Il Calderone di Severus

Posts written by Alaide

view post Posted: 15/10/2023, 14:57 L'affascinante e misterioso giardino di Severus! - Sognando con Severus
CITAZIONE (Ida59 @ 13/10/2023, 21:59) 
Povero tesoro mio... ancora è rimasta l'insicurezza e il senso di colpa che affiora ogni tanto.

La non più tanto sadica autrice avvisa che l'insicurezza e il senso di colpa non spariranno mai del tutto (per amor di realismo), ma continueranno a diminuire. Della seria del giardino ho ancora un capitoletto e l'epilogo.
view post Posted: 8/10/2023, 14:16 Alaide - What harbour shelters peace away from storms? - Storie in Progress
Di seguito troverete il primo interludio, ovvero un capitolo "flashback".
Lascio, come sempre, il link all'elenco dei personaggi e al primo capitolo


Interludio I



15 luglio 1995



Il bambino teneva stretta la mano della mamma.
Non riusciva nemmeno a guardarsi intorno e, forse, aveva anche un po’ paura. Non era abituato a vedere tanta gente e avrebbe voluto tornare subito nella casa dove papà diceva sempre che lui e la mamma sarebbero stati al sicuro.
Si sentiva anche felice di poter comprare dei libri.
Papà aveva detto che quella era una cosa da grandi e lui era ormai grande, dato che aveva compiuto sei anni a gennaio e mamma gli aveva insegnato a leggere e a scrivere. Ogni tanto dalle finestre di casa vedeva dei bambini che andavano nella piccola scuola di paese, ma papà aveva spiegato che sarebbe stato un problema se gli fosse capitata una magia accidentale in mezzo a quei piccoli Babbani.
E, il bambino credeva che papà avesse ragione.
Mentre avanzavano, gli parve che ci fosse sempre più gente e fu felice di ritrovarsi nella libreria.
«Quanti libri possiamo prendere, mamma?»
«Quelli che vuoi.»
Era quello che aveva ribadito anche Simon, prima che uscissero, si disse Madeleine Hardwick, tentando di non mostrare alcuna traccia di nervosismo, al trovarsi a Diagon Alley dopo tanti anni. Forse, avrebbe dovuto chiedere al marito se non fosse il caso che andasse lui a comprare dei libri per il figlio, ma uscivano così di rado e la sera precedente le era parsa una buona idea.
Era certa, inoltre, che Simon avesse ragione nel voler far scegliere i libri a Soren e Madeleine sapeva che suo marito era un uomo buono e generoso, che era stato in grado a darle un equilibrio dopo che si era incontrati fortuitamente quando lei aveva lasciato Hogwarts da un anno.
«Mamma…», il bambino le aveva lasciato andare la mano e si era avvicinato ad alcuni libri di piccole dimensioni dalle copertine variopinte. Madeleine si accucciò accanto a lui, osservando, su uno dei volumetti, un gufo che volteggiava lieve. «Che ne dici di questo?»
La donna osservò il libro che Soren stava indicando, che mostrava una grande lente d’ingrandimento che si muoveva intorno al titolo.
«Se ti sembra interessante possiamo prenderlo.»
«A papà piacerà?»
«Sono certa di sì.»
Scelsero altri tre libri. Erano racconti per bambini che sembravano ispirarsi ad alcuni dei generi più diffusi nel mondo Babbano. Era certa che Soren, che aveva imparato a leggere da qualche mese, si sarebbe divertito. Il figlio era un bambino intelligente e sensibile, che Madeleine riusciva ad immaginare come un futuro Corvonero, per quanto Simon ripetesse che aveva tutte le caratteristiche di un Tassorosso.
Quando uscirono dal Ghirigoro Magico la strada era più affollata di prima e Madeleine si bloccò poco distante dalla porta del negozio. Strinse con più forza la mano del bambino e la borsa con i libri.
«Dobbiamo passare in mezzo a tutta quella gente, mamma?»
Soren si voltò verso la donna.
La mamma era molto pallida, ma papà aveva detto molte volte che mamma era fragile.
Il bambino non sapeva cosa volesse dire di preciso.
Però, forse, era per quello che rimanevano quasi sempre in casa.
«Stringimi forte la mano. Non ci metteremo molto ad andarcene.»
Soren annuì.
Poi tutto divenne orribile.
Qualcuno li spintonò e perse la presa con la mano della mamma.
Si guardò intorno, ma non la vedeva più. C’erano troppe persone e lui era troppo piccolo. Un gruppo di maghi, poco distante da lui, stava discutendo a voce molto alta e Soren non riusciva a sentire altro.
Si spostò un poco, sperando di vedere meglio, ma c’erano solo tante persone che andavano e venivano e nessuna traccia della mamma.
Sentì alcune lacrime bagnargli le guance, ma le asciugò.
Papà gli aveva detto che era un bambino grande, ormai.
E che i bambini grandi non piangono.
Decise di rimanere dov’era, ma si ritrovò quasi trascinato dalla gente che camminava per la strada, riuscendo a fermarsi soltanto quando fu davanti a un negozio che non sembrava interessare a nessuno.
Guardò oltre la vetrina, alzandosi in punta di piedi.
Dentro c’era soltanto una persona. Forse, poteva chiedere se lo poteva aiutare a ritrovare la mamma.
Era un bambino grande, si ripeté, mentre apriva la porta.
Ma quando fu dentro il negozio non sapeva cosa fare.
Sentì l’uomo parlare con un altro signore che non aveva visto prima.
Facendosi coraggio, si fece avanti.
«Cosa ci fai qui?»
La voce del bottegaio si era fatta decisamente aspra, notò Severus, per quanto avrebbe dovuto essere felice di aver sentito aprirsi la porta di un negozio frequentato da una manciata di clienti fedeli.
Si voltò soltanto quando sentì tirar su col naso.
Ad entrare era stato un bambino di circa sei anni che aveva gli occhi terribilmente spaventati, come quelli che sapeva che avrebbe incominciato nuovamente a vedere ora che l’Oscuro Signore era tornato.
«Non trovo più la mamma», biascicò il bambino.
«Ti sei forse allontanato da dove ti aveva chiesto di aspettarla?»
Severus sapeva di aver parlato con voce aspra, anticipando il bottegaio che non sembrava affatto contento di quello che stava accadendo e che, forse, sarebbe stato ben più crudele di lui.
«No, signore», mormorò il bimbo, con voce timida. «Stavo tenendo per mano la mamma, ma c’era molta gente e ci siamo separati.»
Soren sperò di aver spiegato tutto per bene – a papà non piaceva quando parlava male – e che quel signore tutto vestito di nero lo aiutasse.
«E non hai pensato che sarebbe stato meglio aspettarla?»
«Ci ho provato, ma c’erano troppe persone. Si muovevano tutte.»
Severus osservò con attenzione il volto del bambino e tentò di immaginarsi la scena. Poteva quasi vedere il piccolo venir separato dalla madre e essere preso dal panico in mezzo a tanta gente indifferente.
