La questione non è per niente semplice, ma mi proverò a rispondere.
CITAZIONE
Come sono i vostri cattivi?
Diciamo che in linea di massimo non mi piace leggere di cattivi assoluti, che se ne stanno lì come una specie di monolite a dire "salve io sono il cattivo cattivissimo e rappresento il Male Assoluto e sono cattivo perché sono cattivo", che spesso si trovano a zonzo nei fantasy. E spero sinceramente di non aver mai scritto, nelle mie originali (che se ne stanno buone buone sul mio pc, a parte un'unica eccezione che ho avuto la malaugurata - o beneagurata - idea di pubblicare tramite un sito di autopublishing), di cattivi di questo genere.
Allo stesso modo non amo particolarmente il cattivo che è cattivo per delle ragioni esterne, che, quindi, vuole il potere o distruggere qualcosa o sovvertire lo status quo presentato all'inizio del libro (sugli scopi del cattivo sono perfettamente d'accordo con ellyson) per motivazioni legate al suo vissuto (infanzia infelice, odio per qualcuno ecc...), perché - ma qui sono io ad essere strana probabilmente - rendono il cattivo in sé banale.
In definitiva il mio cattivo (e intendo il Cattivo e non tutta la masnada di cattivi) - quello di cui mi piace leggere e scrivere (ma non sono il miglior giudice delle mie "opere") - è un cattivo filosofico. In definitiva è la sua visione del mondo, un mondo che egli crede fermamente regolato dal Male o da leggi diverse da quelle ritenute giuste dagli altri, a renderlo cattivo e a fargli perseguire il suo scopo, che quindi è, nella maggior parte dei casi il sovvertimento dello status quo. E' un cattivo che è cattivo anche se avrebbe avuto la strada spianata per essere buono (non ha problemi familiari, né di rivalsa sociale...). Eppure non è un cattivo assoluto, nel senso che non è un cattivo che prova unicamente sentimenti negativi. In definitiva uno dei miei modelli è Lucrece Borgia dell'omonima pièce di Victor Hugo, che è cattiva (e va a zonzo ad avvelenare gente per tutta la tragedia), senza aver una motivazione per esserlo, ma che comunque ama il figlio perduto e poi ritrovato (che poi lei lo uccida per errore alla fine della storia e che cada vittima del suo stesso figlio, che l'assassina allo stremo delle forze è insito nella poetica dell'Hugo tragico). Ed il fatto che il suddetto cattivo possa possedere anche sentimenti non negativi, non vuol dire che egli non sia disposto a calpestare i suddetti sentimenti per raggiungere il suo scopo.
Un cattivo del genere può avere semplicemente come scopo di macchiare la purezza (non sono riuscita a trovare un termine migliore) del personaggio buono (e di solito mi piace che ci riesca o che ci si avvicini, spezzando in qualche modo l'animo del personaggio buono). Il suo modo poi di comportarsi nei confronti degli altri cattivi e dei buoni, dipenderà poi dal dove lo si colloca, dal genere, dalla situazione di partenza. Può essere il cattivo, che, come dice Ellyson non si sporca le mani per raggiungere il suo scopo; ma può anche essere il cattivo che gioca in prima persona, senza che gli altri si accorgano che è lui a condurre i giochi (un cattivo alla Jago, che viene definito spesso e volentieri "onesto").
E' ovvio che accanto ad un cattivo filosofico, soprattutto in un fantasy (in fondo in una tragedia ne basta anche solo uno), ci possono stare tanti altri cattivi e cattivelli, dotati delle loro brave motivazioni anche fortemente contingenti per essere cattivi, che possono essere motivazioni tra le più varie ed eventuali. Ed è anche ovvio che non sempre è possibile inserire un cattivo, come quello descritto sopra, in un romanzo o in una tragedia, perché non avrebbe senso di starsene in quel romanzo o in quella tragedia, soprattutto se è un cattivo che compare poco o che non compare per niente.
CITAZIONE
Che concetto avete di bene?
Come dice giustamente Ellyson, il concetto di bene - come anche quello di male - è relativo al personaggio di cui si parla. Il buono vedrà come bene ciò che per il cattivo è male. Ed il cattivo vedrà come bene ciò che per il buono è male.
