Il Calderone di Severus

Scrivere emozioni

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Ale85LeoSign
view post Posted on 6/7/2010, 18:57




Tutto è nato leggendo il mio oroscopo di oggi:

Non avere fretta di classificare niente sia come positivo sia come negativo perché, più che la razionalità, a suggerire sono gli stati d'animo personali, inoltre ti distrai facilmente e altrettanto facilmente ti accendi come un fiammifero. Difficili i rapporti con Gemelli, Sagittario e Pesci.


Dopo questa lettura "stellare", mi è venuta l'idea di addentrarmi in una discussione che può essere molto complessa, sia a livello di struttura che di contenuto che di difficoltà, ma che, nonostante tutto, trovo molto interessante sia come argomento che come potenziale sviluppo.

Scrivere emozioni. Di che cosa voglio parlare?

Non comincerò dal presupposto, fin troppo noto, che all'interno di ogni bella storia sono per forza presenti emozioni e sentimenti dell'autore; sentimenti che si vanno a scontrare col lettore, (mutandosi, adattandosi o rimanendo inalterati) suscitandogli qualcosa a livello emotivo. Un piano che va oltre la razionalità.
(Esempio pratico: quando Severus uccide Silente)

Casi estremi a parte, una BELLA storia fa questo effetto. Ma non voglio parlare di questo.

L'argomento che vado a toccare è qualcosa che si collega proprio allo "Scrivere emozioni essendo emozionati".
Arrivo a spiegarmi subito.

Un momento di rabbia, un momento di profonda gioia, un momento di grande tristezza.
Vi parlo della mia esperienza e poi vi girerò la probabile domanda del "ma succede anche a voi?" con una puntina di originalità in più.

La sottoscritta è una di quegli... chi è che lo diceva... "di quegli sciocchi che portano il proprio cuore con orgoglio sul bavero, che non riescono a controllare le emozioni, che si crogiolano nei ricordi tristi e si lasciano provocare così facilmente." Adesso, non prendiamolo proprio alla lettera dalla A alla Z, però la definizione è vagamente azzeccata.
Capitano momenti in cui è possibile essere pervasi così fortemente da un'emozione da doverla sfogare, o meglio, da doverla trascrivere. E' una sensazione così intensa che, se messa su carta, probabilmente verrebbe trasmessa di riflesso anche all'ignaro lettore.

Ma in cosa consistono esattamente questi "slanci emotivi"?
In pratica: prendiamo che mi alzo la mattina nervosa (probabile se dormo poco) succede il patatrack, ed esplode la furia. Se in quel determinato momento sono a portata di carta/computer/ o altro, la sensazione predominante è di trovare il lato positivo di quella situazione o, in altre parole, di trovare il modo di sfogarla e renderla utile. Soluzione? Scrivere.
Una determinata scena? Una possibile situazione? Una poesia?
Va tutto bene.

Unica cosa è che, prima di pubblicare, inviare, usare, è sempre necessario rileggere. Non tanto, a mio personale parere, per errori (sempre possibili) incoerenze o altri dettagli "strutturali/grammaticali". Ma per il contenuto. Molto di ciò che non dovrebbe essere rivelato, in certi casi, quando si è particolarmente emotivi, può uscire allo scoperto.

Ora non stiamo a dibattere se è un bene o un male. Andremmo tremendamente OT e in campi minati, ma consideriamo gli aspetti tecnici. Rileggere fa SEMPRE bene. L'ho imparato a mie spese...

Riassumendo: scrivere quando si ha il cuore in mano.
Certo, potreste dirmi che quando scrivete scrivete SEMPRE mettendo in ciò che scrivete tutti voi stessi, e non ci metto becco. Ma qui vi porto a fare un passo in più, vi porto a domandarvi se, come scrittori (quali siete per la maggior parte) quando avete uno stato particolarmente emotivo di qualsiasi natura (gioia, sconforto, furia selvaggia, ecc...) non vi viene voglia di lasciarne una testimonianza scritta.
Il motivo non è obbligatorio dirlo.
Come ho già detto, ammetto di essere entrata in un argomento abbastanza spinoso (per me in primis) ma sono convinta che dosando parole e significati (l'esatto contrario dell'emotività scrittoria di cui sto parlando :P ) si possa comunque arrivare a discuterne tranquillamente. Poi, orsù, siamo tra persone che, nel complesso, sanno discutere tra loro.

Bene, dopo tutta questa sfilza di parole non posso far altro che lasciare la parola a chi vorrà prenderla.
Ripeto: per me l'argomento è interessante. E' quel fare un passo in più, oltre schemi, logica e situazioni di scrittura "normale", andando in fasi particolari che, lo ammetto, non sono sempre facili da raccontare.