Quello che non riusciva realmente a comprendere era perché la donna non avesse usato un incantesimo per rintracciare il figlio. Non poteva essere un Nato Babbano, considerando l’età e questo lasciava spazio unicamente ad una madre Magonò, ma era un caso estremamente raro vedere un mago o una strega sposarne uno. Anche tra le famiglie più favorevoli al Mondo Babbano, l’idea di avere un Magonò in famiglia risultava sgradita.
Quindi o la donna era una strega incompetente o era in preda al panico.
«Come si chiama tua madre?»
Non seppe nemmeno lui perché si stava interessando tanto alla questione. Avrebbe dovuto preoccuparsi di ben altro, prepararsi sempre più all’orrore che sarebbe inevitabilmente arrivato, dopo che era riuscito a convincere l’Oscuro di esser ancora un suo fedele servitore.
Invece, se ne stava lì, in quel negozio di ingredienti, a interessarsi ad un bambino che aveva perso la madre.
«Madeleine Hardwick», affermò il bambino con quella sua voce timida, che fece credere a Severus che il piccolo non fosse abituato a stare in mezzo alle persone.
«In che Casa era?»
Forse, sarebbe riuscito a risalire al volto della donna. Considerando l’età del bambino, doveva essere stata una sua alunna durante i suoi primi anni di insegnamento.
«Tassorosso, proprio come papà, che si chiama Simon Hardwick.»
Il bambino lo stava osservano con uno sguardo incredibilmente innocente, di un’innocenza che, quando sarebbe scoppiata una nuova guerra magica, si sarebbe spezzata in mille pezzi. Non aveva alcun obbligo nei confronti del piccolo, ma sentiva che era suo dovere fare qualcosa.
O, forse, più semplicemente, voleva tentare di compiere una buona azione, quando il suo futuro sarebbe stato inesorabilmente costellato di atti orribili, compiuti per mantenere la sua copertura.
«Adesso uscirò dal negozio e cercherò tua madre», annunciò, mantenendo un tono di voce impassibile, chiedendosi se la donna non fosse la signorina Seabrook, il che avrebbe spiegato per quale motivo non avesse già ritrovato il figlio. «Non allontanarti da dove ti trovi.»
Soren annuì all’uomo vestito di nero e, quando il mago chiuse la porta alle sue spalle, rimase perfettamente immobile.
Era contento di aver trovato quel signore dall’aspetto spaventoso, ma che era, in realtà, molto gentile. Era certo che avrebbe trovato subito la mamma.
Non sapeva nemmeno lui perché ne fosse così sicuro. Però lo era e mamma gli diceva sempre che aveva un buon intuito.
Eppure, il tempo passava e Soren si sentiva sempre più preoccupato.
Si alzò in punta di piedi per guardare al di là della vetrina, ma c’era solo una massa di persone che andava e veniva.
Tirò su col naso e, per evitarsi di piangere, decise di osservare meglio il negozio. C’erano molte cose strane, che si guardò bene dal toccare, ma alcune erbe avevano un buon odore.
Si stava avvicinando ad uno scaffale quando sentì la porta aprirsi e il bambino si sentì felice di aver avuto fiducia nell’uomo in nero.
«Soren», mormorò la donna, inginocchiandosi ed abbracciando il figlio.
Severus rimase immobile in un angolo nel negozio di ingredienti da cui si serviva. Non era quello utilizzato, di solito, dagli studenti di Hogwarts, ma un altro, più piccolo e meno frequentato, che forniva ingredienti e calderoni di migliore fattura. Da dietro il banco, sul fondo, il proprietario non sembrava affatto contento, ma Severus era certo che sarebbe stato soddisfatto non appena madre e figlio sarebbero usciti e lui avrebbe pagato il conto degli ingredienti di difficile reperibilità che aveva ordinato mesi prima.
«Professor Piton», disse improvvisamente la giovane donna, che si era rivelata essere effettivamente Madeleine Seabrook, una Tassorosso a cui aveva insegnato dal terzo al settimo anno. «Grazie.»
La giovane donna non disse altro, ma Severus l’aveva trovata prossima ad una crisi di panico, mentre cercava il figlio. Avendola avuta come allieva, non si stupiva nemmeno che non avesse utilizzato nessun incantesimo di quelli che ogni madre strega imparava non appena il figlio iniziava a camminare.
«Grazie», le fece eco il bambino con un sorriso.
Severus annuì soltanto a quei ringraziamenti, evitandosi l’imbarazzo di rispondere ad una parola che aveva sentito rivolta a lui estremamente di rado.
«Mamma, cosa sono quelle erbe profumate?»
La risposta della madre si perse nella bottega, mentre Severus si avvicinava al bancone e pagava.
«Se vuole, signora, esistono dei prodotti pensati per i bambini», disse il bottegaio, non appena gli ebbe dato il resto, avvicinandosi, improvvisamente ossequioso, a madre e figlio.
Severus osservò il piccolo che pareva decisamente interessato agli ingredienti che lo circondavo e si ricordò di aver desiderato, quando aveva avuto la stessa età del bambino, uno di quei piccoli kit per piccoli pozionisti, ma non aveva nemmeno osato parlarne con Tobias e Eileen, perché aveva saputo che il primo sarebbe andato in escandescenze e la seconda sarebbe rimasta passiva e indifferente di fronte a quel desiderio.
Notò che Madeleine Seabrook, ora Hardwick, appariva incerta, mentre il figlio sembrava entusiasta dell’idea, ma si accorse anche che il bottegaio stava tentando di imbrogliare una donna che appariva palesemente disorientata.
«Se mi posso permettere», disse, decidendo di intervenire, senza capirne veramente la ragione. «Esistono prodotti di certo più promettenti.»
Il bottegaio gli lanciò un’occhiataccia, ma Severus sapeva di essere uno dei suoi migliori clienti, prima di mostrare alla donna il suo prodotto migliore.
Sentì per qualche istante su di sé gli occhi grati del bambino, prima di aprire la porta della bottega e andarsene.
Quando si ritrovò nello squallore di Spinner’s End l’incontro di quel giorno gli parve già lontano, quasi perso nella nebbia dei ricordi.
D’altronde, si disse, non sarebbe sopravvissuto alla guerra incombente e, quando il piccolo Hardwick sarebbe giunto a Hogwarts, un altro gli avrebbe insegnato Pozioni.

view post Posted: 6/9/2023, 18:51 Sfida FF+Originali n.1 - La sfida dell'Unicorno - Sfide di Scrittura
CITAZIONE (Ida59 @ 6/9/2023, 17:58) 
Presumo tu stia parlando solo dell'originale. Sì, può essere anche in un'altra dimensione/pianeta/mondo parallelo.

