| Considerato che erano mesi che mi ero ripromessa di farlo, finalmente lascio anche io un mio primo contributo di prosa.
Tratto dalla mia ultima long-fic, "Trasparenza e purezza del Cristallo", una parte del capitolo 27 - "Le Difese dell'Horcrux."
Si tratta di un bosco stregato dall'oscura magia di Voldemort.
Nel vecchio bosco, le querce erano morte da secoli, ma i loro tronchi e i rami scheletrici, ormai senza foglie, si stagliavano neri nel nero della notte, avvinghiandosi gli uni agli altri come mani rapaci, rubandosi a vicenda i tenui riflessi di luce spettrale. Qualcosa senza vita strisciava contorcendosi nel sottobosco che progressivamente diventava cenere sotto i loro passi. Nessun essere umano, degno di tale nome, era passato di lì, da centinaia di anni, e solo il respiro di un’oscura magia alitava malvagio nell’aria tormentando ciò che un tempo era stato sacro. Piton trasse a sé Hermione e la strinse per le spalle: - Non volevo che tu venissi… - sussurrò amaro. La ragazza represse un singhiozzo e si rifugiò nel protettivo abbraccio del Professore. Poco più avanti vi era uno spiazzo, tra contorti tronchi caduti, abbarbicati tra loro in un macabro gioco di morte. La luce della luna scendeva distorta, in un tetro gioco di ombre, riflettendosi sulle spade ritorte, sulle armature ammaccate, sui carri distrutti e sulle pire ormai arse. Il sacrificio era stato compiuto, in un altro tempo, e tutti i druidi, con i loro fedeli, erano ormai cenere dissolta nell’aria cupa. Poco più in là, la pietra scolpita che fungeva da altare sembrava echeggiare ancora delle grida dei sacrifici. Solo i teschi e le ossa mancavano, ormai dissolti dal tempo. Intorno a loro erano rimaste solo le immagini di Dei sconosciuti che li fissavano con le loro orbite vuote, di legno o di pietra. Piton strinse di più a sé Hermione e sospirò, impotente. Il bosco era così oscuro e terrificante, nel nero inchiostro silenzioso della notte, che nemmeno il vento osava avventurarsi. Del resto, da troppi secoli non c’erano più foglie che potevano oscillare alle sue carezze leggere. All’improvviso il silenzio fu rotto e i rami presero a oscillare scricchiolando sinistramente, come fossero sul punto di schiantarsi, e si chinarono sul terreno a chiudere loro la via. Hermione urlò. Le sue grida furono come la tromba che guida l’attacco delle forze del male: i rami si protesero, pungenti e crudeli, verso la ragazza inerme. - Petrificus! – urlò Piton puntando la bacchetta e stringendo ancor più Hermione a sé. Il silenzio della morte tornò a risuonare intorno a loro nell’immobilità obbligata dei diabolici rami. Ma il mago sapeva che quella marmorea pace non sarebbe durata a lungo; l’oscura magia contro la quale si era opposto era troppo potente per immobilizzarla a lungo: nell’intrico di quel bosco doveva trovare velocemente la strada per giungere alla sacra quercia dei Druidi. O a ciò che ne rimaneva. Si guardò intorno: ogni traccia di sentiero era perduta e confusa nelle nebbie del tempo che, lentamente, esalavano mefitiche dal terreno sollevando l’impalpabile cenere dei secoli, bruciando loro gli occhi. Avvolse Hermione nel mantello, quindi evocò mentalmente un vento per respingere anche quell’attacco. La polverosa nebbia si dissolse, lasciando che la tenebra li avvolgesse nuovamente. Doveva trovare la strada. Aguzzò gli occhi, ma il bosco era un denso intrico di rami, una barriera identica ovunque guardasse. I rami immobilizzati, sopra le loro teste, ripresero a scricchiolare lentamente, cercando di tornare a una vita da tempo immemorabile perduta. All’improvviso seppe come fare. Conoscendo la psicologia di Voldemort, avrebbe dovuto pensarci subito: il bosco attendeva un tributo di sangue per rivelare i suoi segreti. Allontanò Hermione e velocemente arrotolò la manica sinistra della camicia: il marchio brillava, perversamente nero, sulla sua pelle diafana. L’odio si dipinse sul volto pallido del mago e un crudele sorriso si delineò sulle sue labbra sottili quando puntò la bacchetta sulla bocca del teschio, là dove l’orrido serpente ne fuoriusciva sinuoso. - Stai indietro. – ordinò secco a Hermione. Una lama di luce bianca esplose dalla punta della bacchetta, tagliente come un diamante, e incise a fondo il teschio, tagliando di netto la testa al serpente mentre il ghigno sul volto di Piton si allargava: il sangue schizzò fuori con