Il Calderone di Severus

I "cattivi" della letteratura

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Ale85LeoSign
view post Posted on 8/10/2011, 18:12




Solitamente lo scenario è questo: il cattivo di turno si trova ad avere una situazione favorevole per vincere (e di conseguenza i buoni si trovano un tantino nello sterco) ma finisce per commettere un passo falso, passando il testimone della vittoria ai buoni che, di fatto, lo sconfiggono.

Secondo voi perchè? Perchè i cattivi, nel romanzo, DEVONO perdere?

Domanda apparentemente semplice, ma è Ale85LeoSign a porla, quindi aspettate che abbia finito di articolarla... :lol:

Siamo noi lettori che vogliamo il lieto fine e quindi una prevalenza di romanzi con un finale dove i cattivi "conquistano il mondo" non verrebbe più di tanto apprezzato, oppure ci sono altri messaggi?

La domanda si può dividere in due parti: una semplice (gusti personali) e una complessa (significato della sconfitta dei cattivi nella letteratura).

Alcune deduzioni semplici sul perchè i cattivi tendono a perdere:

1) Hanno (appunto) la cattiva abitudine di confidare i loro piani segreti a chiunque li ascolti (persino all'eroe di turno! Che poi fugge, si fa 4 conti, e poi torna a sconfiggerli!), vanificando così l'effetto sorpresa (ormai dovrebbero averlo capito che l'eroe, in qualche modo, viene sempre a conoscere i loro piani diabolici!)
2) in genere si circondano di scagnozzi che rasentano l'imbecillità (o ne sono addirittura l'emblema)
3) sono pure distratti: pianificano tutto con cura, ma tralasciano sempre di eliminare l'unico insignificante dettaglio che determinerà la loro rovina.
4) L'eroe di turno, se pizzicato dai cattivi, non viene ucciso, ma regolarmente imprigionato e/o gravemente ferito.(Nesso logico del punto 3)

Qualche esempio un po' più argomentato di cattivo perdente:


- Voldemort : "I suoi poteri [...] erano sorprendentemente sviluppati per un mago così giovane e - ciò che è più interessante e sinistro - aveva già scoperto di poterli in qualche modo controllare e cominciato a usarli con consapevolezza. [...] Usava la magia contro altre persone, per spaventare, per punire, per manipolare."
(Silente, 6° libro, pag 255) La nemesi di Harry Potter dimostra una totale ignoranza della sfera emotiva, dell'amore e di una larga parte della magia che ad esso si ancora e perirà proprio per questo motivo; Voldemort è una figura totalmente negativa, non ha nel suo cuore (ammesso che ne abbia uno) un minimo di rimorso, uccide più che altro per il piacere di farlo, si attacca disperatamente alla vita in ogni modo pur di rimanere il più possibile in questo mondo per danneggiarlo.
Nella saga di HP, ha questa funzione: rappresentare tutta la negatività contro cui il Bene deve combattere.
Viene presentato come "cattivo" nella maniera più assoluta, senza speranza fin da quando è un bambino e, in seguito, perde addirittura i suoi tratti umani per rappresentare ancora di più il suo ruolo di cattivo alla stato puro.

- Sauron : dal Signore degli Anelli con furore, ecco un cattivo per eccellenza, legato al significato della saga, espresso dallo stesso Tolkien:

Morte e immortalità; il mistero dell’amore per il mondo nei cuori di una razza condannata a scomparire da esso e apparentemente a perderlo.

Con il concetto di "immortalità" inteso come perpetrazione della specie e nella naturale continuazione biologica della stessa. Sauron rappresenta il Male in una storia apparentemente semplice, di lotta tra Bene e Male, ma, ovviamente, si va oltre ciò. Sauron rappresenta il totalitarismo mentre Saruman (il capo dell'ordine degli stregoni, alleato di Sauron) incarna la minaccia più concreta della globalizzazione economica. Al di là dell’antagonismo fra Bene e Male, tra totalità e individualismo, al di là della minaccia di Sauron, giace la minaccia più profonda contro la Natura, la Comunità e lo Spirito. La Vita e la Natura diventano comodità come gli agenti della globalizzazione economica. I beni terreni si sostituiscono alla salute dello Spirito.
E questa globalizzazione economica come opposta a quei valori che si trovano nel cuore della Contea, vale a dire la Natura, la Comunità e lo Spirito.
Sauron e Saruman agiscono in maniera distruttiva, una visione del mondo che teorizza una produttività che si sviluppa all’infinito come l’inevitabile risultato della macchina sociale. In realtà la conseguenza di questo approccio meccanico non è altro che caos.
Tolkien illustra perfettamente questa realtà attraverso lo sfruttamento della “contea” da parte di Saruman; la Natura è sfruttata fino al punto di divenire incapace di rigenerarsi. La Comunità è frantumata e gli amici e la famiglia si mettono l’uno contro l’altro, gli interessi prendono il posto della spiritualità.
Per gli Hobbit, con il loro stupore infantile per il mondo che li circonda, con la loro gioia di vivere insieme ad altre razze, il loro amore per la Comunità e il senso della famiglia e della spiritualità, questo sfruttamento è la morte.
Solo il ritorno ai loro valori fondamentali dell’amore per la Natura, del rispetto per la comunità e la coscienza di una dimensione spirituale, sono capaci di ristabilire quel senso d’immortalità che Tolkien ha visto come centrale.

- Dracula: labbra bagnate di rosso che espongono lunghi canini che si posano su un collo candido: è un mostro, uno dei più conosciuti della letteratura. Il vampiro, l'emblema del male dal fascino misterioso.
Oggi, a differenza del passato, ci avviciniamo a questo mito con un'ottica diversa.
Per Stoker, cristiano per ideali e religione, Dracula era una lotta fra il Bene e il Male, senza dubbio il vampiro era il Male, ladro di anime e di essenze vitali, e non poteva avere nulla di positivo che potesse risparmiargli la morte.
Segno di contraddizioni inconciliabili, questo prigioniero della notte incarna la condizione di un soggetto ormai pienamente esposto allo sradicamento sociale e alla precarietà. Egli vorrebbe tornare tra i vivi, ma non può: l'unica cosa che puà fare è rubare ciò che desidera di più, la vita, arrivando sempre alla stessa tragica conclusione: distruzione e morte di ogni oggetto del suo desiderio.
Il vampiro è quindi una tragica parodia dell’eterno ritorno in un mondo governato da un tempo a scadenza, assumendo, nell’immaginario popolare, i tratti dell’afflizione e del sentimento malinconico che hanno segnato la tradizione dell’Occidente dall’antichità ai nostri giorni.
La malignità del vampiro, (esattamente come nelle favole, dove il male, quando viene allo scoperto, fa una brutta fine) posta "sotto al sole" si purifica e annienta il demone, come osserva il mito classico, carbonizzandolo.
Consideriamo poi, che alla base del "patto" che il vampiro si trova a stringere col "diavolo" c'è un prezzo altissimo da pagare: una vita dannata alla ricerca di un eterno riposo che non arriva mai.
Un messaggio però arriva chiaro: scegliere il male significa scegliere l'eterna dannazione, da cui si può tornare indietro solo morendo, cioè accettando ciò che si è, alla fine, solo rimandato.
Oggigiorno, però lo status di vampiro non è mai ben accetto. Almeno, all'interno di un contesto narrativo c'è sempre la persona che rifiuta ciò che è diventata e passa il resto della sua vita a pentirsene.
I vampiri si scoprono esseri fragili e frammentati psicologicamente che si ritrovano nella condizione di vampiri senza aver avuto alcuna possibilità di scelta, così come noi ci ritroviamo in quella di uomini.
Quindi, al giorno d'oggi, non appaiono più unicamente malvagi, ma anche neutrali o addirittura capaci di pietà e azioni buone perché il semplice narrare dal punto di vista del vampiro, cioè dare alla narrazione una "focalizzazione" interna a questo, facilita l'identificazione nel lettore con il vampiro stesso.
L'identificazione a sua volta spinge a limitare il giudizio negativo, permettendo lo sviluppo di accettazione e simpatia verso il personaggio in questione e limitando i giudizi negativi, accettando quindi più facilmente le sue azioni più discutibili: quando infatti ci si identifica con una figura si sminuiscono i suoi aspetti negativi e si enfatizzano quelli positivi.

