Mi hanno chiesto
Ho amato questa breve storia fin dalla prima lettura e continuo ad amarla quando, rileggendola, la riscopro sempre “nuova” e coinvolgente.
E’ il racconto di due anime simili, ma apparentemente divise da quella linea immaginaria che dovrebbe separare i buoni dai cattivi.
C’è Hermione, fiera di aver sempre seguito il sentiero giusto senza mai provare il desiderio di uscirne, che affronta il suo professore con una durezza ed un sarcasmo insoliti. E poi c’è Severus, in ginocchio davanti alla tomba dell’unico padre mai avuto, che ascolta impassibile le parole della giovane donna, pesanti come macigni, ma assolutamente meno dolorose del senso di colpa che lo tormenta.
Hermione argomenta, dichiara, spiega: allinea una dopo l’altra motivazioni e specifiche, dando vita ad un sottodialogo con sé stessa, senza smettere di osservare l’uomo che la ascolta in ginocchio per poi sollevarsi per rivolgerle un complimento inaspettato.
Severus non la affronta: si limita a rivolgere al cielo che piange il proprio volto che piange. Che immagine struggente hai saputo creare: il dolore e il rimorso affogati da una pioggia fredda e impersonale, come il tono che Severus utilizza nel rivolgersi a Hermione “che cosa vuole? (…) che cosa vuole in cambio del suo silenzio”.
E quel “silenzio” diviene realtà e accoglie l’incredulità di Hermione e, insieme, il primo sguardo che Severus le regala: è un attimo che sa di consapevolezza improvvisa e di svelamento. Hermione ora sa ascoltare e finalmente vedere dentro quei “due pezzi di cielo disgraziatamente caduti” che continua a sognare.
E’ in questo momento che Severus mostra la propria anima con frasi che sono di rara bellezza.
In esse, l’autrice ci ha messo l’intera vita di questo personaggio, rivelandola però in modo decisamente inusuale. Il punto di vista non è più “quello che è giusto o quello che è sbagliato” e nemmeno “il bene superiore” o il “male assoluto”. Non vi è giudizio in quelle toccanti parole, ma solo la constatazione dell’evidenza dei fatti. E’ l’anima di Severus che parla, un’anima sconfitta e ferita che non si aspetta redenzione alcuna e che racconta un dolore composto e dignitoso; Severus non chiede di essere compreso o consolato e si propone nuovamente come mero esecutore di qualunque impietoso ordine.
Impossibile non sentire sulla propria pelle l’intensità delle emozioni dei due protagonisti quasi cristallizzati in un istante che si colloca al di fuori del tempo e dello spazio, obbediente solo alla verità a lungo taciuta e nascosta ma ora rivelata.
La conclusione è inaspettata e, forse anche per questo, ancora più gradita.
Quel “lampo di sorpresa e di incosciente felicità” che Hermione vede passare negli occhi di Severus nel momento in cui lo stringe a sé mi ha regalato una intensa emozione.
Cara Rika, inutile dirti che spero in un prequel o un sequel o qualunque altra collocazione temporale ti venga in mente.
A presto.
Cri