| In questa seconda lezione tecnica, tenterò di accennare alla nascita dell'opera e di dare una definizione generale di quello che essa è, sottolineando quindi i suoi elementi principali.
L'opera è l'unico genere musicale ad avere una data di nascita ben precisa. Il 6 ottobre 1600 a Firenze, in occasione delle nozze per procura tra Maria de' Medici ed Enrico IV re di Francia, venne rappresentata L'Euridice di Jacopo Peri (1561-1633), che viene considerata, generalmente, come la prima composizione che si possa chiamare opera. In realtà lo stesso Peri aveva già composto una Dafne nel 1597, ma, non essendo arrivato fino a noi il manoscritto (della Dafne non possediamo nemmeno una nota), non possiamo sapere quanto questa fosse un'opera, se era tutta musicata, se era piuttosto in stile di cantata.
Sicuramente, comunque, il quando della nascita del genere operistico si situa in quegli anni, tra gli ultimissimi del XVI secolo e l'inizio del XVII secolo.
Dietro la nascita dell'opera vi è una riflessione teorica, portata avanti da varie Camerate fiorentine. In quell'epoca ci si interroga circa l'Antica Tragedia greca, che era interamente cantata (anche se non si sa come si cantasse all'epoca, se era soltanto una prosodia fortemente ritmata, quanto fosse diverso il modo di porgere di chi interpretava i personaggi e del coro), quindi si giunge a teorizzare la possibilità di far "rivivere" il teatro classico, tramite quello che viene chiamato Recitar cantando, in cui il canto deve essere stumento per rendere più importante il testo. Ed è quello che avviene con Peri, ma, in pochi anni il Recitar cantando si perde, per trasformarsi in un Cantar recitando, in cui, quindi è il canto a farla da padrone, per quanto per l'opera scrivano all'epoca poeti ben più alti di quanto non saranno i librettisti ottocenteschi. Anzi, in verità, fino al XVIII secolo il poeta è figura decisamente più importante del compositore, tanto che, un testo scritto da un poeta celebre come il Metastasio, verrà musicato da compositori diversi (di Olimpiade per esempio esiste la versione di Vivaldi, quella di Pergolesi e di alti compositori), perché è il libretto di Metastasio ad essere ciò che il pubblico dell'epoca cerca.
Non starò qui a tracciare una storia dell'opera, perché una sintesi non basterebbe, soprattutto dopo che nasce anche l'opera francese con Lully, la zarzuela spagnola, il singspiele tedesco, per poi arrivare al XIX secolo dove vi è un fiorire di scuole nazionali, tutte dotate delle loro caratteristiche. In più incapperei in una pletora di compositori tutti importanti per qualcosa. E credo che a nessuno interessi (ma se non è così ditemelo e organizzo una serie di lezioni sulla storia dell'opera), un mero elenco di "fatti" ed "idee".
Per semplificare, posso dire che l'opera "parla" per molto tempo italiano e francese (l'opera francese nasce per volontà di Luigi XIV), per poi diventare sempre più "poliglotta" nel XIX secolo, dando il via all'opera tedesca (ma il singspiele, spettacolo più popolare, esisteva già da tempo), all'opera russa, all'opera polacca, all'opera ceca, all'opera ungherese eccetera.
Quello che però è sicuramente comune a tutte le opere (siano esse del 1600 o del 2010) è che esistono tre elementi fondamentali che coesistono e di cui nessuno è inferiore all'altro, anche se, per esempio, l'elemento scenico per tempo è stato giudicato meno importante (se sentite un vecchio melomane, vi dirà "basta sentire". Io credo invece che "bisogni anche vedere" perché ogni messa in scena dice qualcosa di diverso e di nuovo sull'opera in sé):
1. La musica. 2. Il testo. 3. La messa in scena.
L'opera viene quindi ad essere un genere teatrale complesso. E' genere teatrale perché è previsto un testo che ha tutte le caratteristiche del teatro di prosa (fatta salva la costruzione dei versi fintanto che la versificazione è importante [si andrà poi anche nei libretti verso il verso libero], in quanto si tratta di versi che devono essere messi in musica, quindi con caratteristiche a se stanti). E' prevista una messa in scena. Non basta cantare, ma bisogna anche recitare, saper rendere vivo il personaggio. Ed è questo che segna la differenza tra un grande interprete che "diventa" il personaggio ed un interprete solamente corretto dal punto di vista musicale, ma che, alla fine, non dice nulla. Ma è una forma teatrale "diversa" perché è interamente (o quasi tutta. Come si vedrà in una delle ultime lezioni tecniche esistono opere che alternano parti recitate e parti cantate) cantata. Questo ultimo fatto porta ad una sorta di patto con lo spettatore che accetta che la gente si esprima non con le parole, ma cantando, il che diventa ancora più straniante quando ci troviamo davanti ad un'opera del periodo verista.
Per conclusione, vi lascio con due messe in scene diverse e due interpreti diversi dello stesso brano. Si tratta di Sogno soave e casto da Don Pasquale di Donizetti. Non vi riporto il testo volutamente, perché mi interessa piuttosto che andiate sull'onda delle sensazioni. Vorrei che, dopo aver sentito il brano, mi diciate (prendetelo come una sorta di compito, senza una risposta esatta) le diverse sensazioni (mi basta un "preferisco questo a quello" o un "il primo è più dolce") che ogni brano e messa in scena vi suscita:
1. Don Pasquale: Ruggero Raimondi Ernesto: Juan Diego a Florez Zurigo, 2007
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