- l'ispettore Javer de "I Miserabili" di Victor Hugo. E' un ispettore di polizia che consacra tutta la sua vita al lavoro, passandola ad inseguire l'ex forzato Jean Valjean, con la convinzione che un uomo che ha fatto del male nella sua vita non possa redimersi.
È un uomo rigoroso e imperturbabile, figlio di miserabili, che è riuscito a elevarsi dallo squallore della povertà, trovando nella legge, nell’ordine, la chiave di volta della sua vita; è dotato di un’auto-critica serrata, che lo tiene lontano da ogni errore di giudizio. Anche i pochi tratti fisici che lo denotano, il colore scuro dei suoi abiti, lo rendono palpabile al lettore che ne percepisce la costanza, la volontà, l’incorruttibilità.
Javert è un segugio e non perdona alcuna violazione. Il suo compito è che la legge sia compiuta. Nel momento in cui reincontra Jean Valjean, ora travestito da l’identità rispettabile di sindaco di Montreuil sur Mer, Javert non si lascia ingannare. E inzia così la fuga e la ricerca, che porteranno i due a reincontrarsi a Parigi. Javert diventa metafora di una forma radicale di imperativo categorico applicato. La sua deontologia è intransigente. Il dovere rispetto al passato è in grado di inibire le percezioni e i giudizi sul presente e sul futuro e una pena non scontata deve continuamente essere imposta, affinché l’ordine sia ristabilito.
Ma Javert è anche un uomo, fatto di pulsioni e di passioni oltre che di ragione. Sensibilità sempre castrata, la sua, alla ricerca della logica perfetta da imporre sul caos. Fino all’ultimo, quando dopo essere stato salvato da Valjean, non saprà arrestarlo, e si auto-punirà per questa mancanza, suicidandosi.
Il fascino dell’imperturbabilità di Javert è quello di essere permeabile, solo alla fine del romanzo, e di farsi toccare da quella misericordia che ucciderà il dovere ma salverà dalla ricaduta il nemico di sempre, Jean Valjean.
Quindi, verso la fine del romanzo, per la prima volta nella sua vita, Javert si trova in una situazione in cui non può agire legalmente senza agire immoralmente, come aveva sempre fatto. Inorridito nel realizzare che Valjean è sia un criminale che una brava persona, Javert capisce che l’unica soluzione al problema è proprio quello di eliminarsi da sé, uscendo da questo gioco che non riusciva più a capire. Così, giunto ad un punto, Javert si getta nella Senna e si lascia annegare.


A voi il microfono!
Se volete citare altri esempi di cattivi letterari, fate pure!
 
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view post Posted on 8/10/2011, 19:00
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Amicozza, come intrippi la gente tu, nessuno mai :woot: ;)
Parliamo seriamente, discussione interessante, argomento affascinante e ho finito le parole con -ante :woot:

Perchè i cattivi devono perdere sempre?
Beh, vediamo, secondo me è normale, voglio dire, la letteratura è nata per trasmettere qualcosa al prossimo, ai posteri e a chiunque legga seriamente o meno, trasmettere qualcosa di importante soprattutto.
Quello che c'è nei libri, in ogni forma è genere, è lo specchio della nostra società, Tolkien ha trasmutato perfettamente concetti come Capitalismo, Industrializzazione, Comunismo, etc. nelle sue opere sotto forma di Fantasy, la Rowling se vogliamo ha trasformato una "dittatura hitleriana o stalinista" in dittatura magica, Purosangue invece di Razza eletta, Babbani invece di Ebrei, etc., Dracula incarna tutte le paure dell'uomo, ciò che teme e ciò che lo affascina.
La letteratura è fatta da noi e per noi, quindi stravolgere l'ordine della nostra società è sbagliato, è un messaggio dei più errati possibili, viviamo con delle regole che bisogna mantenere e rispettare, dove c'è una netta demarcazione tra giusto e sbagliato (che poi è una concezione complessa, perchè quello che per me può essere giusto non può esserlo per un altro), tra bene e male, tra buoni e cattivi.
E' in un mondo creato da noi e per noi, il cattivo deve pagare, il malvagio deve essere sconfitto, gli eroi ci servono per dimostrare che c'è giustizia, che tutto si sistema.
E' la letteratura serve a mostrare questo, ad insegnare questi concetti.
Sembra una cosa banale, ma per me così è, i miti sono nati per spiegare che c'è un ordine in tutto, e che quell'ordine non può essere stravolto senza delle conseguenze.

Dopo questo bla bla :woot: è chiaro che i cattivi non possono mai vincere, sarebbe stravolgere l'ordine, dare insegnamenti sbagliati, e siccome c'è già la realtà che fa schifo e in cui tutto viene stravolto, almeno nella finzione letteraria, rifugiamoci in un mondo in cui iò Bene trionfa e il Male viene sconfitto, ci fa bene, ci fa sentire in pace con noi stessi e con il mondo, perchè tutto procede secondo la norma.
Certo, ovunque ti giri e leggi libri Bene hurrà, Male caput... guardi la tv e gli assassini stanno liberi in giro perchè hanno i soldi... la cosa non quaglia :blink:
E per farla quagliare c'è la letteratura... la letteratura che serve ad evadere.

Sui gusti personali non saprei, io credo che vale la roba insensata che ho detto sopra XD
Alla fine non leggiamo per sognare e per evadere dalla realtà e per imparare qualcosa?
Quindi penso che se dopo 7 libri di Harry Potter mi avesse ucciso Severus e Voldemort signore e padrone del mondo, avrei bruciato i libri con la Rowling legata ad un palo, stile inquisizione :woot:
Ma per una che ama Hannibal Lecter e non vuole che muoia, è meglio non far fede alle sue parole :woot: :woot:

A proposito...
Hannibal Lecter, cattivo, non muore e nessuno lo sconfigge ;) :woot:

p.s. quando avrò riordinato le idee e mangiato magari torno sugli esempi dei cattivi che hai fatto (che ovviamente adoro tutti, tranne Voldemort :woot: Sauron è intrigante :woot: Dracula, beh, è Dracula :wub: l'ispettore lo adoro :D )
Vedi, il giudizio è del tutto soggettivo, degli altri se muoiono ok, ci sta, se lo meritano pure, ma Dracula non ci sto :cry: bello lui :cry:

 
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sara.winky
view post Posted on 8/10/2011, 19:02




Discussione molto interessante ed analisi molto acuta. è vero,Sauron rappresenta il totalirismo e secondo me perde proprio in virtù della rappresentazione di questa sua negatività.
Sauron mi ricorda un pò un dittatore e tutti i dittatori hanno fatto una brutta fine nella storia,credo voglia dire in parole semplici l' analisi.
Ha perso anche perchè ha affidato i suoi poteri a nove anelli,oggetti che possono essere benissimo dispersi ed andare in mani sbagliate.
Sauron non ha calcolato la parte che possono avere gli innocenti, puri e felici come sono gli hobbit.
Ed alla fine Frodo ha potuto gettare e distruggere l' anello perchè Sauron semplicemente non l' aveva previsto.
Quanto a Voldemort secondo me è anche colpa dei Mangiamorte se ha perso.
Insomma, tolta la maschera di cattiveria, si è circodato di maghi umani,con la capacità di amare anche loro, basta vedere Lucius Malfoy come si preuccupa per la sua famiglia.
E pur volendo obbedire al loro padrone, i Mangiamorte comunque si sono fregati bellamente degli Hocrux persino Bellatrix, la pazza e crudele Bellatrix, alla fine non si preuccupa di aiutare Voldemort sebbende abbia un amore ossesionante per lui.
Voldemort quindi è finito per i suoi servitori.
Poi non ho mai visto o letto Dracula e non ho idee precise sulla figura del vampiro ma collegandomi a quello che so devo dire che questi mostri finiscono male per via del disprezzo e dell' odio della gente.
Il vampiro, secondo me, è una raffigurazione di chi è rifiutato per ciò che fa e di cui vive.
E più in particolare la rappfresentazione di come si muove l' opnione della società intorno alle cose che non vuole vedere,la ciecità ipocrita dei pregiudizi.
Ci scriverò sopra qualcosa perchè l' argomento vampiri m' interessa molto e non certo quelli brillanti e patinati di oggi.:D
Ah,non ho mai letto neanche I Miserabili, scusate per la mia ignoranza,cercherò di rimediare.
 
