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| | entauro Simbolo dell'ira e della bestialità, le creature mezzi uomini e mezzi cavalli sono, una delle figure mitologiche più amate dalla cultura popolare.
"e tra 'l piè de la ripa ed essa, in traccia corrien centauri, armati di saette, come solien nel mondo andare a caccia.." * *(Inferno XXII, 57). Le origini Che nella storia dell’umanità l’ammaestramento di un animale come il cavallo abbia avuto grande importanza, non v’è dubbio. Il nobile animale è una figura familiare a noi uomini moderni, tanto quanto lo era per i nostri avi, e questo ci porta indietro nel tempo fino alle palme dei Giardini pensili di Babilonia, all'ombra delle Piramidi, fra i bianchi marmi dell’Acropoli di Atene, o agli albori dell’Impero Romano. Proviamo a fare uno sforzo d’immaginazione: che reazione avremmo se vedessimo per la prima volta nella nostra vita un uomo a cavallo? Moderni come siamo, finiremmo per giudicare l’animale come un alieno, o un esperimento genetico sfuggito dai laboratori segreti di chissà quale governo. Fossimo un tantino superstiziosi, probabilmente giudicheremmo l’equino una creatura sovrannaturale, e il suo cavaliere come un essere divino. Più o meno è stata questa la reazione avuta dagli Aztechi di Montezuma II quando nella primavera del 1519, ebbero per la prima volta notizie dello sbarco di Hernan Cortés e della sua armata di Conquistadores. E qualcosa del genere dev’essere accaduto agli abitanti degli aspri pendii del Peloponneso (Grecia) nel II millennio a.C., quando videro per la prima volta i propri villaggi razziati da selvagge popolazioni nomadi provenienti dall’Epiro e dalla Tessaglia a nord. Di razzie si trattava, quindi un po’ di confusione fra cavalcatura e cavaliere ci dev’essere stata. Nacque così, perso fra le nebbie dei miti greci pre-ellennici, la figura del centauro.
Il centauro e la mitologia greca Il centauro è una creatura arcana presente nella mitologia greca, ha le sembianze umane nella parte superiore del corpo e di cavallo in quella inferiore; essi vivevano principalmente in Tessaglia. Discendono dal figlio di Apollo, Centauro e Stilbe e rappresentavano i pregi e i difetti del genere umano portati ai massimi livelli.
I Centauri, nell’arte romana, sono raffigurati all’interno di Pompei nella "Casa del Centauro", mentre nell’arte cristiana medievale, essi simboleggiano la natura selvaggia dell’uomo; all’immagine del Centauro era associata quella dell’eretico a causa della dissociazione delle sue parti anatomiche che lo rendeva equivoco, per metà cristiano e per l’altra metà pagano. La mitologia, da quella greca a quella medioevale, presenta queste creature estremamente sagge altre come esseri capaci di indicibili crudeltà.
I Centauri sono violenti, ma non tutti erano così, per esempio il Centauro Chirone, figlio di Crono e di una figlia d’Oceano, era amico degli uomini e insegnava loro le arti della guarigione, della caccia e della musica.
Chirone viene indicato come il maestro di molti eroi. A lui Peleo affidò l’educazione di Achille, al quale il centauro salvò la vita: al piccolo fu sostituito l’osso di un piede, marcito a causa di un rito sbagliato dalla madre, la ninfa Teti. Ma alla scuola di Chirone, in pratica il primo pedagogo della storia, passarono i Dioscuri, Teseo, Diomede, Giasone, e il più grande medico di tutti i tempi, Asclepio. Inutile dire che Chirone godesse di grande rispetto fra gli uomini, e molti erano coloro che si recavano alla sua grotta per chiedergli consiglio. Durante un combattimento con altri Centauri, una delle frecce avvelenare di Eracle colpì accidentalmente Chirone che era immortale, per paura di soffrire in eterno, Chirone chiese a Zeus di farlo morire. Zeus, offrì la sua immortalità a Prometeo e, per pietà, pose Chirone in cielo come costellazione del Sagittario, l’arciere, nono segno dello Zodiaco. "Ercole e il Centauro Nesso" - Giambologna, Firenze, Loggia dei Lanzi.
