Il Calderone di Severus

Creature Magiche

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Ale85LeoSign
view post Posted on 5/3/2009, 22:11




Ehi, Tigre! Col prezioso aiuto di Ary, sto costruendo progressivamente il bestiario. Ma questo non significa assolutamente che vada letto "tutto e subito".
Me l'hai detto tu stessa: il vantaggio di un forum è la possibilità di recuperare messaggi preistorici e "riesumarli". Ma non è questo il caso. Questo è un indice.
Quella creatura magica che interessa, può aprire discussioni, domande, in spazi temporali assolutamente differenti ;)
(oggi devo aver bevuto l'acqua piovana. Vedo di darmi una calmata. )
 
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view post Posted on 5/3/2009, 22:58
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I ♥ Severus


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view post Posted on 7/3/2009, 17:25
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Pozionista abile

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CITAZIONE (Ale85LeoSign @ 2/3/2009, 19:10)
Eleeee! Ma sai che è un'idea favolosa?
SPOILER (click to view)
Ma stai forse diventando masochista come me?

Anche se ci vuole del tempo, che vuoi che sia!
SPOILER (click to view)
Forse quando sarò vecchia avrai finito.

Buon lavoro!
SPOILER (click to view)
Sai com'è, ormai è scritto, fissato e bollato e ti tocca! :P

Giusto per dare una dimostrazione di come saranno "contenuti" i tempi di realizzazione del progetto, Ale, ecco come riesco a rispondere al tuo messaggio di cinque giorni fa solo ora! :lol: :lol: :lol:

SPOILER (click to view)
Magari questa idea non riusciremo addirittura mai ad attuarla ma almeno il pensiero c'è! ;) :P

 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 12/3/2009, 23:52




chimerahimera




"I Greci scrivono della chimera che essa
era una belva terribile e mostruosamente ripugnante
per il suo triplice corpo, in quanto dicono fosse armata
di fiamme che vomitava dalle sue tre teste"

*Liber Monstrum





Il simbolo del cambiamento e della trasformazione, quasi come se nel codice genetico umano fosse inciso il concetto di evoluzione, fin dall'antichità.





Mitologia




Visto che sembra che di questi tempi vada molto di moda la sociologia della canzone, un discorso sulla chimera potrebbe cominciare proprio dalle parole di una di esse, molto celebre, degli Anni Trenta:"Illusione, dolce chimera sei tu...": con l'avvertenza che, a livello puramente esegetico, il senso di dare a questa frase potrebbe benissimo venir rovesciato. L'illusione, certo, è una chimera: ma un'espressione del genere ha senso solo nella misura in cui si è certi che la chimera sia a sua volta un'illusione: nella misura in cui, vogliamo dire, la nostra cultura considera la chimera come il simbolo stesso dell'impossibile.

Per questo senso appunto chimere e sirene erano oggetto abituale della condanna dei mistici medievali: esse appartenevano a quel tipo di difformitates raffigurate sui portali e sui capitelli dei chiostri romanici con le quali se la prendevano i cistercensi: a che cosa servono queste stranezze, questi mostri, se non a turbare il monaco, a eccitarlo, ad allontanarlo dalla meditazione e dalla preghiera?

Ma la chimera resistette agli attacchi degli asceti. Ancora in pieno Rinascimento, forte del rinnovato interesse che grazie alla rivisitazione dell'arte greca e romana si era andato concentrando su di lei, la vediamo trionfare nelle composizioni allegoriche e negli emblemi. La simbologia cristiana continua a guardarla con sospetto in quanto animale mostruoso frutto dell'incrocio fra tre animali sovente presi - specie gli ultimi due - a simbolo demoniaco, cioè il leone, la capra, il serpente. Il suo nome tuttavia si estende a tutte le fiere immaginarie prodotte dall'accostamento di parti di animali diversi, mentre l'emblematica umanistica, reinterpretata dal Rinascimento e dal barocco, ne fa il segno della facoltà oratoria in quanto in essa il leone sarebbe l' aspetto giudiziario che incute paura ai colpevoli, la capra quello dimostrativo in quanto il discorso che serve a dimostrare qualcosa deve vagare libero dove voglia al fine di accedere alle dimostrazioni che gli interessano, il serpente l'aspetto deliberativo in quanto giunge alla conclusione attraverso le spire degli accorgimenti retorici messi in atto per convincere.

MM35_PG34



Nella mitologia col termine Chimera (dal greco Chìmaira, che in latino è diventato Chimæra), viene indicato generalmente una creatura che è composto da parti di animali diversi, e quindi le sue interpretazioni sono molteplici. Tuttavia, la Chimera figlia di Tifone ed Echidna, ha una sua storia e almeno di un paio di interpretazioni precise.
La prima la vuole con la testa di leone, una testa di capra sulla schiena e la coda che termina con una testa di serpente o di drago.
Così la troviamo nell’Iliade, dalla penna (si fa per dire) del leggendario Omero:

"Lione la testa, il petto capra, e drago la coda;
e dalla bocca orrende vampe vomitava di foco"

(Iliade, VI, 223-225 nella traduzione di V.Monti)

La seconda interpretazione vuole il nostro patchwork di creature con tre teste frontali: leone, capra e drago, e la coda sempre di serpente. A quest’ultima versione si ispira il poeta greco Esiodo nel suo Teogonia, fra l'VIII e il VII secolo a.C.
Qualche autore qua e là le attribuisce corpo di donna, specie nei bestiari medievali.
In greco Chìmaira è la capra, che poi è il tratto più caratteristico di questa creatura. Non ci sono infatti componenti caprine in nessuno dei due genitori (qualche volta Tifone ha il corpo di leone).

Gli alchimisti e i sapienti medievali, che se non trovavano simbologie in un animale non credevano alla sua esistenza, spiegano così la Chimera: il leone è i coraggio, il sole, l’estate; il drago, il male; la notte, l’inverno; la capra è la transizione, il crepuscolo, la primavera e l’autunno. In questo senso la Chimera diventa una sorta di simbolo del cambiamento, anche se con un’accezione in genere negativa.
E così la presenza del drago, simbolo del Demonio, ha finito per fare della Chimera una rappresentazione di questo o quel peccato: la perfidia (serpente), la lussuria (capra), la violenza (leone). La sua natura trina la porta a essere una sorta di immagine distorta e negativa della Trinità.




Tipi di Chimere



Secondo la mitologia Greca la Chimera ha la parte posteriore del corpo di capra (Chimera, in greco Khimaira, significa capra) e la parte anteriore di un leone, ha grandi ali di drago, una coda con un serpente e tre teste, di una capra, di un leone e di un drago.

Anche in questo caso si può ben notare come la cultura Medioevale veda questa creatura in maniera molto diversa da quella Greca: ha in comune la testa di leone e quella di capra, però è alata e ha anche una terza testa, quella di drago; da notare che, nonostante la Chimera Greca non avesse la testa di drago sputasse comunque fuoco.
Per quanto riguarda il comportamento della Chimera, , notiamo come siano vicine le due culture, infatti in entrambi i casi, questa bestia è portatrice di sventure e di morte.