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view post Posted on 8/10/2011, 19:19
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CITAZIONE (sara.winky @ 8/10/2011, 20:02) 
Sauron mi ricorda un pò un dittatore e tutti i dittatori hanno fatto una brutta fine nella storia,credo voglia dire in parole semplici l' analisi.

Concordo, Tolkien ha scritto "nient'altro" che una società moderna con tutto quello che ne consegue, dittature, industralizzazione, bla bla bla, e sconfiggere Sauron rappresenta la sconfitta di queste dittature.

CITAZIONE
Ha perso anche perchè ha affidato i suoi poteri a nove anelli,oggetti che possono essere benissimo dispersi ed andare in mani sbagliate.

Beh no, Sauron aveva solamente un anello, costruito in gran segreto sotto il naso degli Elfi che gli avevano insegnato a forgiarli, ma i nove anelli sono dati alla razza degli uomini, tre agli Elfi e sette ai Nani, lui uno solo, fattosi da solo più potente degli altri.
Se ne avesse fatti nove invece di tre libri sarebbero stati 24, a voglia a cercare anelli e distruggerli, nemmeno con il radar di Dragon Ball :D

CITAZIONE
Insomma, tolta la maschera di cattiveria, si è circodato di maghi umani,con la capacità di amare anche loro, basta vedere Lucius Malfoy come si preuccupa per la sua famiglia.

Più che umani, direi stolti, deboli che vanno dove gira il vento, come hanno visto aria di sconfitta per il senza naso, si sono dati alla macchia <_<
Io non ce li vedo i Malfoy ad amare, per me, opinione mia ovvio, l'unica che si avvicina all'amore è Narcissa, disposta a tutto per salvare il figlio, amore di madre, per il resto... :ph34r:

CITAZIONE
E pur volendo obbedire al loro padrone, i Mangiamorte comunque si sono fregati bellamente degli Hocrux persino Bellatrix, la pazza e crudele Bellatrix, alla fine non si preuccupa di aiutare Voldemort sebbende abbia un amore ossesionante per lui.
Voldemort quindi è finito per i suoi servitori.

Appunto, clichè dei cattivi, circondarsi di idioti XD

CITAZIONE
Poi non ho mai visto o letto Dracula e non ho idee precise sulla figura del vampiro ma collegandomi a quello che so devo dire che questi mostri finiscono male per via del disprezzo e dell' odio della gente.
Il vampiro, secondo me, è una raffigurazione di chi è rifiutato per ciò che fa e di cui vive.
E più in particolare la rappfresentazione di come si muove l' opnione della società intorno alle cose che non vuole vedere,la ciecità ipocrita dei pregiudizi.
Ci scriverò sopra qualcosa perchè l' argomento vampiri m' interessa molto e non certo quelli brillanti e patinati di oggi.:D

Giusto, bella spiegazione, in fondo rappresentano le nostre paure, paura del diverso, e tutto quello che non fa parte della norma lo etichettiamo come mostro o cattivo.
Basterebbe solo scavare più a fondo, ma se si vive di apparenze -_-

CITAZIONE
Ah,non ho mai letto neanche I Miserabili, scusate per la mia ignoranza,cercherò di rimediare.

Non è mai troppo tardi ;)
 
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misslegolas86
view post Posted on 8/10/2011, 19:58




Discussione bellissima!!
Quoto in pieno le riflessioni fatte da ale per quanto riguarda Voldemort e Sauron. cattivi che di per sè non ho mai amato comunque. Non emerge la loro complessità, il buoi e la luce di ogni animo umano.

Discorso a parte per Javert. ecco un cattivo che ho da subito compreso e amato. Il suo spaesamento di fronte all'ineluttabile realtà che quello che aveva creduto per tutta una vita era sbagliato alla luce della trasformazione di Valejant sono così umane che veramente mi ha toccato il cuore. Una tristezza indicibile.

Aggiungo un altro cattivo a me molto caro FROLLO di Notre Dome de Paris. Anche lì un cattivo umano che mi ha toccato il cuore per la sua mancanza di amore. Era cresciuto credendo che i libri e lo studio fosse tutto quello che gli serviva. Poi si affeziona ad un fratello odioso che non fa altro che rovinare la sua vita. E infine colpo di grazia arriva la bella esmeralda che lo pone di fronte al potente amore per una donna, una cosa che non aveva mai provato e che lo rende folle. Un amore che non aveva mai conosciuto e che lui identifica con l'amore carnale. Una consapevolezza che lo travolge e lo spinge a soffrire come un cane. Straziante la scena verso la conclusione del libro quando Frollo supplica Esmeralda di dire almeno che vorrebbe amarlo ma non può...di mentire pur di placare il suo animo e la sua sofferenza. Così umano così comprensibile nella sua perdizione e smarrimento. Un cattivo che ho amato.
Decisamente i cattivi di Hugo riescono a travolgermi con la loro complessità.

Ps spero di essermi spiegata...scusate la tortuosità ma chiedo venia...sono influenzata....
 
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view post Posted on 8/10/2011, 21:08
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Discussione interessantissima!!
Parlando di cattivi, mi vien però da dire che i "cattivi" perdono sempre nei Fantasy (che, a livello quasi normativo prevede la vittorai dei buoni sui cattivi), nel resto della letteratura non sempre perdono, anzi a volte trionfano o, per lo meno, calpestando anche se stessi calpestano il "buono", o quello che noi identifichiamo come tale di turno.
Per restare tra i romanzi di Victor Hugo, nell'Homme qui rit (forse il mio romanzo preferito di Hugo) non vinge affatto il "bene", o meglio il senso della dignità umana al di là di qualsiasi difetto fisico e morale non vince affato (il protagonista è un uomo che, a causa di una barbarie perpetrata contro di lui da bambino, si trova a mostrare sempre un volto dodato di un largo e ampio sorriso... divenendo un fenomeno da baraccone). Al contrario sono i valori sbagliati a trionfare, il "male", o meglio la cecità del mondo. D'altronde, però, non riuscirei nemmeno a definire nessun personaggio di Hugo veramente "cattivo". Javert, dato che è stato citato, dal mio punto di vista non è un cattivo, ma semplicemente un uomo, che porta in sé tutta la sua tragicità di essere un uomo, proprio come anche Jean Valjean e gli altri miserabili (tutti più o meno perdenti - e, dal mio punto di vista, alla fine anche Jaen è un perdente) che popolano il romanzo.
Vi sono anche casi di romanzi in cui la linea che separa l'eroe dal cattivo (o cattivi) di turno è così sottile che non si sa nemmeno più chi sia il "cattivo". Nel Conte di Montecristo, Edmond Dantes è veramente un buono e un giusto nel momento in cui diventa il conte? Cosa lo differenzia nel momento in cui si vendica (in maniera terribile invero) di Vilfort da Vilfort stesso? Chi vince alla fine, il bene o il male? Ed Il Conte di Montecristo è "solo" un romanzo di appendice.
Lo stesso dicasi per un classico della letteratura "gotica" come The Turn of the screw di Henry James... alla fine chi è il bene e chi è il male, l'Istitutrice o i Fantasmi (sempre che questi esistano e non siano proiezioni della mente fragile dell'Istitutrice)?

Credo, alla fine, che i buoni debbano necessariamente vincere sui cattivi solo in alcuni generi di romanzo, nel fantasy in particolar modo... ma il Fantasy è anche quel luogo in cui i cattivi sono meglio definiti come cattivi in sé (un personaggio come Voldemort non lo si troverebbe mai in un romanzo di Hugo... e forse per questo non riesco a definire nemmeno Frollo un vero cattivo, per lo meno non nel senso stretto del termine), in cui il grande cattivo di turno assume connotati privi di una qualsivoglia forma di umanità (non l'ha Voldermot, non l'ha Sauron, e simili), mentre in un romanzo che non si ascrive al genere il "cattivo", il personaggio negativo assume connotati decisamente umani, al punto tale che chiamarlo banalmente cattivo sembra poco rispettoso del personaggio stesso. E d'altronde un romanzo più realistico di un fantasy (senza nulla togliere a un genere che amo) può anche prevedere che il cattivo alla fine trionfi, o non cada affatto.
 