Io ho introdotto, per ora. Ma, se incentivata, potrei andare avanti per ore... :D Ma prima lascio la palla a al primo che la prende al volo ;) .

Edited by Ale85LeoSign - 20/10/2012, 14:21
 
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Nemesis Snape
view post Posted on 6/7/2010, 22:37




Comprendo ciò che dici!
Ci sono quei momenti in cui una qualche emozione si "impossessa" di te e se hai carta o computer con te possono venire fuori cose che normalmente non scriveresti mai.

A me capita spesso quando sono a scuola, quando magari qualcosa è andato storto, oppure è successo qualcosa di meraviglioso.
E allora prendo carta e penna ed escono cose stranissime che quando le rileggi ti dici: ma le ho scritte proprio io? :D

Io solitamente riporto quell'emozione su carte/pc, anche perché mi piace molto poi rileggerlo e confrontarla con altri pezzi, in cui, magari, volevo dire la stessa identica cosa.
Non so se mi sono spiegata bene...
 
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Fri Rapace
view post Posted on 6/7/2010, 22:54




In genere a me succede la cosa inversa, ossia faccio mie le emozioni dei personaggi di cui scrivo. Tanto che se sto scrivendo di un personaggio che è triste, lo rimango anche io per un po' dopo aver messo via penna e quaderno, anche se, personalmente, non ho motivi per essere abbattuta.
Mi è successo di scrivere una storia dopo aver letto un libro che mi aveva coinvolta particolarmente, quello sì. Ma anche di trasformare in fanfiction fatti che mi sono accaduti realmente, adattandoli al mondo di HP (mica per nulla scrivo Remus/Tonks, vanno a pennello con i disastri che combino :lol:)
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 6/7/2010, 22:59




Premesso che mi devo rileggere bene i vostri interventi, ma tengo a sottolineare quest'aspetto che ha estrapolato Fri dal mio discorso:

CITAZIONE (Fri Rapace @ 6/7/2010, 23:54)
In genere a me succede la cosa inversa, ossia faccio mie le emozioni dei personaggi di cui scrivo. Tanto che se sto scrivendo di un personaggio che è triste, lo rimango anche io per un po' dopo aver messo via penna e quaderno, anche se, personalmente, non ho motivi per essere abbattuta.

E' una cosa a cui non avevo pensato, ma che sicuramente mi è capitata scrivendo fiction e originali.
Il punto che precisavo io era trarre un'utilità o uno sfogo da un nostro stato d'animo particolare, mentre tu mi hai rovesciato la medaglia, mettendo sul piatto i personaggi e le emoziono che LORO provano all'interno della storia.
Insomma "dalla realtà alla carta" e "dalla carta alla realtà".
Sono entrambi modi di immedesimarsi in ciò che scriviamo, ma hanno anche le loro differenze.
Grazie per l'intervento, Fri e anche Charlie. Ci tornerò su appena riesco ;)



 
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view post Posted on 6/7/2010, 23:05
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I ♥ Severus


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CITAZIONE (Ale85LeoSign @ 6/7/2010, 19:57)
In pratica: prendiamo che mi alzo la mattina nervosa (probabile se dormo poco) succede il patatrack, ed esplode la furia. Se in quel determinato momento sono a portata di carta/computer/ o altro, la sensazione predominante è di trovare il lato positivo di quella situazione o, in altre parole, di trovare il modo di sfogarla e renderla utile. Soluzione? Scrivere.
Una determinata scena? Una possibile situazione? Una poesia?
Va tutto bene.
..................................................
Riassumendo: scrivere quando si ha il cuore in mano.
Certo, potreste dirmi che quando scrivete scrivete SEMPRE mettendo in ciò che scrivete tutti voi stessi, e non ci metto becco. Ma qui vi porto a fare un passo in più, vi porto a domandarvi se, come scrittori (quali siete per la maggior parte) quando avete uno stato particolarmente emotivo di qualsiasi natura (gioia, sconforto, furia selvaggia, ecc...) non vi viene voglia di lasciarne una testimonianza scritta.

Quando scrivo, ho sempre "il cuore in mano", oppure sul bavero, come direbbe un certo Severus, e lascio che le emozioni fluiscano libere e intense, perchè le mie storie, alla fine, sono fatte solo di emozioni, come i miei lettori ben sanno.
Ma affinchè le emozioni possano uscire potenti dalle mie parole, io devo essere assolutamente TRANQUILLA e libera da qualsiasi personale emozione, negativa o positiva che sia, per vivere fino in fondo le emozioni dei miei personaggi: se io avessi mie personali emozioni, che mi sovrastano, le stesse in un certo senso oscurerebbero quelle dei personaggi, e la storia non potrebbe andare avanti come deve, con la potenza di emozioni che, in fondo, non sono le mie ma quelle, sebbene da me mediate, dei miei personaggi.