Chimera



La Chimera d'Arezzo



Questa polimorfica creatura deve gran parte della sua fama a una scultura davvero importante: la stra-famosa Chimera d’Arezzo. Capolavoro in bronzo dell’arte etrusca, alta circa 80 cm, risale a un’epoca intorno al V-VI secolo a.C.; fu scoperta nel 1553 nella campagna aretina.
Fin da subito il granduca di Toscana Cosimo I de’ Medici la volle per sé e la fece esporre a Palazzo Vecchio. Fu poi portata a Palazzo Pitti, dove Benvenuto Cellini si occupò del restauro.
Oggi si trova nel Palazzo della Crocetta, presso il Museo Archeologico di Firenze.
Se ne possono vedere due copie sempre in bronzo, un tantino più grandi, nelle due fontane di in piazza della Stazione, ad Arezzo

La Chimera d’Arezzo rappresenta la creatura ferita, nell’atto avventarsi sul suo aggressore. La testa di capra è già morente, in concordanza con alcune versioni della leggenda, che volevano invulnerabili solo le parti leonine della Creatura. Pare che all’inizio la statua fu identificata semplicemente con un leone. E secondo la maggior parte degli esperti il restauro della coda è sbagliato: il serpente in origine sibilava verso Bellerofonte o Pegaso, in un gruppo di cui il bronzo faceva con tutta probabilità parte.

Non è escluso, comunque, che potesse essere un’opera a sé stante. L’iscrizione sulla anteriore destra, una dedica al dio etrusco Tinia, sembra attribuirle il carattere di offerta votiva. Tinia è assimilabile al greco Zeus, ma aveva anche in sé simbolismi di cambiamento. Era il dio del sole che nasce e muore, e del tempo che scorre. In questo senso ci si riallaccia alla Chimera come icona della mutazione, della vita che scorre e si evolve.
Naturalmente la nostra cangiante amica, con un aspetto così diabolicamente accattivante, appare in mille forme come doccione, semplice statua, o protagonista della lotta contro prodi cavalieri e santi nelle chiese medievali e rinascimentali di tutta Europa.




Figli della Scienza




Nel Nevada, ci sono pecore ogm con un fegato all’80% umano. Nel Minnesota, ci sono maiali con sangue umano nelle vene. In California ci sono topi con un cervello umano all’1%. E Bob Streiffer, docente di bioetica all’università del Wisconsin, ritiene possibile creare degli «umanzé», scimpanzé con tratti umani capaci di una rudimentale forma di parola.

Benvenuti nel moderno mondo delle chimere, della mitica creatura con la testa del leone, il corpo della capra e la coda del serpente dell’antica Grecia. Una delle nuove frontiere della scienza americana che, al pari, anzi ancora più della clonazione, causa gravi problemi morali. Iniziati una decina di anni fa ma poi temporaneamente abbandonati, questi esperimenti transgenici sono oggi in corso in molti laboratori. Il loro scopo, ha riferito il Washington Post , è studiare come si sviluppano le cellule e gli organi umani trapiantati in creature viventi. E di scoprire così altri segreti della biologia e nuovi farmaci. Talmente avanzate sono le ricerche che il prossimo febbraio l’Accademia nazionale delle scienze proporrà una normativa in merito.

Per Esmail Zanjani della Università di Reno, nel Nevada, le chimere sono uno strumento di progresso indispensabile. Il biologo inietta le cellule staminali umane nei feti delle pecore, ottenendo fegati all’80% umani. E’ convinto che se essi venissero trapiantati nelle persone, il 20% animale sarebbe subito respinto dal sistema immunologico, ma l’altro 80% sarebbe recepito e salverebbe numerose vite. Zanjani critica le società protettrici degli animali e le chiese evangeliche, che si sono coalizzate contro questo tipo di esperimenti - «una strana alleanza» le definisce - prima che l’Accademia delle scienze potesse pronunciarsi.

Irving Weissmann, della Università di Stanford, è il ricercatore che ha iniettato nei cervelli dei topi l’1% del cervello umano. Sostiene che questa percentuale va aumentata «fino al 100%, se necessario», perché gli sembra la strada più sicura per debellare malattie come il morbo di Parkinson o di Gehrig. «La questione morale è seria - ammette -. Ma iniettando cellule nervose malate nel cervello dei topi dovremmo scoprire come contagiano quelle sane e produrre i farmaci per neutralizzarle. Li sperimenteremmo sulle chimere stesse». Weissman ha anche riprodotto nei topi il sistema immunologico umano per combattere l’Aids.

Alcuni scienziati parlano apertamente di «umanizzazione» degli animali, una strada rischiosa denunciata un secolo fa da H.G. Wells nel traumatico romanzo «L’isola del dottor Moreau». Ritengono che si possano iniettare cellule staminali umane in un embrione animale e poi impiantarlo nella chimera. Le cellule, dichiarano, s’integrerebbero in ogni organo, e la chimera diventerebbe un laboratorio vivente. Ma ci sarebbe un pericolo: qualche cellula umana potrebbe finire nell’apparato riproduttivo animale, e uno o più embrioni umani vi si troverebbe intrappolati.
Un’ipotesi agghiacciante.




Fonte: demo.arte.it

Edited by chiara53 - 10/7/2015, 17:34
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 23/3/2009, 11:20




dragovrago




PARTE PRIMA





"Antichi quanto il pensiero umano, la loro origine è l'origine stessa del mito.
Eppure, in un certo senso, c'erano davvero. In un tempo lontanissimo…"






"Il drago possiede la capacità di assumere molte forme, che sono però imperscrutabili. Bisogna partire da qui: da questo drago-caos (o drago-inconscio?) che però è signore degli stati mutevoli dell’essere. Potenzialità ancestrale, il drago avvolge nelle sue spire l’intero cosmo; e non per caso gli antichi geografi raffigurano talvolta l’oceano come un enorme serpente circolare. se può assumere molte forme, ciò dipende dal fatto che egli potenzialmente le possiede e le domina."*

*(J.L. Borghes – M. Guerrero, El libros de loso series imaginarios.)




DemodrasLe Origini del MitoDemodras


Come sia fatto un drago, ormai lo sanno tutti. Dal Fafner del Siegfried di Richard Wagner fino allo Smog dello Hobbit di John Ronald Reuel Tolkien, passando naturalmente per Walt Disney che vi ha immesso alcune tenere varianti, il drago è una specie di grosso coccodrillo verde - ma con varianti e iridescenze tra le scaglie e sotto la pancia - con cresta che parte dalla testa e corre ossea o cartilaginea fino alla coda, quattro corte zampe possentemente artigliate, coda appuntita e sovente a punta di freccia; solitamente ha piccole ma robuste ali membranose da pipistrello, e di rado in occidente - mentre questa è quasi la regola in Cina - porta delle corna; la lingua è naturalmente bifida, e sputa fuoco. Non c'è dubbio che lo si debba considerare un rettile; anzi, il suo corpo è lungo e sinuoso a rammentare -zampe a parte - la sua stretta parentela con il serpente.