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« Charlie
view post Posted on 8/10/2011, 21:15




Io sono palesemente dell'idea che il cattivo perda, proprio perché nella società esterna alla letteratura non debba esserci nessun cattivo, tutti amici ecc ecc.
Ovviamente questo impossibile è (ogni tanto Yoda entra nel mio spirito xD), quindi la letteratura raggiunge quegli spazi che la realtà, alla fin fine, non riesce a fare.

Io sono pro cattivi, in certi libri, tuttavia ci sono autori che li descrivono come perfette macchine maligne ma, alla fine, cadono in una trappola che ha del ridicolo o è banale, come hai detto tu.

Prendiamo Don Rodrigo, personaggio dei Promessi Sposi.
Lui è un cattivo, almeno secondo il mio personale punto di vista, un cattivo che avrebbe tutte le carte in regola per vincere su Lucia, su Renzo e su tutti gli altri.
Ma viene eliminato dalla peste, neanche da qualche altro personaggio, che so, un Renzo decisamente andato di testa, senza nessuna guida di Fra Cristoforo, che prende un coltello e lo sgozza.

 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 8/10/2011, 21:37




CITAZIONE (Severus Ikari @ 8/10/2011, 20:00) 
E' in un mondo creato da noi e per noi, il cattivo deve pagare, il malvagio deve essere sconfitto, gli eroi ci servono per dimostrare che c'è giustizia, che tutto si sistema.
E' la letteratura serve a mostrare questo, ad insegnare questi concetti.
Sembra una cosa banale, ma per me così è, i miti sono nati per spiegare che c'è un ordine in tutto, e che quell'ordine non può essere stravolto senza delle conseguenze.

In linea di massima ti do ragione (non ho voluto complicare troppo le cose, quindi sì, tra buoni e cattivi a tutti noi piace che vincano i buoni, anche se, talvolta, ci troviamo a tifare per i cattivi.) anche se di sfumature ce ne sarebbero tantissime.

CITAZIONE
Sui gusti personali non saprei, io credo che vale la roba insensata che ho detto sopra XD
Alla fine non leggiamo per sognare e per evadere dalla realtà e per imparare qualcosa?
Quindi penso che se dopo 7 libri di Harry Potter mi avesse ucciso Severus e Voldemort signore e padrone del mondo, avrei bruciato i libri con la Rowling legata ad un palo, stile inquisizione :woot:
Ma per una che ama Hannibal Lecter e non vuole che muoia, è meglio non far fede alle sue parole :woot: :woot:

Anche questo è interessante: che reazione avrebbe avuto il pubblico se, in una saga di peso come HP, la Rowling avesse fatto vincere Voldemort?
Anzi: avrebbe potuto farlo? O ci sono proprio delle regole (morali o non.) per cui non avrebbe potuto farlo?
Secondo me avrebbe fatto parlare di sè ancora di più di quello che non ha fatto fin'ora.

CITAZIONE
A proposito...
Hannibal Lecter, cattivo, non muore e nessuno lo sconfigge ;) :woot:

Sì, ad Hannibal e ad alcuni libri di King ci avevo pensato, ma parliamo di un filone più horror. Esistono molti film, ma anche nella letteratura horror recente ci sono alcuni episodi in cui i cattivi "vincono" e, nella maggior parte dei casi, la vittoria è, più che altro, un colpo di scena ricercato dagli autori.

Il caso di Hannibal, secondo me, è piuttosto complesso, poi. Difficile identificare il "bene" e il "male" all'interno della storia, tra un cannibale amante dell'arte, della musica e della "buona" cucina :lol: e un sistema politico malato e corrotto, ammettiamo che è un bel match.
Quale potrebbe essere il messaggio di Hannibal, a parte i risvolti psicologici di indagine della psiche dell'essere umano?
Hannibal, retroscena horrorifici a parte, secondo me offre ottimi spunti per indagare la mente umana. Harris ha la straordinaria capacità di mantenere il lettore in uno stato di costante fascinazione morbosa, sospingendolo di scena in scena, di orrore in orrore, grazie alla sua prosa austera, di una spoglia poeticità. Le frasi sono sferzanti e le secche similitudini sono spietatamente evocative: "Provò un po' di paura, era come sentire un penny sotto la lingua." Per tutto il romanzo Harris tiene il lettore per la collottola, trascinandolo inesorabilmente nel più profondo orrore.
Harris ha certamente creato due personaggi molto ben fatti: Lecter, il mostro ipnotico della letteratura inglese, e Starling, una guerriera perdente capace di una fiera integrità morale che si conquista l'affetto e la stima del lettore riuscendo sempre a rialzarsi.
Per quanto riguarda Hannibal (il buono o il cattivo in questione?) sono costanti i riferimenti al suo fascino, alla sua eleganza, alla sua cultura, alla sua forza, alla sua grazia, alla sua sottigliezza, e, soprattutto, al suo gusto ricercato per la musica, l'arte, i profumi, il vino e tutto ciò che è cibo.
Harris arriva persino a inventare un trauma infantile per spiegare il cannibalismo di Lecter, cosa piuttosto inutile e sleale nei confronti confronti del personaggio, considerando che Hannibal "quando era possibile, preferiva mangiare i maleducati" non ha bisogno di una giustificazione del genere per spassarsela.
"Non mi è accaduto nulla, agente Starling," diceva nel Silenzio degli innocenti, "io sono accaduto. Non puoi ridurmi ad una serie di influenze."
A parte questo, in "Hannibal" Harris dà una risposta a quelle tremende domande esistenziali, invece di porle, finendo per scrivere un buon romanzo, molto crudo e coinvolgente, ma del genere che non si legge più di una volta, secondo me, soprattutto per via del finale; a differenza del Silenzio degli Innocenti, nel quale la presenza continua e indicibile del male poneva delle domande sul significato dell'esistenza, il messaggio di Hannibal è che l'universo non ha uno scopo e che l'arte e il cibo raffinato possono rimpiazzare Dio, trasformando così le domande in una sentenza perentoria.
Alla fine si ha la forte sensazione che l'autore voglia spingerci a perdonare Lecter e addirittura a dargli ragione. A giustificare i suoi "spuntini". Infatti descrive le sue vittime come persone che hanno compiuto atti ingiusti, tremendi, come quando perde pagine su pagine a descrivere i gusti pervertiti di Mason Verger, fino a farcelo giustamente odiare e a dare ragione a Lecter che voleva ucciderlo e che, comunque, ha trovato il modo di punirlo orrendamente.

Chiaro che, alla fine, come per tutte le cose, ognuno forma una sua opinione e decide se condividere o meno l'eventuale messaggio dell'autore (e, in questo caso, trovo che Hannibal, per il suo lato elegante e artistico si possa anche amare, ma per l'altro il lettore -normale- dovrebbe essere portato a provare disgusto e repulsione in automatico.) e, in questo caso, trattandosi di un horror/thiller, si dovrebbe prendere anche un po' più con le pinze.


EDIT: Uuuuuh! Ma quante risposte!!!
Ohi, un po' alla volta me le leggo tutte e rispondo! La cosa si fa ancora più intrippante!

