Titolo: The mirror of my dark side
Autore/data: Arcady 08/11/2011
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: Per tutti
Genere: Introspettivo, romantico
Personaggi: Severus Snape, Personaggio originale
Pairing: Severus Snape - Personaggio originale
Epoca: Post libro 7
Avvertimenti: AU: Severus è sopravvissuto al morso di Nagini
Concorsi: sviluppato per la sfida n° 7 di "La poesia ispira la prosa" indetto dal forum di Magie Sinister.
The mirror of my dark side.
Ero in cupi sogni,
fissavo la sua immagine,
e il volto amato
prese per incanto a vivere.
“ Ciao, Severus.”
Una donna alta ma piuttosto esile si fece avanti, uscendo dal cono d’ombra della porta semi aperta dell’ufficio del Preside.
Aveva fatto giusto un passo all’interno della stanza ed era rimasta lì, con un sorriso silenzioso sulle labbra, aspettando di vederlo alzare la testa; le mani erano infilate fino in fondo alle tasche della giacca di pelle nera che indossava sopra un morbido maglione di un brillante verde smeraldo, sotto portava un semplice paio di jeans scoloriti infilati dentro pesanti stivali scuri.
Severus Snape alzò gli occhi su di lei, incuriosito da quel saluto così confidenziale, e provò una strana sensazione di deja-vù quando incrociò lo sguardo vivace che lo ricambiava, fiero.
Gli bastarono pochi secondi, e alla figura matura che aveva di fronte, si sovrappose il ricordo della ragazza gesticolante e iperattiva che era stata la sua più cara amica, nel periodo in cui aveva frequentato quella stessa scuola.
“Deirdree?.. ” sussurrò, quasi parlasse a se stesso, abbandonandosi allo schienale della poltrona.
Rimase per un lungo momento incredulo e muto di fronte alla donna che aveva preso il posto della ragazza che ricordava, sparita durante il loro ultimo anno ad Hogwarts, poi , rendendosi conto di risultare piuttosto buffo nel suo mutismo, riprese: “Ammetto di essere stupito: non immaginavo di rivederti.”
“Nemmeno io, eppure eccoci qui …” Deirdree continuò a sorridere, visibilmente emozionata mentre prendeva posto alla poltrona di fronte alla scrivania occupata dal nuovo preside di Hogwarts.
Severus la guardò ancora per un po’ in silenzio, con un sorriso appena accennato ad increspargli le labbra.
“Perché adesso, Deirdree?” chiese, la voce era un sussurro, ma suonava comunque molto decisa.
La donna temporeggiò, lasciando vagare lo sguardo intorno: sui ritratti dei vecchi presidi di Hogwarts, appesi alle pareti grigie- stavano sonnecchiando tutti, al momento - sulle librerie zeppe di volumi antichi e pesanti, e sugli oggetti d’uso perlopiù sconosciuto che trovavano posto nelle numerose teche polverose .
Dopo un po’ abbassò di nuovo gli occhi su Severus e cominciò a parlare, con il sorriso inquieto ancora sulle labbra.
“Sono qui per cercare il perdono dell’uomo che ho sempre amato e a cui ho voltato le spalle.” La donna sospirò poi spostò il viso di lato, passandosi una mano tra i capelli scuri e rimase così, a scorrere con gli occhi le coste consumate dei libri che riempivano gli scaffali.
“Dopo tutti questi anni ho scoperto che, quello che si era imposto come braccio destro del più potente Mago Oscuro di tutti i tempi e,come tale, qualcuno da temere e soprattutto da non amare, fosse in realtà tornato ad essere l’uomo che conoscevo, affrontando le tremende conseguenze delle sue azioni.”
Severus non reagì, e per contrastare in qualche modo quel silenzio pregnante, la maga trovò il coraggio di voltarsi verso di lui, scorgendo due pozzi neri e fiammeggianti ad accoglierla.
”Per raggiungere i miei obiettivi ho scelto l’inferno, e ne sono stato parte attiva per due anni della mia vita. Ma quando, con la mia ambizione ho provocato la morte di Lily, e lasciato orfano un bambino di un anno, tutto è cambiato. Ed è ancora così: ma non sarò mai più pulito.” Sibilò Severus.