Cosi come si presenta adesso, l'animale "fantastico" è il risultato di lunghe, laboriose e non innocenti manipolazioni. In età romana, gli occidentali lo raffiguravano come un serpente senza (o con due, o con quattro) zampe, fornito di corpo spesso più di uccello che di rettile, ma anche di lunga e micidiale coda: importante, questa, perché da Plinio in poi era risaputo che la forza del draco stava anzitutto nella coda, con la quale egli poteva stritolare il suo avversario per eccellenza, l'elefante.

Il bestiario della Westminster Abbey Library , della seconda metà del Duecento, ricorda che il drago, che vive "in India e in Etiopia" , è "il più grande di tutti i serpenti" e lo raffigura con cresta e ali d'uccello, sottolineando che non è tanto il suo veleno quanto la sua lunga coda a renderlo temibile. Le ali di pipistrello gli giungono, in età gotica, dalla Cina che ha del resto diffuso i medesimi organi quali tipici dei demoni; che drago e demonio condividano ali, coda frecciata, artigli non è cosa che possa stupire, visto che dal Genesi all' Apocalisse Satana viene identificato come il "drago rosso" e l'"antico serpente". Quanto poi al suo colore, accanto al realistico verde che richiama i rettili ma anche l'aria l'acqua e la terra, la tradizione cinese da una parte e celtica dall'altra, conoscono anche draghi bianchi e rossi: e se ne ricorderà il simbolismo alchemico.


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Ora grande serpente che si avvolge in spire, ora rettile imparentato alla lontana con il coccodrillo ma ben più grande di lui, il drago percorre - insieme con i suoi stretti parenti, vale a dire la salamandra e il basilisco - l'intera età moderna: lo troviamo con frequenza nelle armi araldiche, in cui figura come simbolo degli eretici e dei capi musulmani, ma dove ha anche un ruolo positivo, quali segni di vigilanza o di ardore o quali "armi parlanti". Del resto, fino dai popoli nordiranici e germanici delle Völkerwanderungen (Migrazione di popoli) , il drago era sovente stato usato come insegna militare, e come tale troviamo il draco normannicus sugli scudi dei guerrieri di Guglielmo il Conquistatore nel cosiddetto "arazzo di Bayeux". Nella pittura dei secoli XVI-XVII, il drago-demonio cacciato da Michele è, spesso, un ibrido umano-serpentino, non diversamente del resto dal serpente dell'Eden, che ha talora la testa umana.

La chineserie che invase l'Europa a partire dal Settecento influenzò naturalmente anche l'iconografia del drago: lo vediamo bene nei molti bozzetti che illustrano, tra Sette e Ottocento, il primo atto della Zauberflote di Mozart, dove il rettile che insegue ramino è trattato ora da serpente, ora da drago mitico cinese. Intanto, la prepaleontologia delle Wunderkammern (Stanza degli oggetti preziosi) rinascimentali e barocche allineava "ossa" e "denti" di drago, veri o presunti, accanto ai corni di unicorno e alle ossa dei "giganti", un'altra antica e paurosa presenza del mondo ancestrale posta spesso in correlazione anche iconologica con i draghi. Drago e gigante sono una specie di fratelli-avversari, entrambi monstra per forma e per dimensioni, e quindi associati a loro volta a elefanti e balene.

MM35_PG81



Una sottile sintassi della coesistenza e della rivalità lega queste enormi, ancestrali creature, i cui resti affiorano talora dalla terra e che un tempo dominavano il mondo. La meditazione sulla mitologia greco-romana e l'esegesi biblica offrivano, intanto, nuova inquietante materia di riflessione: giganti e draghi-serpenti sono entrambi presenze ambigue, cariche di una ferocia che le rende nemiche dell'uomo come di Dio o degli dèi, ma al tempo stesso dotate di una saggezza profonda, custodi di segreti ancestrali e di luoghi inaccessibili, padroni di tesori e di tecnologie noti a loro soli.




La nascita della paleontologia come scienza, a partire dalla fme del Settecento, e poi lo studio scientifico dei resti dei grandi sauri del giurassico-cretacico (vissuti 'cioè tra 200 e 70 milioni di anni fa) , portarono all'Ottocento nuove informazioni sui "draghi". Quelli che conosciamo noi, e che Wagner amava mettere in scena, sono quindi figli della tradizione romanico-gotica e al tempo stesso dell' esotismo e dei musei di scienza naturale. Avvicinando i draghi del mito o della leggenda agio grafica ai rettili preistorici, l'homo rationalis ha creato una sorta di "corto circuito" culturale, ma al tempo stesso ha sposato - o creduto di sposare - la fantasia con il naturalismo, l'iconografia tradizionale con il naturalismo scientifico. In questo modo, la mitica "ancestralità " dei draghi, che si situano nelle profondità delle archai o dell'inconscio, è stata ridotta a lontananza preistorica. In questo modo, si è potuto sentenziare che i draghi, anche se non erano proprio tutti e del tutto leggenda, "non ci sono più"; e, quando c'erano, non erano proprio così come i miti e le fiabe li hanno immaginati.




Del resto, molti miti e parecchie leggende di santi parlano dei draghi ponendo in campo il meccanismo del "C'era una volta": come se il drago di san Giorgio, quello di san Silvestro o di san Gregorio a Roma, quello di san Marcello a Parigi o la Tarasque di santa Malta a Tarascona si potessero ridurre ragionevolmente a bestiacce o bestioni realmente esistiti, vomitati davvero da stagni, paludi o caverne sotterranee. Il senso del Drachenkampf, della "battaglia con il drago", è ben altro; e ben altro che un modello per cacciatori o per domatori di bestie feroci è il dio o il santo sauroctono. Del resto, in molte mitologie (quella cristiana compresa) gli episodi di uccisione del drago sono spesso accompagnati, quando non addirittura sostituiti, da elementi che sottolineano la familiarità o addirittura il rapporto d'insegnamento tra belva ed eroe. Insomma, elementi che adombrano una prova iniziatica. Drago crudele, drago sapiente, drago maestro: e magari sapiente perché vecchio, in quanto antico signore delle terre o delle acque che infesta. A questo punto l'occidentale, abituato all'equazione tra drago e diavolo, si chiede se per caso il bestione non gli si presenti, invece, come amico: e ricorda i buoni draghi cinesi, i draghi imperiali, i generosi mostri che portano il tuono e la pioggia, le terribili eppur paterne creature senza le quali il riso non crescerebbe e i fiumi non gonfierebbero.


DemodrasIl Drago MisteroDemodras


Un grosso mistero da risolvere. Per srotolare lentamente il filo di Arianna dei miti e delle leggende, torniamo un istante al grande Jorge Luis Borges. n drago possiede la capacità di assumere molte forme, che sono però imperscrutabili. Bisogna partire da qui: da questo drago-caos (o drago-inconscio?), che però è signore degli stati mutevoli dell'essere. Potenzialità ancestrale, il drago avvolge nelle sue spire l'intero cosmo; e non per caso gli antichi geografi raffigurano talvolta l'oceano come un enorme serpente circolare. Se può assumere molte forme, ciò dipende dal fatto che egli potenzialmente le possiede e le domina.