La Centauromachia La più famosa leggenda che coinvolge i Lapiti è quella della loro battaglia contro i Centauri in occasione della festa nuziale di Piritoo, la cosiddetta "Centauromachia". I Centauri erano stati invitati ai festeggiamenti ma, non essendo abituati al vino, ben presto si ubriacarono, dando sfogo al lato più selvaggio della loro natura. Quando la sposa Ippodamia ("colei che doma i cavalli") arrivò per accogliere gli ospiti il centauro Euritione balzò su di lei e tentò di stuprarla. In un attimo anche tutti gli altri centauri si lanciarono addosso alle donne ed ai fanciulli. Naturalmente scoppiò una battaglia nella quale anche l’eroe Teseo, amico di Piritoo, intervenne in aiuto dei Lapiti. I centauri furono alla fine sconfitti e scacciati dalla Tessaglia e ad Euritione furono mozzati naso ed orecchie. Durante lo scontro cadde però il Lapite Ceneo.
Ceneo, uno tra i Lapiti più famosi, originariamente era una ragazza di nome Ceni ed era la favorita di Poseidone che, per esaudire una sua supplica, la trasformò in un uomo rendendola un guerriero invulnerabile. Donne guerriere di questo tipo, a stento distinguibili dagli uomini, erano comuni tra i cavalieri Sciti e furono ancora presenti nella tradizione albanese. Nel corso della battaglia contro i Centauri Ceneo si era dimostrato invulnerabile ancora una volta, finché i Centauri non decisero semplicemente di schiacciarlo con dei massi e dei tronchi d’albero: a quel punto egli sprofondò ancora apparentemente illeso nelle profondità della terra, dalle quali riemerse trasformato in un uccellino.
Quando l’interpretazione dei miti greci cominciò ad essere mediata dall’influenza del pensiero filosofico, la battaglia tra Lapiti e Centauri fu vista come un’allegoria della lotta interiore tra gli istinti selvaggi dell’uomo e l’educazione basata sulla civiltà, rappresentata dalla giusta comprensione da parte dei Lapiti dell’uso che andava fatto del vino donato dagli dei, che deve essere allungato con acqua e bevuto senza abbandonarsi agli eccessi. Gli scultori Greci della scuola di Fidia concepirono questa battaglia come una lotta tra l’umanità e dei mostri maligni che simbolicamente rappresentava il conflitto tra la civile Grecia e i barbari dell’ Impero Persiano. La battaglia tra Lapiti e Centauri fu rappresentata sulle sculture dei fregi che decoravano il Partenone, per richiamare il reciproco rispetto e l’alleanza tra l’ ateniese Teseo e il Lapite Piritoo, nonché su quelle del tempio di Zeus ad Olimpia. Fu inoltre un tema estremamente popolare per i decoratori di di vasellame. Piero di Cosimo - Centauromachia
Il centauro e il medioevo Nella cornice della conoscenza codificata dalla legge dello spirito medievale, quegli stessi animali fantastici che già da tempo convivevano con l'umanità, entrano in una fase di nuove fortune in età romanica.
Il centauro, ad esempio, combinazione di uomo e di cavallo (semicaballus homo), con dorso umano e posteriore equino, sarebbe stato partorito dall’immaginazione dei poeti e poi plasmato dall’ingegno degli artisti dell'antica Grecia, che lo hanno creduto originario dei monti della Tessaglia. Qui viveva, secondo gli autori antichi, tutto un popolo di centauri poi sterminato dai loro più acerrimi nemici, i Lapiti.
Indipendentemente dalla poesia omerica (Odissea ed Iliade), virgiliana (Eneide) e ovidiana (Metamorfosi) e dalla favola greca, il centauro godeva presso gli Antichi di ottima reputazione perché metteva al servizio dell'uomo le principali qualità di cui il cavallo è la sintesi: la forza e la velocità. Nell'arte etrusca, queste qualità saranno poi tipiche non solo del cavallo, ma anche dei cervi e dei cani. Bronzi etruschi riproducono spesso nelle forme il mito del centauro dal dorso umano innestato in un posteriore di quadrupede, il cervo o il cane.
Se al centauro furono attribuite nel mondo antico qualità positive messe al servizio dell’intelligenza umana, d'altra parte, fu travolto da un capovolgimento di valori simbolici individuati nell'orgoglio richiamato della testa umana, dalla lussuria richiamata dal busto, dalla cupidigia richiamata dalle mani. E' noto inoltre come fra i pagani il centauro fosse considerato un genio, un demone del mondo inferiore.
Per gli antichi greci, il centauro godette di un privilegio che non fu esclusivo dell'aquila: quello di psicagogo, cioè di conduttore di anime verso plaghe celesti divine e felici. Per questo, con l'avvento del Cristianesimo, il centauro pretese un posto di tutto rispetto nella fauna emblematica che si richiamava a Cristo salvatore.
