| Ale85LeoSign |
| | CITAZIONE (Ida59 @ 7/7/2010, 00:05) Quando scrivo, ho sempre "il cuore in mano", oppure sul bavero, come direbbe un certo Severus, e lascio che le emozioni fluiscano libere e intense, perchè le mie storie, alla fine, sono fatte solo di emozioni, come i miei lettori ben sanno. Ma affinchè le emozioni possano uscire potenti dalle mie parole, io devo essere assolutamente TRANQUILLA e libera da qualsiasi personale emozione, negativa o positiva che sia, per vivere fino in fondo le emozioni dei miei personaggi: se io avessi mie personali emozioni, che mi sovrastano, le stesse in un certo senso oscurerebbero quelle dei personaggi, e la storia non potrebbe andare avanti come deve, con la potenza di emozioni che, in fondo, non sono le mie ma quelle, sebbene da me mediate, dei miei personaggi.
L'unica eccezione sono le poesie, ma solo quelle molto personali, quelle dove ci sono io, senza veli, con le mie emozioni. Ma poi le riprendo sempre in mano, dopo, e metto i necessari veli, così che solo chi conosce la chiave di lettura può comprendere le mie poesie "personali" che, alla fine, sono poi molto poche.
Non lo so, forse è il mio strano modo di essere, dove istinto ed emozioni convivono in modo totale con controllo e razionalità, le une alimentando le altre, ma le emozioni possono emergere solo una volta validate dalla ragione, se pur le emozioni possono spesso prevalere, magari solo momentaneamente, sulla ragione, che però decide se accettarle o meno, liberandole in modo più o meno totale, a seconda di quanto possa farmi comodo. È un gioco sottile, tra istinto e razionalità, tra emozioni e logica, tra libertà e controllo: non so mai cosa, in quel dato momento, prevarrà. È difficile da spiegare, ma è come se le emozioni non fossero mai fini a se stesse, ma dovessero raggiungere uno scopo, e nelle mie storie è sempre così: le emozioni non fluiscono a caso, non emergono con potenza ma senza controllo; ogni emozione ha il suo fine, ed è la razionalità che le controlla e le incanala, pur essendone completamente sommersa, ma, al contempo, dirigendole. So che può sembrare un discorso folle, ma è la realtà, la realtà di cui io stessa sono fatta, quella che vivo ogni giorno, pulsioni emotive e freddo autocontrollo che le dirigono, anche se qualche volta, se pure rara, le emozioni tracimano e sfuggono ad ogni controllo, e lì sì che è un casino, rispetto alla tranquillità in cui la razionalità, dall’alto e con grande libertà, lascia che le emozioni fluiscano libere e compiano il loro cammino. So che questa mia risposta può sembrare non pertinente, ma lo è, lo è nel modo più completo in cui potrebbe esserlo. E, che lo crediate o meno, in questa risposta c’è la mia vera essenza, nonché il significato delle mie storie. [/color] Hm... ed ecco colei che arriva a stravolgermi le idee, come sempre, e a portarmi a una riflessione in più. (E non è una critica ma un riconoscimento, sia chiaro. )
Allora... il tuo discorso, come ti accennavo ieri, secondo me è un'altra cosa, rispetto al mio punto di partenza, ma, al contempo, è comunque associabile alla mia riflessione iniziale. Mi hai praticamente risposto, giusto per sintetizzare che... no. Tu non trasporti "emozioni calde" su carta e non le usi e se ti capita di farlo (con delle poesie, ad esempio) in ogni caso poi rileggi, rivedi e poi, forse, pubblichi. Mi hai esposto il tuo metodo di scrittura in pratica, quel discorso che già avevo premesso, che un buon scrittore dovrebbe sempre scrivere col cuore in mano (a patto che non debba farlo per lavoro e allora diventa una specie di "macchina", ma questo è un altro discorso non troppo piacevole e sorvolo...) e tu lo fai