Questo polimorfismo - e questo transmorfismo - del drago si riflette nel suo statuto incerto rispetto ai quattro elementi empedoclei. Gli animali si distinguono tradizionalmente, da Aristotele in poi, in aerei, terrestri e marini; anche se sappiamo bene che esistono casi ibridi come gli anfibi o i pesci volanti. Uno di essi, caso strano, è proprio il cosiddetto draco volans, cioè l'innocua lucertola del sud-est asiatico fornita di membrane laterali che le permettono di planare sulle sue piccole prede - gli insetti - dall'alto degli alberi. Il draco volans somiglia alquanto ai draghi dell'iconografia cinese; e, d'altronde, gli evoluzionisti insistono sull'origine sauriana degli uccelli. Ora, il drago compartecipa dei quattro elementi: può essere creatura terrestre o addirittura sotterranea, acquatica, aerea e aver perfino familiarità con il fuoco. Il suo corpo, nelle sue molte varianti, rimanda a questo suo atteggiamento sintetico riguardo agli elementi costitutivi del mondo. Quello che Mircea Eliade ha definito il suo "polisimbolismo" di pende appunto da ciò: o meglio, trova in ciò la sua estrinsecazione evidente. Gli uomini dalla coda di drago detti Dracontopodi del Liber monstrorum de diversis generibus aggiungono l'elemento umano a questo polimorfismo empedocleo, aprendo la via ai demoni medievali.




Creatura della terra, delle acque e dei mari (nell'alchimia sarà il "serpente mercuriale" che si forma nell'acqua e divora se stesso), il drago appare legato al regime notturno-femmineo dell'immagine, quindi alla donna e alla lussuria. Dal Genesi in poi, lungo tutto il medioevo, l'associazione della donna, del serpente, del simbolo della tentazione e del campo semantico della lussuria sarà costante: ma già questo potrebbe ricondurci, per altri versi, ai connotati ctoni della grande Dea Madre, la pothnia theròn mediterranea raffigurata come Signora dei Serpenti che brandisce nelle mani, che le strisciano sul corpo o che - come nelle effigi della Vergine Maria - le stanno ai piedi, trasformando l'immagine materna della fecondità e della padronanza sulle mutevoli e molteplici forme dell'essere (il serpente con le sue mobili spire) in immagine della vittoria sul male e sul peccato.

MM35_PG86



Continua...





Fonte: wikipedia e Airesis

Edited by chiara53 - 4/5/2018, 18:44
 
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view post Posted on 23/3/2009, 14:08
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I ♥ Severus


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Due pagine, due intere bellissime pagine da leggere: quando troverò il tempo?

Edited by Ida59 - 11/6/2015, 23:38
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 8/4/2009, 12:22




dragovrago



PARTE SECONDA




"Basta volgere lo sguardo a Oriente, per arrivare là
dove l'animale fantastico per eccellenza
s'intreccia con la vita di tutti giorni e la storia,
tanto da essere parte integrante dell'immaginario di ogni uomo."





Quanto più l’umanità ha preso coscienza di sé, tanto più ha perso il rispetto per il mondo animale. Questo vale un po’ per tutte le società umane; eppure volgendo lo sguardo ad oriente troviamo ancora tracce di un tempo in cui il rispetto lo capivamo davvero: siamo meno di un battito di ciglio nella storia di quell’evoluzione, che dura da più di tre miliardi e mezzo di anni.
Nella mitologia cinese gli animali hanno avuto tanti significati, magici e antichi, che nel passato hanno indotto paura, rispetto e venerazione.
Il più grande di tutti, quello che racchiude in sé le caratteristiche più positive di tutte le creature del creato, ha ancora oggi un posto d’onore nel cuore degli uomini: il Drago.

Le origini del mito del drago nella cultura cinese sono antichissime e finiscono per perdersi nella preistoria. Si può fare qualche datazione approssimativa: secondo le ultime teorie, la civiltà neolitica Yangshao, che contribuì a diffondere le prime tecnologie in Asia fin dal 3000 a. C., già adorava qualcosa di molto simile a un drago. Queste conoscenze ci arrivano più che altro dalle raffigurazioni trovate sui reperti archeologici e da antichi testi come il Libro dei Monti e dei Mari (Shanhai jiing), un’opera che raccoglie i resti molto frammentari di testi molto diversi fra loro, che spaziano dalla mitologia alla filosofia, dalla medicina all’araldica, il tutto più o meno databile in torno al IV secolo a.C.
Long (o Lung), il drago, protettore dell’Est, è il collegamento fra Cielo e Terra, fra divino e mortale. Long è vapore acqueo, che scorre fra il suolo e le stelle e li congiunge in un unico elemento.
Per questo il drago divenne ben presto un simbolo di regalità, il suo mito si collega ad una cultura basata sull’appartenenza al clan e al culto degli antenati.

Nel Libro dei Monti e dei Mari, Yinglong (il drago Ying) è il dio della pioggia e della siccità.
C’è sempre una forte associazione del drago con l’acqua, che è portatrice di vita, ponte fra terra e cielo ma, all’occasione, anche veicolo di distruzione.
Così ogni imperatore della Cina, fin dalla primissima dinastia, gli Xia (2100-1800 a.C.), ha cominciato ad annoverare fra i propri progenitori un drago, per dimostrare la propria origine divina.
Ma l’immagine del drago, come viene ancora oggi tramandata, risale più o meno al periodo della dinastia Song, che regnò sulla Cina dal X al XIII secolo dopo Cristo, dopo il tumultuoso periodo detto delle Cinque dinastie e Cinque Regni.

MM35_PG78


DragonL'animale perfettoDragon



Ma che aspetto aveva e ha tutt’ora Long?
Corpo sinuoso, serpentino, coperto da squame di pesce indistruttibili, separate fra loro da ciuffi di pelo setoso. Le zampe sono quelle della tigre e hanno cinque artigli di falco o aquila. Il cranio baffuto è simile a quello del cammello e le orecchie sentono come il placido bue, mentre gli occhi sono quelli del gambero, tutte le caratteristiche migliori di ogni animale, come dice la mitologia.
Viene spesso rappresentato con una perla tra gli artigli, simbolo di purezza, saggezza, ricchezza e divinità.
Long nasce da un uovo e da piccolo ha le caratteristiche di un serpentello.

Long, che ha un aspetto volutamente spaventoso, rimane un simbolo di forza, saggezza e velocità. Long domina la natura, viaggia nel cielo di mezzogiorno perché è al di sopra dell’ora più calda della giornata, tutte le cose più sacre e potenti portano il suo nome, come il trono dell’imperatore, il Trono Dei Draghi.
Ecco quindi che da simbolo della potenza della natura, diventa simbolo dell’uomo (l’imperatore) che domina su tutto e tutti. Le zampe del drago cinese hanno cinque artigli, perché il grado dell’imperatore è il più alto, il quinto.
Durante le ultime tre dinastie, Yuan, Ming e Qing (più di settecento anni di storia), fu decretato per legge che soltanto la famiglia del divino imperatore poteva portare il simbolo del drago, che cominciò così a essere rappresentato ovunque nella vita del sovrano, in ogni più piccolo particolare, dagli utensili di tutti i giorni alle vesti ufficiali. Tanto più che il Celeste Impero (la Cina, appunto), finì per assumerlo come simbolo anche sulla bandiera, vicino a un sole rosso su sfondo giallo.
Nella Città Proibita (sede dell’imperatore), si può ammirare Lo Schermo dei Nove Draghi, una costruzione in ceramica policroma di rara bellezza, dove le nove creature si avviluppano in una strana danza davanti a un cielo pieno di nubi.
E proprio nove, sono le specie in cui si dividono i draghi cinesi



