Il Calderone di Severus

Il Severus di Ida, Ovvero, il Severus delle Maschere!

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Ida59
view post Posted on 22/3/2013, 14:07 by: Ida59
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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(continua: estratti "Le maschere di Severus")

CITAZIONE

Trasparenza e purezza del Cristallo (novembre 2007 - aprile 2009)


- Sono solo un mago odioso, freddo e privo d’emozioni, incapace di provare sentimenti. – sibilò, allontanandola da sé con rigida determinazione. – Io sono solo oscurità, dolore e sangue!
- No, quella è solo la tua maschera! – si ribellò Crystal, cercando invano di riavvicinarsi a lui che la teneva lontana, con il braccio teso.
- Io sono ormai diventato la mia maschera! – mormorò con cupa amarezza.
- No, non con me, non per me che so guardare oltre a quello che vuoi mostrare, o che, forse, credi di essere stato condannato a diventare!
[…]
Hermione stava piangendo: lo strazio, sul viso pallido e scavato del Professor Piton, era più che tangibile e lei ricordava fin troppo bene ciò che aveva letto su quell’orribile libro, “Segreti dell’Arte più Oscura”; rammentava bene l’atroce sofferenza, che poteva perfino arrivare a distruggere una persona, descritta per chi, tramite la consapevolezza dell’orrore insito nei propri atti, percorreva volontariamente la dolorosa strada del rimorso, unico modo che permetteva di rimettere insieme i pezzi dell’anima lacerati dall’omicidio.
Era quella la penosa e difficile strada che il mago aveva intrapreso, tanti anni prima, era quello il lancinante dolore che aveva sempre albergato in fondo agli occhi del suo Professore che, all’improvviso, non le parvero più gelidi e vuoti tunnel, immersi nel buio, ma solo pozzi d’infinita e lacerante sofferenza.
Certo, considerato l’odioso atteggiamento che il Professor Piton aveva sempre tenuto nei loro riguardi, era difficile immaginare che nascondesse un tale dramma dietro la sua maschera d’impassibile freddezza.
Ma era quella, solo quella, la verità che dimorava nei suoi profondi occhi neri. Hermione ne era certa.
[…]
- In quel momento ho compreso tutto: che non ritenevi più tuo diritto cercare d’essere felice e che non credevi più di meritare d’essere ancora amato. – sussurrò accorata, - Che solo per questo ti trinceravi dietro quella tua intollerabile maschera, solo per farti odiare da tutti perché tu, per primo, odiavi te stesso per tutto il male che avevi commesso.
[…]
- L’assassinio lacera l’anima in profondità e quella di Severus era stata più volte strappata. Albus gli insegnò che il rimorso, atroce e doloroso, poteva essere un pietoso, se pur crudele sarto, e, con l’amaro filo del pentimento, poteva ricucire anche un’anima che sembrava ormai perduta. Severus percorse fino in fondo lo spietato sentiero della redenzione, irto d’inesorabile sofferenza, senza mai concedersi il minimo sconto, anzi, rendendolo ancora più duro e insopportabile in quella sua imposta solitudine, rimarginando da solo, nel suo gelido sotterraneo, le lacerazioni della propria anima.
Quando Voldemort scomparve, Severus rinunciò a vivere, certo di non aver più alcun diritto ad essere felice, attorniato solo dai fantasmi del suo passato che ogni notte crudelmente lo tormentavano, incubi ai quali non si sottrasse mai, anche se gli sarebbe stato molto facile, da esperto pozionista qual era, affogare i suoi incubi in una misericordiosa pozione soporifera che gli avrebbe regalato poche ore di notturno oblio dalle sue colpe.
La voce di Crystal fu sopraffatta dall’emozione: no, Severus non si era mai sottratto al suo passato, per quanto atroce fosse il ricordo degli atti scellerati che aveva un tempo commesso; lo aveva sempre affrontato a testa alta, senza mai sfuggire alle proprie responsabilità. Era quella sofferenza che aveva scavato rughe precoci sul suo volto pallido e riempito di mesta rassegnazione la cupa oscurità dei suoi occhi, soffocandone per tanti anni ogni luce.
- In tutta quella solitudine, in quella volontaria rinuncia a vivere, agghiacciante punizione per un giovane di neppure ventidue anni, nel gelo di quell’oscuro sotterraneo gli occhi azzurri di Albus risplendevano, insieme al calore della sua amicizia, del suo paterno affetto e della profonda stima per Severus, unica parvenza di vita là dove il Passato impediva al Presente di vivere e al Futuro di nascere.

CITAZIONE

Dietro la maschera (5-16 dicembre 2011)


Severus socchiuse gli occhi, sentendosi tremendamente solo e stanco, odiato da coloro cui voleva bene e per i quali rischiava la vita. Proprio come aveva appena fatto anche quella notte. Come avrebbe continuato a fare, finché ci fosse riuscito.
Si avvicinò al camino traendo dalla tasca la maschera di Babbo Natale; proprio in quel momento, le fiamme si riflessero sull’argento dell’altra maschera che lo stava attendendo anche in quella notte che per tutti gli altri sarebbe stata solo di felice attesa della festa.
Ma non per lui.
Il viso di Babbo Natale era attraversato da un sorriso aperto, incoraggiante. Assomigliava a quello sereno di Albus che lo stava osservando in silenzio dal ritratto. La maschera d’argento, invece, non aveva labbra, non aveva altra espressione che l’imperturbabile crudeltà del male.
Le aveva indossate entrambe, per motivi diversi, entrambe false e distinte da lui.
Sollevò lo sguardo e lo fissò nello specchio, sulla pallida maschera d’interminabile sofferenza che era diventato il suo volto, gli occhi neri che ardevano nel rimorso di colpe laceranti, le labbra serrate in una linea sottile, incapaci perfino di implorare perdono.
Rimase a lungo a fissare se stesso, immobile e in silenzio, il volto di un uomo che desiderava solo morire, le mani strette sulle due maschere e nel cuore il desiderio di bruciarle entrambe, di liberarsi finalmente dalla falsità che lo imprigionava, sulle labbra la folle tentazione di gridare a Minerva la verità. Sì, per un fugace attimo, quando la strega gli aveva chiesto di era, aveva sognato di potersi togliersi la maschera da Babbo Natale e di rivelarle la propria identità. Si era illuso di poter di nuovo leggere il vecchio affetto negli occhi stanchi e preoccupati della cara amica, di poter lenire il dolore che lui stesso aveva causato. Di poterla abbracciare ancora una volta…
Il dolore al braccio lo colpì all’improvviso, come una stilettata.
Il tempo era trascorso veloce, immerso nei pensieri. L’ora era arrivata. Il Marchio bruciava e Severus Piton lasciò cadere nel fuoco del camino la maschera di Babbo Natale, che sfrigolò tra le scintille delle fiamme, e si impose sul volto quella d’argento.
Infine si guardò di nuovo allo specchio.
Ora sapeva chi c’era dietro la maschera.
Un uomo, solo un uomo che compiva il suo dovere.
E una lacrima invisibile, cocente ed amara.
 
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