| Ale85LeoSign |
| | "Se vuoi diventare giornalista, devi piantare un chiodo nel muro a forza di testate"
Sfatiamo la credenza popolare che il giornalismo sia un mestiere fighissimo, semplice, dove la gente ti procura le notizie, dove i giornali assumono e fanno contratti a tempo indeterminato subito, dove si scrive per il piacere di scrivere. NO! Il giornalismo, soprattutto agli inizi, non è affatto questo.
E' un mestiere complesso, dove i tempi di lavoro sono strettissimi e viene comunque richiesta una precisione impeccabile, perchè se riportate una notizia imprecisa o falsa la vostra parola non varrà più nulla, soprattutto se firmate il pezzo.
Partiamo oggi dal primo punto: da quando l’Ansa e le maggiori agenzie internazionali si sono lanciate sulla rete con servizi gratuiti al pubblico, rivestendo il doppio ruolo di “grossisti” e “rivenditori”, il giornalista si è visto scavalcare in una componente essenziale della sua funzione.
Nel frattempo, in forza della “disintermediazione” creata da Internet, è costretto a guardarsi, o a tentare di coesistere, con un ulteriore fenomeno: il citizen journalism, la cui ipertrofica produzione, batte sulla stessa nota dolente dei tempi di reazione, sincronizzati al ritmo forsennato con cui le informazioni arrivano sulla rete, con o senza giornalisti.
Privato del monopolio su quella che definirei la “registrazione del battito cardiaco” del settore di appartenenza, cosa resta del primo pilastro? Può la “disintermediazione” portata in larga scala e in ogni settore dalla rete, rendere infine superflua la professione giornalistica? Posso io, di converso, trasformarmi in un esperta di ogni materia che incontri il mio interesse, in un giornalista di me stessa?
Malgrado l’enorme flusso di notizie disponibile su Internet in tempo reale, l’abbattimento dei confini geografici, la progressiva e inarrestabile trasformazione degli utenti in produttori attivi di contenuti, è innanzitutto nella parola “mestiere” che vedo una risposta.
Proprio nella misura in cui il flusso è enorme e globale, tenergli dietro non è cosa da poco. Che si tratti di cronaca giudiziaria, di architetture dei microprocessori, di edilizia o pesca della carpa, l’aggiornamento è un processo oneroso in termini di tempo, per definizione non alla portata dell’appassionato degli stessi argomenti. Ed è qui che il vero giornalista fa la differenza, perchè in grado di coesistere con tempi lavorativi disarmanti e frenetici, molte notizie dalle fonti sparse da sfoltire e appurare nella loro veridicità e la capacità di stendere su carta l'essenziale, ovvero, il succo della notizia.
Il che non implica che la categoria giornalistica sia esentabile da ogni critica: al contrario, molti dei difetti che vengono oggi attribuiti alla professione, erano già presenti molti anni fa e tutt'ora, purtroppo persistono: accento sull’aggiornamento continuo piuttosto che sull’approfondimento, superficialità, mancata verifica delle fonti, insistenza su argomenti “di moda” piuttosto che su temi scottanti.
In quale altro modo potrà salvarsi il giornalismo se non invertendo questa tendenza, in direzione di una reale differenza rispetto all’approccio amatoriale che il primo decennio della rete ha così insistentemente fomentato? La speranza persiste...
Tornando a noi, prima di lanciarci nel dibattito: in questa sezione, in proposito, io e Ciocchina (molto più scafata di me sul tema, perchè la sottoscritta ha iniziato da quasi un anno a fare l'apprendista e ancora sta piantando quel famoso chiodo nel muro.) vi parleremo della gavetta, di come ci si procurano le notizie, come funziona una redazione, del lavoro dell'inviato speciale e di come si diventa Giornalista Pubblicista o Professionista.
A breve stilerò una lista con i principali argomenti che tratteremo
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