Dragon_LordTutti i draghi della CinaDragon_Lord


Il drago celeste, Tianlong, protettore della dimora degli dèi della mitologia cinese.
Narra la leggenda che in epoca remota, l’Imperatore del Cielo, vedendo che gli uomini erano malvagi, provocò un’enorme inondazione (vi ricorda qualcosa?). Le case vennero spazzate via e ben presto tutta la Cina finì per essere sommersa dall’acqua. Un giovane eroe, Da Yu, forse per sincera bontà di cuore, forse per emulare il padre Gun, anch’egli un idolo delle folle, ebbe pietà degli uomini e chiese di intervenire. L’Imperatore del Cielo decise che gli uomini avevamo sofferto abbastanza e diede a Da Yu una gigantesca tartaruga e un drago per risanare la Terra. Con la tartaruga e lo Xirang, una polvere magica in grado di domare le acque, Da Yu riuscì nella sua impresa e il drago creò i fiumi e i laghi per rendere la terra fertile e i poveri umani poterono festeggiare lo scampato pericolo.

Il drago dei Tesori Nascosti, Fucanglong, tiene fede al suo nome e richiama miti più occidentali, che collegano, in piccola parte, la mitologia cinese con quella greca e germanica (dove i mostri a guardia di tesori abbondano). Questo connubio risale a circa tremila anni fa, ad un’invasione della Cina da parte di un popolo indoeuropeo chiamato dagli studiosi Tokhariano e Quan-Rong dai cinesi; rong è il barbaro occidentale.

Il drago serpente (il drago “arrotolato”), Panlong, mantiene l’antico legame con le acque dei suoi antenati mitologici: vive sotto i mari e i fiumi. Nelle leggende popolari quasi ogni fiume o lago ha la sua personificazione in un drago; un concetto ripreso poi dai giapponesi nel mito dei kami.

Il drago giallo, Huanglong, ha una particolare importanza mitologica dato che è colui che emerse dalle acque come il Sole, per insegnare al primo mitico sovrano cinese Fu-Shi la forma d’arte e d’espressione più importante per gli orientali: la scrittura.
Lo stesso Fu-Shi, colui che diede a Da Yu lo strumento per misurare il mondo, era sposato con Nu-Kua, i due vengono raffigurati con code di drago intrecciate; lui ha in mano il compasso simbolo del Cielo, lei la squadra, simbolo della terra.



Il drago alato ( al contrario di quelli occidentali, di solito, i draghi cinesi non hanno ali) ha a che fare col vento e si chiama Yinglong. Può essere identificato con Fei-Lian, dio cinese che trasporta i venti in un sacchetto. Può assumere la forma di un drago dalla testa umana, con le ali e una coda di serpente. Nella sua forma umana si chiama Feng Bo. È una testa calda, ma il più bravo arciere del mondo, Shen-Yi, lo tiene sotto controllo.

Il re dragone a capo di un quartetto di suoi simili (a volte è sempre lui grazie a una sorta di dono dell’ubiquità), è a guardia dei quattro mari e controlla i quattro punti cardinali. Ebbe molto seguito durante la dinastia Tang (618-907 d.C.).

Il dragone spirituale (drago-spirito), Shenlong, comanda i venti e le piogge. È a lui che la superstizione popolare si rivolge in caso di siccità. Esaudisce i desideri.

Il drago del sottosuolo (o delle profondità della Terra), Dilong, vive sottoterra e ha accezioni vagamente negative, a seconda del mito.

Infine c’è il drago cornuto, che viene chiamato Jiaolong ed è quello che si identifica con l’imperatore. È il più potente dei nove, può produrre la pioggia ed è il simbolo dell’Est e del Sole. Si accompagna spesso alla fenice, con la quale appartiene a un mitologico quartetto molto importante per gli orientali: "Coloro che hanno lo Spirito”.
Bai Hu la tigre (o l'unicorno Ki-Lin), capo delle bestie coi peli e guardiana dell’Ovest;
Gui Xian, la tartaruga, guardiana del Nord che rappresenta gli animali con la corazza;
Jiaolong protegge l'Est e con la fenice piumata,
Feng, guardiana del Sud, forma una specie di doppio mitico.
"Il drago che si alza e la fenice che plana" è un modo di definire un uomo di grande cultura.
Un uomo a cavallo di un drago e una donna che vola su una fenice rappresentano la coppia perfetta.

Non mancano poi tutta una serie di draghetti minori, classificati proprio come se fossero una specie animale.
Nella classificazione dei draghi cinesi sono importanti i colori, che hanno un loro significato simbolico molto complesso, tanto diverso da quello di noi occidentali.

I draghi neri vivono a nord. Sono causa delle tempeste perché si scontrano fra loro nel cielo. Vivono mille anni.
I draghi blu hanno il manto del colore più puro che si possa immaginare, portano la primavera e prevedono il futuro. Vivono a est.
I draghi gialli sono solitari e compaiono solo quando c’è bisogno di loro. Tuttavia sono i più diffusi e i più amati.
I draghi rossi stanno ad ovest e come i draghi neri causano le tempeste coi loro combattimenti.
I draghi bianchi sono i più rari, vivono a sud e sono il simbolo della morte.



I draghi ci mettono cinquecento anni per diventare grandi e altri cinquecento perché gli spuntino corna o artigli. Possono assumere forma umana, hanno un rigido codice d’onore ma accettano offerte per placare la loro ira. Possono avere un bel caratterino, non tutti sono saggi, non sono mai infidi o meschini, neanche i più malvagi. Un drago incute sempre rispetto e ispira venerazione.
Non disdegnano di farsi quattro passi tra i mortali, quando ne hanno voglia.
Non sono tutti invincibili. Per svariati motivi temono il ferro, la cera d’api, i millepiedi, le tigri e i filamenti di seta dei loro cinque colori: rosso, giallo, blu, nero e bianco.

Naturalmente non mancano tutta una serie di personaggi-drago che popolano leggende più o meno tragiche o spiritose e vengono usati per decorare gli oggetti più disparati.
P’u-lao è lo strillone del gruppo, che emette urla assordanti quando viene attaccato. Di solito lo si trova raffigurato sui gong.
Ch’iu-niu è meno chiassoso e più dolce, perché è il drago della musica che fa bella mostra di sé intagliato sugli strumenti musicali.
Pi his è il drago della parola scritta e lo trovi sulle copertine dei libri antichi o sulle ancora più vecchie tavolette di pietra.
Pa hsia è il più forte e protegge i monumenti e le costruzioni.
Chao feng è il più coraggioso e protegge I templi. Ha a che fare col fuoco e somiglia alla fenice.
Ch’hi wen viene rappresentato sui piloni dei ponti per proteggerli dagli incendi. È un drago d’acqua.
Il più feroce è Yai tzu. E lo si trova intagliato sulle else delle spade.
Pi han lo trovi sulle celle delle prigioni, ed è facile all’ira.
Suan ni è un tranquillo e un saggio, si limita a guardare il mondo che gli scorre davanti agli occhi e viene spesso raffigurato ai piedi di Buddha.