Edited by Ale85LeoSign - 10/10/2011, 12:20
 
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view post Posted on 8/10/2011, 21:53
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CITAZIONE (Severus Ikari @ 8/10/2011, 20:00) 
La Rowling se vogliamo ha trasformato una "dittatura hitleriana o stalinista" in dittatura magica, Purosangue invece di Razza eletta, Babbani invece di Ebrei, etc.,

Ecco una visione del cattivo Voldemort che mi ha sempre molto colpito, lui è fondamentalmente un razzista tiranno ispirato a tutti i tiranni e tirannucci di questo nostro mondo che vedono negli altri e nel diverso qualcuno da schiacciare, la Rowling qui non ha inventato niente, nella nostra societa'cosiddetta multietnica i cattivi sono gli immigrati ed i buoni sono quelli che non li accettano, li chiudono nei campi-lagher li risbattono a casa basandosi sul concetto che loro sono brutti sporchi e cattivi in base ad un giudizio del tutto soggettivo di buono e cattivo. Ecco anche nella letteratura spesso i cattivi sono brutti sporchi e di conseguenza cattivi. Sono "diversi" e cercano un riscatto proprio nella malvagità perchè il malvagio puo' vendicarsi piu' facilmente dei torti subiti avendo dalla sua parte la violenza e non avendo freni morali.
Frankenstein ad esempio non sarebbe affatto cattivo (vuole giocare con la bambina in riva al fiume), ma lo diventa quando viene emarginato e in questo modo la sua diversità lo spinge all'assassinio alla violenza ed all'odio, questo clichè nella letteratura ( ma anche nella vita reale) si ripente infinite volte,il mio amato Severus Piton reagisce all'ingiustizia ed all'emarginazione, volgendosi verso il male, ma per lui c'è la redenzione ottenuta attraverso un percorso di difficoltà e solitudine. Voldemort patisce della stessa pena: la diversità, ma, poichè ciascuno nella letteratura ha il suo ruolo, lui è senza speranza di redenzione, votato fin da bambino al potere, ad incutere paura negli altri per esserne superiore e quindi sicuro di essere il centro del mondo che si costruisce, nessuno avrà mai il coraggio di dirgli che è un mostro, un violento, un razzista perchè tutti hanno paura di lui.
Per concludere questa elucubrazione serale in tutti gli esempi letterari che mi vengono in mente è piu' facile essere cattivi che buoni ( o diventarlo dopo essere stati cattivi).

Edited by chiara53 - 2/7/2013, 18:02
 
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CITAZIONE (misslegolas86 @ 8/10/2011, 20:58) 
Aggiungo un altro cattivo a me molto caro FROLLO di Notre Dome de Paris. Anche lì un cattivo umano che mi ha toccato il cuore per la sua mancanza di amore. Era cresciuto credendo che i libri e lo studio fosse tutto quello che gli serviva. Poi si affeziona ad un fratello odioso che non fa altro che rovinare la sua vita. E infine colpo di grazia arriva la bella esmeralda che lo pone di fronte al potente amore per una donna, una cosa che non aveva mai provato e che lo rende folle. Un amore che non aveva mai conosciuto e che lui identifica con l'amore carnale. Una consapevolezza che lo travolge e lo spinge a soffrire come un cane. Straziante la scena verso la conclusione del libro quando Frollo supplica Esmeralda di dire almeno che vorrebbe amarlo ma non può...di mentire pur di placare il suo animo e la sua sofferenza. Così umano così comprensibile nella sua perdizione e smarrimento. Un cattivo che ho amato.
Decisamente i cattivi di Hugo riescono a travolgermi con la loro complessità.

Concordo decisamente su tutto, Frollo è un cattivo (che però per me non è un cattivo vero e proprio) che ho sempre amato anche io, proprio per quella sua complessità che ti travolge.
Io credo che spesso il motivo per cui ci "affezioniamo" ai cattivi sia proprio perchè sono trattati in maniera mai banale, complessi, hanno mille sfumature che molti buoni o eroi spesso non hanno.
I buoni sono così, possono avere dei cedimenti, ma non cambiano.
I cattivi invece evolvono, modificano, si aggrovigliano :woot: non sono statici.
In molti casi è così, per questo ci affezioniamo ai cattivi piuttosto che hai buoni.

CITAZIONE (Alaide @ 8/10/2011, 22:08) 
Nel Conte di Montecristo, Edmond Dantes è veramente un buono e un giusto nel momento in cui diventa il conte? Cosa lo differenzia nel momento in cui si vendica (in maniera terribile invero) di Vilfort da Vilfort stesso? Chi vince alla fine, il bene o il male? Ed Il Conte di Montecristo è "solo" un romanzo di appendice.

Hai ragione, in molti romanzi la linea di demarcazione tra bene e male, buoni o cattivi è veramente sottilissima, a volte del tutto inesistente, questi personaggi sono umani e in ognuno di noi c'è il buono e il cattivo che esce fuori secondo le evenienze.
Edmond diventa cattivo quando il desiderio di vendetta ha il sopravvento.
Siamo umani e deboli e questi personaggi rispecchiano la realtà in tutto e per tutto, ma siamo anche portati a dire: ha fatto bene se s'è vendicato, se lo meritavano, ben gli sta!
Quindi anche in noi il concetto di bene e male è piuttosto confuso.

CITAZIONE
Credo, alla fine, che i buoni debbano necessariamente vincere sui cattivi solo in alcuni generi di romanzo, nel fantasy in particolar modo... ma il Fantasy è anche quel luogo in cui i cattivi sono meglio definiti come cattivi in sé (un personaggio come Voldemort non lo si troverebbe mai in un romanzo di Hugo... e forse per questo non riesco a definire nemmeno Frollo un vero cattivo, per lo meno non nel senso stretto del termine), in cui il grande cattivo di turno assume connotati privi di una qualsivoglia forma di umanità (non l'ha Voldermot, non l'ha Sauron, e simili), mentre in un romanzo che non si ascrive al genere il "cattivo", il personaggio negativo assume connotati decisamente umani, al punto tale che chiamarlo banalmente cattivo sembra poco rispettoso del personaggio stesso. E d'altronde un romanzo più realistico di un fantasy (senza nulla togliere a un genere che amo) può anche prevedere che il cattivo alla fine trionfi, o non cada affatto.

Vero, nel Fantasy il cattivo è Cattivo, mentre in altri generi, proprio come dici tu, ha aspetti più umani e definirlo Cattivo è piuttosto riduttivo.

CITAZIONE (Ale85LeoSign @ 8/10/2011, 22:37) 
In linea di massima ti do ragione (non ho voluto complicare troppo le cose, quindi sì, tra buoni e cattivi a tutti noi piace che vincano i buoni, anche se, talvolta, ci troviamo a tifare per i cattivi.) anche se di sfumature ce ne sarebbero tantissime.

Sì, è vero, ci sarebbe da snocciolare parecchio sulla cosa, tifiamo per buoni, ma amiamo i cattivi perchè hanno più sfumature, siamo esseri strani noi umani XD

Mi viena da pensare a Jorge da Burgos de Il Nome della Rosa, questo vecchietto che sembra solo un canuto anzianotto ormai giunto alla fine della sua vita, ma in realtà un grande e intelligente monaco che imbastisce tutta sta trafila per degli ideali tutti suoi (il riso è male). E' un cattivo coi fiocchi, ma a me ha sempre affascinato questo personaggio, così silenzioso, che si muove nell'ombra e uccide noncurante del suo Dio che prega e adora.

CITAZIONE
Anche questo è interessante: che reazione avrebbe avuto il pubblico se, in una saga di peso come HP, la Rowling avesse fatto vincere Voldemort?
Anzi: avrebbe potuto farlo? O ci sono proprio delle regole (morali o non.) per cui non avrebbe potuto farlo?
Secondo me avrebbe fatto parlare di sè ancora di più di quello che non ha fatto fin'ora.

Avrebbe potuto farlo benissimo secondo me, ma a quel punto avrebbe dovuto cambiare target perchè a nessun bambino puoi far leggere di un Mostro che trionfa sul Bene, come minimo non l'avrebbero nemmeno pubblicata e al massimo non avrebbe avuto nemmeno 1/20 del successo che ha ottenuto.
E' stato l'entusiasmo dei bambini a far esplodere il fenomeno Harry Potter, si immedesimavano in un mondo magico ma del tutto simile al nostro e quindi stravolgere tutto questo.
E' pure vero che i libri sono 7 e quindi nessuno avrebbe potuto prevedere come finisse, quindi avrebbe fatto il grande botto... in tutti i sensi perchè mi immagino orde di gente con le fiaccole e torce sotto casa della Rowling:
"E' questo che dovremmo insegnare ai nostri figli?" :truce:
"Lei insgnerebbe questo ai suoi figli?" :truce:
E bla bla vario :D

CITAZIONE
ll caso di Hannibal, secondo me, è piuttosto complesso, poi.

