Luci e ombre del Cristallo (Luglio/Novembre 2004 - marzo/maggio 2006)
Così, Severus Piton aprì completamente il suo cuore, facendo emergere lentamente tutto l’agghiacciante orrore confinato nei suoi ricordi, le tremende colpe, i profondi rimorsi.
La sua voce fluiva in un lento e roco sussurro, mentre le immagini scorrevano dolorosamente nella sua mente, del tutto aperta agli occhi penetranti di Crystal.
Un tempo aveva creduto di poter dimenticare, ma poi aveva capito che non sarebbe mai stato realmente possibile: così aveva chiuso il suo intollerabile passato in un posto segreto del suo cuore, nell’attesa di poterlo un giorno accettare come parte integrante di sé.
Ma non ci era mai riuscito.
Non aveva mai raccontato a nessuno i crimini che aveva commesso, le atrocità alle quali aveva assistito. Solo Silente, in parte, conosceva il suo passato.
Non aveva mai ammesso, neppure con se stesso, l’infinita disperazione né l’allucinante terrore che in quei giorni tremendi lo avevano attanagliato senza mai lasciarlo, neppure per un breve istante. Erano trascorsi ormai oltre sedici anni, ma sentiva ancora l’odore acre del sangue sulle sue mani.
Parlava sommessamente, guardando fisso davanti a sé la parete nera della grotta, mentre il dolore si aggrovigliava in lui, saliva sempre più su per erompere infine nelle sue parole… tremende.
Mentre il suo passato colmava di tenebre l’oscurità della caverna, Severus chiuse gli occhi e strinse a sé Crystal in un abbraccio protettivo, quasi a difenderla dall’orrore che aveva di se stesso.
Raccontò che, alla fine, era tornato da Silente e si era sforzato di dimenticare, senza poterci mai riuscire. Aveva cercato in ogni modo di espiare le sue colpe, rischiando ogni giorno la vita e sperando solo di incontrare la morte.
Poi Voldemort era scomparso e lui aveva provato a tornare a vivere: aveva cercato di accettare i suoi errori, di perdonarsi. Aveva impiegato anni, senza mai realmente riuscirci, poi si era reso conto che il tempo era passato, inesorabile, cancellando le sue speranze: era troppo tardi per tornare a vivere ed essere felice.
Si era ritrovato imprigionato in un ruolo che altri gli avevano assegnato, il viso coperto da una maschera di pietra che altre mani avevano assurdamente scolpito.
Non era più riuscito a liberarsi: forse aveva avuto paura, forse non riteneva di meritarselo, ma non aveva voluto fuggire da quella comoda prigione che lo isolava dal mondo.
Ma, giorno dopo giorno, quella prigionia era diventata sempre più dura ed insostenibile e, al tempo stesso, sempre più difficile da sfuggire.
Quando poi, forse, aveva sentito in sé la forza per rompere quelle catene, la sua coscienza glielo aveva impedito e le parole di Silente, che ripeteva che Voldemort sarebbe un giorno tornato, avevano preso a risuonare ossessive nella sua mente. Così, l’attesa del ritorno dell’Oscuro Signore l’aveva di nuovo ricacciato nel suo gelido sotterraneo, privo di vita e di amore.