Se ne vedete uno, nei vostri viaggi a Oriente, ora forse saprete come chiamarlo.

MM35_PG84


Continua...





Fonte: wikipedia e Airesis

Edited by chiara53 - 4/5/2018, 18:47
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 29/5/2009, 00:54




dragovrago


PARTE TERZA



"Quel fuoco che genera, consuma, crea e disfa.
Quella fiamma feroce soltanto poteva richiamare questa creatura ancestrale."



Il Male Incarnato



Il medioevo e le sue creature magiche trasformano il drago nella rappresentazione più terribile del Demonio; l'Avversario da battere per santi e prodi cavalieri.

In Europa, i mostri medievali hanno avuto origine da fascinazioni classiche; nella Grecia antica e nell’Impero Romano il mito del drago si fonde con gli antichi culti del serpente e del basilisco dallo sguardo che uccide; la figura della creatura malvagia nell’immaginario medievale, deve molto ai miti di origine germanica, dove il drago ha il ruolo di guardiano del tesoro.
Il nostro mostro ha finito così per essere descritto sotto molteplici forme dagli scrittoi dei monasteri, approdando nell’immaginario delle masse, in genere incolte, intriso di paure e superstizioni.
Gran parte della fauna che finì sui bestiari medievali, che per quanto era possibile avevano grossa diffusione, ci era già stata presentata nella Naturalis Historia dello scrittore latino Plinio il Vecchio, vissuto nel primo secolo dopo Cristo.

Non c’è da stupirsi se i monaci di questa o quella abbazia, citiamo fra i tanti, i monasteri di San Gallo, Cluny e Montecassino, finivano per aggiungere un po’ di colore ai mostri della cultura classica, con grande aiuto dei miniaturisti e degli scultori, che preferivano rappresentare le varie forme animali del peccato, forse perché più accattivanti delle rappresentazioni della virtù.
Il principe di tutti questi mostri peccaminosi era il drago, divenuto il simbolo di Satana stesso; sì, perché per l’uomo medievale una creatura fantastica se non rappresentava un aspetto della Divinità o del Demonio, non esisteva.
Nella stessa Apocalisse di Giovanni, il drago è il Diavolo: Draco ille magnus, serpens ambiguus, qui vocatur diabolus et Satanas (Il famoso grande drago, serpente ambiguo, che si chiama diavolo e Satana - Gen., 12.9).
Nascono così tutti i miti moderni, partendo dalle mitologie antiche di questa o quella nazione.
Il drago, mostro di terra e di aria che custodisce i tesori, diventa simbolo del peccato e il fatto che nella Genesi a tentare Eva sia proprio un serpente, di certo non ha aiutato la fama del nostro mostro.
Il generale i draghi medievali abitano sui dirupi, nelle caverne e in tutti i generi di anfratti sotterranei, ma non di rado anche nelle foreste e vicino ai vulcani. Insomma, qualunque luogo incutesse un po’ di timore all’uomo del medioevo, finiva per essere abitato da un drago.
Il viso da rettile, la coda da serpente magari usata per stritolare, l’alito mortifero, di solito al fuoco o all’acido, non gli sono mai mancati, fin dai tempi dei miti greci.
È invece solo intorno al XII-XIII secolo che cominciano a comparire nei manoscritti e nelle decorazioni di qualche chiesa, i primi draghi con le ali da pipistrello. Ancora una volta viene scelta una specie animale che incute paura e suscita ribrezzo.
Pur essendo mammiferi, i pipistrelli europei sono poco vicini nell’aspetto agli animali domestici o selvatici che un contadino è abituato a veder tutti i giorni e l’essere sfuggenti e di abitudini notturne non li aiuta di certo.




L’iconografia del drago con le ali da pipistrello ha finito per avere un enorme successo, tanto che ancora oggi è quello l’aspetto radicato nell’immaginario collettivo occidentale. Il Lucifero di Dante nella Divina Commedia, che ha ali di drago, è una delle innumerevoli dimostrazioni.
Spesso le raffigurazioni vedono il drago appollaiato su un tetto, sulla guglia di una chiesa, a rappresentare il peccato che è sempre in agguato nell’animo dell’uomo. Più o meno per questo motivo hanno avuto origine i gargoyle e i doccioni nelle cattedrali gotiche.
Con l’avvento della Letteratura Provenzale e della Poesia Cortese, che esaltava le gesta cavalleresche degli eroi, la cultura popolare ha cominciato a veder il drago come l’antagonista ideale degli eroi.
Si è cominciato coi santi, naturalmente perché la dicotomia santo-mostro ben si prestava a tutta una serie di allegorie: male conto bene, virtù che trionfa sul peccato, la forza della fede contro la bestialità degli istinti, e così via.
Col passare del tempo e l’avvento della moderna scienza empirica, gli europei hanno smesso di credere ai draghi ma hanno continuato a sognarli, senza mai smettere di dar loro un posto di rilievo in favole e leggende popolari.
I draghi rivestono grande importanza nella mitologia germanica e norrena, che ha radici in popoli quali angli e sassoni e, in misura minore, in alcune leggende celtiche. Tentare qualche genere di datazione sarebbe lungo e noioso, basti sapere che si tratta di una mitologia estremamente frammentata, che ha origini più antiche della caduta dell’Impero Romano e che ha finito per trovare la sua massima espressione nelle opere che raccontano le gesta dell’eroe Sigfrido, intorno al XII-XIII secolo.
Uno dei draghi più famosi della letteratura compare nella Saga dei Nibelunghi, la storia dell’eroe Sigfrido che ha origine nella tradizione orale germanica precristiana. E il suo nome è Fafnir, terribile drago un tempo uomo, vittima delle macchinazioni del malvagio Loki, dio dell’inganno, figlio di Padre Odino, le cui gesta vengono raccontate ne La Canzone dei Nibelunghi, poema germanico del XIII secolo.

I draghi francesi sono solitamente associati agli specchi d’acqua, sono creature che vivono in larghe caverne sotto i laghi e i fiumi dei quali zone come la Provenza, la Valle della Loira, La Bretagna e la Normandia sono ricche. Sono sempre malvagi, rapitori di bambini che servono da pasto ai loro piccoli, o rapitori di donne mortali, uniche in grado di nutrire al seno l’insana progenie di drago.

Uno dei draghi francesi più conosciuti è Tarasque. Serpentino e dotato di sei zampe, coperto di squame dure come il ferro, Tarasque viveva sotto il Rodano e infestava le valli provenzali dove scorre il fiume, col suo terribile alito di fuoco. In quei tempi Santa Marta stava evangelizzando la zona, e decise di sconfiggere la bestia.

