| Ok, ho trovato un modo di sistemare, quindi partecipo e la posto, via il dente e via il dolore!
Titolo: Un canto che brucia nel cuore Autore/data: Severus_Ikari / fine novembre-dicembre 2011 Beta-reader: nessuno Tipologia: One shot Rating: Per tutti Genere: Introspettivo, Drammatico Personaggi: Severus Piton, Personaggio Originale Pairing: nessuno Epoca: Altro (Severus bambino) Avvertimenti: AU Riassunto: Un canto ed un fuoco ad aprire un squarcio di luce in un’esistenza dove regna solamente l’oscurità.
Nota2: questa storia era originariamente il primo paragrafo di un’altra storia più lunga, ma per motivi di regolamento del concorso ho dovuto tagliare il resto e lasciare solo la prima parte per ovvie ragioni di lunghezza. Il resto prossimamente… XD
Per quanto riguarda la poesia io ho cercato di usarla tutta mettendo evidenti riferimenti (almeno a me risultano evidenti, ma potrebbero non esserlo per altri), nella storia troverete alcuni versi delimitati (che parola strana che ho scelto ) dal simbolo ♪ perché mi sono presa la licenza poetica-scrittoria-come vi pare, di trasformarla in canzoncina ai fini della storia. Il resto dei versi è solo per sottolineare i nessi alla poesia (anche se io credo ci siano sin dall’inizio). Buona lettura! Spero
Un canto che brucia nel cuore
La giovinezza non fu che una buia tempesta, attraversata qua e là da soli vividi; il tuono e la pioggia hanno fatto una tal devastazione, che al mio giardino restano ben pochi frutti vermigli. Ecco che ho raggiunto l'autunno delle idee, e che si deve lavorare di pala e di rastrello per riassestare le terre inondate cui l'acqua scava fosse come tombe. Chissà se i fiori nuovi che io sogno nel suolo dilavato come un greto troveranno quel mistico alimento che ne farebbe il vigore? - O dolore, o dolore! Il Tempo mangia la vita, e quell'oscuro Nemico che rode il nostro cuore, cresce e diventa robusto con il sangue che perdiamo!
Erano ormai ore che il bambino camminava per il bosco, sembrava smarrito, anche se non era certo la prima volta che s’immergeva nel suo silenzio. Ormai stava per scendere la notte, ma non aveva nessuna intenzione di tornare a casa e assistere nuovamente a quelle scene impietose. Aveva superato da tempo il grande albero dov’era solito passare intere ore da solo, poteva ancora sentire le urla di suo padre rimbombargli in testa e d’istinto si portò entrambe le mani a coprire le orecchie per cercare di scacciare quelle grida, ma ancora peggiori erano le lacrime che scendevano lungo il viso della madre: quelle non sarebbero scomparse nemmeno chiudendo gli occhi. Continuava a camminare tra gli alberi, quando udì un tuono in lontananza. La pioggia non avrebbe tardato ad arrivare e forse sarebbe stato meglio tornare a casa, ma un bagliore rosso che carezzava lieve le chiome degli alberi lo attirò. Dopo aver camminato per intricati labirinti di rami ed erba alta, giunse in una radura che si era aperta davanti ai suoi occhi. Era notte, ma di fronte a se un intenso vermiglio gli tinse gli occhi neri, rosso del sangue di Eileen, rosso del fuoco che aveva bruciato la sua prima lettera di Hogwarts. La sua salvezza. Il suo unico sole in una fanciullezza fatta da nient’altro che lacrime nell’oscurità. Quelle fiamme lo affascinavano, le loro spire che si muovevano sinuose sfumando in tutti quei colori lo attiravano e più si avvicinava e più sentiva il calore sulla pelle. Quel fuoco stava distruggendo ogni cosa e per un attimo vide suo padre sparire tra le fiamme in un istante, immagini che sbiadivano nel rosso e nel nero: sorrise al pensiero, avrebbe voluto stringere un po’ di quel fuoco, portarlo con sé per avvolgerci l’uomo che non sapeva far altro che togliergli ogni felicità. L’odore acre nell’aria non gli dava fastidio, voleva rimanere lì con il fuoco che distruggeva ogni cosa e gli dava un calore che mai aveva provato. Sperava che l’acqua non cadesse a spegnere quello spettacolo che era solo per i suoi occhi. Una cantilena lo distolse.