Sì, parlavo dell'originale (avevo dimenticato di precisarlo). Grazie mille.

CITAZIONE
Direi di sì, se le storie sono in numero pari. Si potrebbe fare un'eccezione sui numeri dispari: 3 fic e 2 originali, ad esempio. Ma se ci fosse una sesta storia dovrebbe essere per forza una originale.

Perfetto. Grazie
view post Posted: 5/9/2023, 15:44 L'affascinante e misterioso giardino di Severus! - Sognando con Severus

Innocenza e contentezza



Villandry, 4 settembre 2006



Ygraine osservò con un sorriso il volto imbronciato di Antonia che non era riuscita a prendere la lettera che Rebecca aveva inviato da Hogwarts. Einar era stato più lesto, per quanto fosse di poco più basso della gemella.
«Papà non c’è» disse la bambina gli occhi neri fissi sul fratello che stava cercando di aprire la busta.
«Aspetteremo il suo ritorno da Tours prima di leggere cosa ci scrive Rebecca.»
Einar annuì, passandole la lettera tutta spiegazzata, che Ygraine stirò appena con le mani, prima di metterla nella tasca, straordinariamente ampia, del vestito che indossava quel giorno.
«Quando torna papà?»
«Tra non molto.»
Sapeva che non era una buona risposta, ma non aveva idea di quanto tempo Severus avrebbe trascorso a Tours. Si trattava di una riunione importante, in cui i soci del Centre de Recherche avrebbero valutato le ricerche in atto e deciso a chi affidare la direzione di uno dei gruppi e Ygraine sperava che venisse scelto il marito.
Sarebbe stato un riconoscimento della sua profonda conoscenza nel campo delle pozioni e un traguardo che meritava più di chiunque altro.
«Possiamo cantare, mamma?»
«Sì, ti prego» Einar si aggiunse alle parole della sorella.
La donna annuì e, seguita dai bambini, andò a sedersi sul divano del salotto. Antonia si rannicchiò immediatamente accanto a lei, mentre il figlio prese prima in mano un peluche a forma di tigre dal pavimento.
Ygraine iniziò a cantare una semplice melodia infantile francese che raccontava di una chiocciola che usciva felice durante i giorni di pioggia. Come ogni volta, la figlia fu la prima a unirsi a lei, seguita immediatamente da Einar.
Mentre cantavano, le voci parvero unirsi alla pioggia che ticchettava sulle tegole della casa, sul prato e su tutta quella zona di Francia. Anche a Tours le gocce scendevano fitte, quando Severus uscì dal Centre de Recherche, dopo discussioni fin troppo lunghe e con l’onere di dover dirigere una delle branche più complesse dell’intera struttura.
Aveva creduto che, dopo il pensionamento di uno dei responsabili, sarebbe stata scelta la sua pupilla, una strega polacca particolarmente portata per la speculazione teorica. Era stato certo che la donna avrebbe protestato per essere stata derubata di quella posizione, invece si era detta sollevata di non aver preso il posto del suo mentore.
Severus non riusciva nemmeno a capire se sentirsi orgoglioso per quel traguardo.
Era stato ciò che aveva sognato quand’era stato un ragazzo, prima di precipitare nel baratro di morte e sangue che era stata buona parte della sua vita da adulto. Per anni, era stato certo che non sarebbe quella possibilità gli fosse stata preclusa.
D’altronde, durante quei giorni aveva anche creduto che il suo destino sarebbe stato la morte e, quando era sopravvissuto, che la sua vita si sarebbe ripiegata unicamente sul passato e sulle sue colpe.
Soltanto quando aveva incontrato Ygraine e Rebecca, soltanto quando era riuscito ad amare di nuovo, quelli che un tempo gli erano sembrati sogni privi di speranza avevano iniziato ad avverarsi.
Quando rientrò a casa e sentì le voci della moglie e dei figli intonare le note di una filastrocca per bambini fu più ancora certo di quel semplice fatto.
Aveva una famiglia, delle persone che poteva chiamare amici, come lo erano diventati i genitori di Renaud, dei colleghi che lo rispettavano.
Antonia ed Einar gli corsero incontro non appena lo notarono e lo abbracciarono, come facevano sempre.
«È arrivata la lettera di Becca» disse la figlia, quando si fu staccata da lui.
«Ti abbiamo aspettato, papà» aggiunse il bambino.
Ygraine era rimasta seduta sul divano e gli stava sorridendo con dolcezza, gli occhi nocciola ancora colmi d’amore e di fiducia, come lo erano stati in Inghilterra quando l’aveva baciata per la prima volta sotto un ciliegio dai rami spogli scossi dal vento.
Einar tornò quasi subito accanto alla madre, ma Antonia lo prese per mano e lo trascinò quasi verso il resto della sua famiglia.
Prima di leggere la lettera di Rebecca si lasciò cullare dal chiacchiericcio del bambino che gli parlò della loro giornata. Il figlio era il più espansivo dei gemelli, forse perché aveva iniziato a parlare per primo o semplicemente a causa del carattere più riservato della figlia, che si era posizionata sulle sue ginocchia.
Quando Einar ebbe finito di parlare, un timido raggio di sole si era fatto strada fra le nubi e non pioveva quasi più. Severus osservò per un attimo il giardino al di là dei vetri, per quanto, da dove si trovavano non potevano vedere la parte posteriore dove ancora sbocciavano i fiori, soprattutto quelli dedicati ai bambini.
E mentre apriva la lettera di Rebecca, sentì farsi strada in lui una contentezza che era certo di non aver mai nemmeno sperato di provare, che gli parve si specchiasse nei delicati mughetti che aveva piantato quell’anno pensando ai suoi figli, alla gioia che gli trasmettevano, ai loro sorrisi felici, ai loro occhi privi delle ombre che erano sempre state presenti nel suo sguardo.