In ragione della sua fluttuante simbologia e delle variazioni anatomiche combinantesi in onocentauro o in leontocentauro e spesso sessualmente indefinibili, la rappresentazione del centauro fu pressocché esclusa dall'iconografia nei secoli prima del Mille. Solo nei primi secoli del secondo millennio, essa fu recuperata all'arte dall'intuizione dei monaci che videro nel centauro l'allegoria della doppia natura di Cristo: l'umana e la divina. La prima, in virtù delle quattro zampe che legano il centauro alla terra; la seconda, in virtù del testo del Genesi: «Dio creò l'uomo a propria immagine e somiglianza». Ma il cristianesimo ereditò anche la cattiva reputazione che fece del centauro il simbolo delle passioni più basse tanto da identificarlo con Satana. Nel IV secolo San Basilio vide nel centauro la figura del demonio. Simbolo della sensualità sfrenata e della cieca violenza, l'ibrido animale, dipinto da Giotto in Assisi, rappresentava il trionfo di san Francesco sulle passioni.
Nessuna pietà per la centaura, voluttuosa e seduttrice perfida che più tardi Dante piazzerà nell'Inferno assieme a tutti gli altri suoi soci, Chirone incluso, come giustizieri delle persone che hanno usato violenza verso il prossimo. Dante li descrive come esseri veloci e possenti che vanno in cerca di dannati indisciplinati, sempre pronti a tirare le loro infallibili saette e che riassumono tutto il senso implicito della crudeltà e dell'orrore dei dannati. Sono feroci esecutori della giustizia divina ma soprattutto, raffigurano il mito antico della morte vendicata, della feroce violenza nelle risse e l'intelligenza al servizio della crudeltà.
Lo mio maestro disse: "La risposta farem noi a Chirón costà di presso: mal fu la voglia tua sempre sì tosta". Poi mi tentò, e disse: "Quelli è Nesso, che morì per la bella Deianira, e fé di sé la vendetta elli stesso. E quel di mezzo, ch'al petto si mira, è il gran Chirón, il qual nodrì Achille; quell'altro è Folo, che fu sì pien d'ira
Inferno, canto XII, 65-71. .
Seduzione, voluttà, lussuria, omosessualità sono per la coscienza collettiva del Medioevo i peccati più gravi di cui è gravida la centaura o il centauro e per i quali le facoltà dell'intelletto sono annientate dalla bestialità. Pertanto, la matura consapevolezza di realtà ed immagini sconcertanti, composte secondo guise disordinate e deformi di tratti umani e animali, fu evidenziata dalle decorazioni scultoree che costituirono la sintesi insuperabile del pensiero della Chiesa: significativi richiami alla centralità dell'uomo. In questo compiuto sistema didattico che mirava alla distinzione dell'uomo e alla sua separazione dal mondo inferiore, bestiale, si realizzava un compiuto sistema di potere la cui insegna visualizzante non era altro che l’interpretazione delle sue richieste. L’artista fu uno strumento di questo potere: strumento di formazione di una ideologia che calava dall'alto ad organizzare il consenso. La sua funzione essenziale fu quella di dare forma, attraverso l’arte, a richieste che gli giungevano da altri senza rifiutarla.
Centauri di carta e celluloide Il fascino dei centauri, specie per il loro rapporto privilegiato con le stelle e la divinazione del futuro, ha regalato loro un posto al sole nella moderna letteratura fantasy. In molti casi i centauri letterari sono attorniati da un alone di misticismo, e viene sottolineato il loro legame con la Natura dovuto alla doppia natura uomo-animale, sono, insomma, più simili al buon Chirone. Meritano una menzione d’onore i centauri delle Cronache di Narnia di C.S. Lewis, coraggiosi guerrieri nell’esercito del leone Aslan. Oreius, il generale, è proprio un centauro saggio, leale e grande maestro nell’arte della guerra. Nella saga di Harry Potter di J.K. Rowling, i centauri hanno doti divinatorie e sono in grado di prevedere il mutevole futuro con lo studio delle stelle. Sono una razza orgogliosa delle proprie tradizioni e gelosa del proprio sapere. Soffrono, ma anche un po’ ricambiano, l’atteggiamento razzista che molti maghi hanno nei loro confronti.
Fonte: misteri.esoteryaEdited by chiara53 - 4/5/2018, 18:43
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