Il Calderone di Severus

Creature Magiche

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flaflysnape
view post Posted on 9/9/2009, 23:39




*O* Carissima Ale sei troppo ma troppo efficiente!! Adoro queste fantastiche leggende di creature magiche che fra l'altro adoro!
Pegaso era una delle mie creature magiche preferite fin da quando ero piccina *__*
Ale sei una grande!! <3


Edited by chiara53 - 11/5/2015, 16:15
 
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view post Posted on 10/9/2009, 08:44
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I ♥ Severus


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Ma che bella la gif con il Pegaso che vola!
E belli i "Pegasini" da cartone animato!
Sei veramente brava a trovare le immagini!

Interessanti i brani: così ho scoperto che di Pegaso non sapevo... nulla!


Edited by Ida59 - 11/6/2015, 23:39
 
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view post Posted on 26/10/2009, 13:23
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Nonostante non faccia parte del club (più che altro per mancanza di tempo e per pigrizia), a questa discussione ci butto sempre un occhio perché é molto interessante. Ed é un argomento che ho sempre trovato affascinante.
Ora, però, ho un secondo fine. Eh eh eh eh eh....
Ale posso brutalmente copiare i tuoi testi?
Ho deciso si utilizzare gli animali motologici come nome per i tavoli al ristorante per il ricevimento di nozze.
Così ho un punto di partenza.
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 26/10/2009, 13:36




Certo che puoi, Elly. Fammi sapere se ti serve qualche animaletto in particolare, che provvedo ad aggiungertelo in tempi ragionevoli. ;)
 
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view post Posted on 26/10/2009, 13:39
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CITAZIONE (Ale85LeoSign @ 26/10/2009, 13:36)
Certo che puoi, Elly. Fammi sapere se ti serve qualche animaletto in particolare, che provvedo ad aggiungertelo in tempi ragionevoli. ;)

Garzie!

:wub:
 
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view post Posted on 18/11/2009, 17:58
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I ♥ Severus


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Attenzione: molti di voi ancora non fanno ufficialmente parte del Goti-Club perchè non avete seguito le formalità di iscrizione presentando il Dono Iniziatico.
In questo momento non potrete quindi usufruire dei punti che state guadagnando per appropriarvi del Nero Scrigno.
Andate subito QUI: divetare Neri Fanwriter è facilissimo!


Edited by Ida59 - 11/6/2015, 23:39
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 14/1/2010, 13:22




unicornonicorno




Una delle creature più affascinanti del mondo fantastico: l’unicorno,
essere dalle forme meravigliose e perfette.



moonlightunicornbyirons



"un candido cavallo dal mento barbuto e dagli zoccoli bifidi,
dotato di un unico corno, suo segno di distinzione per eccellenza."

*Concezione derivante dal XIII secolo d.C.


unicorn



Le Origini




L’unicorno (o liocorno) è un animale immaginario dal corpo di cavallo con un singolo corno in mezzo alla fronte. Nell’iconografia medioevale l’Unicorno era descritto come animale piccolo (a rappresentare l’umiltà) ma invincibile. Simbolo di saggezza, nell’immaginario cristiano poteva essere ammansito solo da una vergine, simbolo della purezza. Unendo la potenza della spada divina alla purezza di un manto immacolato, l’unicorno rappresentava la Vergine fecondata dallo Spirito Santo. Si credeva che se il corno fosse stato rimosso, l’animale sarebbe morto. Nella tradizione medievale, il corno a spirale è detto alicorno, e gli è attribuita la capacità di neutralizzare i veleni. Nel Bestiario medioevale la simbologia riguarda anche l’ambito erotico. Lo psicologo Carl Gustav Jung definisce l’unicorno, una raffigurazione simbolica della congiunzione dei due sessi. Il corno, magari cavo all’interno, è una sorta di doppia rappresentazione del fallo maschile e del sesso femminile, la punta che penetra e ferisce e la coppa femminile che riceve. L’immagine dell’unicorno è diffusa in quasi tutte le culture antiche ed ebbe molta fortuna nel tempo.

Nell’antica Grecia l’unicorno venne facilmente assimilato, nella fantasia popolare, ad un rinoceronte, per via della presenza di un corno solo sulla fronte. Ancora oggi in India c’è chi ritiene che il corno del rinoceronte abbia notevoli ed indiscussi poteri curativi.
In Europa tutto comincia con Ctesia sapiente nativo di Cnido, città della Caria, in Asia Minore.
Ctesia fu consigliere e medico personale di Arteserse II, re di Persia intorno al V secolo a.C. Scrisse l’Indikà, sull’India, giunta a noi solo in frammenti; qui ci racconta di asini dal manto bianco, occhi rossi e testa color porpora, con un lungo corno in mezzo alla fronte. Usato come coppa, il corno previene le malattie nervose; ridotto in polvere è un antidoto contro i veleni. Il corno ha tre diverse colorazioni: bianco alla base, nero in mezzo e rosso in punta. Più tardi, i fantasiosi alchimisti medievali ci andranno a nozze nel paragone con le tre fasi della trasmutazione alchemica: albedo, nigredo e rubedo, associate proprio ai tre colori descritti da Ctesia.

Il filosofo e naturalista Eliano, tra il II ed il III secolo, dichiarava in un suo scritto di aver visto in India un “animale simile al cavallo, ma con un solo corno in testa”.


beautydivinefinsmlfepi



L’unicorno risvegliò a tal punto l’interesse e la curiosità popolare che in epoca medievale vennero organizzate delle vere e proprie spedizioni per trovarlo e catturarlo.
Perfino W. Shakespeare, in epoca rinascimentale, si riferiva ad esso come ad un “animale incredibile” nel III atto de La Tempesta.
Il perché di tanta fama e di tanto interesse va ricercato nei poteri che gli venivano attribuiti. Si diceva che l’unicorno fosse un animale molto docile, incapace di fare del male e dotato di una particolare sensibilità che lo rendeva capace di evitare imminenti pericoli. Si diceva anche che fosse talmente prezioso che sulla terra se ne trovasse solo uno vivente per volta.
Il corno che aveva sulla fronte, l’Alicorno, era lungo circa 50 centimetri e si diceva fosse dotato di poteri magici. Si credeva, ad esempio, che se il corno veniva toccato da una persona gravemente malata, questa potesse guarire istantaneamente. E non solo: il corno aveva la capacità di proteggere dagli avvelenamenti (se polverizzato – solo dopo la morte naturale del mitico animale - e preparato in una specifica pozione); inoltre, bere in una coppa fatta di alicorno poteva proteggere da diverse patologie, come l’epilessia.
Ovviamente non era da tutti vederlo ed avvicinarlo: la leggenda vuole che l’Unicorno fosse un animale così puro che solo persone dall’animo puro e candido potessero cavalcarlo. E’ per questa ragione che spesso l’unicorno veniva raffigurato cavalcato da una vergine, da un Mago o da un Elfo.

