| Ale85LeoSign |
| | Della nostra ex insegnante, ho apprezzato molto vermanete tanto questo esercizio, nel quale si può dar libero sfogo, per certi versi, al proprio malumore, stando attenti alle parole che si usano.
Servono sempre le parolacce per insultare? Ma certo che no! Ci sono MILLIONI di modi per insultare qualcuno, anche indirettamente, senza scendere nel volgare o nella classica situazione "ti sparo addosso una parolaccia perchè non ho argomentazioni valide per controbatterti". E' come dire: in una partita di tennis stai clamorosamente perdendo, allora, invece di rispondere al servizio stando all'altezza dell'avversario, ti togli una scarpa e gliela lanci. Se l'avversario è comunque bravo, probabilmente o schiverà la tua scarpa- "surrogato palla da tennis", senza farsi troppi problemi, oppure ti tornerà indietro con un servizio rovente.
In ogni caso, questo divertente paragone, prima di arrivare allo sfogo Alessandriano di oggi. Sì, io di "lavoro" scrivo (e quando avrò una regolare sigla, potrò eliminare le fronzolose virgolette), per esprimermi scrivo, e, dai, oggi per sfogare un po' il mio malumore scrivo.
Può diventare piuttosto divertente scrivere le proprie arrabbiature e, magari, riuscire a metterle giù in chiave tragi-comica, poi può anche risollevare il morAle.
Bando alle ciance, passiamo all'esercizio:
Con chi ce l'ho oggi? Bè, la lista potrebbe essere clamorosamente lunga, e io non credo di avere nè voglia nè tempo di srotolarla tutta in pubblico, perciò mi focalizzerò genericamente su un soggetto a caso: il mio "capo". Chi non odia il proprio capo? Chiariamoci, questo non è il capo on the top, è una subalterna caricata a caffeina che mi comanda a bacchetta e che mi dice cosa devo e non devo fare. Purtroppo prevale il "cosa devo fare", ma mi sembra chiaro...
Insomma, questa losca figura, visto che la notizia del giorno è l'influenza suina, ha pensato bene di inviare la sfruttata di turno in mezzo ai più comuni Lazzaretti, giusto per accertarsi che rimarrà in qualche modo contagiata, come prova vivente per un ottimo servizio.
Il buon senso direbbe di evitare luoghi affollati, studi di medici, ecc. Ma il giornalismo, come tutti sappiamo, spesso va contro il buon senso. E questo è uno di quei casi.
Come prima spedizione punitiva, sono andata da un medico generico, per fortuna senza troppi pazienti. Ed è andata.
Non contenta, mi manda da un pediatra. Studio pieno di bambini e l'ometto pensa bene di tenermi a parlare per ore e ore. Lì credo di aver rischiato di più la vita con le madri, che, visto il ritardo per le visite, quando sono uscita, sembravano delle specie di hooligan.
Ultima trovata. Mi mandano direttamente nel posto dove è più probabile beccarsi un virus, nella tana del lupo: in una scuola! Ma la chicca di tutto questo, sono le domande che devo fare: "Ma come vi sentite, bambini?" "Avete paura della suina?"
Vogliamo fare un minuto di silenzio?
Ma come cippa vuoi che si sentano?! Prima o poi, il bambino che me lo dice, corredando la controdomanda con il lancio di qualche oggetto, lo troverò. Ma che domande sono? Mi prenderei a sberle io stessa per delle domande del genere! Cioè, già che ci sei, fammi chiedere se hanno paura di crepare!
Ad ogni modo, mi tocca. Non ho scelta. E l'anima pia della capa, mi telefonerà anche durante la notte per accertarsi che abbia svolto il mio "lavoro".
Sì, uno sfoghino ci voleva. E l'ebra grama, di solito, non muore mai...
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