Il mito che voglio raccontare è un altro dei pezzi forti della Grecia antica.
Edipo e la Sfinge sono universalmente noti, ma penso che non molti, oltre agli addetti ai lavori, sanno che questo episodio non è che solo l'inizio della sua storia e che volendo, un paragone si può fare con Severus.
Una volta liberata la città di Tebe dall'orribile sfinge, risolvendo l'enigma celebre, Edipo viene eletto re della città, in riconoscimento alla sua alta diligenza. Sovrano meticoloso e attento ai bisogni della sua gente, all'improvviso comprende che la peste che sta falcidiando la popolazione deve avere un motivo. L'oracolo di Apollo rivela che in città c'è un farmakòs, un contaminatore, e finchè questi non sarà espulso, la peste non finirà.
Il contaminatore sarebbe secondo il dio lo stesso Edipo, che in gioventù avrebbe ucciso il padre e sposato la madre, la sua attuale moglie Giocasta, dal quale ha avuto tre figli. Egli non crede al momento ma indaga. E' un trovatello allevato presso la corte di Polibo, e poi una volta cresciuto lascia il padre adottivo in seguito ad un'offesa ricevuta. Man mano, emergerà dalle indagini l'amara verità: egli è davvero ciò che il do aveva rivelato, e per la disperazione si acceca, lui che, intelligente, quando aveva la vista non aveva capito il male che aveva operato nel suo passato e che poi aveva rimosso.
Non sto a raccontare come egli pervenga alla terribilie verità, o dovrei spiegare tutta la tragedia sofoclea, l'Edipo re, che espone questo mito, e non mi pare il caso.
Il mito stesso colpisce perchè mette a nudo un uomo, venerato come un eroe, e poi messo a nudo da una terribile veritò: egli mostro, parricida, sposa di sua madre, padre di figli-fratelli, e il tutto fatto senza averne il minimo sospetto: il che la dice lunga sulla visione sofoclea del rapporto umano-divino...
Ciononostante, egli non arretra, e decide di affrontare il proprio destino di paria, abbandonando il regno e strappandosi gli occhi, quegli occhi che non avevano ardito vedere. Affronta l'amaro destino riservatogli dagli dei, e mostra come anche la più alta intelligenza debba piegarsi a ciò che sfugge al nostro controllo, al trascendente. L'intelletto più ardito, che pretende di sciogliere l'enigma stesso del''esistenza, è di per se stesso un male, e come tale incappa nell'ira celeste. Il coraggio e la prontezza di mente sono qualità che non connotano solo Edipo, ma anche un tenebroso professore dagli occhi di tenebra, che sa vedere, sa capire e sa accettare.
Il suo sguardo è lo specchio di un'anima che si è costretta a procurare la propria dannazione, e nonostante il male e l'orrore, osa guardare in viso anche il più oscuro dei maghi, senza lasciar trapelare nulla del suo tradimento, e mostrando per tanto un coraggio inaudito. Alla fine, quando la verità deve essere rivelata prima che la morte la suggelli per sempre, egli costringe Harry a vedere, e la sua stessa ultima parola è un invito a deporre il velo delle apparenze e guardare davvero.
Alla fine, anche la sua immensa bravura e la sua capacità d'analisi registrano lo scacco finale, ed egli è condannato a morire nel più triste dei modi, solo come sola è stata tutta un'esistenza spesa per il dovere. La contropartita? Nessuna, se non pagare il prezzo del proprio eroismo.
Insomma, il parallelo s'istaura più nelle intenzione, che ovviamente nelle vicende di entrambi. Però l'ho trovato uno spunto interessante di discussione.