Mi inserisco nella discussione dal momento che ho letto i libri della saga tradotti in italiano (sono troppo pigra per leggerli in inglese
) e li ho tutti, quello più, quello meno, adorati.
Dal mio punto di vista quello che trovo notevole nel mondo creato di Jordan, è proprio la pletora di personaggi che, in un modo o nell'altro, hanno tutti un ruolo importante. In poche parole, se compare un nome, questo nome non è stato scritto per caso, tanto che, per il lettore, è estramamente difficile ricordarsi un nome comparso magari nel secondo volume, che torna nel quarto (fortunatamente in fondo ad ogni volume c'è un glossario con i nomi, in modo da rinfrescare la memoria. E se proprio serve si può sempre fare come ho fatto io, e tenere un quadernetto con i nomi dei personaggi, ma io sono un po' maniaca in queste cose).
La storia procede, dal mio punto di vista, con un ritmo piuttosto lento, o meglio, non lentissimo, ma Jordan ama descrivere anche la quotidianità e quei piccoli particolari che sembrano ininfluenti, rendendo il tutto molto particolareggiato. O forse potrei dire con il giusto ritmo, fondendo topoi comuni al romanzo fantasy (e preferisco usare il termine topos, che indica una formula comune, che non cliché che ha un senso più "spregiativo") con l'inventiva personale, in un miasma di popoli (non esistono le razze tipiche del fantasy tradizionale) con le loro tradizioni (alcune simili a certi periodi storici o certi luoghi geografici della nostra terra), i loro costumi (ho trovato molto bella la differenziazione di abiti tra i vari abitanti del mondo inventato da Jordan... una cosa che può apparire sciocca, ma che letta attraverso gli occhi dei vari personaggi, serve anche a delineare il loro modo di interagire con l'altro da sé).
Quanto al primo libro, l'inizio è quello classico del fantasy tradizionale di ascendenza tolkienana (il classico arrivo di stranieri che sanno la verità - o parte di essa - in un piccolo villaggio e che, con questa verità in tasca, portano con sé i vari componenti del gruppo di personaggi principali - ma nella saga di Jordan è improprio definirli così, considerando la coralità di fondo - in un viaggio che pare la classica quest), ma già nel primo si notava che la storia sarebbe stata qualcosa di diverso dalla classica quest, piena di colpi di scena e battaglie (quindi contrariamente ad Ettore70 non lo parogonerei mai alla Compagnia dell'Anello).
Per quanto mi riguarda è una lettura che consiglierei a chi, in un fantasy, cerca anche una buona dose di introspezione ed una certa coralità, in una presentazione di personaggi varia e composita, che affascina proprio per la sua varietà e per la precisione (che non è però, proprio nella soggettività della descrizione [ogni capitolo è visto dal punto di vista di uno dei personaggi principali e quindi letto dal suo punto di vista], una mera descrizione pignola, ma un mostrare il rapporto che un determinato personaggio ha con una parte del vasto mondo creato da Jordan).