In tempi recenti, l’unicorno è giunto, tramite un passaggio nell’interessante tradizione favolistica del nord Europa, al mondo del Fantasy, un mondo irreale che ogni giorno incuriosisce ed affascina tutti noi.
Che sia sogno o realtà, ci piace chiudere gli occhi ed immaginare uno splendido esemplare di unicorno sfrecciare tra castelli, regni magici, spazi e mondi diversi.

disegno unicorno



L'Unicorno in Oriente



In effetti sono state diverse le sembianze con le quali l’unicorno è stato rappresentato se lo consideriamo a partire dalla sua origine, riconosciuta ad una regione fra l’India e la Cina, dove era chiamato K’i-lin.

Secondo questa tradizione era uno dei quattro animali benevoli citati nel “Li-Ki”, un antico memoriale di riti magici, insieme alla fenice, alla tartaruga e al drago: pare che racchiudesse sia il principio femminile che quello maschile e la sua raffigurazione in origine era quello di un grosso cervo dotato di coda bovina, zoccoli di cavallo, un singolo corno dall’aspetto minaccioso, peli del dorso di cinque colori mentre quelli del ventre erano gialli.

Particolare interessante, sempre secondo il Li-Ki, è quello secondo il quale era possibile vedere questa creatura solamente in occasione della nascita di un perfetto sovrano.

K’i-lin



L'Unicorno in Occidente



Il primo a parlare di questo essere in Occidente fu Ctesia, un medico viaggiatore e storico persiano vissuto alla corte di Artaserse nel VI sec a.C. che lo citava in una delle sue opere, (”Indikà”) dove trattava delle meraviglie dell’India.

A proposito dell’unicorno scrive: ”In India ci sono degli asini selvatici grandi come cavalli e anche di più. Hanno il corpo bianco, la testa rossa e gli occhi blu. Sulla fronte hanno un corno lungo circa un piede e mezzo. La polvere di questo corno macinato si prepara in pozione ed è un antidoto contro i veleni mortali. La base del corno, circa due palmi sopra la fronte, è candida; l’altra estremità è appuntita e di color cremisi; la parte di mezzo è nera. Coloro che devono utilizzando questi corni come coppe, non vanno soggetti, si dice, alle convulsioni e agli attacchi di epilessia. Inoltre sono anche immuni da veleni se, prima o dopo averli ingeriti, bevono vino, acqua o qualsiasi altra cosa da queste coppe. Gli altri asini, sia quelli domestici sia quelli selvatici, nonché tutti gli animali con lo zoccolo indiviso, non hanno né astragalo né fiele, ma questi hanno già sia uno che l’altro. Il loro astragalo, il più bello che io abbia mai visto, è simile a quello del bue come aspetto generale e dimensioni, ma è pesante come piombo e completamente color cinabro”.

A lungo i critici storici si sono dibattuti in merito alla possibilità che Ctesia piuttosto che avere realmente visto la creatura, si fosse fatto influenzare da immagini o quadri dell’epoca visti in India o che si fosse magari imbattuto in un antilope o un rinoceronte, all’epoca animali sconosciuti in Occidente.
Di fatto l’ipotesi più accreditata per l’origine dell’unicorno è proprio quella del rinoceronte al quale, nelle leggende locali tradizionali, venivano attribuite praticamente le stesse proprietà.

Chi senza dubbio non può essersi confuso con questo grosso animale è il greco Eliano vissuto nel III sec d.C. che essendo un naturalista già ben conosceva il rinoceronte. Costui parla di “Un animale che viveva all’interno dell’India, ch’era grande come un cavallo, di pelo rossiccio e che gli indigeni chiamavano kartazonos. Aveva un corno sulla testa, nero e dotato di anelli; era scontroso e lottava anche con le femmine della sua specie salvo nel periodo degli amori”.

E’ cominciato così il mito dell’unicorno in Occidente e col passare del tempo nessuno era più interessato a scoprire se fosse in effetti reale o meno: si pensava soltanto a catturare la creatura che più gli somigliava per ottenere successo e fortuna!

unicorn



E’ soprattutto nel XII sec che si apre una vera e propria caccia spietata all’unicorno, ovvero quando le frontiere dell’Asia si aprono all’Europa ed esso diventa addirittura simbolo di alcuni stemmi reali, sinonimo di purezza, virtù e saggezza.
Nel Medioevo invece perde la sua valenza positiva per acquistarne una malefica e la sua ferocia è tale che risulta impossibile a chiunque riuscire a catturarlo, tranne che per una fanciulla vergine che viene mandata nei boschi del regno per attirarlo.

L’unicorno era solito avvicinarla, inginocchiarsi di fronte a lei e appoggiarle la testa in grembo. Solo allora, completamente ammansito da tale purezza, la seguiva in direzione del castello del re.
Di questo nuovo aspetto addirittura diabolico dell’unicorno parla San Basilio nel “Libellus de natura animalim”: “L’alicornus indica il diavolo, in quanto così terribile e malvagio da non poter essere catturato se non dalla purezza della vergine, cioè dalle buone opere e dalla virtù”.

