Specchio dell’anima (20/1/08 – 28/1/08)
Atto 1° - Anima perduta - Scena 1 - Errore
Nebbia, solo nebbia.
E’ ovunque, anche intorno a me.
Mi guardo allo specchio e per un attimo stento a riconoscere il mio viso.
Da quanto tempo ho quello sguardo? Non lo ricordo. Forse da quando ho deciso di seguire il Signore Oscuro o forse ancora prima.Occhi neri, profondi, scintillanti, in un volto pallido e magro, incorniciato da lunghi capelli corvini.
Uno sguardo traboccante di odio.
Forse l’ho sempre avuto, da quando le Arti Oscure hanno cominciato ad affascinarmi e ho cominciato a studiarle approfonditamente, anche sui misteriosi libri della Biblioteca di Hogwarts: ottenere il permesso da Lumacorno per accedere al Reparto Proibito, per il suo più brillante alunno in Pozioni, è sempre stato un banale gioco da ragazzi.
Ho cominciato a sperimentare e ad inventare incantesimi, sempre più pericolosi, che annotavo con minuziosa cura sul libro del Principe Mezzosangue: sortilegi da utilizzare contro i miei nemici, per vendicarmi, per fare del male, per dare uno sfogo a tutta la mia aggressività repressa.
Stringo i pugni, pieno di rancore verso tutti quelli che non hanno mai riconosciuto il mio valore e hanno sempre cercato di umiliarmi: ora è arrivato anche il mio momento.
Dietro l’argentea maschera dei Mangiamorte, io sono finalmente uguale a tutti gli altri miei compagni e loro mi rispettano perché la mia magia è potente, anche più della loro, pur se sono ancora così giovane.
Sorrido orgoglioso.
Anche l’Oscuro Signore mi apprezza, per le mie capacità di pozionista: me lo ha detto Lestrange.
La nebbia è scura, intorno a me, e lo specchio, ingresso stregato al covo del mio Signore, sembra essere fatto solo di luce nera, quasi riflettesse l’oscurità della mia anima.
C’è solo un punto, là in fondo, lontano, dove qualcosa forse brilla, ma la nebbia che mi avvolge mi impedisce di vedere bene e di capire.
Ma non mi importa: il potere è dentro di me, circola vorticoso nel mio sangue e lo porto inciso sul mio braccio, prezioso dono del mio Signore.
Ho dovuto uccidere, per dimostrare d’essere degno di riceverlo.
Era solo uno sporco Babbano, ha gridato Bellatrix ridendo, quando lui è caduto ai miei piedi, rantolando, ed io ho guardato sconvolto le mie mani piene di sangue.
Quel piccolo puntino di luce, là in fondo, dentro lo specchio, sembra scomparso.
Solo un Babbano.
Mi accorgo che il mio riflesso sta stringendo i denti e ha abbassato lo sguardo.
Anche mio padre è un Babbano.
Il mio odio è grande e brucia la mia anima.
Non volevo uccidere un innocente.
Ma l’ho ucciso ugualmente.
Il puntino di luce è tornato, è ancora là, lontanissimo e debole, quasi invisibile.
Muovo un passo verso lo specchio, mostrando spavaldo il marchio che mi permette di entrare: ancora un altro passo attraverso l’impalpabile superficie di luce nera e sono all’interno, tra chi mi rispetta, tra i miei amici.
La mia vera famiglia, come dice sempre il mio Signore.
Atto 1° - Anima perduta - Scena 2 - Terrore
La nebbia è scomparsa, spazzata via dal vento gelido che soffia intorno a me.
Ora ho capito.
Il fascino perverso delle Arti Oscure ha avvelenato il mio sangue e nutrito la mia ambizione, facendomi credere che il potere fosse nelle mie mani.
Tra le mie dita, invece, c’era solo il filo della vita di innocenti esseri umani, che io ho impietosamente reciso, troppe volte.
La nebbia scura che mi aleggiava intorno era l’odio di cui mi nutrivo, era il desiderio di vendetta che mi accecava e mi impediva di capire.