L'unica eccezione sono le poesie, ma solo quelle molto personali, quelle dove ci sono io, senza veli, con le mie emozioni. Ma poi le riprendo sempre in mano, dopo, e metto i necessari veli, così che solo chi conosce la chiave di lettura può comprendere le mie poesie "personali" che, alla fine, sono poi molto poche.

Non lo so, forse è il mio strano modo di essere, dove istinto ed emozioni convivono in modo totale con controllo e razionalità, le une alimentando le altre, ma le emozioni possono emergere solo una volta validate dalla ragione, se pur le emozioni possono spesso prevalere, magari solo momentaneamente, sulla ragione, che però decide se accettarle o meno, liberandole in modo più o meno totale, a seconda di quanto possa farmi comodo.
È un gioco sottile, tra istinto e razionalità, tra emozioni e logica, tra libertà e controllo: non so mai cosa, in quel dato momento, prevarrà. È difficile da spiegare, ma è come se le emozioni non fossero mai fini a se stesse, ma dovessero raggiungere uno scopo, e nelle mie storie è sempre così: le emozioni non fluiscono a caso, non emergono con potenza ma senza controllo; ogni emozione ha il suo fine, ed è la razionalità che le controlla e le incanala, pur essendone completamente sommersa, ma, al contempo, dirigendole.
So che può sembrare un discorso folle, ma è la realtà, la realtà di cui io stessa sono fatta, quella che vivo ogni giorno, pulsioni emotive e freddo autocontrollo che le dirigono, anche se qualche volta, se pure rara, le emozioni tracimano e sfuggono ad ogni controllo, e lì sì che è un casino, rispetto alla tranquillità in cui la razionalità, dall’alto e con grande libertà, lascia che le emozioni fluiscano libere e compiano il loro cammino.
So che questa mia risposta può sembrare non pertinente, ma lo è, lo è nel modo più completo in cui potrebbe esserlo.
E, che lo crediate o meno, in questa risposta c’è la mia vera essenza, nonché il significato delle mie storie.


Edited by Ida59 - 14/6/2015, 21:27
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 8/7/2010, 15:39




CITAZIONE (Nemesis Snape @ 6/7/2010, 23:37)
Comprendo ciò che dici!
Ci sono quei momenti in cui una qualche emozione si "impossessa" di te e se hai carta o computer con te possono venire fuori cose che normalmente non scriveresti mai.

A me capita spesso quando sono a scuola, quando magari qualcosa è andato storto, oppure è successo qualcosa di meraviglioso.
E allora prendo carta e penna ed escono cose stranissime che quando le rileggi ti dici: ma le ho scritte proprio io? :D

Io solitamente riporto quell'emozione su carte/pc, anche perché mi piace molto poi rileggerlo e confrontarla con altri pezzi, in cui, magari, volevo dire la stessa identica cosa.
Non so se mi sono spiegata bene...

Ecco questo è in linea con ciò che accade anche a me, è un modo per "attingere" dalle emozioni e riportarle su carta, per poi rileggerle, centellinarle ed estrarne cose che all'interno di una storia, o anche solo perchè ci piace scriverle e rileggerle, potranno essere molto utili.

CITAZIONE (Fri Rapace @ 6/7/2010, 23:54)
In genere a me succede la cosa inversa, ossia faccio mie le emozioni dei personaggi di cui scrivo. Tanto che se sto scrivendo di un personaggio che è triste, lo rimango anche io per un po' dopo aver messo via penna e quaderno, anche se, personalmente, non ho motivi per essere abbattuta.
Mi è successo di scrivere una storia dopo aver letto un libro che mi aveva coinvolta particolarmente, quello sì. Ma anche di trasformare in fanfiction fatti che mi sono accaduti realmente, adattandoli al mondo di HP (mica per nulla scrivo Remus/Tonks, vanno a pennello con i disastri che combino :lol:)

Ecco, tornando sull'intervento di Fri, come avevo già detto, è stato analizzato un aspetto che non avevo preso in considerazione, probabilmente perchè troppo concentrata nell'ambito "provo emozioni-scrivo emozioni".
Fri mi ha girato la frittata: il personaggio deve in quel momento provare quell'emozione e, pertanto, l'autore deve calarsi nei suoi panni.
E' un "deve" in senso molto generico, ma, a mio avviso, un buono scrittore ha questo dovere per mantenere una storia realistica. Per far sì che il lettore legga e sia preso anch'egli da quel particolare stato d'animo.
Sì, chiaramente è una cosa che può capitare, quella che hai detto, anche se è l'esatto opposto del mio ragionamento.
Molto interessante.
In pratica l'autore fa uscire dalla carta le emozioni delle proprie creature e, per qualche istante, rimane intrappolato in esse.
La mia considerazione potrebbe essere che, nonostante tutto, ogni personaggio di un autore (che sia di un originale o di una fanfiction) al suo interno contiene una parte dell'autore. Questo per dire che la sua immedesimazione è probabile, anche se potrà essere presente in percentuali variabili a seconda del tipo di personaggio trattato.
 