Villandry, 10 aprile 2010


«Hai ucciso i mughetti di papà.»
«Ci stavamo lavorando insieme, Antonia.»
«Però, sei stato tu ad annaffiarli ieri e a curarli oggi.»
«Perché tu non sbagli mai?»
«Non sono stupida come te.»
La bambina si dispiacque non appena pronunciò quelle parole.
Era stata cattiva.
Einar piangeva e lei non sapeva cosa fare.
«Tu…» la voce del bambino si spense in un singhiozzo.
Antonia aprì bocca per dire qualcosa, ma il fratello corse via, verso casa.
Avrebbe voluto seguirlo, ma rimase ferma dov’era.
Si era comportata male e papà aveva dato tanta fiducia a tutti e due, consentendo loro di rimanere da soli in giardino, mentre lui si occupava di un passaggio complicato di una pozione che gli avrebbe preso una mezz’ora.
E lei l’aveva rotta.
Sentì dei passi alle sue spalle e si mise a correre, fino alla quercia, su cui si arrampicò.
Non voleva vedere il volto deluso di papà.
Si nascose, certa che non l’avrebbe vista.
«Antonia.»
La bambina sentì la preoccupazione nella voce di papà e si sentì ancora più in colpa.
Aveva insultato Einar e aveva messo in pensiero il padre.
Era cattiva, si disse, mentre si calava dalla quercia.
«Io… non volevo dire quelle cose a Einar.»
Severus osservò con attenzione il volto pallido della figlia, incorniciato dai capelli neri che aveva ereditato da lui.
«So che non avresti voluto, Antonia» affermò, inginocchiandosi di fronte alla bambina, che lo stava fissando con gli occhi neri colmi di lacrime non ancora versate.
«Però l’ho fatto e adesso Einar mi odia.»
La figlia stava cercando di non piangere, si accorse Severus. I gemelli erano stati tranquilli per tutto il giorno ed erano riusciti a convincerlo a lasciarli da soli in giardino dove avrebbero curato i mughetti, come avevano fatto per tutta la settimana con l’intento di fare una sorpresa a Ygraine che si trovava a Milano per sostituire una collega durante tre recite di Otello.
«Tuo fratello non ti odia, Antonia» la rassicurò. Einar era corso nel laboratorio, quando lui aveva appena finito la pozione a cui stava lavorando. Il figlio era in lacrime e gli aveva spiegato singhiozzando l’accaduto. Quando era riuscito a calmarlo, avevano parlato e il piccolo gli aveva chiesto di andare a parlare con la sorella con cui voleva fare pace.
«Anche se sono cattiva?»
Il volto della bambina era affranto, ma la figlia continuava a rifiutarsi testardamente di piangere.
«Non sei cattiva, Antonia, ma hai lasciato che la rabbia che hai provato in quel momento ti portasse a parlare senza riflettere» le disse, sperando di non aver usato un linguaggio troppo complesso per la figlia, ma non era mai riuscito a parlare ai bambini con parole semplici come facevano altri genitori.
«Ti ho deluso, papà?»
La bambina tirò su con il naso e lo osservò con occhi che mischiavano innocenza e vergogna per la lite con Einar.
«No, Antonia» rispose ponendo una mano sulla spalla della figlia. «Hai capito immediatamente il tuo errore e ti posso assicurare che non è facile. Ho commesso molti errori nella mia vita e quello più grave non l’ho voluto riconoscere subito.»
«Ma tu, papà, non sbagli mai» protestò la bambina.
«Ho commesso molti errori, invece, Antonia» Severus era certo che gli fosse tremata la voce. Sapeva che un giorno, prima dell’undicesimo compleanno dei figli, avrebbe dovuto parlare loro del suo passato e temeva quel momento, nonostante le rassicurazioni di Ygraine. «Alcuni molto gravi e so che ne commetto ancora oggi.»
La bambina lo stava osservando con gli occhi neri colmi di un’innocenza che era certo di non aver mai avuto nello sguardo. Era scomparsa la vergogna, quasi che la sua ammissione di aver commesso degli errori avesse risollevato l’animo di Antonia.
«Ma mamma non ti amerebbe se tu fossi cattivo.»
Severus rimase immobile, osservando il volto infantile della figlia che sembrava così convinta delle sue parole. Ygraine, se fosse stata presente, avrebbe detto che lui era una brava persona dall’animo nobile.
Un’idea in cui egli ancora non riusciva a credere pienamente.
Eppure, assaporò il perdono inconsapevolmente celato nelle parole di Antonia.
«Tuo fratello ci sta aspettando in salotto» disse, senza riuscire a rispondere realmente alla bambina, che annuì, prendendogli la mano con una fiducia così assoluta di cui non credeva di sentirsi realmente degno.
O, forse, aveva semplicemente paura di perdere tutto quando avrebbe dovuto parlare con lei ed Einar e narrare loro del male che aveva portato nel mondo. Ygraine gli aveva detto che i bambini non avrebbero mai potuto odiare l’uomo che li aveva cresciuti, che aveva letto loro dei libri, che aveva curato le loro sbucciature e che li aveva consolati.
Era anch’egli cosciente di non essere più l’uomo che aveva deciso di unirsi all’Oscuro Signore, né quello che aveva sprecato tre anni della sua vita davanti ad un quadro.
Eppure, non riusciva a impedirsi di provare una leggera inquietudine per il futuro.
Tuttavia, mentre osservava i figli parlare e abbracciarsi dopo il litigio in giardino, non volle concentrarsi sulle sue paure.
I gemelli si avvicinarono a lui, che era rimasto in disparte, e lo convinsero ad andare tutti insieme in giardino a salvare quanto si poteva dei mughetti e, mentre lavoravano, Severus notò l’innocenza che traspariva da ogni gesto di Antonia ed Einar e la loro contentezza.
E se ne sentì quasi partecipe.

view post Posted: 4/9/2023, 09:13 Sfida FF+Originali n.1 - La sfida dell'Unicorno - Sfide di Scrittura
Qualche idea ce l'ho (per la fanfiction è stata quasi istantanea. Per la storia originale devo solo vedere cosa farne degli unicorni).
Parteciperò quindi alla sfida.

Ho comunque qualche domanda (dalla risposta forse scontata), così sono certa di non sbagliare nulla:

- Per il centro commerciale, dato che è specificato "ai giorni nostri", deve trovarsi nel nostro mondo o deve essere un centro commerciale come i nostri (quindi come quelli dei nostri giorni), ma può trovarsi, per esempio, in un'altra dimensione/ altro pianeta / mondo parallelo?