“E chi può sinceramente dire di esserlo?” chiese Deirdree con calma. “Credo che, ad un certo punto, sia indispensabile accettare ciò che è stato e smettere di odiarsi: ma non lo si può fare da soli, perché se si è soli si hanno solo i brutti ricordi.” Sentenziò con una serenità disarmante, poi si alzò lentamente tenendo lo sguardo fisso negli occhi cupi del mago che la osservava perplesso, girò attorno alla scrivania e vi si appoggiò contro. Rimase così per un pò: la sua gamba sinistra aderiva leggermente a quella di Severus, dandole sensazioni contrastanti.
Ce l’avrebbe fatta a dirgli tutto? Nel silenzio più assoluto,alzò la mano e sfiorò impercettibilmente il polso sinistro di Severus, risalendo verso l’incavo del gomito con la punta delle dita.
L’uomo, dopo un momento di esitazione, si ritrasse di colpo, senza però riuscire ad evitare che le dita svelte di Deirdree toccassero, attraverso la manica della veste, i contorni di ciò che restava del Marchio: la sua vergogna più grande.
Deirdree si lasciò sfuggire un sospiro tremante, come a voler allontanare da sé ricordi insopportabili, ma ottenne l’effetto contrario quando incrociò lo sguardo furente di Severus.
Trattenendo il respiro spostò l’attenzione sul suo stesso avambraccio, lo sollevò un poco e lo tenne così, perpendicolare al busto. Il dolore che aveva cercato di far tacere in tutti quegli anni sgorgò con violenza dal suo petto e si riversò nella gola premendo per uscire dalle labbra serrate. Chiuse gli occhi e, senza opporre resistenza a quell’ondata nauseante, lo lasciò uscire.
“Quanti ne hai ammazzati?” chiese in un sussurro, riaprendo gli occhi e mantenendoli fissi sulla sua stessa mano chiusa a pugno. “Ricordi cosa provavi quando si inginocchiavano ai tuoi piedi chiedendo pietà?” continuò, il corpo scosso da un leggero tremore.
“Hai mai risparmiato qualcuno nel delirio di onnipotenza di cui eri preda?” insisté alzando gli occhi verso il viso di Severus, impietrito di fronte a lei. “Che scusa hai usato con te stesso, Severus? Sono sicura che ne hai avuto bisogno: solo gente come Bella poteva agire in quel modo bestiale senza averne.”
“Smettila…” Severus era sgomento: anche da seduto dovette appoggiarsi con entrambe le mani al bordo della scrivania per evitare di crollare di fronte al suo passato, reso così vivido da quelle parole feroci.
“Ecco,” continuò Deirdree distogliendo lo sguardo e fissandolo sulle linee di fuga delle lastre di marmo del pavimento. “Questo è il tuo inferno: è qui e adesso, non era allora. Quello era l’inferno di chi aveva di fronte il Mangiamorte. Ma loro ora sono in pace,mentre tu sei ancora qui, a soffrire per aver spezzato delle vite agendo come qualcuno che non eri, e non sai quanto io possa comprendere il tuo tormento”.
Severus si riscosse e puntò lo sguardo verso Deirdree, sperando, in cuor suo, di non aver inteso ciò che la donna tentava di comunicargli.
“Io stessa ho molto da farmi perdonare”.
Così dicendo, Deirdree portò le dita sul polsino sinistro e cominciò a slacciarlo con una calma esasperante, sostenendo lo sguardo fiammeggiante di Severus, poi alzò lentamente la manica di giacca e maglione, tenendo l’avambraccio piegato verso di sé.
“A cominciare da questo.”
“No, Deirdree,” tentò Severus. “Ti prego, dimmi che non…” ma le parole gli morirono in gola quando la donna abbassò l’avambraccio e mostrò uno sbiadito ma inconfondibile segno grigio chiaro: la traccia del Marchio Nero era scolorita e sfigurata da decine di cicatrici, di diversa lunghezza e consistenza, segno di un disperato e consapevolmente inutile tentativo di cancellarne l’esistenza.
Severus si alzò di scatto spostando rumorosamente la poltrona all’indietro.
“Perché?…quando?!” una rabbia cieca stava risalendo acida dallo stomaco. “Dov’eri? E perché io non sapevo nulla di questo!?” Ringhiò, stringendo con presa ferrea il polso di Deirdree e fissando quella macchia oscena sulla pelle pallida.
“Mi sono impegnata al massimo per tenerti all’oscuro della mia presenza tra i seguaci di Voldemort,” asserì Deirdree, poi tentò di divincolarsi dalla stretta di Severus.