Sì, hai ragione, sono andata a pescare un caso complesso :P ma è perchè ieri ho visto che avrebbero fatto Red Dragon su Rete4 e mi è venuto in mente :woot:

CITAZIONE
Difficile identificare il "bene" e il "male" all'interno della storia, tra un cannibale amante dell'arte, della musica e della "buona" cucina :lol: e un sistema politico malato e corrotto, ammettiamo che è un bel match.

Difficilissimo direi, Chilton fa parte dei buoni, ma lo è davvero (a parte l'essere idiota)? Verger è una vittima, ma è solo questo?
Francis è un cattivo coi controfiocchi, ma è solo un pazzo o nasconde altro? Etc.
E' tutto piuttosto relativo, e, a mio avviso, la bellezza di questi libri (l'ultimo a parte -_- ) sta proprio nel sviscerare così bene l'animo umano da non riuscire a distinguere il bene dal male, il giusto dallo sbagliato, qui la linea di demarcazione è sottilissima.

CITAZIONE
Quale potrebbe essere il messaggio di Hannibal, a parte i risvolti psicologici di indagine della psiche dell'essere umano?

Eh, bella domanda, ci vorrebbero mesi per rispondere, se mai ci si riesce :woot:

CITAZIONE
Hannibal, retroscena horrorifici a parte, secondo me offre ottimi spunti per indagare la mente umana. Harris ha la straordinaria capacità di mantenere il lettore in uno stato di costante fascinazione morbosa, sospingendolo di scena in scena, di orrore in orrore, grazie alla sua prosa austera, di una spoglia poeticità. Le frasi sono sferzanti e le secche similitudini sono spietatamente evocative: "Provò un po' di paura, era come sentire un penny sotto la lingua." Per tutto il romanzo Harris tiene il lettore per la collottola, trascinandolo inesorabilmente nel più profondo orrore

.
Concordo su tutto, ed è proprio per questo motivo che mi piace così tanto questa "saga", ti entra veramente dentro, ogni personaggio è così ben congeniato che non puoi non rimanere affascinato da ognuno di loro, buoni o cattivi, protagonisti o marginali che siano.
Adoro Harris :D

CITAZIONE
Harris ha certamente creato due personaggi molto ben fatti: Lecter, il mostro ipnotico della letteratura inglese, e Starling, una guerriera perdente capace di una fiera integrità morale che si conquista l'affetto e la stima del lettore riuscendo sempre a rialzarsi.

E non scordiamoci Will Graham, questo giovanotto è eccezionale :D il mio personaggio preferito, così complesso e simile ai cattivi che deve prendere, da rimanerne segnato a vita.
Lecter, gusti alimentari a parte, è una sorta di Dracula moderno che conquista con i suoi modi eleganti, la sua intelligenza, il suo amore per le arti e le cose raffinate. Solo che Dracula beve sangue perchè gli serve a vivere, e Lecter, beh, lui :sick:

CITAZIONE
Per quanto riguarda Hannibal (il buono o il cattivo in questione?) sono costanti i riferimenti al suo fascino, alla sua eleganza, alla sua cultura, alla sua forza, alla sua grazia, alla sua sottigliezza, e, soprattutto, al suo gusto ricercato per la musica, l'arte, i profumi, il vino e tutto ciò che è cibo.

Vero, è questi sono gli aspetti che lo rendono umano, l'uomo che c'è dietro al mostro.

CITAZIONE
Harris arriva persino a inventare un trauma infantile per spiegare il cannibalismo di Lecter, cosa piuttosto inutile e sleale nei confronti confronti del personaggio, considerando che Hannibal "quando era possibile, preferiva mangiare i maleducati" non ha bisogno di una giustificazione del genere per spassarsela.
"Non mi è accaduto nulla, agente Starling," diceva nel Silenzio degli innocenti, "io sono accaduto. Non puoi ridurmi ad una serie di influenze."

Sì, ecco, questo aspetto non mi è piaciuto, questo libro banalizza il personaggio -_- for me, fatto solo per sfruttare il marchio "Hannibal", quindi concordo con quello che hai detto.

CITAZIONE
A parte questo, in "Hannibal" Harris dà una risposta a quelle tremende domande esistenziali, invece di porle, finendo per scrivere un buon romanzo, molto crudo e coinvolgente, ma del genere che non si legge più di una volta, secondo me, soprattutto per via del finale; a differenza del Silenzio degli Innocenti, nel quale la presenza continua e indicibile del male poneva delle domande sul significato dell'esistenza, il messaggio di Hannibal è che l'universo non ha uno scopo e che l'arte e il cibo raffinato possono rimpiazzare Dio, trasformando così le domande in una sentenza perentoria.

Sì, questo è vero, io ad esempio ho adorato Hannibal, e il finale, seppur controverso e non molto digeribile ai più, l'ho trovato giusto per il tipo di percorso di Hannibal e Clarice, alla fine il loro rapporto era evoluto in un modo che non c'era altro finale possibile, infatti ho odiato lo stravolgimento del film proprio per questo.
E' un finale che ti colpisce come un pugno allo stomaco, pensi, cavolo, non possono stare lì tranquilli e beati a teatro, non Clarice, non insieme ad un Mostro simile.
Eppure tutta l'umanità di Hannibal emerge proprio con lei e per lei. Sono una coppia piuttosto sui generis :lol:

CITAZIONE
Alla fine si ha la forte sensazione che l'autore voglia spingerci a perdonare Lecter e addirittura a dargli ragione. A giustificare i suoi "spuntini". Infatti descrive le sue vittime come persone che hanno compiuto atti ingiusti, tremendi, come quando perde pagine su pagine a descrivere i gusti pervertiti di Mason Verger, fino a farcelo giustamente odiare e a dare ragione a Lecter che voleva ucciderlo e che, comunque, ha trovato il modo di punirlo orrendamente.

Vero, concordo, ma è quello che siamo in fondo, se vai da una qualsiasi persona e gli dici "Tizio ha ucciso Caio perchè era uno schifoso pedofilo", tutti ti diranno ha fatto bene, se l'è meritato; io li manderei a spaccare pietre sotto il sole a 50° tutti i giorni, per dire, così soffrirebbero anche loro, ucciderli non è una pena giusta, ma c'è una sorta di giustificazione, bisogna punirli, ma quello è decisamente il metodo sbagliato per farlo.
Ma Harris li costruisce talmente bene che tu dici "Ha fatto bene, se lo meritava".
Non so, alla fine Hannibal è una sorta di personaggio che sta al di sopra di tutto e tutto, ogni sua azione è comunque giustificata o ci fa pensare di essere tale :wacko:
Dolarhyde ad esempio è così perchè ci è stato portato a diventarci, la sua infanzia è stata orribile, la nonna più mostro di lui, e anche in questo personaggio c'è un briciolo di umanità, soprattutto quando sta con Reba.

Cos'è? L'Amore fa uscire l'umanità che è in noi? :woot:

CITAZIONE
Chiaro che, alla fine, come per tutte le cose, ognuno forma una sua opinione e decide se condividere o meno l'eventuale messaggio dell'autore (e, in questo caso, trovo che Hannibal, per il suo lato elegante e artistico si possa anche amare, ma per l'altro il lettore -normale- dovrebbe essere portato a provare disgusto e repulsione in automatico.) e, in questo caso, trattandosi di un horror/thiller, si dovrebbe prendere anche un po' più con le pinze.

Verissimo, concordo su tutto :)


CITAZIONE (chiara53 @ 8/10/2011, 22:53) 
Ecco anche nella letteratura spesso i cattivi sono brutti sporchi e di conseguenza cattivi.