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view post Posted on 8/7/2010, 15:53
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Quando provo un'emoizione particolarmente intensa, non riesco a scrivere nemmeno una riga. Il massimo che posso fare per sfogare la suddetta emozione è ascoltarmi qualcosa oppure iniziare a riflettervi sopra e ad analizzarla. Ma diciamo che lo sfogo musicale è il più frequente.
Da quanto scrivo, non ho mai scritto una sola riga in un momento in cui ero particolarmente in preda alle emozioni, come non ho mai scritto con il "cuore in mano", ma seguendo ragionamenti e analisi di causa-conseguenza. Diciamo che tengo una distanza che vuole essere il più assoluto possibile tra me e il personaggio e che analizzo il personaggio come farei di una partitura (quindi come farei in quanto musicologa), cercando di prendere in considerazione gli aspetti della sua psicologia, analizzando, rivoltandoli, poi, solo allora, inizio a scrivere basandomi sulle analisi fatte in precedenza, mettendo nero su bianco le emozioni del personaggio (che spesso non hanno alcun rapporto con le emozioni - non intense, ma pur sempre presenti - che provo io in quel momento o che mi suggerisce la musica che sto ascoltando mentre scrivo, cosa che faccio spessissimo).
Forse potrei dire, prendendo spunto dalle ultime parole che ho detto, cioè che ascolto mmusica mentre scrivo, che canalizzo le mie emozioni attraverso la musica (lei sì, coincide con il mio sentire di quel momento), poi inizio il processo di scrittura ed allora avviene come un fenomeno di sdoppiamento: da una parte c'è la Leonora che ascolta la musica, che è un in un certo stato d'animo (non intenso. In quel caso non riesco proprio a scrivere), dall'altra la Leonora che scrive che viviseziona le emozioni ed i sentimenti dei personaggi di cui scrive, seguendo un ragionamento essenzialmente razionale e logico, che nulla ha a che fare né con il sentire, né con quello che sto ascoltando.
Spero che il discorso sia chiaro e di non averlo disseminato di francesismi (tornata dal mio impegno come ragazza alla pari, noto che parlo uno strano italiano francesizzato).
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 8/7/2010, 16:26




CITAZIONE (Ida59 @ 7/7/2010, 00:05)
Quando scrivo, ho sempre "il cuore in mano", oppure sul bavero, come direbbe un certo Severus, e lascio che le emozioni fluiscano libere e intense, perchè le mie storie, alla fine, sono fatte solo di emozioni, come i miei lettori ben sanno.
Ma affinchè le emozioni possano uscire potenti dalle mie parole, io devo essere assolutamente TRANQUILLA e libera da qualsiasi personale emozione, negativa o positiva che sia, per vivere fino in fondo le emozioni dei miei personaggi: se io avessi mie personali emozioni, che mi sovrastano, le stesse in un certo senso oscurerebbero quelle dei personaggi, e la storia non potrebbe andare avanti come deve, con la potenza di emozioni che, in fondo, non sono le mie ma quelle, sebbene da me mediate, dei miei personaggi.

L'unica eccezione sono le poesie, ma solo quelle molto personali, quelle dove ci sono io, senza veli, con le mie emozioni. Ma poi le riprendo sempre in mano, dopo, e metto i necessari veli, così che solo chi conosce la chiave di lettura può comprendere le mie poesie "personali" che, alla fine, sono poi molto poche.