In conclusione, non appare poi così rilevante il fatto che questa meravigliosa creatura sia effettivamente esistita: è soprattutto ciò che simbolizza, il suo mito stesso, ad avere un’origine antichissima e a non aver mai perso di importanza e rilievo nonostante i mutamenti storici e sociali.
In ogni caso c’è chi afferma, ai giorni nostri, di averne intravisto la sagoma splendente in un bosco non molto lontano dalle ultime foreste originali europee: accanto ad una sorgente, in compagnia di alcune viviane che gli acconciavano i crini a mo di treccia, come usano fare ai cavalli...


unicornbyamethystana





Fonte

Edited by chiara53 - 4/5/2018, 18:39
 
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view post Posted on 16/1/2010, 15:34
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Stupendo reportage Leonilla, che notizie interessanti! L'Unicorno è una creatura dal fascino incomparabile e adesso che ho approfondito le mie informazioni grazie al tuo splendido dossier, lo è ancora di più. E poi, sei bravissima anche ad andare a scovare tutte 'ste illustrazioni che rendono ancora meglio le descrizioni! Bravissima in tutto, questo non è mica un lavoro da poco ;) :woot:
Sono d'accordo poi con Vicky che i piccoli Unicorni dagli occhioni pucciosi sono irresistibili :wub:

Per lo Snaso, ti ricordi che avevo promesso anni luce fa che avrei potuto darti una mano, disegnando alcune creature create dalla fantasia della Rowling? Dai, mi metto all'opera :P
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 16/1/2010, 16:04




CITAZIONE (Ele Snapey @ 16/1/2010, 15:34)
Stupendo reportage Leonilla, che notizie interessanti! L'Unicorno è una creatura dal fascino incomparabile e adesso che ho approfondito le mie informazioni grazie al tuo splendido dossier, lo è ancora di più. E poi, sei bravissima anche ad andare a scovare tutte 'ste illustrazioni che rendono ancora meglio le descrizioni! Bravissima in tutto, questo non è mica un lavoro da poco ;) :woot:
Sono d'accordo poi con Vicky che i piccoli Unicorni dagli occhioni pucciosi sono irresistibili :wub:

Ma grazie! :lol: :lol: :wub:
CITAZIONE
Per lo Snaso, ti ricordi che avevo promesso anni luce fa che avrei potuto darti una mano, disegnando alcune creature create dalla fantasia della Rowling? Dai, mi metto all'opera :P

In questo momento sto facendo una ricerca sulla morte iconografica, quindi mi verrebbe da dire che ti sei tirata la falce sui piedi con quest'affermazione :lol:

Non c'è fretta Ele, intanto io proseguo coi Mostri, visto che ho appena recuperato il mio manuale. :D ;)
(Avrei potuto anche chiedere l'album di famiglia alla Grassi... :B): :ph34r:
 
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view post Posted on 31/1/2010, 10:30
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I ♥ Severus


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Mi accodo al coro di complimenti: bravissima Leonilla! Molto bello il pezzo sugli unicorni, sempre accompagnato dalle stupende immagini che sai scovare.

All'inizio del pezzo c'è un asterisco giallo dopo la frase d'apertura, ma non ho trovato riscontro alla fine: forse hai dimenticato la citazione della fonte.


Edited by Ida59 - 11/6/2015, 23:39
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 31/1/2010, 11:36




CITAZIONE (Ida59 @ 31/1/2010, 10:30)
All'inizio del pezzo c'è un asterisco giallo dopo la frase d'apertura, ma non ho trovato riscontro alla fine: forse hai dimenticato la citazione della fonte.[/color]

Grazie, sì mancava la citazione del periodo più che del testo che, ancora, è attualmente sconosciuto.
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 21/3/2010, 16:21




fatajata




“Le fate sembrano ereditare i loro poteri
ed il loro aspetto da alcuni personaggi
della mitologia classica,
ovvero principalmente dalle Ninfe e dalle Parche."



senzatitolo1dr



"Regina Mab è la fata della commedia di
Shakespeare "Romeo e Giulietta", che appare anche in altre opere
della letteratura del XVII secolo, ed in vari modi successivamente
nella poesia, dramma e cinema."



fairybypsychofirby


La regina Mab nelle rovine. Queen Mab in the Ruins



La leggenda



Nella storia della magia esistono davvero dei personaggi fantastici che da sempre hanno stimolato la fantasia di grandi e piccini, che sono rimasti nei nostri cuori e che appaiono nei nostri sogni, e proprio a questo proposito come non parlare del mondo fatato? Ed infatti ecco qui la storia delle fate e delle loro abitudini.

Il termine FATA deriva dall'antico "faunoe o fatuoe ", che significa creatura selvatica , abitante nel mondo naturale, ma anche dal latino " fatum ", cioè destino.

Sono esseri soprannaturali dotati di un potere magico, possono cambiare aspetto e farlo cambiare agli altri esseri. Sono una delle più popolari figure dell'immaginario fiabbesco che ce le rende donne bellissime, talvolta perfide, piccole o di statura normale, con colori molto particolari: verde, viola, blu.

Le fate abitano in luoghi selvaggi e solitari, in magiche fortezze, tra colline e tumuli. Si radunano nelle foreste e nei boschi e presso le sponde dei laghi. Vivono nelle piante o sotto terra. Vivono in tutti i luoghi naturali, come rocce, fonti, boschi, e soprattutto in cespugli di biancospino, e non si può dissacrare per nessun motivo il luogo scelto dalle fate per vivere.

I "cerchi delle fate" sono cerchi di funghi velenosi , molte volte rossi con puntini bianchi. Crescono nei luoghi erbosi del Nord America e in Europa e spesso spuntano dopo la pioggia. Secondo la tradizione questi cerchi erano i luoghi dove le fate si incontravano.

I regni delle fate difficilmente appaiono e sono davvero in pochi quelli che hanno il privilegio il privilegio degli esseri che li animano. Quando la luna è piena in certe notti particolari è più facile vedere i luoghi abitati dalle fate. I loro regni sono stati da sempre ricercati dagli uomini di tutti i popoli. Si credeva che la misteriosa Terra delle fate si collocasse in una zona geografica reale con il potere di spostarsi a seconda dei desideri dei suoi abitanti.