Il più famoso cacciatore di draghi della storia è San Giorgio, il suo scontro col drago è senz’alto una delle leggende più rappresentative della visione medievale di questi mostri.
Simbolo della lotta del Bene contro il Male, la storia di San Giorgio riesce in qualche modo a incarnare gli ideali di coraggio della cavalleria, cosa che gli garantisce grande diffusione almeno fino al tempo della Letteratura Cortese, ma è anche ricca di componenti gotiche e mostruose, così da permettergli di essere riscoperta durante il Romanticismo. Non per niente San Giorgio è uno dei santi più venerati in tutto il mondo, e uno di quelli a cui sono state dedicate più chiese, senza contare le infinite opere artistiche.







Fonte: wikipedia e Airesis

Edited by chiara53 - 4/5/2018, 18:45
 
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view post Posted on 29/5/2009, 12:12
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I ♥ Severus


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Aah... finalmente sono riuscita a leggermi tutta questa discussione.
E' veramente interessante ed istruttiva e mi è piaciuto molto vedere la stessa creatura descritta dalle varie mitologie, soprattutto in quelle da noi meno conosciute (ovviamente mi sto riferendo ai Draghi cinesi).
Complimenti vivissimi ad Ale per tutto questo lavoro di ricerca testi e immagini (anche se di queste ultime molte non le ho potute vedere causa mio problema con il Server dello studio: ma le immagini me le gusto questa sera da casa!) in cui, se non ho capito male, è stata molto aiutata anche da Ary.
Grazie a tutte e due!


Edited by Ida59 - 11/6/2015, 23:38
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 16/8/2009, 21:42




idradra




"Figlia di Tifone e di Echidna, l'Idra di Lerna era un mostro con 9 teste.
Ucciderla, per Ercole, fu una vera fatica."




"Un gigantesco serpente con nove teste rappresentate in forma umana, secondo alcune leggende addirittura cento, una delle quali era immortale: fino a che quella testa non fosse stata tagliata, le altre, pur mozzate, sarebbero ricresciute immediatamente"





Mitologia



Nella mitologia greca, l’Idra, il cui nome significa ‘serpente d’acqua’, rappresentava un mostruoso animale dalle molte teste e dall’alito mortale, abituato a uccidere uomini, razziare bestiame e depredare paesi. Nell’antichità l’Idra (o Hydrus, a seconda delle fonti), era classificata come un drago con molteplici teste, con nemico naturale il coccodrillo dal quale si lasciava inghiottire per poterne dilaniare le carni dall’interno. Fece la sua prima comparsa nel mito classico delle dodici fatiche di Eracle.

Delle dodici fatiche, l’Idra di Lerna fu la seconda, preceduta dal Leone di Nemea e seguita dal Cinghiale di Erimanto.

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Hydra1



La Leggenda


Nascosta nelle acque fangose di una palude vicino a Lerna, dimorava una creatura spaventosa con ben nove teste, di cui quella centrale si diceva fosse immortale.

Era considerato un mostro imbattibile e terribile, per questo Euristèo pensò di farlo scontrare con Eracle, nella speranza che il mostro lo divorasse.

L’avvicinamento dell’Idra da parte di Eracle fu tutt’altro che facile: finché rimaneva nascosta nelle acque paludose, il mostro poteva attaccare sempre di sorpresa, grazie alle teste che manteneva nascoste dalla melma.

Eracle dovette costringere l'idra ad uscire dalla palude e vi riuscì bersagliandola a dovuta distanza con frecce infuocate. Una volta emersa, l'affrontò con la spada. Ma ogni qual volta le tagliava una testa, ne ricrescevano altre due al suo posto. Fortunatamente, Iolao lo accompagnò in questa impresa, e grazie a lui ne uscì vincitore. Questi, seguendo il suggerimento dello zio, incendiò un bosco vicino, permettendo all’eroe di servirsi dei tronchi ardenti per bruciare il moncone di ogni testa. Così facendo, riuscì a cicatrizzare le ferite prima che altre due teste avessero il tempo di crescere.

Infine, tagliata la testa immortale, Eracle la schiacciò sotto un pesante masso, di modo che non potesse più nuocere a nessuno.

Così l’Idra fu uccisa ed Eracle si valse del suo sangue per avvelenare la punta delle sue frecce che, da quel momento, produssero ferite inguaribili.

Purtroppo il veleno dell'Idra fu anche causa della morte dell'eroe, in quanto la moglie Deianira, ingannata dal centauro Nesso, usò il sangue del mostro come filtro d'amore, spargendolo sui vestiti di Eracle e poi facendoglieli indossare.

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Idra oggi


L’Idra, come molti altri abitanti dei mari e fiumi quasi sconosciuti in tempi medioevali, era associata e accomunata ai mostri marini di varia natura, quali serpenti, piovre e calamari giganti, entrati a pieno diritto nel folclore e nel mito delle varie popolazioni.

Solo con l’avvento della tecnologia, la maggior parte di essi ha avuto una collocazione più zoologica e meno fantastica, compresa l’Idra, anche se con caratteristiche non propriamente uguali a quella mitologica.

L’Idra identifica oggi un protista pluricellulare: simile ad un minuscolo polipetto acquatico, non è più lungo di un paio di millimetri ed è formato da un corpo a sacco da cui partono una serie di tentacoli. Tali tentacoli sono composti da cellule urticanti, utilizzate solitamente per catturare le prede. La riproduzione avviene per gemmazione, rendendo quindi, come è possibile vedere nell’immagine, il figlio del tutto identico al genitore.

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La Costellazione dell’Idra


Anche una costellazione ha assunto il nome dell’animale mitologico: si tratta dell’Hydra (o, abbreviata, Hya), la più estesa delle 88 moderne costellazioni, già riconosciuta dall’astronomo greco Tolomeo. La costellazione contiene al suo interno Alphard, una gigantesca arancione, il cui nome deriva dall’arabo ‘al-fard’, ‘la solitaria’, poiché è l’unica stella di questa grandezza presente nella costellazione.

La già citata leggenda di Eracle vorrebbe che l’Idra della costellazione fosse quella affrontata dall’eroe. Una volta sconfitta, l’Idra venne collocata in cielo a memoria della vittoria dell’eroe, così come la costellazione del cancro rappresenterebbe Carcino, il crostaceo venuto in soccorso del mostro per volere di Era.

Un'altra leggenda vede invece l’Idra posta come separazione fra la costellazione del Corvo e quella del Cratere (o Tazza). Secondo tale leggenda, il dio Apollo avrebbe mandato il corvo a prendere dell’acqua con la tazza, ma questi si sarebbe attardato per poter mangiare dei fichi. Tornato da Apollo, il volatile si scusò affermando che l’Idra aveva bloccato la sorgente, impedendogli di riempire la tazza. Ma il dio, sapendo che il corvo stava mentendo, lo punì mettendolo in una posizione, all’interno del cielo, in cui non avrebbe mai potuto bere dalla tazza, poiché ostacolato dal corpo dell’idra.

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Fonte: FantasyMagazine

Edited by chiara53 - 4/5/2018, 18:51
 
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Calliope
view post Posted on 18/8/2009, 15:46




Mi mancava questo topic! Recupererò al più presto *.*!
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 19/8/2009, 10:25




Ma certo!