Non lo so, forse è il mio strano modo di essere, dove istinto ed emozioni convivono in modo totale con controllo e razionalità, le une alimentando le altre, ma le emozioni possono emergere solo una volta validate dalla ragione, se pur le emozioni possono spesso prevalere, magari solo momentaneamente, sulla ragione, che però decide se accettarle o meno, liberandole in modo più o meno totale, a seconda di quanto possa farmi comodo.
È un gioco sottile, tra istinto e razionalità, tra emozioni e logica, tra libertà e controllo: non so mai cosa, in quel dato momento, prevarrà. È difficile da spiegare, ma è come se le emozioni non fossero mai fini a se stesse, ma dovessero raggiungere uno scopo, e nelle mie storie è sempre così: le emozioni non fluiscono a caso, non emergono con potenza ma senza controllo; ogni emozione ha il suo fine, ed è la razionalità che le controlla e le incanala, pur essendone completamente sommersa, ma, al contempo, dirigendole.
So che può sembrare un discorso folle, ma è la realtà, la realtà di cui io stessa sono fatta, quella che vivo ogni giorno, pulsioni emotive e freddo autocontrollo che le dirigono, anche se qualche volta, se pure rara, le emozioni tracimano e sfuggono ad ogni controllo, e lì sì che è un casino, rispetto alla tranquillità in cui la razionalità, dall’alto e con grande libertà, lascia che le emozioni fluiscano libere e compiano il loro cammino.
So che questa mia risposta può sembrare non pertinente, ma lo è, lo è nel modo più completo in cui potrebbe esserlo.
E, che lo crediate o meno, in questa risposta c’è la mia vera essenza, nonché il significato delle mie storie.
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Hm... ed ecco colei che arriva a stravolgermi le idee, come sempre, e a portarmi a una riflessione in più. :D (E non è una critica ma un riconoscimento, sia chiaro. ;) )

Allora... il tuo discorso, come ti accennavo ieri, secondo me è un'altra cosa, rispetto al mio punto di partenza, ma, al contempo, è comunque associabile alla mia riflessione iniziale.
Mi hai praticamente risposto, giusto per sintetizzare che... no. Tu non trasporti "emozioni calde" su carta e non le usi e se ti capita di farlo (con delle poesie, ad esempio) in ogni caso poi rileggi, rivedi e poi, forse, pubblichi.
Mi hai esposto il tuo metodo di scrittura in pratica, quel discorso che già avevo premesso, che un buon scrittore dovrebbe sempre scrivere col cuore in mano (a patto che non debba farlo per lavoro e allora diventa una specie di "macchina", ma questo è un altro discorso non troppo piacevole e sorvolo...) e tu lo fai :)

La riflessione, però, che mi sorge è che, pur rimanendo nell'ambito emozionale (anche se gestito diversamente) tu hai espresso, al contempo, l'esatto opposto al mio discorso.
Per semplificare: controllo e emotività.
Tu sei il controllo. Mi spiego: non scrivere immediatamente ciò che si prova vuol dire saper gestire le proprie emozioni, controllarle, per poi ri.utilizzarle in un secondo momento, a posteriori, quando la mente è sufficientemente lucida da poterle gestire al meglio anche a livello scrittorio.
Non voglio scendere nel dettaglio, in quanto quello che hai espresso è insindacabile, proprio perchè tuo, personale, intimo e meraviglioso. :Streghetta:
Posso limitarmi a fare dei ragionamenti logici, cercando di mantenermi, per quanto possibile, "distante" dal tuo privato.
Io credo, ma questo è un mio pensiero che può benissimo essere contraddetto, che certe emozioni non si possano imbrigliare e che, una volta scatenate, difficilmente si possono reprimere e rimettere "in assetto".
Il paragone che mi viene è quello di un fiume in piena.
Certo, si potrebbe prevenire, ma non tutto è prevedibile e gli imprevisti sono sempre lì dietro l'angolo.
Mettiamo che straripi e inizi a scendere verso valle. Difficilmente puoi fermarlo, ma puoi cercare di incanalarlo, deviare il suo corso quanto basta perchè non faccia danni rilevanti. E questo non sempre si riesce a fare, proprio perchè è un evento naturale talmente potente da risultare estremamente difficile da gestire.
Ma il segno del suo passaggio ci sarà e resterà, in molti casi, indelebile, esattamente come farebbe un'emozione profonda dopo essersi scatenata.
L'immagine che mi viene è questa, poi potrebbero essercene a migliaia, naturalmente.

Scusate la divagazione, per tornare in ambito scrittorio e al discorso di Tigre. Forse il tuo discorso è ancora diverso.
Io sono della "scuola" che prevede che a certi istinti e a certe emozioni non puoi mettere il guinzaglio e la museruola, ma li devi lasciare liberi di correre e di sfogarsi.
Forse tu tieni al guinzaglio e museruola, ma, ogni tanto, sleghi e lasci andare, per far sì che queste emozioni trovino sfogo e che poi tornino "ubbidientemente" a farsi rimettere sotto controllo.
Sì... è un metodo.
Personalmente, per le mie esperienze pregresse, odio il controllo e probabilmente riverso questo odio in molte parti della mia vita, cercando sempre e comunque uno spazio di libertà che non abbia "fischi di inizio e fine partita". E' un'autogestione estremamente libera. Certo... come tutte le cose ha i pro e contro.
I contro sono che, a volte, la libertà/l'istinto prende il sopravvento rischiando di soffocare la razionalità.
Poi sto comunque meglio ma, allo stesso tempo, il rischio maggiore, più che per me stessa, è quello di aver "travolto" un poveretto di passaggio.
Quel famoso fiume in piena, o quell'animale che non può essere tenuto sempre al guinzaglio. Se, durante la sua corsa, incoccia qualcuno, le conseguenze possono essere dei più diversi tipi.
A livello di scrittura, tralasciando il resto del mio personale mondo, con questo metodo, possono venir fuori cose fantastiche che, molto spesso, si liberano dalla carta trasportandosi nella realtà.
Difficile da spiegare a parole, ma un esempio potrebbe essere quel Severus di "Peccato Mortale", che al bagliore dei lampi si rende conto della propria immortalità.

