Dunque, prima di lasciarvi a questa Ambientazione Gotica, vorrei fare una piccola premessa, di cuore e sul perchè ho scelto questo luogo incantevole e incantato
Questa cittadina è solo un piccolo paese arroccato su di una roccia e quindi direte voi cosa diavolo c'entra con il gotico, e purtroppo attraverso queste poche parole e alcuni immagini è difficile spiegare e racchiudere la magia di questo posto, sospeso nel tempo e nello spazio dove tutto sa di antico e di veramente incantato, per sentirla nel cuore e capire perchè perchè la ritengo Gotica, andrebbe vista (e almeno una volta nella vita vale la pena di scendere da queste zone e vederla con i propri occhi ).
La prima volta che l'ho vista solo di sfuggita era notte, passavo di lì, io ero piccola e lei era incastonata tra la nebbia e la natura incontaminata che non si vedeva ma si respirava, poi ci sono tornata tantissime volte, ma l'immagine che mi è sempre rimasta in mente è quella di una cittadina su di una roccia abbracciata dalla nebbia e dalla notte.
Stupenda!
Da brividi veramente e magica e per me una perfetta ambientazione gotica dove tra i suoi vicoletti sulla roccia si aggirano spettri o un solitario vampiro che deve nascondersi al mondo per proteggere la sua amata
Ok, dopo questa premessa, vi lascio a Civita di Bagnoregio
p.s. lo so che non è un canone del gotico, ma datele una possibilità Civita di Bagnoregio
La città che scompare
Quando Roma non era nemmeno un progetto e i romani erano dei semplici e rozzi pastori, la zona ad ovest del corso del Tevere era abitata dagli Etruschi, in quell’area che oggi viene chiamata Etruria Meridionale, e con ogni probabilità è proprio il Tevere la strada che ha portato quel popolo, proveniente dal mare, in questo territorio.
In questa valle, tra il lago di Bolsena e l’Umbria, dove natura ha creato architetture molto particolari (che vengono definite “calanchi”, creste d’argilla dalla forma ondulata e talvolta esilissima, inasprite qua e là da ardite pareti e torrioni enormi, come il solenne e dolomitico “Montione” e la cosiddetta “Cattedrale”.), dove queste antichissime trasformazioni geologiche più di 1 milione di anni fa raccoglievano l’acqua del mare, in questo fondale marino sabbioso ed argilloso, gli Etruschi, più di 2500 anni fa, a 443 metri di altezza (s.l.m.) hanno fondato Civita, un’isola di tufo che ancora oggi resiste al tempo e hai capricci della natura.
L’incanto ed il silenzio avvolgono così d’un tratto il visitatore sensibile, mentre l’animo suo si strugge al pensiero che queste rupi argillose ed instabili, modellate dalle acque dei torrenti e delle piogge, pian piano trascineranno a valle il borgo superstite, già smembrato e dimezzato dagli innumerevoli terremoti e franamenti avvenuti nel corso dei secoli: per questo Civita di Bagnoregio è famosa come la “città che muore”.
Gli etruschi fecero di Civita, di cui non conosciamo l’antico nome, una fiorente città, favorita dalla posizione strategica per il commercio, grazie alla vicinanza con le più importanti vie di comunicazione del tempo. Del periodo etrusco rimangono molte testimonianze: di particolare suggestione è il cosiddetto “Bucaione”, un profondo tunnel che incide la parte più bassa dell’abitato, e che premette l’accesso, direttamente dal paese, alla Valle dei Calanchi; in passato erano inoltre visibili molte tombe a camera, scavate alla base della rupe di Civita e delle altre pareti di tufo limitrofe, e che purtroppo furono in gran parte fagocitate, nei secoli, dalle innumerevoli frane. Del resto, già gli stessi etruschi dovettero far fronte ai problemi di sismicità e di instabilità dell’area, che nel 280 a. C. si concretarono in scosse telluriche e smottamenti.
All’arrivo dei romani, nel 265 a. C., furono riprese le imponenti opere di canalizzazione delle acque piovane e di contenimento dei torrenti avviate dagli etruschi. Sicché, assicurata una certa tranquillità, la prerogativa di Bagnoregio quale centro commerciale venne consolidata, anche in virtù della comodità d’accesso alla strada che da Bolsena portava al Fiume Tevere, allora solcato dalle navi mercantili.