dolorosa forza, quasi nero, e Piton lo sparse nell’aria con un colpo deciso di bacchetta, sospingendolo poi lontano da sé, macabra e finissima pioggia diretta verso i contorti e oscuri tronchi che gli sbarravano la via. L’aria tremolò appena, a una decina di passi da loro, e un lieve scintillio d’un verde sinistro mostrò infine l’ingresso segreto: il malvagio bosco aveva accettato il tributo di sangue e rivelava la via. Con un rapido colpo di bacchetta rimarginò il taglio sul marchio e ripulì il braccio dal sangue, quindi afferrò la mano di Hermione e la trascinò dietro di sé verso il passaggio che si apriva, deferente ma angusto, tra i rami neri. Scambiò un’occhiata con la ragazza, che ora sembrava aver pienamente ripreso il controllo di sé, e cominciò ad avanzare deciso sullo stretto sentiero che permetteva appena il passaggio di due persone affiancate e conduceva verso il folto del bosco in cui aleggiava, maligna, l’oscura magia di Voldemort. - Questa doveva essere una delle “porte segrete delle querce”. – spiegò, più per rompere il cupo silenzio e coinvolgere Hermione in una conversazione qualsiasi, che per un reale interesse nell’argomento. - Sì, per gli antichi Druidi era considerato alla stregua di un ingresso nel mondo dello spirito. – replicò la ragazza con voce solo leggermente acuta. Piton annuì, gli occhi fissi sui legni contorti e anneriti dal tempo, la bacchetta che illuminava la strada saldamente stretta in pugno, attento a cogliere ogni minima variazione dell’ovattata oscurità davanti a lui: i gemiti e i sibili erano cessati di colpo e il bosco si lasciava profanare in un silenzio che diventava sempre più agghiacciate a mano a mano che avanzavano, unici esseri viventi nella notte. Eppure, nel bosco sembrava alitare un respiro di morte. Sentì Hermione stringersi di più al suo fianco, la bacchetta che illuminava il lato sinistro del sentiero. Si rese conto che non era la paura che l’aveva spinta così vicino a lui, ma il sentiero che si restringeva o, forse, erano i rami degli alberi che si allungavano sempre più verso di loro.
Fantasmi e spettri emergono in bagliori all’uomo feroce degli albori senza glorie e senza onori, un tempo al male devoto, ma mai dimenticato.
I rami delle anime dei boschi stregati, un grido levano a firmamenti lontani e l’arborea natura, senza farmi paura, trasmette sogni eterni.
Gli inferni ch’ora son nell’oblio, stanno dentro la terra, nella sfera ch’afferra la mia realtà oscura nel cielo sovrastante.
Brillante il coraggio, oscuro il male, ma osservare le indecifrabili emozioni dei gesti, dei colpi inferti, non uccide la mia convinzione di vivere un mondo egoista e cattivo, pieno di spine e dolore.
Percepire, essere, graffiare, respirare ogni momento. Tagliarsi, ferirsi, correre e lottare. Ma io confido nel mio cuore, in un sentimento immortale.
Cominciò con un lieve stropiccio, come di piccoli rami spezzati sotto i piedi, poi lo scricchiolio si alzò d’improvviso di tono, come se tutti i rami di quel nero bosco stregato si protendessero minacciosi verso gli intrusi, per soffocarli e schiacciarli con il loro peso. Un ramo distorto sfiorò il viso di Hermione, che si ritrasse rapida, e la sua punta finì per impigliarsi nel mantello del mago che diede uno scossone deciso per liberarsi. Il ramo si ruppe. Hermione urlò arretrando: dalla frattura uscivano purpuree lacrime di sangue. I rami più vicini si sporsero voraci sulla ragazza che si difese respingendoli istintivamente con le mani. Erano secchi e fragili, così si spezzarono facilmente: intorno a lei fu una pioggia sottile di sangue mentre i sibili del bosco ripresero in un crescendo di gemiti dolenti. - Evanesco! Lo stentoreo incantesimo lanciato da Piton ripulì da tronchi e rami una ristretta aerea intorno a loro, ma non zittì le indistinte voci piangenti. Un grosso tralcio nodoso si spinse veloce verso il mago, sinuoso e vivo come un serpente. - Diffindo! Il ramo si tranciò di netto, mentre il sangue sprizzava con forza, nera linfa di un bosco morto da secoli. La confusione di lamenti cessò di colpo e nel silenzio si levò solo una voce, modulata in un agghiacciante e prolungato urlo di dolore. Severus Piton rimase immobile, la bacchetta sempre stretta in pugno, l’orrore dipinto sul viso all’improvviso sbiancato: aveva riconosciuto la voce. Era il grido disperato di un uomo che stava morendo, un uomo senza