Il tuo discorso non è folle, almeno, per me non lo è.
E' mirabile. E' un sapersi gestire al meglio, risultando, per la maggior parte dei casi, vincente.
Il mio discorso è un po' diverso, ed è propriamente più "istintivo/emotivo/fuori controllo". E' quel salto nel buio che mette in conto la possibilità di vincere o di perdere. E' conquistarsi le proprie vittorie risorgendo dai propri errori, a volte dopo averli proprio abbracciati. E' scrivere, a volte, a briglia sciolta, lasciando che la mano perda il controllo della mente e sia diretta solo dal cuore.


Edited by Ida59 - 14/6/2015, 21:27
 
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view post Posted on 21/9/2010, 09:53
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Quando scrivo io non penso… detto così sembra un contro senso ma è vero.
Quando scrivo e quando sono presa nella scrittura io mi isolo… ci sono solo io ma non sono io…
Una volta sono a Hogwarts… quella dopo a Tokyo e quella dopo nel mio mondo costruito con dolore e sacrificio a volte imprecando contro gli stessi dei che ho creato.
Quando scrivo io non sono io e anche questo è difficile da spiegare.
Sono un involucro vuoto dove i miei personaggi (originali o FF non conta) entrano in me, prendono in mano il mio cuore, la mia mente e scrivono loro quello che sentono, quello che provano.
Quando provo un’emozione forte, mi capita più spesso quando sono abbattuta e triste, mi metto davanti ad un foglio bianco di word, lascio vagare la mente in attesa che qualcuno faccia suo quel sentimento e lo usi come più gli pare e piace.
Questo spiega molte delle mie FF più tristi ed angosciose.
L’istinto mi giuda molto nella scrittura e spesso è il modo migliore che ho per esprimere al meglio quello che provo senza che la lingua si annodi.
La scrittura d’impulso è una delle mie preferite, non hai freni, non hai inibizioni.
Io mi lascio andare, mi lascio guidare da uno o più personaggi, lascio che siano loro ad aiutarmi a superare quel momento.
E rileggo poco… giusto quel che basta per togliere errori di battitura e grammatica.
Le emozioni che riesco a mandare sul foglio le lascio intatte, così come sono.
L’impulso, nel mio caso spesso tenuto a freno da me stessa e dalle situazioni che la vita ti mette davanti, prendo il totale controllo quando si tratta di scrittura.
Spesso e volentieri inizio una storia con un finale bene in mente ma a metà scritto mi rendo conto che sto andando nel senso opposto perché il cuore ha preso il sopravvento e quello che volevo diventasse un incontro felice e spensierato si tramuta in un incontro doloroso farcito di lacrime.
Oppure viceversa, parto da qualcosa di triste e si finisce nell’happy end forse dal retrogusto amaro ma che, comunque, ti lascia il sorriso sulle labbra.
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 13/11/2010, 22:12




CITAZIONE (ellyson @ 21/9/2010, 09:53) 
Quando scrivo io non penso… detto così sembra un contro senso ma è vero.
Quando scrivo e quando sono presa nella scrittura io mi isolo… ci sono solo io ma non sono io…
Una volta sono a Hogwarts… quella dopo a Tokyo e quella dopo nel mio mondo costruito con dolore e sacrificio a volte imprecando contro gli stessi dei che ho creato.
Quando scrivo io non sono io e anche questo è difficile da spiegare.
Sono un involucro vuoto dove i miei personaggi (originali o FF non conta) entrano in me, prendono in mano il mio cuore, la mia mente e scrivono loro quello che sentono, quello che provano.
Quando provo un’emozione forte, mi capita più spesso quando sono abbattuta e triste, mi metto davanti ad un foglio bianco di word, lascio vagare la mente in attesa che qualcuno faccia suo quel sentimento e lo usi come più gli pare e piace.
Questo spiega molte delle mie FF più tristi ed angosciose.
L’istinto mi giuda molto nella scrittura e spesso è il modo migliore che ho per esprimere al meglio quello che provo senza che la lingua si annodi.
La scrittura d’impulso è una delle mie preferite, non hai freni, non hai inibizioni.
Io mi lascio andare, mi lascio guidare da uno o più personaggi, lascio che siano loro ad aiutarmi a superare quel momento.
E rileggo poco… giusto quel che basta per togliere errori di battitura e grammatica.
Le emozioni che riesco a mandare sul foglio le lascio intatte, così come sono.
L’impulso, nel mio caso spesso tenuto a freno da me stessa e dalle situazioni che la vita ti mette davanti, prendo il totale controllo quando si tratta di scrittura.
Spesso e volentieri inizio una storia con un finale bene in mente ma a metà scritto mi rendo conto che sto andando nel senso opposto perché il cuore ha preso il sopravvento e quello che volevo diventasse un incontro felice e spensierato si tramuta in un incontro doloroso farcito di lacrime.
Oppure viceversa, parto da qualcosa di triste e si finisce nell’happy end forse dal retrogusto amaro ma che, comunque, ti lascia il sorriso sulle labbra.