- Se volessi scrivere - cosa di cui dubito - più di una storia, occorre sempre andare in accoppiata (un'originale e una fanfiction)? [mentalmente mi sono risposta di sì perché si perderebbe il senso della sfida]
view post Posted: 31/8/2023, 12:30 L'affascinante e misterioso giardino di Severus! - Sognando con Severus
CITAZIONE (Ida59 @ 30/8/2023, 22:18) 
Bello e dolcissimo.

Sono felicissima che il capitolo ti sia piaciuto (ho pensato un po' per dargli una forma soddisfacente... non sono abituata a descrivere la dolcezza). <3
view post Posted: 30/8/2023, 09:07 I Personaggi di Harry Potter ed i loro omonimi operistici - -Aula di musica
Prima di lasciar spazio alla musica (Eileen avrà una lunga trattazione) vi propongo l'elenco delle opere, aggiungendo, dove accade, con che altro personaggio omonimo condivide la scena.
Vi segnalerò anche se la nostra Eileen è personaggio principale o secondario.

  1. Leos Janacek, L’Affare Makropulos, Emilia Marty, alias Elina Makropulos (S) --> è la protagonista dell'opera (e qui c'è anche un pizzico di magia... o meglio di alchimia)
    2. Richard Strauss, Die AEgyptische Helena, Helena (S) ---> è la protagonista dell'opera
    3. Giuseppe Verdi, Aroldo, Elena, cugina di Mina (Ms) ---> personaggio secondario
    4. Nino Rota, Il Cappello di paglia di Firenze, Elena (S) ---> è la protagonista femminile dell'opera
    5. Gioacchino Rossini, La donna del lago, Elena (S) ---> è la protagonista dell'opera che condivide con James (Giacomo).
    6. Henry Purcell, The Fairy Queen, Helena (rec) --> credo sia un personaggio secondario
    7. Gaetano Donizetti, Marin Faliero, Elena, moglie del doge (S) ---> è la protagonista femminile dell'opera
    8. Arrigo Boito, Mefistofele, Elena (S) --> è un personaggio secondario ma piuttosto rilevante
    9. Benjamin Britten, A Midsummer Night’s Dream, Helena (S) ---> è una delle protagoniste di un'opera corale tratta da Shakespeare
    10. Cristoph Willibald Gluck, Paride e Elena, Elena (S) --> è la protagonista femminile dell'opera
    11. Léo Delibes, Lakmé, Ellen (S) --> è un personaggio secondario
    12. Benjamin Britten, Peter Grimes, Ellen Orford, vedova e maestra di scuola del borgo (S) --> è la protagonista femminile dell'opera che condivide con Peter.
    13. Giuseppe Verdi, Les vepres siciliennes, Hélène (S) ---> è la protagonista femminile dell'opera che condivide con Harry

view post Posted: 29/8/2023, 11:33 L'affascinante e misterioso giardino di Severus! - Sognando con Severus
Avevo inizialmente pensato di scrivere un unico capitolo chiamato florilegio, ma mi stava diventando troppo lungo, quindi ho preferito dividerlo in capitoli più brevi.

Dolcezza



Villandry, 20 agosto 2004



Severus non riusciva a staccare gli occhi dalle tre altee che aveva piantato in giardino alcuni mesi prima, non lontane dai timidi bucaneve e dal mughetto.
Avrebbe dovuto occuparsi delle ben più importanti erbe che gli sarebbero servite per alcune pozioni su cui stava lavorando, ma non riusciva a vedere altro se non quei fiori rosa sorretti da uno stelo già piuttosto alto.
Non era un segreto per nessuno – sicuramente non per lui, né per Ygraine, né men che meno per Alfred – che quella pianta rappresentasse i suoi figli. Quando Antonia ed Einar erano nati, poco meno di un anno prima, aveva deciso di piantare l’altea in onore loro e di Rebecca, ma aveva voluto fare le cose nel modo Babbano, non tanto per non destare i sospetti dei vicini, quanto piuttosto per rendere più significativo quel dono silenzioso.
«Pensavo che dovessimo occuparci della lavanda, papà.»
Rebecca si era fatta più alta durante i mesi precedenti, notò Severus, mentre la ragazza gli si avvicinava.
«Ed è quello che faremo tra poco» le disse, osservandone il volto che stava perdendo, in parte, i segni dell’infanzia.
«In quale Casa finirò, secondo te, papà?»
Era la prima volta che Rebecca gli poneva quella domanda. Non l’aveva fatta quando le era arrivata la lettera da Hogwarts, né dopo essere tornata da Tours con la bacchetta e i libri che avevano fatto ordinare alla piccola libreria della parte magica della città.
All’epoca, Severus aveva ancora sperato di convincerla ad iscriversi a Beauxbatons o nella più piccola e meno antica Scuola Magica di Reims, ma Rebecca non aveva mai desistito dall’idea di frequentare Hogwarts, come aveva fatto lui.
«Non è importante in quale Casa verrai smistata, Rebecca, come non lo sarà per i tuoi fratelli, se andranno anche loro a scuola in Inghilterra.»
La ragazza osservò il volto del mago. Sapeva che papà era preoccupato per lei, che avrebbe preferito che decidesse di non andare a Hogwarts, ed era certa che lo stesso sarebbe accaduto con Antonia ed Einar.
«Mi dispiace che tu e mamma non possiate accompagnarmi all’Espresso il primo settembre.»
«Tuo nonno è entusiasta all’idea di prendere il nostro posto.»
Rebecca rimase per qualche istante in silenzio, mentre lasciava scorrere lo sguardo sul giardino, chiedendosi quando sarebbero arrivati i gemelli e mamma. Era una bella giornata di sole e ai bambini – soprattutto ad Antonia che aveva già mosso i primi passi – piaceva stare tra i fiori che papà curava con tanto affetto.
«La nonna è più intimorita, ma… avrei preferito andare con te.»
«Lo so, Rebecca, ma non voglio che tu venga presa di mira a scuola per causa mia. Non sono nemmeno trascorsi dieci anni dalla fine della guerra magica e in molti non hanno preso bene la mia assoluzione» affermò l’uomo, osservando il volto improvvisamente serio della ragazza. Non avrebbe mai voluto deluderla, ma non voleva correre alcun rischio con lei. «Non importa quello che tu credete tu o Ygraine sul mio conto. I maghi e le streghe inglesi non dimenticano facilmente il passato e Hogwarts può essere un luogo crudele.»
Severus non avrebbe voluto dire quelle parole che avrebbero soltanto preoccupato Rebecca, ma non voleva che la ragazza nutrisse delle illusioni. Aveva avuto modo di leggere alcuni numero della Gazzetta del Profeta e, in quello del due maggio di quell’anno, si faceva riferimento all’ingiustizia dell’assoluzione di alcuni noti Mangiamorte e, giusto per essere più chiari, avevano fatto esplicitamente il suo nome, aggiungendo che aveva lasciato l’Inghilterra, come se questa fosse una colpa.
«Lo capisco, papà» disse la ragazza, avvicinandosi a lui. «E ti voglio bene.»
Nelle parole di Rebecca lesse l’affetto e la comprensione. La figlia maggiore – e non importava che non condividessero nemmeno una goccia di sangue – era matura per la sua età e, a volte, si sentiva responsabile del fatto che la ragazza era cresciuta troppo in fretta. Tuttavia, quella sensazione si dissolveva rapidamente di fronte allo sguardo di Rebecca e alla voce di Ygraine che stava cantando una tenera canzone ai piccoli.
E, alla fine, rimaneva la dolcezza dell’affetto che lo legava ai suoi figli, quella stessa dolcezza che aveva tentato di esprimere attraverso le tre altee che aveva piantato.