Cittadella fortificata, libero comune, presidio contro i Ghibellini di Viterbo, Civita, per la sua storia, può essere considerata una piccola Roma, vittima come la città eterna di numerose invasioni barbariche, deve il suo nome a re Desiderio, sovrano dei Longobardi che qui aveva stabilito la sua dimora per lungo tempo.
Sicuramente all’epoca in questo territorio, c’erano delle terme frequentate anche dal re barbaro.
La leggenda dice che grazie a quelle acque, Desiderio guarì da una brutta malattia, da qui la denominazione di Bagnoregio (Balneum Regis, divenuto più in là Balneoregium, Bagnorea ed in ultimo Bagnoregio).
Quando i Longobardi estendono il loro dominio nella zona, impadronendosi del patrimonio della chiesa, considerano questo insediamento, per la sua posizione, un importante punto strategico.
Il conflitto fra il Papa e i Longobardi vede protagonista Civita di Bagnoregio per lungo tempo, una guerra fatta di vittorie e sconfitte da ambo le parti.
In occasione del matrimonio tra Aginulfo e Teolinda che già si era fatta cristiana, il papa Gregorio Magno trasforma Civita, già sede vescovile, in un’importante diocesi.
Tuttavia, nuovi pericoli erano in agguato.
Venuto meno il grande sistema di opere pubbliche romane, ormai da centinaia di anni erano stati lasciati in sospeso i lavori di regolarizzazione delle acque. D’altro canto, l’intenso sfruttamento agricolo delle campagne nei pressi dei calanchi, con la sostanziale riduzione della copertura boschiva, aveva privato il terreno, già fin troppo instabile, della sua naturale “armatura”, costituita appunto dalle radici degli alberi.
La catastrofe, dunque, era ormai vicina.
Fino al XVII secolo, la città si estendeva allora su un vastissimo altopiano, di cui oggi rimangono soltanto due spezzoni, e possedeva ben cinque porte: Civita, che ne rappresentava il fulcro, era infatti congiunta all’attuale Bagnoregio, che al tempo non era altro che un quartiere e si chiamava Rota. Tutto ciò scomparve nel fatidico 1695, quando un terribile terremoto provocò il franamento delle parti più esposte a valle dell’abitato di Bagnoregio, nonché dell’unica via d’accesso che univa l’abitato a Rota.
E non era finita.
L’abitato, ormai decisamente ristretto e in via di spopolamento, ebbe nel 1764 un vero colpo di grazia, con il crollo di altre porzioni della cittadina. Iniziava, così, il suo inesorabile declino da nobile e vetusta cittadina ad umile borgo agricolo, semidistrutto, semi-abbandonato e vittima, più volte e fino a tempi recenti, di ulteriori distruzioni.
Come Roma, questo borgo rappresenta un punto di riferimento per il cristianesimo, Civita è considerata un luogo ricco di spiritualità per una particolare presenza: originario di questo luogo è Giovanni Fidanza, conosciuto come San Bonaventura, uno dei più importanti biografi di San Francesco, dal quale, da bambino, fu miracolosamente guarito.
Partito da questo borgo come semplice frate, diventa ministro generale dell’ordine francescano, teologo, filosofo, docente all’università di Parigi, vescovo, cardinale e dottore della Chiesa; muore morto lontano da qui, in Francia, a Lion.
Le tracce di tutti gli episodi storici, politi e religiosi che ha vissuto questo antico borgo sono ancora oggi, ad uno sguardo attento, ben visibili, sparsi nei muri dei palazzi, delle case e della chiesa. Quello che è rimasto identico per secoli è il panorama che lo circonda e non è poca cosa in un tempo in cui il cemento invade, copre e comunque nasconde numerose testimonianze del nostro passato.
Divenuta per molti anni quasi un borgo fantasma, Civita è oggi collegata alla sorella Bagnoregio, e al “resto del mondo”, da un sottilissimo e lunghissimo viadotto in cemento. Esso fu ricostruito due volte, dopo l’abbattimento del vecchio ponte in muratura, fatto saltare dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale. La prima volta il lavoro non venne fatto in maniera accurata, tant’è che nel 1964, quando ennesimi smottamenti colpirono la collina di Civita e la Valle dei Calanchi, l’ardito cavalcavia appena edificato crollò poco prima della sua inaugurazione.