A distanza di tempo, rileggendo ciò che ha scritto Elly, mi rendo conto che ha riportato uno stralcio del mio modo di scrivere. Sono basita, ma felicemente :D
Scrivere emozioni in fondo vuole anche dire rimuovere le inibizioni che la vita quotidiana ci impone (e questa è la spiegazione che mi do quando leggo, ad esempio, storie slash (spero che le slasher mi possano perdonare, ma io detesto lo slash e chiudo qui la parentesi più che volentieri) o dove si va a toccare l'assurdo senza appigliarsi ad alcuna logica.

Cioè, io capisco la scrittura d'istinto, dove i personaggi guidano la tua mano, "prendono vita" e il finale ti sfugge di mano: il bianco diventa nero, e viceversa, oppure viene fuori il classico mix di sfumature. Ok.
Ma le totali assurdità... come l'esempio che aveva fatto Elly a un pranzo del Severus incinto. :sick:

La mia domanda è questa: dov'è il confine tra scrittura d'impulso, in ogni caso, "bella", e scrittura assurda?
Lo stile dell'autore? E' grazie alle sue parole che possiamo digerire qualsiasi cosa?

Prendiamo ad esempio lo stesso HP.
Se uno ci venisse a dire "Con una bacchetta magica si uccidono le persone" penso che gli rideremmo in faccia.
C'è da dire che la Rowling ha articolato così bene il suo mondo immaginario da renderlo credibile. Così credibile da poter provare le emozioni dei personaggi, di essere lì con loro quando soffrono o quando trionfano e da poter credere che una magia parallela alla minima parte che esiste nella nostra realtà sia credibile.

Secondo me non è solo questione di stile.
Ovviamente è necessario argomentare idee, situazioni, personaggi... ma anche 'sti benedetti sentimenti.
Forse quando l'autore fa ciò che diceva Elly qua sopra, (o come diceva chiunque ha risposto, ovvero, mettendo, alla fine, una parte di sè in quel determinato scritto) si ricava qualcosa di credibile, godibile e, alla fine, "vincente".
Un mondo parallelo in cui è bello perdersi, in cui i sentimenti giocano quel colpo gobbo che fa staccare la spina dalla realtà. Anche per pochi istanti.


Edited by Ale85LeoSign - 15/11/2010, 18:35
 
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Fri Rapace
view post Posted on 15/11/2010, 18:19




CITAZIONE (Ale85LeoSign @ 8/7/2010, 15:39) 
Ecco, tornando sull'intervento di Fri, come avevo già detto, è stato analizzato un aspetto che non avevo preso in considerazione, probabilmente perchè troppo concentrata nell'ambito "provo emozioni-scrivo emozioni".
Fri mi ha girato la frittata: il personaggio deve in quel momento provare quell'emozione e, pertanto, l'autore deve calarsi nei suoi panni.
E' un "deve" in senso molto generico, ma, a mio avviso, un buono scrittore ha questo dovere per mantenere una storia realistica. Per far sì che il lettore legga e sia preso anch'egli da quel particolare stato d'animo.
Sì, chiaramente è una cosa che può capitare, quella che hai detto, anche se è l'esatto opposto del mio ragionamento.
Molto interessante.
In pratica l'autore fa uscire dalla carta le emozioni delle proprie creature e, per qualche istante, rimane intrappolato in esse.
La mia considerazione potrebbe essere che, nonostante tutto, ogni personaggio di un autore (che sia di un originale o di una fanfiction) al suo interno contiene una parte dell'autore. Questo per dire che la sua immedesimazione è probabile, anche se potrà essere presente in percentuali variabili a seconda del tipo di personaggio trattato. [/color]

Beh, io quando scrivo uso sempre il POV di uno dei personaggi protagonisti e mi immedesimo tantissimo. Neanche vedo più penna e foglio, divento la persona di cui sto scrivendo... è come fare l'attore ^^
E se in quel momento sono Andromeda che ha appena saputo della morte del marito, sentirò la sua disperazione... cioé, la devo per forza sentire, non posso essere contenta perché (esempio) domani è domenica e non lavoro, io non esisto mentre scrivo, sono Andromeda, stop. Non so se riesco a spiegarmi...