Secondo alcune leggende le fate discendono direttamente dagli angeli, secondo altre sono figli degli umani che non sono stati benedetti e quindi condannati a vivere nell'ombra.

Hanno quasi sempre un carattere particolarmente benevolo, gentile e generoso. Spesso corrono in aiuto di coloro che sono ingiustamente accusati, di chi è perseguitato dalla sfortuna, di chi ha subito un torto, di chi non riesce a portare a termine un compito o di chi ha un dispiacere nel cuore.

Secondo una tradizione, una o più Fate è sempre presente quando nasce un bambino, e gli conferisce doni particolari, doti e talenti, ed è in gradi di influenzarne la vita, proteggendolo come se fosse suo figlio.

Le fate sono attratte da ogni forma di creatività: il canto, la filatura, la pittura, la scrittura, la coltivazione dei fiori, e soprattutto dale emozioni profonde.

Il mondo delle fate è un mondo incantato, è il mondo sconosciuto delle favole, pieno di spirito, di malizia, di gioia e anche di cattiveria. Nella Terra delle fate ogni cosa è possibile, non sono molto lontane da noi, sono presenti in ogni paese e in ogni nazionalità .

Le loro abitazioni non sono tutte uguali, alcune galleggiano nell'acqua altre sono nascoste sotto la superficie altre compaiono una volta ogni sette anni. Per scoprire veramente le loro abitazioni dobbiamo andare nei boschi, nelle pareti delle caverne da dove scendono gocce dorate. Il loro regno può comparire e scomparire all'improvviso.

Le fate hanno dorate poche cose agli uomini , i doni migliori li riservano per i bambini nei loro sogni.

Rappresentano il potere della magia, sconosciuto e lontano dagli uomini, infatti loro non accettano gli umani come parte del loro mondo.

Alle fate piace molto organizzare delle feste, sono amanti della musica e dei balli. Le feste più belle le organizzano nei boschi al chiaro di luna quando giocano fra di loro con una palla dorata.

Loro sono capaci di ogni prodigio ed una delle loro più grandi virtù è quella di predire il futuro degli uomini anche se non lo rivelano.

Naturalmente sta a noi credere se le fate, personaggio fatato dei bambini, esistano davvero, magari un giorno chissà qualcuno di noi sarà in grado di vedere la scia di una piccola creatura luminosa...

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Aspetto



Le fate sono tutte di sesso femminile ed hanno le sembianze di una donna non molto alta e molto gracile dalla pelle chiarissima, quasi perlacea. Il loro abbigliamento è quello tipico delle donne del XIV e XV secolo con il caratteristico Hennin (ovvero un lungo cappello conico o a tronco di cono) ed abiti variopinti. Ogni fata indossa un abito di un unico colore che rispecchia la sua personalità. Inoltre portano gonne lunghissime per coprire eventuali deformità (quasi ogni fata presenta infatti una parte del corpo bovina o caprina, come code, zoccoli ed alcune persino la testa) e cappelli lunghissimi per sembrare più alte.

Le fate vivono molto a lungo, ed una volta che finiscono la loro vita non muoiono, ma si incantano nei propri palazzi dove restano per l'eternità (da Perrault).

Nonostante, quindi, possano raggiungere età molto avanzate, hanno la possibilità di mostrarsi sotto qualsiasi spoglia esse vogliano, che sia di bambina (da Collodi), di giovane o di anziana. Hanno infatti pieni poteri di trasformarsi in ciò che vogliono.

La nascita delle fate è avvolta nel mistero. Alcune ipotesi (anche se non avvalorate da nessuna fiaba o mito) ritengono che le fate siano prodotti spontanei della natura o anche che abbiano una madre comune, una specie di ape regina che le origina tutte.

Varie fonti letterarie (Basile, Calvino, Perrault ed altri) attestano che le fate abitano spesso in palazzi sotterranei molto lussuosi, accessibili solo da personaggi prescelti. Non è neppure raro che le fate sposino umani, i loro figli tuttavia raramente ereditano poteri.

le-fate



Tipologie



Le Fate dell’Aria sono delle muse, leggiadre e sinuose e sono divise in Comeles e Sylphs. Le Comeles sono responsabili di uragani e foschia, le Sylphs sono chiamate spose del vento, simili a ninfe, molto belle e se vengono urtate possono scatenare mulinelli d’aria e piogge abbondanti.

Fate dell’Acqua vivono nei fiumi e sorgenti e si dividono in: Ninfe, Nereidi, Naiadi, Esperidi, Camene, Ondine, Silfidi e Pelne. Le Ninfe vivono sulle sponde dei fiumi, sono belle ammaliatrici; le Nereidi vivono nel mediterraneo belle e aiutano i marinai; Naiadi sono ninfe dei fiumi, sono delle guaritrici e nutrici della vegetazione; Silfidi conoscono il passato e futuro, mangiano rugiada e miele e vivono tra i cespugli di rose bianche e le Pelne si possono tramutare in bellissime donne dalla voce melodiosa.

Fate della Terra vivono tra le rocce, caverne, terra e cercano di mantenere la struttura della terra integra. Si dividono in: Lusuri e Driadi e Amadriadi. Le Lusuri sono colorate simili a lucciole a volte si mostrano a noi come fenomeni luminosi o in grandi luci nel cielo; le Driadi e Amadriadi sono note come fate degli alberi, sono timide, la differenza tra Driadi e Amadriadi sta nel fatto che le prime vengono a mancare quando un albero muore e le seconde possono allontanarsi.

Fate del Fuoco
si mostrano tra le fiamme, scintille e lampi. Si dividono in due tipi: Fiammelle e Salamandre. Le Fiammelle sono delle sfere infuocate e senza di loro il fuoco non può esistere; le salamandre sono creature snelle e sinuose e si trovano vicino ai vulcani o località vulcaniche.