view post Posted: 29/8/2023, 08:42 I Personaggi di Harry Potter ed i loro omonimi operistici - -Aula di musica
Ho ricominciato a scrivere le lezioni per l'aula di musica (riprenderò verso fine settembre) e mi è ricapitata sotto gli occhi questa vecchissima idea (insieme a quella intitolata pozioni all'opera, a cui si potrebbero anche aggiungere profezie all'opera e incantesimi all'opera [senza essere troppo sottile metterò insieme incantesimi, difesa contro le arti oscure e trasfigurazione] nonché creature magiche all'opera) e mi piacerebbe riprenderla in mano.

L'idea era quella di cercare i vari personaggi operistici che portano lo stesso nome proprio dei personaggi di Harry Potter e di vedere se, le varie comparsate operistiche, si avvicinano o meno al personaggio della saga.
Avevamo già analizzato Rodolphus Lestrange e Remus Lupin (devo ritrovare l'ascolto).

Era stata anche abbozzata la lista dei prossimi personaggi:

Eileen Snape
Lucius Malfoy
Minerva McGonnagal
Draco Malfoy
Hermione Granger
Charlie Weasley

Se per voi va bene riprenderei da Eileen, di cui abbiamo almeno 13 comparsate operistiche.
view post Posted: 9/8/2023, 17:07 L'affascinante e misterioso giardino di Severus! - Sognando con Severus
CITAZIONE (Ida59 @ 7/8/2023, 22:02) 
L’ansia di Severus per la moglie riesce a mettere in ansia anche me, che è tutto dire! In ogni caso, stupendo lui, così innamorato!

Sono felice che ti sia arrivata l'ansia di Severus! Era una scena che volevo scrivere da tanto tempo.

CITAZIONE
Non potrebbe esserci cosa più bella per Severus!

Anche l'autrice non più così sadica concorda.

CITAZIONE
Ho sorriso a questo suo pensiero: spaventapasseri, ma perfettamente adeguato!

Era tanto che volevo arrivare a questo pensiero e il viaggio in treno mi è sembrato l'ideale.

CITAZIONE
Bello questo rapporto mediato dal linguaggio dei fiori con il suocero

Felice che ti piaccia!
CITAZIONE
Commovente!

Grazie mille!!
view post Posted: 20/7/2023, 10:28 Buon Compleanno Ele Snapey! - Compleanni, Ricorrenze e Affini
So di essere in estremo ritardo. Quindi: TANTISSIMI AUGURI RITARDARI, ELE!!!
view post Posted: 26/6/2023, 16:50 L'affascinante e misterioso giardino di Severus! - Sognando con Severus
Dopo secoli, propongo un nuovo frammento di giardino. Ne mancano due, massimo tre, che spero di proporre al più presto.

