Maranello
Con un titolo così, non potevo non fiondarmi su questa storia, che ho trovato piacevolmente originale, ben scritta e da leggere tutta d’un fiato. Ho trovato molto intrigante il modo di narrare, ovvero il punto di vista del protagonista maschile, che si esprime davvero come un uomo. Non so come spiegarlo, ma se la medesima vicenda fosse accaduta ad una donna sono certa che sarebbero state usate parole diverse. L’inizio con la pioggia è veramente serrato e ben descritto, realistico al massimo in tutto e per tutto. Disgrazie comprese. E come per non smentirsi mai, la legge di Murphy entra in azione proprio quando ne faremmo volentieri a meno, sempre nei momenti meno opportuni. Nonostante la sfortuna capitata al protagonista, non sono riuscita a trattenere un sorriso, soprattutto alla menzione dell’ “ululato” del clacson che rende l’idea in maniera spettacolarmente comica, ma anche nei momenti successivi, quando la pioggia diventa una nemica implacabile e l’uscita dall’auto una missione che rasenta l’impossibile. L’arrivo del salvataggio è descritto con termini talmente fantastici che anche ora che li rileggo ho un sorriso a quarantacinque denti, soprattutto perché quando tutto va male osservare coloro che stanno bene – e al caldo, e non zuppi di pioggia – un po’ a tutti viene da arrabbiarsi giusto un pochino. Ma qui le apparenze ingannano, dalla prima all’ultima. E se poche righe più su si condivide la sfortunata sorte del povero guidatore protagonista, arrivati al momento fatidico si prova stupore insieme a lui, nel constatare di essere stati notati. Il paragone tra Ferrari ed Arca di Noè m’ha fatto letteralmente scoppiare a ridere… anche per il diluvio che accomuna le due cose: azzeccatissimo! Ma lo stupore non finisce qui, continua riga dopo riga, in un rivelare continuo di informazioni che è quasi uno stillicidio lento – di nuovo acqua, eh? – per aprire gli occhi del lettore. Qualcosa stona, qualcosa non quadra, lo si capisce subito, ma non ci si pone troppe domande. In fin dei conti, la priorità è un’altra, no? E allora si fa come si dice, avviene il miracolo e tutto torna finalmente al suo posto. Auto non più in panne e via, verso nuove e mirabolanti avventure. Ma il tuo protagonista non la pensa così, per fortuna, perché il senso di gratitudine è qualcosa che nasce spontaneo. Allora via, sì, ma non verso un’avventura, bensì verso una rivelazione. Mi ritrovo avvolta anch’io dal tepore e dall’asciutto dell’autogrill ad assistere lo scambio tra il barista ed il benefattore. E già lì dovevo capire qualcosa, ma no, mica ci ho pensato. Così non posso fare altro che acquattarmi in un angolo ed assistere curiosa – anch’io – al dialogo con il barista, per capire, per scoprire qualcosa di più su Maranello, su questo personaggio da un passato apparentemente tanto normale quanto incredibile. Le notizie sono ben ponderate e calibrate per sferrare il colpo di scena finale – che qui non svelerò nemmeno sotto tortura! – ma intanto a Maranello ci si affeziona già, anzi, forse ci si è già affezionati fin dall’inizio della storia. Per questo l’ultima frase è come un velo che cade, come un sipario che si apre su una nuova verità e che ti fa sbarrare gli occhi. Tornare indietro daccapo e rileggere l’intera storia viene praticamente automatico, per provare a vedere se si poteva capire, dove e come c’erano gli indizi. Ma intanto tutto è stato detto ed il cuore che balza in gola è ancora lì, che cerca di farsi una ragione di quanto appena accaduto, mentre in bocca arriva un sapore dolceamaro di chi ha già nostalgia di un benefattore sconosciuto sparito sotto la pioggia.
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