Le feste delle fate sono: 1 febbraio, 1 Maggio, 1 Aprile, 1 Agosto, 25 marzo, Vigilia di Ognissanti, 23 Giugno, natale, Vigilia di natale, Notte di capodanno, 1 gennaio, pentecoste, solstizio di primavera, 21 Giugno, 23 Settembre e 21 Dicembre.

thebluefairybymorbidiam



Letteratura



Le fate sembrano ereditare i loro poteri ed il loro aspetto da alcuni personaggi della mitologia classica, ovvero principalmente dalle ninfe e dalle Parche. Come le ninfe, esse sono spiriti naturali che hanno sembianze di fanciulla; come le Parche presiedono al destino dell'uomo, dispensando vizi o virtù.

Le prime fate appaiono nel medioevo come proiezione delle antiche ninfe, ma vengono per la prima volta ufficializzate verso la fine del medioevo e prendono l'aspetto classico delle dame dell'epoca, che indossavano ingombranti copricapi conici (hennin) e lunghi abiti colorati. Man mano venne attribuita loro la verga (bacchetta) magica che possiamo ritrovare anche nell'Odissea (Circe).

Successivamente ogni fiabista ha aggiunto particolari al loro carattere. Uno spaccato di come sono le fate lo troviamo ne La bella addormentata sia di Perrault sia dei fratelli Grimm ed ancora in Pinocchio, dove alla Fata turchina viene ufficialmente assegnato il colore blu, colore del sovrannaturale e della magia.

Fondamentalmente l'assonanza ha portato ad associare la fata alla fairy inglese e celtica (presenti in alcune commedie dello stesso William Shakespeare), ovvero ad alcuni esponenti del piccolo popolo piccoli e con le alucce, malgrado che - secondo molti - con questi ultimi non abbiano assolutamente a che fare; la differenza sostanziale consisterebbe nel fatto che le fate vogliono interagire con gli umani, mentre le fairies preferiscono rimanere invisibili all'occhio umano.

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Fonte: La storia delle fata

Edited by chiara53 - 4/5/2018, 18:40
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 27/4/2010, 12:25




feniceenice




Eppure, quale altro nome dare a questa fiamma che risuscita
come la Fenice dalla propria fiamma, a questo bisogno di ritrovare la sera
il volto e il corpo che abbiamo lasciato al mattino?

*Marguerite Yourcenar, "L'Opera al nero"



phoenixd



"che la fenice more e poi rinasce,
quando al cinquecentesimo appressa
erba né biada in sua vita non pasce,
ma sol d'incenso lacrima e d'amomo,
e nardo e mirra son l'ultime fasce."
*
*(Inferno XXIV, 107-111).



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Le Origini



La Fenice, o Phoenix, è un favoloso uccello, dotato di longevità e caratterizzato dal suo potere di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte. Esso simboleggia così i cicli di morte e risurrezione. Georges Cuvier (1769-1832) ha visto in lui il fagiano dorato (Chrysolophus pictus). È stato anche identificato con l'uccello del paradiso.
Degli uccelli favolosi ugualmente chiamati Fenice si trovano nella mitologia cinese (fenghuang) e persiana (simurgh).

La prima menzione della Fenice si trova in Esiodo, il primo poeta greco del quale possediamo notizie storiche. Ecco i versetti dell'enigmatico frammento 50:

Di nove uomini forti così la ciarliera cornacchia
vive la vita; il cervo di quattro cornacchie, e il corvo
diventa vecchio quanto tre cervi. La fenice, poi, vive
per nove corvi; per dieci fenici viviamo noi Ninfe,
ricciole belle, figlie di Giove dell’egida sire.


Erodoto è il primo a fornire una versione dettagliata del mito e ne parla nel secondo libro delle sue Storie, quello dedicato all’Egitto:
II,73. “C’è anche un altro uccello sacro che si chiama fenice. Io non l’ho mai visto, se non dipinto; poiché, tra l’altro, compare tra loro soltanto raramente: ogni 500 anni, come affermano i sacerdoti di Eliopoli; e si fa vedere, dicono, quando gli sia morto il padre.
“Per dimensioni e per forma, se è come lo si dipinge, è così: le penne della chioma sono color oro, le altre sono rosse; soprattutto esso è molto somigliante all’aquila per forma e dimensioni. Dicono che esso compia un’impresa di questo genere: cioè, partendo dall’Arabia, porta nel tempio del sole il padre, tutto avvolto nella mirra, e lo seppellisce nel santuario del Sole.


“Per trasportarlo farebbe così: prima di tutto, dicono, impasta con la mirra un uovo grande quanto le forze gli permettono di portarlo; poi si prova a tenerlo sollevato e, quando si sia in tal modo allenato, avendo svuotato l’interno dell’uovo, vi introduce suo padre. Quindi con altra mirra spalma la parte per la quale ha praticato lo svuotamento e introdotto il padre, di modo che, essendovi quello dentro, si ristabilisce il peso di prima; avendolo dunque così avvolto, lo trasporta in Egitto nel santuario del Sole. Ecco quanto raccontano di questo uccello.”
(traduzione di Luigi Annibaletto, 1956)

Erodoto, che probabilmente trae le sue informazioni dall'Hecataeus di Mileto, descrive la Fenice come un vero e proprio uccello che si assimila a Bennu, un uccello sacro d'Egitto. Bennu è una manifestazione del dio Ra e il dio Osiride. Il suo canto è così splendido da far incantare anche le divinità ma la sua caratteristica principale è quella di poter vivere molti secoli, addirittura cinque, per poi morire in un bellissimo falò da cui rinascerà subito dopo. Gli antichi egizi furono i primi a parlare della Fenice come del Bennu, nome che deriverebbe dal verbo “benu” che significa risplendere, sorgere o librarsi in volo). I testi delle piramidi parlano di un uccello simile ad un airone comparso sulla prima collina emersa dalle acque primordiali e pure nella restante tradizione non si fa riferimento alla sua immortalità.