Ora, il gelido vento del terrore ha reso tutto fin troppo nitido.
Sono ancora davanti allo specchio della mia anima, infernale ingresso all’antro dell’Oscuro Signore.
Guardo il mio riflesso: vedo un ragazzo di vent’anni, pallido e magro, dai lunghi capelli corvini e occhi profondi, pieni di paura.
Vedo un assassino.
Nei miei occhi neri c’è solo il terrore della morte.
Se non uccido, sarò ucciso; se non obbedisco agli ordini del mio Signore, ugualmente verrò ucciso; se la mia mano tremerà, loro capiranno e mi uccideranno.
Io non voglio morire!
Così stringo i denti, premo la maschera sul viso per nascondere le mie lacrime ed eseguo i tremendi ordini dell’Oscuro Signore: sono costretto ad uccidere e, lentamente, giorno per giorno, muoio anche io, la mia anima sempre più lacerata e ormai perduta.
Verrà il giorno in cui non ce la farò più a vedere il terrore della morte negli occhi delle mie vittime, le loro bocche spalancate nella muta implorazione di una pietà che non ho potuto avere, né per loro né per me.
E quel giorno avrò pietà, di loro, se non di me.
Pregherò di morire, al loro posto, espiando le mie colpe nell’interminabile sofferenza che mi verrà inflitta.
Ma non oggi, non ancora: ho visto morire troppe persone per non essere terrorizzato dalla morte.
Odio la mia vita e gli errori che ho commesso, ma non ho ancora il coraggio e la forza di morire.
Lo specchio è cambiato: è oscurità nera e profonda al centro, un baratro infinito popolato dalle mie colpe, ma sui margini c’è un tenue bagliore, come se fosse una porta che immette in una stanza illuminata e la luce filtrasse appena dagli infissi lievemente allentati.
Ma dietro c’è solo l’Inferno, ora lo so.
L’Inferno che io ho volontariamente scelto, attratto da un sapere troppo pericoloso, da un potere che credevo mi avrebbe reso finalmente superiore ai miei nemici, pienamente soddisfatto della vendetta ottenuta su di loro.
L’Inferno di questo marchio di morte che brucia sulla mia pelle e mi ha reso schiavo, rubando la mia umanità.
Guardo il ragazzo, di là dallo specchio: lui sta piangendo, ma io non posso.
Mi premo l’argentea maschera sul volto, impassibile finzione d’uguaglianza fra esseri che si credono superiori.
Vorrei solo poter ammettere che non ho mai odiato i Babbani, anche se c’è stato un tempo in cui sono perfino arrivato a cercare di convincermene, la mente assurdamente attratta dalle folli teorie del Signore Oscuro.
Fino a quando non ho visto il loro sangue Babbano gocciolare sulle mie mani, uguale al mio sangue di mago.
Sospiro, poi muovo un passo verso lo specchio e mostro sottomesso il marchio che mi incatena al Signore dell’Oscurità, al mio implacabile Padrone.
Mentre attraverso l’impalpabile superficie di luce nera, un conato di vomito scuote il mio corpo.
Vorrei tornare indietro, ma non posso: la mia anima è ormai perduta.
Atto 2° - Anima coraggiosa - Scena 1 - Rimorso
Sono sempre qui, davanti a questo maledetto specchio, porta dell’Inferno e impietoso ritratto della mia anima, sempre più contorta e disperata.
Il vento gelido del terrore è cessato: ora vi è la soffocante ed opprimente afa del rimorso che mi schiaccia a terra e imperla di sudore la mia fronte.
Il volto riflesso è pallido e teso come non mai, occhiaie bluastre a cerchiare occhi neri di pentimento.
Poche parole rubate, diligentemente riferite al mio padrone, e ho condannato a morte un bambino e la sua famiglia.
Persone che conosco, anche fin troppo bene: l’odiato nemico, che per anni a scuola mi ha tormentato, e lei, la ragazza che amavo, la donna che ancora amo.
E il loro bambino appena nato.