“Smettila di stringere così forte: mi fai male” aggiunse guardandolo seria, poi spostò lo sguardo alle spalle dell’uomo. “Ci accomodiamo laggiù?” chiese, indicando il salottino di fronte al camino acceso. “Quelle poltrone hanno tutta l’aria di essere molto comode, ed io ho bisogno di un posto confortevole se devo tornare con la mente in quell’incubo.”
Severus si calmò un poco, mollò lentamente la presa e le fece strada verso il tepore del camino scoppiettante. Sapeva di dover ascoltare qualcosa che non avrebbe mai voluto sentire, qualcosa che conosceva e non desiderava rivivere, tuttavia si accomodò di fronte a Deirdree che, nel frattempo, si era seduta a gambe accavallate sulla poltrona più vicina al fuoco.
“Ricorderai che mio padre morì in circostanze misteriose poco prima che io sparissi da Hogwarts,” Deirdree parlava osservando le fiamme nel camino, come se cercasse, in quelle lingue di fuoco, la forza necessaria a riportare alla luce il suo passato sofferto.
“Si …” fu l’unica parola che uscì dalle labbra tese di Severus.
“Quando mi raggiunse la notizia della sua morte, il mio presente, sereno e limpido, mi scivolò letteralmente tra le dita, e al suo posto un gelido distacco si impadronì della mia coscienza, così mi offrii al Signore Oscuro, per proseguire ciò che mio padre aveva interrotto.”
Severus strinse gli occhi: sospettava che il padre di Deirdree fosse al servizio di Voldemort, ma non ne aveva mai avuto conferma.
“Che sciocca sono stata … lo feci per giustificarlo, non volevo credere che mio padre potesse agire senza giudizio: mi aggrappai alla speranza che fosse morto per una buona causa. Non fui mai più tanto lontana dalla verità.” Deirdree alzò la testa, mostrando il viso pallido rigato da lacrime sottili.
“Poi, dopo neanche tre mesi dal Marchio, Lui mi ha voluta per sé,” Deirdree ora parlava con voce monocorde, puntando il pavimento con lo sguardo perso. “
Dovresti sentirti onorata dal fatto che il Tuo Signore voglia divertirsi con te, fra tante: così si giustificarono quando mi consegnarono.”
Severus strinse le labbra e le sue mani artigliarono i braccioli della poltrona: la rabbia martellava nelle tempie e lui desiderava con tutto se stesso di poter urlare, picchiare i pugni contro il muro e farli sanguinare per la disperazione di non aver saputo, e di non aver potuto fare nulla per evitarlo. Ma tacque, teso e tremante, mantenendo lo sguardo sulle fiamme che ardevano.
Deirdree alzò lo sguardo verso Severus, e proseguì: “Mi sono resa conto dell’essere aberrante che ero diventata quando quel mostro ha spezzato il mio corpo in modi che non posso descrivere, ma non prima, quando ho ucciso per lui: questa è stata la colpa più grande.”
Era sopraffatta dalla potenza distruttiva di quei ricordi e l’ennesima lacrima bollente scese lungo la guancia e si schiantò al suolo, accompagnando il veleno di quella confessione.
“A quel punto fuggii da tutto ciò che conoscevo, per togliermi dalla mente quelle visioni d’orrore, e perché non trovai il coraggio di affrontare la realtà: questo mi viene ricordato ogni giorno da cicatrici indelebili che hanno modificato la mia sensibilità, ma ho imparato a conviverci. Ho scoperto, a spese della mia integrità, che la natura umana è bizzarra: possiamo davvero giustificare a noi stessi ogni azione che riteniamo necessaria, perfino le più abiette.”
“Il pensiero di te mi ha sempre accompagnata ma, ancora più di prima, non potevo affrontare ciò che eri diventato: sapevo cosa stavi facendo ma non volevo accettarlo, ed io non ero migliore,”Deirdree si abbracciò le gambe che, nel frattempo, aveva tirato al petto, appoggiando il mento sulle ginocchia“ Anime vuote, al posto delle quali si estendevano profondi buchi neri. Inutile tentare di risvegliare qualcosa di morto: questo pensavo di me e di te, allora.”
Severus chiuse gli occhi, incapace di pronunciare una sola parola che potesse mitigare quel senso di impotenza che tornava ad avvinghiarlo.