♪ Chissà se i fiori nuovi che io sogno nel suolo dilavato come un greto troveranno quel mistico alimento che ne farebbe il vigore? - O dolore, o dolore! ♪
Si voltò verso la fonte di quel suono e vide una bambina seduta su di una pietra, gli occhi arrossati probabilmente dal fumo e il viso sporcato di cenere; si avvicinò curioso di sapere chi fosse. - È molto bella questa canzone anche se triste. – le disse e la bambina alzò la testa per guardare da dove veniva quella voce. - Me l’ha imparata il mio papà. - Insegnata. – ribatté il ragazzo dagli occhi neri, ma quello che ottenne fu solo lo sguardo stupito di una bimba terrorizzata che riuscì a mormorare solo un: - Cosa? - Tuo padre te l’ha insegnata e tu l’hai imparata. – spiegò il piccolo. - Uhm… - Mm, - distolse lo sguardo volgendolo alla casa in fiamme, mentre la bambina riprese a cantare – cos’è successo? – e puntò nuovamente gli occhi neri su quelli blu come il mare di lei che interruppe la sua nenia. - Il mio papà mi diceva sempre di non parlare con gli sconosciuti. La fissò un attimo poi le disse: - Mi chiamo Severus, - e le tese la mano. – tu come ti chiami? - Che nome buffo che hai. - sorrise stringendogli la mano. – Il mio nome è Emerald. - Anche il tuo nome è buffo. - e rise all’oceano di quello sguardo – Adesso che ci siamo presentati non siamo più sconosciuti. Cos’è successo al tuo papà? - E’ morto. – rispose semplicemente. Severus voleva che anche suo padre fosse morto, ma non lo era e forse lo stava aspettando a casa carico di rabbia e odio. - Quella è la tua casa? – e indicò l’abitazione ormai distrutta dal fuoco. - Sì. - disse in un sussurro mentre le lacrime minacciavano di scendere ancora, anche se dalla sua espressione sembrava non ne avesse più. Per alcuni istanti rimasero in silenzio, soltanto il crepitio del fuoco faceva da sottofondo e ogni tanto nella radura echeggiava un sordo tonfo di qualcosa che crollava. Ad un tratto prese a piovere, dapprima una leggera pioggerellina che presto si trasformò in un vero e proprio temporale che in pochissimo tempo riuscì a spegnere l’incendio che era divampato nella casa. Il piccolo Severus voleva vedere da vicino cos’erano in grado di fare le fiamme, l’odore acre si fece ancora più intenso, mosse i primi passi tra il fango quando un esile tocco lo bloccò: la bambina aveva il terrore negli occhi, non voleva essere lasciata nuovamente sola. Severus rimase immobile mentre occhi di mare aveva ripreso il suo canto, una triste melodia di morte che rendeva tutto ancora più irreale. - Chi è stato a fare questo? – spezzò il canto. - Non lo so, - rispose – il mio papà mi ha ordinato di nascondermi, ed io gli obbedisco sempre. – lo sguardo perso nel vuoto – Erano vestiti di rosso, come dei frati, avevano cappucci a coprirgli il viso, - le lacrime iniziarono a scendere lentamente – e poi… - ma s’interruppe, la voce strozzata dai singhiozzi. Severus la strinse un po’ per cercare di consolarla, ma non c’era consolazione per ciò che aveva visto. - Hanno preso la mia mamma, - continuò – e la sentivo gridare, ero là – e indicò un albero poco vicino – ma sentivo le sue urla, e anche quelle del mio papà che diceva “Non fatele questo vi prego, non toccatela, tutto ma non questo”, ma non potevo vedere cosa stavano facendo. – aggiunse stringendo ancora con maggiore forza Severus che pensava fosse meglio che la bambina non avesse assistito a quelle scene. Le urla pian piano si affievoliscono perdendosi tra mille pensieri, ma le immagini sono difficili da cancellare, tra il buio e la luce sarebbero sempre state un tormento. Il pianto della bambina risuonava nell’aria, pioggia e lacrime a bagnare la terra da cui più nulla sarebbe rinato.
♪ Chissà se i fiori nuovi che io sogno ♪
Orfana di una vita crudele in cui ogni pianta viene estirpata, ogni albero che blocca la via troncato lasciando nient’altro che radici che non ricrescono, fiori che non danno frutti.
♪ nel suolo dilavato come un greto ♪
La pioggia scendeva forte spegnendo quel fuoco che sempre sarebbe bruciato nell’anima di quella bambina, un incubo che si accende nella notte in cui danzano le fiamme di un rosso che non sbiadisce, ma continua a divampare nonostante un fiume in piena che pulisce ogni cosa trascinando con sé detriti di terrore.