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Le Fenice Cristiana



Il mitico uccello evoca, elegantemente, il fuoco creatore e distruttore. Come il sole, il fuoco simboleggia l'azione fecondante che consumandosi purifica e consente la rigenerazione. Lucifero, il "portatore di luce" precipitato nell'inferno, incarna il fuoco che non si consuma ed esclude la rigenerazione. Al contrario, alla fenice aderisce il simbolismo del fuoco e dei riti iniziatici di morte e di rinascita.
In alcuni riti di cremazione il fuoco è anche considerato come un veicolo: il messaggero dal mondo dei vivi a quello dei morti. Allo stesso modo, la fenice è spesso una stella che indica la sua natura celeste e la vita nell'altro mondo.
GrifoneIl Medio Evo ha visto nella Fenice il simbolo della risurrezione di Cristo

Dobbiamo ricordare che anche il grifone è una rappresentazione di Cristo e deriva dal fatto che è un animale terrestre (corpo di leone) e di aria (ali di uccello). La parte terrestre rappresenta il corpo di Cristo e la Sua presenza sulla Terra tra gli uomini e la parte aerea rappresenta la spiritualità di Dio.

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La morte e la resurrezione



Dopo aver vissuto per 500 anni, la Fenice, sentendo sopraggiungere la sua morte, si ritirava in un luogo appartato e costruiva un nido sulla cima di una quercia o di una palma.

Qui accatastava ramoscelli di mirto, incenso, sandalo, legno di cedro, cannella, spigonardo, mirra e le più pregiate piante balsamiche, con le quali intrecciava un nido a forma di uovo — grande quanto era in grado di trasportarlo (cosa che stabiliva per prove ed errori). Infine vi si adagiava, lasciava che i raggi del sole l'incendiassero, e si lasciava consumare dalle sue stesse fiamme mentre cantava una canzone di rara bellezza.

Per via della cannella e della mirra che bruciano, la morte di una fenice è spesso accompagnata da un gradevole profumo. Dal cumulo di cenere emergeva poi una piccola larva (o un uovo), che i raggi solari facevano crescere rapidamente fino a trasformarla nella nuova Fenice nell'arco di tre giorni (Plinio semplifica dicendo "entro la fine del giorno"), dopodiché la nuova Fenice, giovane e potente, volava ad Heliopolis e si posava sopra l'albero sacro,
«cantando così divinamente da incantare lo stesso Ra»
Si dice anche che dalla gola della Fenice giunse il soffio della vita (il Suono divino, la Musica) che animò il dio Shu.

Ma nella antica tradizione riportata da Erodoto, la fenice risorge ogni 500 anni, come riportato da Cheremone, filosofo stoico iniziato ai misteri egizi che parla di un periodo solstiziale, da Orapollo vissuto sotto Zenone (474-491) che -come sappiamo dal lessico Suida - diresse la scuola egizia a Menouthis, presso Alessandria, da Eliano di Preneste; la rinascita della fenice cela per tutti questi autori un periodo astronomico connesso alla resurrezione di Osiride. Già nel Capitolo 125 del Libro dei Morti, Osiride afferma di rinascere come fenice nella città di On (Heliopolis) sede di miti cosmologici; contestualmente, infatti, Osiride si identifica con il Duplice Leone nei nomi di Ieri e Domani, ovvero Osiride e Ra, simbolo esoterico preposto alle rinascite dei cicli solari[1]. Orapollo palesa senza veli che la fenice è una delle manifestazioni del sole <dai molti occhi> come interpretato da Sbordone che riporta una grafia tarda del nome di Osiride costituita da un occhio e uno scettro. Da qui l'occhio della fenice inteso come l'illuminazione consapevole di Osiride che - sempre secondo Orapollo - rinascendo incarna <il rinnovamento ciclico degli astri> , intrinseco alla fiamma del <periodo solstiziale> della fenice riportato in un frammento di Cheremone.

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La Fenice oggi



Molti storici si domandano se sia esistita la Fenice, facendo riferimento alle opere dei poeti romani, considerandola nulla di più di un prodotto della fantasia dei seguaci del Dio-Sole. Alcuni, tuttavia, credono che il mito possa essere basato sull'esistenza di un vero uccello che viveva nella regione allora governata dagli Assiri.

Gli antichi la identificavano col fagiano dorato, tanto che un imperatore romano si vantò di averne catturato uno.

Nella Bibbia, con l'ibis o col pavone; altri, con l'airone rosato o l'airone cinereo — basandosi sull'abitudine degli antichi egizi di festeggiare il ritorno del primo airone cinereo sopra il salice sacro di Heliopolis, considerato evento di buon auspicio, di gioia e di speranza.

Il volatile più idoneo a rappresentarla è la Garzetta: uccello simile all'airone, di cui numerosi esemplari vennero sterminati solo poiché i loro ciuffi costituivano le "aigrettes" usate per confezionare i pennacchi coi quali si adornavano le dive. Come l'airone che spiccava il volo sembrava mimare il sorgere del sole dall'acqua, la Fenice venne associata col sole e rappresentava il BA ("l'anima") del dio del sole Ra , di cui era l'emblema — tanto che nel tardo periodo il geroglifico del Bennu veniva impiegato per rappresentare direttamente Ra.


Flame_Phoenix


fagiano dorato rosso





Fonte: www.tanogabo.it

Edited by chiara53 - 4/5/2018, 18:42
 
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centauroentauro




Simbolo dell'ira e della bestialità, le creature
mezzi uomini e mezzi cavalli sono,
una delle figure mitologiche
più amate dalla cultura popolare.



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"e tra 'l piè de la ripa ed essa, in traccia
corrien centauri, armati di saette,
come solien nel mondo andare a caccia.."
*
*(Inferno XXII, 57).



