oh, certo, non dico che dovevano credergli immediatamente, non è facile credere a cose del genere, ma una domandina almeno farsela, soprattutto dopo che la medicina non aveva saputo dare spiegazioni), malato e da scansare come un mostro da chiunque gli passasse vicino. La discriminazione è ovunque, e non c’è giustizia in questo e non c’è né bene né male.
Billy finisce per allontanarsi da tutto e tutti, soprattutto dalla famiglia, la paranoia prende il sopravvento, comincia ad odiare la moglie perché la ritiene la vera responsabile che non ha pagato minimamente per tutto quello, cosa che invece sta facendo lui, giorno dopo giorno a fare i conti con il corpo che perde peso, simbolo quasi della sua vita che si svuota. Ma cerca di cambiare lo stato delle cose, solo contro tutti, poi trova un aiuto inaspettato che praticamente diventerà la sua maledizione contro gli zingari. Alla fine che rimane? “No, noi ci fermiamo, perché altrimenti siamo matti anche noi come l’amico dell’uomo della città. Se non ci fermiamo, dovremmo pensare che quel che dice lui è vero – Dio non perdona.”, dice alla nipote Taduz, come per dire non voglio abbassarmi al loro livello, ma pagheranno lo stesso per quello che hanno fatto, in un modo o nell’altro qualcuno pagherà. C’è una frase che dice Taduz a Billy sulla panchina: “Ma tutti pagano, anche per quello che non hanno fatto”, e alla fine pagano davvero.
Dove finisce il Bene e dove inizia il Male? Dov’è il giusto a questo mondo? Cos’è che ci porta a discriminare qualcuno diverso da noi? Che poi, cos’è normale o diverso? Questo libro ti spinge a pensare a questo e a cercare di dare risposte a queste domande alle quali non è semplice rispondere e ognuno potrebbe farlo in maniera diversa, ma ti porta a ragionarci su, e la prima volta non ho notato tutto questo, troppo presa dalla trama che non ho trovato mai entusiasmante - ma nemmeno proprio male, ho letto di peggio, anche di King – e dallo sbrigarmi per vedere come si districava la matassa.
Insomma, diciamo che di King ho letto molto molto di meglio, ma anche di peggio, lo ammetto, e rileggerlo mi è piaciuto perché questi aspetti, lo ammetto, mi erano del tutto scivolati di dosso, e mi piace ragionarci su
Sul fatto del cancro, non era morta la madre di King di cancro al cervello?
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