Vero, ma in fondo era tutto lo studio del malvagio che si basava sul loro essere diversi, brutti, deformi, testa più grossa, bla bla bla, la letteratura di un certo periodo rispecchiava quello che avveniva nella realtà e questi studi c'erano davvero.
Da brividi, una persona perchè aveva la testa più grossa del normale era considerata malvagia :wacko:

CITAZIONE
Sono "diversi" e cercano un riscatto proprio nella malvagità perchè il malvagio puo' vendicarsi piu' facilmente dei torti subiti avendo dalla sua parte la violenza e non avendo freni morali.
Frankenstein ad esempio non sarebbe affatto cattivo ( vuole giocare con la bambina in riva al fiume), ma lo diventa quando viene emarginato e in questo modo la sua diversità lo spinge all'assassinio alla violenza ed all'odio, questo clichè nella letteratura ( ma anche nella vita reale) si ripente infinite volte,il mio amato Severus Piton reagisce all'ingiustizia ed all'emarginazione, volgendosi verso il male, ma per lui c'è la redenzione ottenuta attraverso un percorso di difficoltà e solitudine . Voldemort patisce della stessa pena: la diversità, ma , poichè ciascuno nella letteratura ha il suo ruolo, lui è senza speranza di redenzione, votato fin da bambino al potere, ad incutere paura negli altri per esserne superiore e quindi sicuro di essere il centro del mondo che si costruisce, nessuno avrà mai il coraggio di dirgli che è un mostro, un violento, un razzista perchè tutti hanno paura di lui.

Alla fine è la nostra paura che ci spinge a questi comportamenti, paura del diverso e quindi lo emarginiamo e poi è ovvio che il "diverso" cova dentro di se rabbia, odio, etc. che lo spingono a diventare malvagio.
I cattivi li creiamo noi stessi con le nostre azioni molto spesso, molti serial killer diventano quello che sono perchè hanno avuto dei traumi, ma non andiamo fuori argomento :D

CITAZIONE
Per concludere questa elucubrazione serale in tutti gli esempi letterari che mi vengono in mente è piu' facile essere cattivi che buoni ( o diventarlo dopo essere stati cattivi).

Essere buoni o cattivi è piuttosto relativo, in ogni buono c'è una parte cattiva come in ogni cattivo c'è una parte buona, è l'equilibrio della natura credo, non può essere altrimenti.
Ma se sei buono lo sei e basta, essere cattivo porta con se tutto il peso di ogni cattiva azione che compi, di ogni vita che spezzi, quindi per me non è per niente facile essere cattivi, perchè non credo che uno esca dalla pancia della madre già cattivo fatto e compiuto, ci diventa nel corso degli anni, attraverso la vita che ti riserva spesso brutte sorprese.
Non so, proprio perchè è così sottile la linea che divide bene e male, cattivo e buono, non saprei proprio dire cosa è più semplice o meno, dipende dal buono e dal cattivo.
Boh, so contorta :woot: :wacko:


Edited by Ida59 - 15/6/2015, 23:07
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 10/10/2011, 11:16




CITAZIONE (misslegolas86 @ 8/10/2011, 20:58) 
Discorso a parte per Javert. ecco un cattivo che ho da subito compreso e amato. Il suo spaesamento di fronte all'ineluttabile realtà che quello che aveva creduto per tutta una vita era sbagliato alla luce della trasformazione di Valejant sono così umane che veramente mi ha toccato il cuore. Una tristezza indicibile.

Sì, è vero, Javert è già un discorso a parte, estremamente affascinante e complesso.
Hugo lo descrive così:

Quel personaggio, d'una gravità quasi minacciosa, era di coloro che, anche se intravisti di
sfuggita, preoccupano l'osservatore. Si chiamava Javert e apparteneva alla polizia.
[...]
Javert era nato in carcere da una cartomante, il marito della quale era rematore sulle galere.
Cresciuto, s'accorse d'esser fuori della società e disperò di rientrarvi mai; notò tuttavia che la società
mantiene irremissibilmente fuori di sé due classi d'uomini, coloro che l'aggrediscono e coloro che la
difendono. Egli aveva la scelta fra quelle due sole classi, e nello stesso tempo sentiva in sé un certo
qual fondo di rigidità, di osservanza della legge e di probità, complicato da un odio inesprimibile
per quella razza di zingari dalla quale era uscito; ed entrò nella polizia.
[...]
Quando Javert rideva, cosa rara e terribile, le sue labbra esili si aprivano e lasciavano scorgere, non soltanto i denti, ma le gengive, mentre intorno al naso gli si disegnava una serie di increspature lievi e bestiali, come sopra il muso d'una bestia feroce.
Javert, serio, era un cane; quando rideva, era una tigre.
[...]
Era stoico, serio ed austero; triste sognatore, umile ed altero come i fanatici.
Il suo sguardo era un vero succhiello: era freddo e bucava. La sua vita si riassumeva in queste due
parole: vegliare e sorvegliare. Avrebbe arrestato suo padre, se l'avesse visto
evadere dalla galera, così come avrebbe denunciato sua madre, se l'avesse colta in contravvenzione
alla vigilanza; e l'avrebbe fatto con quella specie di soddisfazione interiore che è data dalla virtù.
Unite a questo una vita di privazioni, l'isolamento, l'abnegazione, la castità e mai una distrazione;
era il dovere implacabile, la polizia compresa allo stesso modo con cui gli spartani comprendevano
Sparta, una sentinella implacabile, una selvaggia onestà, uno spione marmoreo...


Nei Miserabili impersona il ruolo di "cattivo", colui che cerca di ostacolare la redenzione di Jean Valjean, sempre pronto a ricordargli le sue origini e l'impossibilità di cambiare la propria natura.
Chiaramente, dal suo punto di vista, Javert è il buono, è l'incorruttibile tuttore dell'ordine, la Legge personificata e non esiste qualcosa di superiore ad essa. Ma, a un certo punto, queste sue credenze vengono completamente messe in discussione, se non distrutte.
Javert muore per aver compreso che un mondo possibile è quello in cui i furfanti sono alti funzionari e le puttane trattate come contesse. Il suo mondo era semplice, sottomesso al principio d’identità; in questo mondo le stesse cause producono gli stessi effetti, i giudizi sono sicuri e i fatti vi si conformano: una prostituta ha torto davanti a un borghese, un sindaco non difende una donna cattiva che gli sputa in faccia, un agente non manca di rispetto a un magistrato, un ufficiale di polizia è obbligato ad arrestare un galeotto per violazione del divieto di soggiorno. I giudizi sono categorici perché si fondano sulle identità delle persone (sindaco, prostituta, tutore dell'ordine), quini il suo modo di ragionare è sempre possibile, ma non sempre realistico.
Javert, alla fine, diventa un "cattivo che si redime", dal momento in cui, sulle Barricate, Jean Valjean lo libera, salvandolo dalla fucilazione.
La benevolenza del forzato, scrive Hugo, aveva stupito Javert, ma la sua propria benevolenza lo ha impietrito. Da qui si capisce che l’ispettore, quando non vorrà più arrestare Jean Valjean, avrà compiuto un gesto di maggior peso, rispetto alla "grazia" concessagli dall'ex forzato. Perché i due sono completamente diversi e i loro atti non hanno lo stesso peso: Valjean è un cittadino comune, per di più un evaso, l’altro rappresenta la legge, che finiesce per trasgredire per bontà. L’atto di Jean Valjean è un dono, mentre quello di Javert qualcosa di più: un perdono, probabilmente.
Unica cosa è che da un gesto positivo subentra la morte di questo personaggio così complesso, dal momento in cui tutto il suo mondo crolla, in cui comprende che la giustizia, così come la intendeva lui, a comparti stagni (un criminale è un criminale, un sindaco è una brava persona, ecc...) in certi casi ha dei risvolti imprevedibili.
Lui stesso si chiese:
"Ci sono dunque dei casi in cui la legge doveva ritrarsi davanti al crimine trasfigurato balbettando delle scuse?"; dei casi in cui un galeotto è sacro, in cui il dovere è un crimine? A quanto pare sì.
Così la giustizia, messa in scacco dalla bontà, fa intravedere a Javert un altro mondo, o la verità nascosta di questo mondo di miserabili. Il punto è che non riesce a comprendere tutto ciò e l'unico modo per riconciliare il fatto che un tutore dell'ordine sia stato salvato da un criminale, è il suicidio.
Scusate la divagazione, ma adoro i personaggi di Hugo! Ne parlerei per pagine e pagine... :D

Gli altri "malvagi" del romanzo, se vogliamo, sono i I Thénardier, che, personalmente, ho trovato quasi spassosi. Loro sì che sono "senza speranza". Sono quei criminali che restano tali per tutta la vita, e che, anzi, la povertà e la miseria incattivisce ancora di più.