volto e senza nome, un uomo senza nessuna colpa se non quella d’essere un Babbano: era la voce della sua prima vittima, quella che aveva ucciso la notte in cui era stato marchiato. Per un orribile istante, ombre indistinte si addensarono intorno al mago occupando il posto degli scheletrici alberi: i macabri fantasmi delle sue prime vittime, ondeggiando come venefica nebbia, lo circondarono tendendo versi di lui mani giunte in segno d’implorante preghiera. Sempre più pallido e teso, Piton guardò verso Hermione: la giovane sembrava ancora lottare con i rami, respingendoli con la bacchetta e con la mano libera. Per quanto impaurita, non aveva certo l’aria di chi stesse osservando insanguinate ombre di un passato che non le apparteneva. Il mago comprese chiaramente cosa stava accadendo. Il bosco stregato da Voldemort era come se fosse vivo: aveva riconosciuto il suo sangue quando lo aveva usato per individuare l’entrata e quindi ora “conosceva” la sua vita e i suoi delitti e li sfruttava contro di lui creando cupi fantasmi dai suoi laceranti rimorsi. Questa volta, però, occludere la mente non serviva a scacciare i fantasmi: doveva affrontarli. - Professore! Professor Piton! – lo strattonò Hermione vedendolo pallido come un cencio, immobile in mezzo ai rami che lo assalivano da ogni parte. Con tutta la forza di volontà di cui disponeva cercò di escludere dalla sua vista quelle false immagini, create da un’oscura magia, la stessa che un tempo aveva ottenebrato la sua mente. Con strenua determinazione cercò di visualizzare ancora i neri scheletri degli alberi, ignorando i volti supplicanti delle sue vittime. Non voleva che Hermione capisse da quale sortilegio era perseguitato: lei non aveva mai ucciso, non aveva mai fatto male a nessuno. La magia oscura di Voldemort, che stava piegando lui, potente mago, era del tutto inefficace contro l’innocenza della ragazza. - Protego! Era stata Hermione a evocare con sicurezza l’incantesimo scudo, proprio per proteggere il Professore dai rami che lo stavano spietatamente flagellando senza che lui facesse nulla per difendersi. La voce squillante della ragazza ebbe il potere di riscuoterlo, giusto in tempo per tornare a vedere il bosco stregato che, infuriato, si rivoltava contro di lei: una radice contorta si levò dal terreno e avvolse strettamente Hermione come nelle spire di un malefico serpente. La ragazza urlò mentre, intorno a loro, spezzati dal violento urto contro lo scudo protettivo che aveva evocato per aiutare il mago, i tronchi degli alberi grondavano ancora del sangue delle vittime. La radice stava trascinando Hermione verso terra, cercando di imprigionarla nelle sue viscere. Finalmente Piton reagì e l’incantesimo schizzò fulmineo dalla sua bacchetta colpendo in pieno la base del tronco: un lancinante grido di dolore straziò l’aria, mentre la radice che avvolgeva Hermione si trasformò in una candida e fluente barba. - Severus… ti prego… Albus Silente ancora una volta lo stava implorando. La bacchetta tremò nella mano di Piton, pallido come un morto, mentre il tronco alle spalle di Hermione assumeva le sembianze del vecchio Preside e, dall’espressione di orrore che si era dipinta sul viso della studentessa, il mago capì che, questa volta, anche lei vedeva e sentiva la sua stessa allucinazione. Doveva farlo, l’aveva già ucciso una volta, per obbedire al suo terribile ordine, e ora doveva farlo di nuovo per salvare Hermione. Subito, prima che fosse troppo tardi. Doveva uccidere di nuovo l’uomo cui aveva voluto bene più che a un padre. Chiuse gli occhi e strinse i denti mentre Hermione urlava terrorizzata, stretta tra le braccia di Silente. Il lampo di luce fluì accecante dalla bacchetta di Piton, illuminando per un istante l’oscurità della notte, e si infranse potente e preciso contro il cuore di un vecchio che era già morto, ucciso dalla sua potente magia nella notte in cui la sua anima era andata in frantumi. Silente urlò e l’albero esplose svanendo in una nuvola di fumo nero che, espandendosi in circolo, travolse diversi altri alberi sul suo cammino, creando un largo spiazzo vuoto intorno a loro, mentre oscurità e silenzio tornavano ad avvolgere i due soli esseri viventi nel bosco stregato.
La poesia è stata appositamente scritta per questo capitolo da Ale85LeoSign.Edited by chiara53 - 27/5/2015, 17:38
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