Quando ho capito come l’Oscuro Signore ha interpretato quella profezia e ho realizzato le sue intenzioni, ho sentito l’urlo disperato del mio cuore: Lily sarebbe morta, e solo per colpa mia.
Perché sono un Mangiamorte e un assassino.
In quel preciso istante la mia paura di morire è svanita e la morte è diventata il mio sogno, se poteva servire a far vivere Lily.
Mi sono precipitato dall’unica persona che poteva aiutarmi, incurante di essere scoperto, senza neppure rendermi conto che stavo clamorosamente tradendo un padrone che si sarebbe deliziato a torturarmi fino alla morte.
Ho implorato Albus Silente di proteggere la donna che amo, ho promesso tutto quello che voleva e gli ho fornito ogni informazione utile per fermare l’Oscuro.
Ho promesso di diventare la sua spia, a patto che lui la salvasse.
Poi sono tornato dal mio rinnegato padrone e ho implorato anche lui affinché risparmiasse la mia Lily: gli ho chiesto di mantenerla viva per me, perché la volevo, per me solo, una volta che la sua famiglia fosse stata distrutta.
L’ho chiesta come premio per aver rivelato la profezia che gli avrebbe permesso di liberarsi per sempre del suo rivale.
Mentre lo imploravo ero terrorizzato: sapevo che sarei morto perché gli stavo mentendo e lui lo avrebbe subito scoperto. Ma dovevo tentare di salvare Lily.
Invece, non si è accorto delle mie palesi menzogne.
E’ stato allora che ho scoperto che ero in grado di mentirgli.
Non so come sia stato possibile, ma sono riuscito ad ingannarlo.
Forse è stata la forza della mia disperazione, o l’atroce rimorso che provavo, ma sono riuscito a mostrargli solo una parte dei miei pensieri, solo il mio desiderio per Lily, e non anche il mio amore per lei.
Troppo bello e puro, il mio amore, per lasciare che lui lo insozzasse con i suoi pensieri: non glielo ho permesso.
Ho protetto i miei pensieri d’amore, li ho nascosti nel profondo del mio cuore e a lui ho mostrato solo quello che voleva vedere, ma che non esisteva ed era solo falsità e menzogna appositamente creata per lui: egoistico e lascivo desiderio per il possesso del corpo di una donna.
Ora so che sono in grado di mentirgli e questo fa di me una insostituibile spia per Silente.
E’ l’unica protezione che posso dare a Lily, anche se lei non lo saprà mai: ho fatto giurare a Silente che non dirà mai a nessuno che sono stato io a riferire la profezia all’Oscuro Signore, né mai rivelerà il mio amore per Lily.
Io non la merito.
Di là dallo specchio, il giovane sospira amaramente, soverchiato dai rimorsi, gli occhi neri colmi di dolore e si stringe l’avambraccio come se volesse strapparsi via quel marchio d’infamia.
Sono solo un assassino.
Questa notte, oltre lo specchio, so che ucciderò ancora: ma questa volta sarà solo per pietà, affinché le sofferenze di quei poveri esseri innocenti cessino presto.
Nella notte nera della mia anima indosserò ancora la maschera d’argento, ma solo per nascondere la mia sofferenza.
Bellatrix mi squadra sempre attentamente e credo che sospetti di me.
So mentire al Signore Oscuro, riuscirò ad ingannare anche lei.
La mia anima si lacererà ancora, sempre più dolorosamente, ora che odio quello che sono diventato, ora che ho capito a fondo i miei errori, ora che i volti delle mie vittime ogni notte vengono ad affollare i miei incubi ricordandomi i crimini che ho commesso, torturandomi con atroci rimorsi.
Al centro, la superficie ovale dello specchio è sempre composta di impalpabile luce nera.
Ma, lungo tutti i bordi, c’è un sottile anello di luce che si fa lentamente più consistente e, qua e là, sembrano aprirsi, a tratti, crepe luminose nell’oscurità centrale.
Muovo un passo e mostro l’emblema della mia schiavitù, l’insopportabile rimorso che brucia sulla mia pelle.
Attraverso la superficie oscura e nascondo il mio meraviglioso amore in fondo al cuore.