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Le origini



Che nella storia dell’umanità l’ammaestramento di un animale come il cavallo abbia avuto grande importanza, non v’è dubbio. Il nobile animale è una figura familiare a noi uomini moderni, tanto quanto lo era per i nostri avi, e questo ci porta indietro nel tempo fino alle palme dei Giardini pensili di Babilonia, all'ombra delle Piramidi, fra i bianchi marmi dell’Acropoli di Atene, o agli albori dell’Impero Romano.
Proviamo a fare uno sforzo d’immaginazione: che reazione avremmo se vedessimo per la prima volta nella nostra vita un uomo a cavallo? Moderni come siamo, finiremmo per giudicare l’animale come un alieno, o un esperimento genetico sfuggito dai laboratori segreti di chissà quale governo. Fossimo un tantino superstiziosi, probabilmente giudicheremmo l’equino una creatura sovrannaturale, e il suo cavaliere come un essere divino. Più o meno è stata questa la reazione avuta dagli Aztechi di Montezuma II quando nella primavera del 1519, ebbero per la prima volta notizie dello sbarco di Hernan Cortés e della sua armata di Conquistadores.
E qualcosa del genere dev’essere accaduto agli abitanti degli aspri pendii del Peloponneso (Grecia) nel II millennio a.C., quando videro per la prima volta i propri villaggi razziati da selvagge popolazioni nomadi provenienti dall’Epiro e dalla Tessaglia a nord.
Di razzie si trattava, quindi un po’ di confusione fra cavalcatura e cavaliere ci dev’essere stata. Nacque così, perso fra le nebbie dei miti greci pre-ellennici, la figura del centauro.


centaur



Il centauro e la mitologia greca



Il centauro è una creatura arcana presente nella mitologia greca, ha le sembianze umane nella parte superiore del corpo e di cavallo in quella inferiore; essi vivevano principalmente in Tessaglia. Discendono dal figlio di Apollo, Centauro e Stilbe e rappresentavano i pregi e i difetti del genere umano portati ai massimi livelli.

I Centauri, nell’arte romana, sono raffigurati all’interno di Pompei nella "Casa del Centauro", mentre nell’arte cristiana medievale, essi simboleggiano la natura selvaggia dell’uomo; all’immagine del Centauro era associata quella dell’eretico a causa della dissociazione delle sue parti anatomiche che lo rendeva equivoco, per metà cristiano e per l’altra metà pagano. La mitologia, da quella greca a quella medioevale, presenta queste creature estremamente sagge altre come esseri capaci di indicibili crudeltà.

I Centauri sono violenti, ma non tutti erano così, per esempio il Centauro Chirone, figlio di Crono e di una figlia d’Oceano, era amico degli uomini e insegnava loro le arti della guarigione, della caccia e della musica.

Chirone viene indicato come il maestro di molti eroi. A lui Peleo affidò l’educazione di Achille, al quale il centauro salvò la vita: al piccolo fu sostituito l’osso di un piede, marcito a causa di un rito sbagliato dalla madre, la ninfa Teti. Ma alla scuola di Chirone, in pratica il primo pedagogo della storia, passarono i Dioscuri, Teseo, Diomede, Giasone, e il più grande medico di tutti i tempi, Asclepio.
Inutile dire che Chirone godesse di grande rispetto fra gli uomini, e molti erano coloro che si recavano alla sua grotta per chiedergli consiglio.
Durante un combattimento con altri Centauri, una delle frecce avvelenare di Eracle colpì accidentalmente Chirone che era immortale, per paura di soffrire in eterno, Chirone chiese a Zeus di farlo morire. Zeus, offrì la sua immortalità a Prometeo e, per pietà, pose Chirone in cielo come costellazione del Sagittario, l’arciere, nono segno dello Zodiaco.


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"Ercole e il Centauro Nesso" - Giambologna, Firenze, Loggia dei Lanzi.



La Centauromachia



La più famosa leggenda che coinvolge i Lapiti è quella della loro battaglia contro i Centauri in occasione della festa nuziale di Piritoo, la cosiddetta "Centauromachia". I Centauri erano stati invitati ai festeggiamenti ma, non essendo abituati al vino, ben presto si ubriacarono, dando sfogo al lato più selvaggio della loro natura. Quando la sposa Ippodamia ("colei che doma i cavalli") arrivò per accogliere gli ospiti il centauro Euritione balzò su di lei e tentò di stuprarla. In un attimo anche tutti gli altri centauri si lanciarono addosso alle donne ed ai fanciulli. Naturalmente scoppiò una battaglia nella quale anche l’eroe Teseo, amico di Piritoo, intervenne in aiuto dei Lapiti. I centauri furono alla fine sconfitti e scacciati dalla Tessaglia e ad Euritione furono mozzati naso ed orecchie. Durante lo scontro cadde però il Lapite Ceneo.

Ceneo, uno tra i Lapiti più famosi, originariamente era una ragazza di nome Ceni ed era la favorita di Poseidone che, per esaudire una sua supplica, la trasformò in un uomo rendendola un guerriero invulnerabile. Donne guerriere di questo tipo, a stento distinguibili dagli uomini, erano comuni tra i cavalieri Sciti e furono ancora presenti nella tradizione albanese. Nel corso della battaglia contro i Centauri Ceneo si era dimostrato invulnerabile ancora una volta, finché i Centauri non decisero semplicemente di schiacciarlo con dei massi e dei tronchi d’albero: a quel punto egli sprofondò ancora apparentemente illeso nelle profondità della terra, dalle quali riemerse trasformato in un uccellino.

Quando l’interpretazione dei miti greci cominciò ad essere mediata dall’influenza del pensiero filosofico, la battaglia tra Lapiti e Centauri fu vista come un’allegoria della lotta interiore tra gli istinti selvaggi dell’uomo e l’educazione basata sulla civiltà, rappresentata dalla giusta comprensione da parte dei Lapiti dell’uso che andava fatto del vino donato dagli dei, che deve essere allungato con acqua e bevuto senza abbandonarsi agli eccessi. Gli scultori Greci della scuola di Fidia concepirono questa battaglia come una lotta tra l’umanità e dei mostri maligni che simbolicamente rappresentava il conflitto tra la civile Grecia e i barbari dell’ Impero Persiano. La battaglia tra Lapiti e Centauri fu rappresentata sulle sculture dei fregi che decoravano il Partenone, per richiamare il reciproco rispetto e l’alleanza tra l’ ateniese Teseo e il Lapite Piritoo, nonché su quelle del tempio di Zeus ad Olimpia. Fu inoltre un tema estremamente popolare per i decoratori di di vasellame.


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Piero di Cosimo - Centauromachia



Il centauro e il medioevo



Nella cornice della conoscenza codificata dalla legge dello spirito medievale, quegli stessi animali fantastici che già da tempo convivevano con l'umanità, entrano in una fase di nuove fortune in età romanica.