♪ troveranno quel mistico alimento che ne farebbe il vigore?♪
I singhiozzi non si arrestavano, aumentavano rotti dalla triste melodia che fuoriusciva dal cuore puro di una bimba, dilaniata da una perdita che avrebbe sempre fatto più male, un incubo in cui perdere ogni forza e ogni speranza. Il seme della felicità sarebbe mai germogliato negli occhi blu di quella bambina? - Portami con te. – ruppe il silenzio la piccola, Severus sgranò per un attimo gli occhi prima di piantarli nel mare in tempesta dei suoi. - Mi dispiace, ma non posso. – rispose con tono lieve spezzato dalla tristezza, immaginava la rabbia del padre se l’avesse portata a casa, la violenza che gli avrebbe inferto e probabilmente avrebbe alzato le mani anche su quel piccolo corpo indifeso. - Per favore… - gli strinse la maglietta fradicia d’acqua tirando i lembi a se – se tornano, non voglio che mi facciano gridare come mia madre. Ti prego… - e pianse tutte le lacrime che aveva. Un lampo squarciò il buio che aveva di nuovo avvolto la radura non più illuminata dal fuoco. Quell’accorata supplica incrinò l’animo del piccolo Severus che si sentiva totalmente impotente, ma non poteva in alcun modo aiutare la bambina. Alcuni rumori interruppero i suoi pensieri. - Vieni con me. – le disse afferrandola per un braccio, ma non percorse nemmeno pochi metri che fu bloccato da qualcuno che prese la bambina buttandolo a terra. - Emerald! - gridò Severus con tutto il fiato che aveva, cercò di rimettersi in piedi, ma la caviglia gli doleva. La bambina cercava di liberarsi, si dibatteva, ma gli uomini la strinsero con maggiore forza e tra il dolore l’unica parola che riuscì a pronunciare fu: - Severus... – e sparì tra gli alberi. Sotto la pioggia scrosciante Severus rimase immobile a piangere lacrime amare di un dolore che non l’avrebbe mai abbandonato, come due occhi blu come il mare.
La giovinezza non fu che una buia tempesta, attraversata qua e là da soli vividi;
Nel suo piccolo cuore di bambino aveva creduto di aver trovato un’amica, qualcuno con cui dividere gioia e spensieratezza, qualcuno che attraverso due occhi di mare avrebbe illuminato le sue giornate buie, fatte di urla e lacrime, di sangue sulla pelle.
il tuono e la pioggia hanno fatto una tal devastazione, che al mio giardino restano ben pochi frutti vermigli.
Ma un lampo aveva distrutto ogni suo sogno, il sorriso di due bimbi si era dissolto nella cenere che volteggiava alta nel cielo. Il suo sorriso, una delicata rosa dal profumo intenso, era sbocciato nel suo deserto senz’acqua, ma il fuoco lo aveva bruciato lasciando nient’altro che una terra morta dalla quale più nulla sarebbe rinato.
Ecco che ho raggiunto l'autunno delle idee, e che si deve lavorare di pala e di rastrello per riassestare le terre inondate cui l'acqua scava fosse come tombe.
Severus non riusciva a rialzarsi, troppo preso da quegli avvenimenti, ormai troppo legato a quegli occhi blu per lasciare quel posto per sempre, per andarsene da quel fango dove ancora c’erano le sue impronte. La pioggia scrosciante stava lavando via ogni cosa, cancellando ogni traccia di Emerald, e forse avrebbe dovuto scavare per anni e anni a mani nude, per riuscire a scorgere una qualche parte di lei, forse sotto metri e metri di rocce e fango, la terra avrebbe cantato la sua nenia.
Chissà se i fiori nuovi che io sogno nel suolo dilavato come un greto troveranno quel mistico alimento che ne farebbe il vigore?
Un canto, che sarebbe rinato nel suo cuore come una fiamma alta e viva da un piccolo fuoco nascosto, dove il rosso si perdeva nel tempo, avrebbe ridestato una felicità sopita sotto strati cupi di un odio proveniente dal suo stesso sangue. Ogni parola un fiore nuovo a decorare il suo giardino arido, per pochi istanti, pochi attimi di un sorriso tra le lacrime, di una gioia tra i dolori.
O dolore, o dolore!
Ormai era notte inoltrata e doveva tornare a casa al più presto, ma la caviglia gli faceva molto male, nulla in confronto a quello che lo stava aspettando a casa; s’immaginava già suo padre immobile sulla poltrona consunta a reggere una bottiglia di liquore, che lo guardava con disprezzo dietro quello sguardo che non lo toccava: soltanto le sue mani gli procuravano dolore, le parole che riservava a sua madre. Vederla in lacrime era una sofferenza che non riusciva a sopportare, vedere il sangue che le scivolava lungo il viso, lo affliggeva: si sentiva impotente e malediva i suoi undici anni che non lo rendevano grande e forte abbastanza da non poter proteggere l’unica persona che gli scaldava il cuore.
Il Tempo mangia la vita, e quell'oscuro Nemico che rode il nostro cuore, cresce e diventa robusto con il sangue che perdiamo!
Aveva perso anche Emerald un istante dopo averla trovata. Si sentiva distrutto e le lacrime ripresero a scendere con prepotenza e, zoppicando, si diresse verso casa, verso il buio che lo avrebbe di nuovo inghiottito. Sarebbe riuscito il tempo a far rinascere la vita dalle ceneri di una dimora che non esiste più? Oppure si sarebbe nutrito di quella distruzione avvelenando il sangue di un cuore puro? Il bambino camminava lentamente e ogni tanto volgeva lo sguardo alle mani sporche di fango, tra i singhiozzi che spezzavano la notte, ed ogni domanda si perse tra le lacrime dei suoi undici anni, troppo piccolo per sperare in un futuro di luce, già grande di un passato di ombre, dove soltanto il fuoco lo aveva reso bambino.
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