D'altro canto chi legge dà per sottinteso che il bene sia incarnato dai personaggi buoni ed il male dai personaggi cattivi. E se scrive un fantasy, si resta all'incirca all'interno di questa divisione, con tutte le sfumature del caso.
In fin dei conti così come non amo leggere di cattivi assoluti (che dicono "salve sono cattivo perché sono cattivo e faccio solo cose cattive"), non amo nemmeno leggere di buoni assoluti (che dicono "salve sono buono perché sono buono e faccio solo cose buone"), perché alla fine sono personaggi noiosi di cui leggere e di cui scrivere (e come sempre non sono propriamente certa di non aver mai scritto un personaggio del genere),a meno che - cercherò di non essere massimalista - dei personaggi del genere, e parlo sia del buono sia del cattivo, non siano assolutamente necessari ai fini della storia, ovvero se la storia senza la bontà assolutamente buona - o la cattiveria assolutamente cattiva - non sta assolutamente in piedi.
L'importante è però in quel caso, ancora di più che di solito, che questo personaggio sia circondato da personaggi quanto mai sfumati.
E con questo passo alla domanda successiva:
CITAZIONE
Le vie di mezzo?
Le vie di mezzo sono ciò che rendono un romanzo veramente interessante. In fondo quante volte si pensa la forza del romanzo non è l'eroe, ma i personaggi che gli stanno intorno che sono cento volte più interessanti?
Le vie di mezzo sono quanto mai necessarie in qualsiasi racconto - anzi in certi generi di racconti saranno presenti quasi esclusivamente vie di mezzo (se scrivo un romanzo introspettivo, è piuttosto raro che metta in scena un cattivo e un buono, ma innumerevoli vie di mezzo con personaggi più o meno propensi verso il "bene" e il "male", ma in un romanzo del genere i due concetti stessi diventano quanto mai sfumati) - e ancora di più in un racconto fantasy, che è quello che pone maggiormente il problema del cattivo e del buono, del bene e del male contrapposti (in fondo è uno dei topoi fondamentali del genere in sé). Avere una caterva di buoni unicamente buoni e di cattivi unicamente cattivi non rende di certo la lettura - e la scrittura - interessante.
Naturalmente i personaggi "via di mezzo" diventano ancor più interessanti, quando sono nettamente diversi tra loro (vi è anche il rischio che in un romanzo si affollino chissà quanti personaggi vie di mezzo più o meno fotocopia, al che avrebbero lo stesso effetto dei buoni e dei cattivi), così come sarà diverso il loro "schieramento" o il loro non "schieramento", i loro problemi legati al vissuto personale e via dicendo. In fondo i personaggi "via di mezzo" sono quelli di cui si preferisce scrivere. E non è assolutamnte proibito che un personaggio "via di mezzo" sia il cattivo o il buono di riferimento, soprattutto se lo scrittore non vuole descrivere un cattivo assoluto o un buono assoluto, al che si va immediatamente nella via di mezzo.
CITAZIONE
Lo standard prevede dei modelli base o ritenete che siano già stati sufficientemente stravolti?
Credo che chiunque si ponga a scrivere possegga dei modelli consci o inconsci su cui forgia la sua storia, che poi può stravolgere completamente o apportarvi una forte originalità. Ma un modello esiste nella gestione dei buoni o dei cattivi, modello che può essere indotto dal genere (se scrivo un giallo avrò necessariamente un assassino che avrà necessariamente delle motivazioni che possono anche essere delle motivazioni non sbagliate, ma che lo portano a compiere un gesto non giusto. Sta poi allo scrittore cercare di trovare motivazioni originali e di creare un assassino diverso dai soliti assassini e un detective di mestiere o involontario diverso dai soliti detective) o da ciò che si è letto, in maniera indipendente da quello che si scrive.
In fondo, la genialità di uno scrittore sta proprio nel modo in cui ribalta o va oltre o manipola i modelli di base. E questo discorso vale anche per il bene ed il male e, quindi, per i personaggi che si fanno agenti del bene e del male.