Il centauro, ad esempio, combinazione di uomo e di cavallo (semicaballus homo), con dorso umano e posteriore equino, sarebbe stato partorito dall’immaginazione dei poeti e poi plasmato dall’ingegno degli artisti dell'antica Grecia, che lo hanno creduto originario dei monti della Tessaglia. Qui viveva, secondo gli autori antichi, tutto un popolo di centauri poi sterminato dai loro più acerrimi nemici, i Lapiti.

Indipendentemente dalla poesia omerica (Odissea ed Iliade), virgiliana (Eneide) e ovidiana (Metamorfosi) e dalla favola greca, il centauro godeva presso gli Antichi di ottima reputazione perché metteva al servizio dell'uomo le principali qualità di cui il cavallo è la sintesi: la forza e la velocità. Nell'arte etrusca, queste qualità saranno poi tipiche non solo del cavallo, ma anche dei cervi e dei cani. Bronzi etruschi riproducono spesso nelle forme il mito del centauro dal dorso umano innestato in un posteriore di quadrupede, il cervo o il cane.

Se al centauro furono attribuite nel mondo antico qualità positive messe al servizio dell’intelligenza umana, d'altra parte, fu travolto da un capovolgimento di valori simbolici individuati nell'orgoglio richiamato della testa umana, dalla lussuria richiamata dal busto, dalla cupidigia richiamata dalle mani. E' noto inoltre come fra i pagani il centauro fosse considerato un genio, un demone del mondo inferiore.

Per gli antichi greci, il centauro godette di un privilegio che non fu esclusivo dell'aquila: quello di psicagogo, cioè di conduttore di anime verso plaghe celesti divine e felici. Per questo, con l'avvento del Cristianesimo, il centauro pretese un posto di tutto rispetto nella fauna emblematica che si richiamava a Cristo salvatore.

In ragione della sua fluttuante simbologia e delle variazioni anatomiche combinantesi in onocentauro o in leontocentauro e spesso sessualmente indefinibili, la rappresentazione del centauro fu pressocché esclusa dall'iconografia nei secoli prima del Mille. Solo nei primi secoli del secondo millennio, essa fu recuperata all'arte dall'intuizione dei monaci che videro nel centauro l'allegoria della doppia natura di Cristo: l'umana e la divina. La prima, in virtù delle quattro zampe che legano il centauro alla terra; la seconda, in virtù del testo del Genesi: «Dio creò l'uomo a propria immagine e somiglianza». Ma il cristianesimo ereditò anche la cattiva reputazione che fece del centauro il simbolo delle passioni più basse tanto da identificarlo con Satana. Nel IV secolo San Basilio vide nel centauro la figura del demonio. Simbolo della sensualità sfrenata e della cieca violenza, l'ibrido animale, dipinto da Giotto in Assisi, rappresentava il trionfo di san Francesco sulle passioni.

Nessuna pietà per la centaura, voluttuosa e seduttrice perfida che più tardi Dante piazzerà nell'Inferno assieme a tutti gli altri suoi soci, Chirone incluso, come giustizieri delle persone che hanno usato violenza verso il prossimo. Dante li descrive come esseri veloci e possenti che vanno in cerca di dannati indisciplinati, sempre pronti a tirare le loro infallibili saette e che riassumono tutto il senso implicito della crudeltà e dell'orrore dei dannati. Sono feroci esecutori della giustizia divina ma soprattutto, raffigurano il mito antico della morte vendicata, della feroce violenza nelle risse e l'intelligenza al servizio della crudeltà.

Lo mio maestro disse: "La risposta
farem noi a Chirón costà di presso:
mal fu la voglia tua sempre sì tosta".
Poi mi tentò, e disse: "Quelli è Nesso,
che morì per la bella Deianira,
e fé di sé la vendetta elli stesso.
E quel di mezzo, ch'al petto si mira,
è il gran Chirón, il qual nodrì Achille;
quell'altro è Folo, che fu sì pien d'ira


Inferno, canto XII, 65-71.
.


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Seduzione, voluttà, lussuria, omosessualità sono per la coscienza collettiva del Medioevo i peccati più gravi di cui è gravida la centaura o il centauro e per i quali le facoltà dell'intelletto sono annientate dalla bestialità. Pertanto, la matura consapevolezza di realtà ed immagini sconcertanti, composte secondo guise disordinate e deformi di tratti umani e animali, fu evidenziata dalle decorazioni scultoree che costituirono la sintesi insuperabile del pensiero della Chiesa: significativi richiami alla centralità dell'uomo. In questo compiuto sistema didattico che mirava alla distinzione dell'uomo e alla sua separazione dal mondo inferiore, bestiale, si realizzava un compiuto sistema di potere la cui insegna visualizzante non era altro che l’interpretazione delle sue richieste. L’artista fu uno strumento di questo potere: strumento di formazione di una ideologia che calava dall'alto ad organizzare il consenso. La sua funzione essenziale fu quella di dare forma, attraverso l’arte, a richieste che gli giungevano da altri senza rifiutarla.


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Centauri di carta e celluloide



Il fascino dei centauri, specie per il loro rapporto privilegiato con le stelle e la divinazione del futuro, ha regalato loro un posto al sole nella moderna letteratura fantasy.
In molti casi i centauri letterari sono attorniati da un alone di misticismo, e viene sottolineato il loro legame con la Natura dovuto alla doppia natura uomo-animale, sono, insomma, più simili al buon Chirone.
Meritano una menzione d’onore i centauri delle Cronache di Narnia di C.S. Lewis, coraggiosi guerrieri nell’esercito del leone Aslan. Oreius, il generale, è proprio un centauro saggio, leale e grande maestro nell’arte della guerra.
Nella saga di Harry Potter di J.K. Rowling, i centauri hanno doti divinatorie e sono in grado di prevedere il mutevole futuro con lo studio delle stelle. Sono una razza orgogliosa delle proprie tradizioni e gelosa del proprio sapere. Soffrono, ma anche un po’ ricambiano, l’atteggiamento razzista che molti maghi hanno nei loro confronti.

centauro





Fonte: misteri.esoterya

Edited by chiara53 - 4/5/2018, 18:43
 
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