Nobiltà d’animo




Parigi e Villandry, 18-19 maggio 2003



La voce di Ygraine si levò dolce nell’immensità della sala, mentre evocava i cieli azzurri dell’Egitto dei Faraoni. Era inginocchiata in mezzo alla grande scena vuota, in abiti che non avevano nulla a che fare con l’epoca di svolgimento della storia, ma che sembravano rendere in maniera più brutale il fatto che Aida era una schiava.
Severus osservava con attenzione ogni minimo movimento della moglie, ogni impercettibile segno di fatica, ma Ygraine appariva quasi eterea, mentre chiudeva le ultime note dell’aria. Conosceva perfettamente la messa in scena e sapeva che il regista l’aveva adattata alle condizioni della sua sposa, togliendo in parte drammaticità alle scene, ma rendendo più fragile la protagonista.
Come le altre quattro serate, venne catturato dal modo in cui la moglie riusciva a diventare Aida, a metterne in luce le fragilità, a mostrare come l’unica vera scelta compiuta dalla giovane etiope fosse la morte al fianco di Radames.
Come le altre quattro serate, era preoccupato per Ygraine e per i bambini che portava in grembo.
Sapeva razionalmente che non esisteva nessun rischio e che, dopo quella sera, la moglie non si sarebbe più esibita su un palcoscenico fino alla nascita dei gemelli. Eppure, quella parte di lui, che aveva temuto la felicità trovata insperatamente accanto a Ygraine e Rebecca, non riusciva a restare tranquilla.
E non lo fu nemmeno quando l’ultima nota risuonò quasi impalpabile, né quando i cantanti si portarono alla ribalda per ricevere gli applausi.
Da dove si trovava, nell’ampia platea di Opéra Bastille, non riusciva a leggere l’espressione degli occhi nocciola di Ygraine, ma era certo che fossero radiosi al pari del suo sorriso. Il pubblico sciamò, scambiando commenti entusiasti, mentre Severus si recava verso una porta nascosta su un lato dell’ampia platea e passava rapidamente dietro le quinte. Nessuno fece caso a lui, ma il retropalco sembrava più simile ad un porto di mare che ad un teatro.
D’altronde, lo avevano visto per tutte le prove e per le altre quattro recite. Seguì alcuni corridoi intricati fino a che non raggiunse il piano dove si trovavano i camerini degli artisti. La prima volta che aveva accompagnato la moglie si era detto che il progettista di quell’enorme teatro doveva aver tratto un sadico piacere nel complicare la vita a chi vi lavorava.
Dominique, che aveva interpretato Amonasro, lo salutò con un cenno del capo, quando Severus raggiunse il camerino di Ygraine, che aveva già tolto il semplice abito di scena per indossare il vestito primaverile con cui era uscita dalla casa di Villandry quella mattina.
«Sto bene» gli disse, prima ancora che aprisse bocca, un dolce sorriso sulle labbra. «Ma sono felice di rimanere a casa per i prossimi mesi.»
Ygraine si alzò in piedi e si avvicinò a Severus. Era la prima volta che pronunciava quelle parole, ma non aveva voluto preoccuparlo. Mentre cantava non sentiva alcuna stanchezza, che la coglieva sempre nel camerino o quando era circondata dalle persone che volevano un suo autografo.
«Se vuoi possiamo evitare di andarcene dall’uscita artisti.»
«Non è necessario. Abbiamo il treno tra un’ora e mezzo e io sono già pronta.»
Severus annuì, anche se avrebbe voluto evitare quella fatica alla moglie. Eppure, sapeva che era troppo rischioso Smaterializzarsi, soprattutto considerando che Ygraine era una Babbana e non c’era molta letteratura in proposito. Aveva cercato qualsiasi informazione in proposito, ma, a quanto sembrava, erano molto più frequenti le unioni tra una strega e un Babbano che il caso contrario. Presero insieme l’ascensore che portava dai camerini, posti al sesto piano, fino al pianterreno. Una volta giunti si mise in disparte, dopo che l’addetto alla portineria ebbe fatto accomodare la moglie dietro il bancone.
Fortunatamente non c’erano molte persone ad attendere gli artisti. Severus osservò Ygraine sorridere e rispondere gentilmente ad ogni persona che si avvicinava a lei. Gli parve più bella del solito, con i lunghi capelli biondi raccolti in una treccia morbida.
E mentre la osservava si sentì incredibilmente fortunato ad averla incontrata.
Senza di lei non starebbe toccando una felicità che aveva sempre creduto che gli fosse preclusa. Con ogni probabilità si sarebbe trovato ancora davanti al quadro di Sancta Lilias ad osservare le fattezze di una donna che non era veramente Lily, a credersi ancora innamorato di un fantasma perfetto che aveva creato nella sua mente.
Sarebbe stato ancora bloccato nell’inverno della sua anima e non avrebbe mai conosciuto la primavera del perdono.
Doveva tutto il suo presente alla moglie e a Rebecca, ma era intimamente certo che la bambina non sarebbe stata sufficiente per fargli realmente comprendere in quale modo avesse sprecato tre anni della vita che si era ritrovato inaspettatamente a vivere dopo che si aveva creduto di morire per il morso di Nagini.
Ygraine lo aveva perdonato e, mentre la osservava ricevere dal teatro un vaso di garofani del poeta, si rese conto che aveva imparato a perdonarsi. Non sentiva più il peso della colpa ogni volta che pensava ad Albus o quando ripercorreva i suoi anni di spia perché era cosciente che aveva fatto il suo dovere per portare alla caduta dell’Oscuro Signore.
Tutti i suoi rimpianti, tutta la sua colpa si concentrava ormai sulla scelta che aveva compiuto guidato dalla rabbia, dalla frustrazione e dal senso di rivalsa ed era abbastanza realista da sapere che quella maledetta decisione non sarebbe mai riuscito realmente a perdonarsela.
Eppure, la decisione di diventare Mangiamorte, presa quando era forse troppo giovane, non offuscava più la felicità che provava in quel momento.
«Possiamo andare» disse Ygraine, raggiungendolo quando all’uscita artisti di Opéra Bastille erano rimasti soltanto gli addetti del teatro.
Mentre camminavano verso la metropolitana, la donna passò i fiori a Severus, prima di prenderlo sottobraccio. Si sentiva malinconica per quanto sapesse di non averne alcun reale motivo. Avrebbe interrotto la sua carriera per qualche mese, per poi tornare a cantare in un ciclo di recital quando i bambini avrebbero avuto quattro mesi.
Eppure, il palcoscenico le sarebbe mancato.
Non erano gli applausi ad attrarla del suo mestiere, quanto, piuttosto il poter immergersi nella musica, lo scavare a fondo il personaggio che avrebbe interpretato e confrontarsi con gli altri interpreti.
Il viaggio in metropolitana fino a Gare Montparnasse fu tranquillo e ben presto si sedette accanto al marito sul treno per Tours, dove Stéphane, il padre di Renaud, sarebbe andato a prenderli per riaccompagnarli a casa.
«Credi che potremmo piantarli in giardino?» domandò a Severus, mentre il treno partiva.
«Naturalmente.»
Ygraine gli sorrise, prima di appoggiare il capo contro la sua spalla. L’uomo rimase per qualche istante immobile, i garofani posati sul tavolino del treno, prima di stringere a sé la moglie. Si riteneva incredibilmente goffo, per quanto quello fosse un gesto ormai abituale, ma non riusciva a sentirsi a suo agio a manifestare il suo affetto in pubblico, sebbene sapesse che nessuno degli altri passeggeri stava facendo caso a lui.
Eppure, quando si accorse che Ygraine si era addormentata, si sentì stranamente in pace.
Ogni momento di quella nuova vita era fatto di gesti normali, che aveva visto fare a innumerevoli persone, ma che gli erano sempre stati preclusi.