“Ho cercato, per tutto questo tempo, di mantenere le distanze da te e da tutto il Mondo Magico, e mi sono rifugiata nel semplice e confortevole abbraccio di una vita da Babbana. Poi, una mattina di tre mesi fa, ho incrociato il tuo sguardo che mi fissava dalla prima pagina della Gazzetta del Profeta, che ti osannava come eroe della Seconda Guerra Magica, e sono stata risucchiata indietro di almeno due decenni.”
“Come hai fatto ad avere una copia della Gazzetta del Profeta se ti trovavi tra i Babbani?” domandò Severus, tralasciando il fastidio che gli aveva procurato quella fama non gradita.
“Mia madre.” Rispose Deirdree con un sospiro, poi proseguì: “quando abbandonai il nostro mondo, un giorno di metà Febbraio del 1979, le consegnai la mia bacchetta. Non volevo sapere cosa ne avrebbe fatto: volevo soltanto disfarmene e togliermi di dosso il ricordo di ciò che aveva compiuto tra le mie mani.” Deirdree infilò le dita nella massa di capelli scuri e chiuse gli occhi “Ha cercato di convincermi a restare e nascondermi, ma sapeva che non avrei avuto chance di sopravvivere se non avessi lasciato il paese; inoltre si sentiva in colpa per non avermi impedito di seguire le orme di mio padre, perciò accettò a malincuore la mia decisione e mi coprì come potè. Tre mesi fa venne a cercarmi e io mi feci trovare.”
“Ti ha cercata per dirti che finalmente era finita …” sussurrò Severus, guardandosi le mani.
“Si e no,” rispose Deirdree con un sospiro. “Sapeva cosa provavo per te, e sapeva che mi sentii perduta quando mi resi conto dell’orrore a cui avevo preso parte, perché questo significava che eri sbagliato anche tu: per questo volle farmi sapere che eri vivo, e che avevi combattuto contro Voldemort per tutto il tempo, nell’ombra,” disse con un sorriso triste. “Io ti credevo asservito a lui e convinto della tua scelta: ti chiedo perdono per questo e per non aver avuto il coraggio di fare qualcosa per rimediare ai miei errori.”
Anche dalle mie guance
scorsero le lacrime.
E, ahimè!, non posso credere
di averti perduta!
Severus alzò il viso e la guardò, con occhi lucidi di disperazione.
Per tutto questo tempo sei stata completamente sola, in balia dei tuoi incubi.Si prese la testa tra le mani e tentò di parlare, ma le parole rimasero incastrate in fondo alla gola, e si ritrovò ancora una volta in un territorio indefinito, a metà tra la rassegnazione e la disperazione, senza riuscire a decidere se fare un passo.
Poi si riscosse e si alzò dalla poltrona, lacrime pesanti scendevano rapide e silenziose sulle sue guance e lui non fece assolutamente niente per fermarle, per apparire controllato e padrone della situazione: perché non lo era affatto. Perché, per quanto tentasse, non era mai riuscito a far andare le cose per il meglio e ora aveva solo una grandissima voglia di piangere.
Sei tornata a chiedermi perdono per non aver sperato in me, ma io non lo merito. Anche se sei scappata i tuoi demoni non ti hanno lasciata: ti aspettavano sotto il cuscino quando ti addormentavi, e dietro le palpebre al tuo risveglio. Io lo so. E so quanto possa essere insostenibile. Non hai nulla da farti perdonare.Poi si avvicinò alla donna, che ora lo guardava in quel modo che ricordava: il modo in cui si guarda qualcosa di prezioso, che non crediamo di poter possedere ma che desideriamo alla follia – Severus era sempre stato attratto ma intimorito da quegli occhi: occhi che pretendono tutto di te.
Dopo un momento di esitazione si inginocchiò ai suoi piedi: voleva abbracciarla, o almeno farsi più vicino, ma non ci riusciva, così rimase lì, impalato e rigido.
“Deirdree …” cominciò, ma le parole stentavano ancora ad arrivare.
“Non c’è bisogno di dire nulla: basta che tu mi tenga le mani, così …” sussurrò la donna, prendendo le mani di Severus tra le sue e portandosele al viso bagnato di lacrime.
“Ce la faremo …” disse sottovoce Severus.
Restarono così a lungo, tenendosi goffamente per mano e ricordando il tempo che li aveva visti insieme come ad un’altra vita, ormai irraggiungibile.