E, se vuoi contribuire con interventi e/o approfondimenti sei la benvenuta! :woot: ;)
 
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view post Posted on 26/8/2009, 13:42
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I ♥ Severus


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Interessante l'Idra, anche con la parte "astronomica", deludente invece, scoprire che il mostro è, invece, un polipetto!
Sai che il "separatore" che hai usato (il bastone con il serpentello che scorre avvolgendosi) mi piace un sacco?


Edited by Ida59 - 11/6/2015, 23:38
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 26/8/2009, 17:20




CITAZIONE (Ida59 @ 26/8/2009, 14:42)
Interessante l'Idra, anche con la parte "astronomica", deludente invece, scoprire che il mostro è, invece, un polipetto!
Sai che il "separatore" che hai usato (il bastone con il serpentello che scorre avvolgendosi) mi piace un sacco.


Troverò il modo di usarlo anche altrove :D

Pensa che ero indecisa su che mostro fare. Poi avevo in mente te... sai, Ida, Idra, c'è la differenza di una R (per la serie, poesia portami via) :P :P :P :P
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 9/9/2009, 23:09




pegasoegaso



"Pegaso fu destinato per sempre ad una vita di cielo, trasformandosi poi nell'omonima costellazione."



stardustc



"Nasce dal sangue della tortura
e appare tra polveri di stelle,
come magica costellazione nel firmamento, Pegasus."



flybyalexandrabirchmore



Mitologia



Pegaso era il cavallo alato famoso grazie alla sua associazione con l'eroe greco Bellerofonte. Il modo in cui questo cavallo venne alla luce è, a dir poco insolito. Sua madre era Medusa , la Gorgone famosa in gioventù per la sua bellezza , in particolare per le chiome fluenti. Fu avvicinata da molti pretendenti , ma quello che la fece sua fu Poseidone, che è sia il dio del mare che quello dei cavalli. Sfortunatamente la seduzione ebbe luogo nel tempio di Atena.
Furibonda per l'oltraggio subìto dal suo tempio, la dea Atena trasformò Medusa in un mostro con la testa ricoperta di serpenti e il cui sguardo poteva mutare gli uomini in pietre.
Quando Perseo decapitò Medusa, Pegaso e il guerriero Crisaore uscirono dal suo corpo come da una sorgente. Il nome Pegaso viene dalla parola greca pegai, che significa "sorgenti" o "acque". Il nome Crisaore significa " spada dorata", a descrizione dell'arma che aveva in mano al momento della nascita. Il ruolo di Crisaore nella storia di Pegaso si limita a questo: più tardi divenne padre di Gerione, il mostro con tre corpi che Eracle uccise. Non casualmente Pegaso nasce dalla Gorgone, che altro non è se non l'immagine data dagli Elleni alla dea libica Neith, alla Grande Madre. Quanto al cavallo, originariamente era un animale ctonio(1) associato con la Grande Madre: sorgeva dalle viscere della terra o dagli abissi del mare. Figlio della notte, era come la Grande Dea portatore di vita e morte, legato all'acqua di cui conosceva i cammini sotterranei: per questo motivo aveva tradizionalmente il dono di far scaturire sorgenti con un colpo del suo zoccolo. .

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La Leggenda



Pochi sanno le vicende legate a Pegaso, di per sé non sono neanche nulla di spettacolare. Ben due volte con un colpo di zoccolo, Pegaso ha dato vita a due sorgenti. E’ stato il destriero di Bellerofonte che lo usa per andare ad uccidere la Chimera e muore proprio cadendo dalla schiena di questo cavallo. Alla fine della sua “carriera” Pegaso vola nei cieli e muta in una costellazione, tutt’oggi esistente ovviamente. C’è da dire che nella letteratura antica, più volte sotto il nome di pegaso figuravano creature totalmente diverse, uccelli per lo più, che del cavallo avevano solo alcune caratteristiche fisiche.
Da noi il pegaso non è mai stato usato frequentemente per le araldiche, mentre figura con più facilità in regioni straniere sempre come cavallo alato, spesso e volentieri bianco, ma talvolta anche sotto altri colori. La sua figura viene affiancata al significato di “fama” qualsiasi sia la sua posizione.

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La Costellazione di Pegaso


La costellazione é facilmente rintracciabile nel cielo autunnale. Infatti, nella prima parte della stagione passa in meridiano attorno alla mezzanotte.Nella mitologia Pegasus era il cavallo alato nato dal sangue di Medusa,uccisa da Perseus. Medusa era la bella Gorgone dai capelli fluenti. Essa venne sedotta da Poseidone nel tempio di Atena, la quale foribonda per l'oltraggio ricevuto, la trasformò in un mostro con la testa ricoperta di serpenti il cui sguardo poteva trasformare gli uomoni in pietra. Quando Perseo decapitò Medusa dal corpo uscirono Crisaore e Pegaso.

Successivamente con l'avvento della religione patriarcale indoeuropea, venne associato a Poseidone. Si nota come la leggenda della nascita di Pegaso da Medusa, fecondata da Poseidone, ricorda pur con molte differenze, quella dello stesso dio che genera Arione in Demetra, trasformatasi non casualmente in una giumenta: "Ambedue i miti descrivono come gli Elleni devoti a Poseidone sposassero a forza le sacerdotesse della Luna senza lasciarsi impaurire dalle loro maschere di Medusa, e assumessero il controllo dei riti propiziatori di pioggia e del culto del cavallo sacro". Per questo motivo si narrava che il primo cavallo fosse stato creato da Poseidone quando, in gara con Atena per il possesso dell'Attica, lo aveva fatto scaturire dalla terra. E non a caso si favoleggiava che Pegaso balzato dal collo di Medusa, si era abbeverato alla fonte Pirene, sulla strada che conduceva al santuario di Poseidone. Poi era volato sul monte Elicona, dove con un colpo dello zoccolo lunato aveva fatto scaturire Ippocrene, "la sorgente del cavallo", alla quale le muse si dissetavano nutrendo la loro ispirazione per poi volare alla volta dell'Olimpo cantando con voce sublime. Sicchè, Pegaso, che aveva fatto sgorgare la sorgente delle Muse, diventò l'emblema dell'immaginazione creatrice, del furore poetico. Un giorno Bellerofonte trovò Pegaso che si stava abbeverando lo ammansì con una briglia dorata datagli da Atena, Bellerofonte aveva bisogno di quella creatura alata per compiere un impresa disperata. Pegaso volò verso l'Olimpo dove Zeus l'accolse alloggiandolo nelle antiche stalle del monte. Da quel giorno si servì di lui per trasportare le folgori forgiate dai Ciclopi. Infine, per ricordarne la funzione, lo volle immortalare nel firmamento.



Pegaso Oggi



Il Pegaso è una figura immaginaria esattamente corrispondente alla sua immagine mitologica, utilizzata con una certa frequenza soprattutto nell'araldica straniera. È considerato simbolo della fama.

L'idea di un cavallo alato è molto antica e proviene dall'Asia Minore. La vitalità e la forza del cavallo, unite alla capacità di volare e quindi di svincolarsi dal peso della gravità fanno di Pegaso un simbolo della vita spirituale del poeta e della sua ispirazione che si eleva indomabile, incurante di qualsiasi ostacolo terreno.


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Fonte: Wikipedia

Edited by chiara53 - 4/5/2018, 18:52
 
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