La riflessione, però, che mi sorge è che, pur rimanendo nell'ambito emozionale (anche se gestito diversamente) tu hai espresso, al contempo, l'esatto opposto al mio discorso. Per semplificare: controllo e emotività. Tu sei il controllo. Mi spiego: non scrivere immediatamente ciò che si prova vuol dire saper gestire le proprie emozioni, controllarle, per poi ri.utilizzarle in un secondo momento, a posteriori, quando la mente è sufficientemente lucida da poterle gestire al meglio anche a livello scrittorio. Non voglio scendere nel dettaglio, in quanto quello che hai espresso è insindacabile, proprio perchè tuo, personale, intimo e meraviglioso. Posso limitarmi a fare dei ragionamenti logici, cercando di mantenermi, per quanto possibile, "distante" dal tuo privato. Io credo, ma questo è un mio pensiero che può benissimo essere contraddetto, che certe emozioni non si possano imbrigliare e che, una volta scatenate, difficilmente si possono reprimere e rimettere "in assetto". Il paragone che mi viene è quello di un fiume in piena. Certo, si potrebbe prevenire, ma non tutto è prevedibile e gli imprevisti sono sempre lì dietro l'angolo. Mettiamo che straripi e inizi a scendere verso valle. Difficilmente puoi fermarlo, ma puoi cercare di incanalarlo, deviare il suo corso quanto basta perchè non faccia danni rilevanti. E questo non sempre si riesce a fare, proprio perchè è un evento naturale talmente potente da risultare estremamente difficile da gestire. Ma il segno del suo passaggio ci sarà e resterà, in molti casi, indelebile, esattamente come farebbe un'emozione profonda dopo essersi scatenata. L'immagine che mi viene è questa, poi potrebbero essercene a migliaia, naturalmente.
Scusate la divagazione, per tornare in ambito scrittorio e al discorso di Tigre. Forse il tuo discorso è ancora diverso. Io sono della "scuola" che prevede che a certi istinti e a certe emozioni non puoi mettere il guinzaglio e la museruola, ma li devi lasciare liberi di correre e di sfogarsi. Forse tu tieni al guinzaglio e museruola, ma, ogni tanto, sleghi e lasci andare, per far sì che queste emozioni trovino sfogo e che poi tornino "ubbidientemente" a farsi rimettere sotto controllo. Sì... è un metodo. Personalmente, per le mie esperienze pregresse, odio il controllo e probabilmente riverso questo odio in molte parti della mia vita, cercando sempre e comunque uno spazio di libertà che non abbia "fischi di inizio e fine partita". E' un'autogestione estremamente libera. Certo... come tutte le cose ha i pro e contro. I contro sono che, a volte, la libertà/l'istinto prende il sopravvento rischiando di soffocare la razionalità. Poi sto comunque meglio ma, allo stesso tempo, il rischio maggiore, più che per me stessa, è quello di aver "travolto" un poveretto di passaggio. Quel famoso fiume in piena, o quell'animale che non può essere tenuto sempre al guinzaglio. Se, durante la sua corsa, incoccia qualcuno, le conseguenze possono essere dei più diversi tipi. A livello di scrittura, tralasciando il resto del mio personale mondo, con questo metodo, possono venir fuori cose fantastiche che, molto spesso, si liberano dalla carta trasportandosi nella realtà. Difficile da spiegare a parole, ma un esempio potrebbe essere quel Severus di "Peccato Mortale", che al bagliore dei lampi si rende conto della propria immortalità.
Il tuo discorso non è folle, almeno, per me non lo è. E' mirabile. E' un sapersi gestire al meglio, risultando, per la maggior parte dei casi, vincente. Il mio discorso è un po' diverso, ed è propriamente più "istintivo/emotivo/fuori controllo". E' quel salto nel buio che mette in conto la possibilità di vincere o di perdere. E' conquistarsi le proprie vittorie risorgendo dai propri errori, a volte dopo averli proprio abbracciati. E' scrivere, a volte, a briglia sciolta, lasciando che la mano perda il controllo della mente e sia diretta solo dal cuore. Edited by Ida59 - 14/6/2015, 21:27
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