 
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view post Posted on 15/11/2010, 20:34
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I ♥ Severus


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CITAZIONE (Fri Rapace @ 15/11/2010, 18:19) 
Beh, io quando scrivo uso sempre il POV di uno dei personaggi protagonisti e mi immedesimo tantissimo. Neanche vedo più penna e foglio, divento la persona di cui sto scrivendo... è come fare l'attore ^^
E se in quel momento sono Andromeda che ha appena saputo della morte del marito, sentirò la sua disperazione... cioé, la devo per forza sentire, non posso essere contenta perché (esempio) domani è domenica e non lavoro, io non esisto mentre scrivo, sono Andromeda, stop. Non so se riesco a spiegarmi...

Sì, ti spieghi benissimo.
E' difficile che io pianga, leggendo, ma quando scrivo, invece, spesso mi faccio dei gran pianti perchè l'immedesimazione è assolutamente totale!


Edited by Ida59 - 14/6/2015, 21:28
 
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Eli d'E
view post Posted on 15/11/2010, 21:35




CITAZIONE (Ida59 @ 15/11/2010, 20:34) 
CITAZIONE (Fri Rapace @ 15/11/2010, 18:19) 
Beh, io quando scrivo uso sempre il POV di uno dei personaggi protagonisti e mi immedesimo tantissimo. Neanche vedo più penna e foglio, divento la persona di cui sto scrivendo... è come fare l'attore ^^
E se in quel momento sono Andromeda che ha appena saputo della morte del marito, sentirò la sua disperazione... cioé, la devo per forza sentire, non posso essere contenta perché (esempio) domani è domenica e non lavoro, io non esisto mentre scrivo, sono Andromeda, stop. Non so se riesco a spiegarmi...

Sì, ti spieghi benissimo.
E' difficile che io pianga, leggendo, ma quando scrivo, invece, spesso mi faccio dei gran pianti perchè l'immedesimazione è assolutamente totale!

A me capita invece di mettermi a piangere quando rileggo, specie se ho scritto delle scene drammatiche. In una mia long ho fatto morire un personaggio (Fri vorrebbe ancora far fuori me per la scelta) e mentre scrivevo mi sentivo molto presa, ma concentrata. Tuttavia, una volta che ho ripreso in mano il capitolo, a distanza di un paio di settimane, mi sono trovata a piangere come una fontana. Non credevo ci si potesse affezionare fino a quel punto ad un personaggio che io stessa avevo creato.
E' giusto che ci si cali nei panni dei personaggi di cui scriviamo (nostri o altrui), in alternativa sarebbero solo vuote figure che si muovono in qualche modo tra i fili di una trama.

Edited by Ida59 - 14/6/2015, 21:28
 
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Fri Rapace
view post Posted on 15/11/2010, 22:45




CITAZIONE (Eli d'E @ 15/11/2010, 21:35) 
Tuttavia, una volta che ho ripreso in mano il capitolo, a distanza di un paio di settimane, mi sono trovata a piangere come una fontana.

Ed è GIUSTO che tu abbia pianto. Anzi, è il MINIMO. Nooo, non basta che gli scrittori di libri e sceneggiatori di telefilm mi facciano morire regolarmente i miei personaggi preferiti (spesso con la famiglia) no. Pure le mie amiche me li uccidono!
:cry: :cry: :cry:
Ida, sono contenta di essere riuscita a spiegarmi ^^
Se non riesco a emozionarmi mentre scrivo mollo lì subito, perché mi viene a mancare proprio il piacere di scrivere. Tanto vale che mi metta a compilare la lista della spesa (che sarebbe anche utile, visto che poi dimentico sempre di comprare qualcosa :P ).
 
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view post Posted on 15/11/2010, 22:59
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I ♥ Severus


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CITAZIONE (Eli d'E @ 15/11/2010, 21:35) 
A me capita invece di mettermi a piangere quando rileggo, specie se ho scritto delle scene drammatiche.

No, io il massimo delle emozioni lo provo scrivendo... e forse è proprio per questo che mi piace scrivere.
Quando rileggo, ormai, qualcosa è già perduto, purtroppo...


Edited by Ida59 - 14/6/2015, 21:28
 
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30 replies since 6/7/2010, 18:57   733 views
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