CITAZIONE
Aggiungo un altro cattivo a me molto caro FROLLO di Notre Dome de Paris. Anche lì un cattivo umano che mi ha toccato il cuore per la sua mancanza di amore. Era cresciuto credendo che i libri e lo studio fosse tutto quello che gli serviva. Poi si affeziona ad un fratello odioso che non fa altro che rovinare la sua vita. E infine colpo di grazia arriva la bella esmeralda che lo pone di fronte al potente amore per una donna, una cosa che non aveva mai provato e che lo rende folle. Un amore che non aveva mai conosciuto e che lui identifica con l'amore carnale. Una consapevolezza che lo travolge e lo spinge a soffrire come un cane. Straziante la scena verso la conclusione del libro quando Frollo supplica Esmeralda di dire almeno che vorrebbe amarlo ma non può...di mentire pur di placare il suo animo e la sua sofferenza. Così umano così comprensibile nella sua perdizione e smarrimento. Un cattivo che ho amato.
Decisamente i cattivi di Hugo riescono a travolgermi con la loro complessità.

Quotone! Sì, i "cattivi" di Hugo hanno dei risvolti veramente umani e penso che sia proprio questa caratteristica che li rende indimenticabili.

Edited by Ale85LeoSign - 10/10/2011, 12:42
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 14/10/2011, 11:54




CITAZIONE (Alaide @ 8/10/2011, 22:08) 
D'altronde, però, non riuscirei nemmeno a definire nessun personaggio di Hugo veramente "cattivo". Javert, dato che è stato citato, dal mio punto di vista non è un cattivo, ma semplicemente un uomo, che porta in sé tutta la sua tragicità di essere un uomo, proprio come anche Jean Valjean e gli altri miserabili (tutti più o meno perdenti - e, dal mio punto di vista, alla fine anche Jaen è un perdente) che popolano il romanzo.

Sì, hai ragione. Viene da dire che è il "cattivo", o meglio, l'antagonista del protagonista della storia, ma in effetto, vista la delineazione estremamente realistica, è difficile "ridurlo" al questo semplice ruolo.
Però, in determinati casi, io ho trovato le sue azioni veramente cattive, anche se supportate dal suo credo incrollabile della giustizia.

Ad esempio, al momento della morte di Fantine.

Valjean continuò, abbassando ancora la voce:
«Ho una preghiera da farvi...»
«Ti dico di parlare ad alta voce.»
«Ma la cosa dev'essere sentita solo da voi...»
«E che me ne importa? Io non t'ascolto!»
Jean Valjean si voltò verso di lui e disse rapidamente, sottovoce:
«Accordatemi tre giorni! Tre giorni, per andare a prendere la figlia di questa poveretta!
Pagherò quello che ci vorrà: m'accompagnerete, se volete.»
«Hai voglia di ridere?» gridò Javert. «To', non ti credevo tanto stupido! Mi chiedi tre giorni
per svignartela! E dici che è per andare a prendere la figlia di questa sgualdrina! Ah, ah! Bene,
benissimo!»
Fantine sobbalzò.
«Mia figlia!» esclamò. «Andar a prendere mia figlia! Allora non è qui! Rispondetemi,
sorella, dov'è Cosette? Voglio mia figlia! Signor Madeleine, signor sindaco!»
Javert battè un piede per terra.
«Anche l'altra adesso! Stai zitta o no, baldracca? Sporco paese, dove i galeotti sono
magistrati e le prostitute curate come contesse! Ma perdio: la cosa cambierà! Ed è tempo.
»
Guardò fisso Fantine e continuò, ghermendo a piena mano la cravatta, la camicia e il colletto
di Jean Valjean:
«Ti dico che qui non c'è né Madeleine né il signor sindaco. C'è un ladro, un brigante, c'è un
condannato che si chiama Jean Valjean, costui, che tengo per il collo! Ecco che cosa c'è!
»
Fantine si rizzò di soprassalto, appoggiandosi sulle braccia irrigidite e sulle mani; guardò
Jean Valjean, guardò Javert e la suora, aperse la bocca, come per parlare, ed un rantolo le uscì dal
profondo della gola; batté i denti e stese le braccia con angoscia, aprendo convulsamente le mani e
annaspando intorno, come uno che anneghi; poi s'abbatté d'un subito sul guanciale. La testa urtò il
capezzale del letto e le ricadde sul petto, colla bocca spalancata e gli occhi aperti e spenti. Era
morta.
Valjean pose la sua mano su quella di Javert, che lo teneva e l'aperse come fosse stata la
mano d'un fanciullo; poi disse a Javert:
«Questa donna l'avete uccisa voi.»


Fantine era già con un piede nella fossa, è vero, ma lo shock emotivo creatole da Javert nel momento in cui le svela che sua figlia non è lì, appare proprio come un colpo di grazia. In questo caso Javert dimostra un'aggressività e una cattiveria incontrollata. Nella sua mente si era accesa la spia "arrestare Jean Valjean" ed era come se non capisse nient'altro.
Javert qui non ha nessuna pietà/umanità. Si parla di una sguardrina che non ha voce in capitolo e si parla, soprattutto, di dovere, al di sopra del quale non esiste nient'altro e del fatto che non è concepibile, dal suo punto di vista, che tutti gli individui siano trattati allo stesso modo.


CITAZIONE
Vi sono anche casi di romanzi in cui la linea che separa l'eroe dal cattivo (o cattivi) di turno è così sottile che non si sa nemmeno più chi sia il "cattivo".

D'accordissimo. Ci sono casi in cui è evidente mentre in altri per niente. In linea di massima, possiamo vedere gli aspetti "cattivi" degli antagonisti di turno o, se esiste un cattivo (come nei fantasy, di solito) se ne può parlare ;)

CITAZIONE
Credo, alla fine, che i buoni debbano necessariamente vincere sui cattivi solo in alcuni generi di romanzo, nel fantasy in particolar modo... ma il Fantasy è anche quel luogo in cui i cattivi sono meglio definiti come cattivi in sé (un personaggio come Voldemort non lo si troverebbe mai in un romanzo di Hugo... e forse per questo non riesco a definire nemmeno Frollo un vero cattivo, per lo meno non nel senso stretto del termine), in cui il grande cattivo di turno assume connotati privi di una qualsivoglia forma di umanità (non l'ha Voldermot, non l'ha Sauron, e simili), mentre in un romanzo che non si ascrive al genere il "cattivo", il personaggio negativo assume connotati decisamente umani, al punto tale che chiamarlo banalmente cattivo sembra poco rispettoso del personaggio stesso. E d'altronde un romanzo più realistico di un fantasy (senza nulla togliere a un genere che amo) può anche prevedere che il cattivo alla fine trionfi, o non cada affatto.

Quotone e non ho nulla da aggiungere.
 
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view post Posted on 2/7/2013, 13:49

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è vero !. Mi hai fatto notare una cosa davvero importante. Nei fantasy i cattivi sono davvero spietati e malvagi e penso che l'immortalità che è un loro tratto comune il più delle volte, renda ancora più inumana la personalità dell'antagonista. Pensiamo a Voldemort e i suoi Horcrux, a Sauron e l'anello, Dracula che succhia sangue per l'eternità...insomma l'immortalità è un'arma a loro vantaggio. Invece cattivi come Lecter o Frollo ecc, sono umani in carne ed ossa, persone che pur essendo spietate e malvagie, hanno comunque un briciolo di umanità, e a volte fanno i conti col rimorso. Però è anche vero che i protagonisti di Romanzi più realistici (tipo Don Rodrigo nei promessi sposi), se usano bene le loro carte possono anche vincere e trionfare. Alla fine se pensiamo, non sempre i buoni nella vita reale vincono,come nei romanzi fantasy no ?.

Sono d'accordo poi col dire che la maggior parte i cattivi non si scelgono i giusti scagnozzi...o trovano persone stupide e ignoranti (vedi Voldemort che ha dei Mangiamorte che a volte lasciano a desiderare), o sottovalutano alcune cose importanti che loro considerano "cose da deboli" (tipo il potere dell'amore e dell'amicizia), ma che alla fine si rivelano le armi di cui si serve l'eroe per distruggerli.
 
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12 replies since 8/10/2011, 18:12   2523 views
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