Fu quindi ricostruito ancora, e stavolta senza sorprese, riallacciando così l’antico borgo alla “terraferma”, e allo stesso tempo vennero realizzate importanti opere di sostegno alla rupe dove sorge l’abitato, ponendo così un freno alla sua erosione. Pubblicizzata ormai da decenni come la “città che muore”, in realtà Civita sta ritornando a vivere (fortunatamente direi).
Un flusso turistico cospicuo e sempre crescente, anche di provenienza straniera, ha riportato grande vitalità all’antico villaggio, che, recuperato nel suo aspetto originario, pian piano si sta ripopolando.
Sono tanti, del resto, gli spunti d’interesse ambientale ad attrarre i turisti a Civita di Bagnoregio. Oltre ai meravigliosi panorami e alla bellezza del paesaggio, infatti, colpisce l’atmosfera incredibilmente suggestiva del borgo, che appare come un luogo “musealizzato”, un esempio, forse unico in Italia, di villaggio tardo-medievale rimasto immutato nel tempo.
Vi si accede dalla scenografica Porta Santa Maria, aperta da un arco in peperino e sormontata da una loggetta. Attribuita dalla tradizione al Vignola, la porta reca due bassorilievi che raffigurano un leone che tiene un uomo con gli artigli, metafora della cacciata dei Monaldeschi.
Oltrepassato il varco scavato nella roccia, subito, si ammira una prima piazzetta, circondata da bei palazzi signorili e da casette più modeste: di un edificio rimane soltanto la facciata, con le finestre che lasciano intravedere il cielo. Continuando per la stradina, dopo pochi metri, si sbuca sulla pittoresca Piazza San Donato, che, altro caso sicuramente più unico che raro, al posto della pavimentazione presenta una breccia mista a terriccio, dando la sensazione di essere improvvisamente piombati indietro almeno di quattrocento anni.
Qui spicca la mole dell’ex-Duomo di San Donato, sorto nel VIII secolo (probabilmente su un preesistente tempio pagano) ma dall’aspetto cinquecentesco. Al suo interno la chiesa conserva un pregevole crocifisso ligneo quattrocentesco, ritenuto miracoloso, cui è legata la singolare Processione del Cristo Morto: la sera del Venerdì Santo la scultura viene portata in processione a Bagnoregio e la tradizione vuole che essa ritorni assolutamente entro Mezzanotte a Civita, pena la sua acquisizione da parte dei “cugini” bagnoresi. Nella stessa Piazza San Donato, inoltre, a giugno si svolge il simpatico Palio della Tonna, una festa di origine medievale che vede i fantini sfidarsi in un’acerrima e rocambolesca corsa ad anello.
La visita continua tra gli stretti vicoli del borgo, caratterizzato da archetti, cortili e piazzette, e da case medievali e rinascimentali ornate da bifore, profferli e portali in peperino: spesso al loro interno si trovano graziose botteghe artigiane, in cui si può entrare per assistere ad antichi mestieri. E passeggiando in questo tortuoso dedalo, fatto di spazi inconsueti e di viuzze affacciate sul vuoto, lo sguardo è rapito qua e là da svariati scorci verso la Valle dei Calanchi, che al tramonto si colora di strane tonalità, offrendo curiosi giochi di luci ed ombre tra gli affilati crinali e la rada vegetazione, e formando un quadro paesaggistico ancor più surreale.
Infine, merita un cenno la Grotta di San Bonaventura, uno dei luoghi più venerati di Bagnoregio. Si tratta di un’antica tomba a camera etrusca, posta a balcone su Civita e a strapiombo sulla valle, che venne utilizzata nel Medioevo come romitorio. Al luogo è legata la leggenda secondo la quale qui il piccolo Giovanni di Fidanza, futuro San Bonaventura, fu risanato da una malattia mortale da San Francesco, durante il suo soggiorno bagnorese. Nei pressi della grotta sorgeva, infatti, un convento francescano, di cui oggi, dopo i crolli del 1764, non rimangono che pochi resti.
Edited by Ania_DarkRed86 - 13/4/2018, 22:40