Quando era stato giovane e sciocco aveva creduto che, un giorno, avrebbe potuto abbracciare in quel modo Lily, ma erano stati dei vani sogni, che si erano scontrati con quel senso di disagio che provava ogni volta che era accanto alla ragazza. Gli era sempre apparso, allora, di essere una specie di spaventapasseri che cercava di attirare l’attenzione di un essere perfetto.
Ed anche quella era stata una stupida illusione, ma aveva impiegato fin troppo tempo per rendersene conto.
Mentre Ygraine dormiva tranquilla, appoggiata contro di lui, si rese conto di non essersi mai sentito inadeguato accanto a lei, benché fosse perfettamente consapevole di essere ancora simile ad uno spaventapasseri.
Sfiorò delicatamente il ventre arrotondato della moglie, mentre cercava di immaginare i mesi a venire e i due bambini che sarebbero venuti al mondo. Da quando aveva parlato con Ygraine dei suoi dubbi, da quando le aveva rivelato anche l’unico tassello della sua vita che le aveva taciuto, si sentiva più tranquillo. Era certo di amare i suoi figli, così come amava Rebecca che quella domenica era rimasta a Villandry perché era il compleanno della sorella minore di Renaud.
Aveva avuto paura di poter diventare come Tobias, ma osservando la bambina che lo chiamava papà si era reso conto che Ygraine aveva ragione e che non sarebbe diventato come l’uomo che lo aveva messo al mondo.
Scosse appena la moglie, quando il treno iniziò a rallentare poco prima di entrare nella stazione TGV di Tours e, poco dopo, insieme scesero dalla carrozza. Stéphane li attendeva sul binario insieme a Rebecca e a Renaud.
«Sono voluti venire anche loro» disse l’uomo come spiegazione, mentre li accompagnava all’automobile.
Ygraine si sistemò nel sedile, ascoltando vagamente Rebecca e Renaud spiegare come avevano trascorso la giornata. Forse avrebbe dovuto procurarsi una macchina quando si erano trasferiti in Francia, ma aveva preso l’abitudine di andare in bici alla piccola stazione di Savonnières quando doveva andare a cantare oppure, quando il tempo era brutto, di dipendere dalla magia del marito. Non che la Smaterializzazione fosse piacevole, ma aveva il pregio della rapidità.
Forse, se ne sarebbe procurata una dopo la nascita dei bambini.
Il viaggio fu tranquillo e fu felice di trovarsi nuovamente a casa. Lasciò che Severus preparasse la cena – d’altronde il marito era un cuoco decisamente migliore di lei – mentre Rebecca le faceva alcune domande sulla recita di quel giorno.
La malinconia che l’aveva presa uscita da teatro sembrò lasciarla durante il pasto. Era tutto così naturale, si disse, mentre osservava la sua famiglia e cercò di immaginarsi due maschietti dai capelli e dagli occhi neri come Severus. Sapeva che il marito sperava che lei stesse aspettando due bambine e, per un istante, si chiese se non dovesse chiedere al prossimo controllo di sapere il sesso dei nascituri, ma scacciò subito l’idea. Voleva assaporare la sorpresa, cercare i nomi e condividere quella ricerca con l’uomo che amava.
Quando si ritirarono, Severus lasciò i garofani dei poeti sul tavolo della cucina, illuminati dalla dolce luce della luna crescente.
Al risveglio l’uomo li vide illuminati dalla luce del sole e già li immaginò nel giardino accanto alla serenella in mezzo alle campanule, ai fiordalisi e ai garofani rosa. Sarebbe stato un altro simbolo del suo amore per Ygraine, che Alfred, quando sarebbe venuto a trovarli ai primi di luglio, avrebbe osservato con un sorriso.
Dopo aver accompagnato Rebecca a scuola e aver comprato il pane, rispondendo all’abituale domanda della panetteria sulla gravidanza della moglie, rincasò. Ygraine stava chiacchierando con Françoise che lo salutò con un cenno del capo. Era certo che la vicina di casa avesse formulato più di un’ipotesi su quello che lui faceva per vivere, ma era abbastanza discreta per non tormentarlo con inutili domande.
Si perse, per qualche ora, nel suo lavoro, aggiungendo alcune annotazioni alla nuova ricerca che gli era stata affidata e che, se avesse dato buoni frutti, avrebbe potuto aiutare a combattere alcune malattie magiche infantili.
Quando ebbe finito, si sentì soddisfatto dei progressi fatti, di cui avrebbe parlato a Tours il giorno successivo. Sistemò con cura il laboratorio, prima di uscire e recarsi in salotto che trovò deserto, al pari della cucina da cui erano spariti anche i garofani dei poeti.
Si avvicinò alla portafinestra e vide la moglie, seduta su una delle comode panche che avevano sistemato vicino al bacino. Stava leggendo un libro, i capelli sciolti mossi leggermente dalla brezza.
Rimase immobile ad osservarla per qualche lungo istante, prima di raggiungerla e sedersi accanto a lei.
«Dove sono i garofani dei poeti?» chiese, dopo che la moglie ebbe posato il libro. «Vorrei piantarli.»
«Mentre eri nel laboratorio Françoise si è offerta di sistemarli.»
Severus seguì lo sguardo della moglie che indicava un punto vicino alla quercia, una delle poche parti del giardino prive di fiori.
«Sarebbero stati perfetti accanto ai garofani rosa» affermò l’uomo.
«Immaginavo che avresti voluto piantarli in quella parte di giardino, ma li ritengo più adatti a stare in compagnia della quercia» spiegò Ygraine, voltandosi verso di lui. «Ho telefono a papà poco prima che arrivasse Françoise e abbiamo parlato del particolare tipo di garofani che mi hanno regalato. Non avrei potuto trovare posto migliore.»
Severus osservò per qualche istante la moglie, gli occhi nocciola colmi di amore e dolcezza, poi portò la sua attenzione sulla quercia. Ricordava il modo in cui Ygraine aveva associato quell’albero a lui.
Gli aveva detto che era stato leale e costante.
L’uomo non sapeva se ritenersi realmente tale, se sarebbe mai riuscito a guardare a sé stesso con l’ammirazione della moglie.
Forse, poteva ritenersi leale, perché, dopo che era diventato una spia per Silente, non aveva nemmeno immaginato di tornare sui suoi passi.
Forse, poteva credersi costante, negli anni in cui aveva dovuto fingere di essere un leale seguace dell’Oscuro Signore.
Ma non sarebbe mai riuscito a ritenersi nobile d’animo, secondo il significato araldico del garofano dei poeti.
«Ygraine» iniziò a dire, prendendo una mano della moglie tra le sue. «Il mio animo non è nobile. So che tu mi ritieni una brava persona e, credimi, sto cercando in tutti i modi di tentare di vedermi sotto questa luce, ma non so se ci riuscirò mai e anche se accadesse non potrei mai trovare alcuna nobiltà nel mio animo.»
«Eppure, soltanto una persona dotata di un animo nobile possiede la forza di comprendere il proprio errore e di porvi rimedio.»
Il volto di Ygraine era illuminato dalla dolce luce del perdono che era stata in grado di donargli e che lui aveva imparato, lentamente, a concedersi.
Forse, avrebbe potuto far sue le parole appena pronunciate dalla moglie, per quanto non fosse sicuro di riuscirci realmente.
«Il giardino è sempre stato un dono per te e per Rebecca e per i bambini» disse infine.
«So che tutti i fiori che hai piantato e che curi con tanta dedizione sono per noi. Papà mi ha fatto una curiosa lezione sul loro significato, ma una parte di questo nostro giardino è anche tua. O, forse, il giardino rappresenta la nostra famiglia. Papà mi ha detto che i fiori di pero rappresentano l’amicizia duratura e che il crisantemo rosa dice io amo e che quelle belle rose screziate bianche e rosa parlano dell’unità di una coppia.»
Severus osservò il volto della moglie e i suoi occhi nocciola sempre così colmi d’amore. Portò poi lo sguardo sul giardino, sulle ninfee che si specchiavano nel bacino centrale, sul pero che si trovava sul limitare del prato, sulle rose screziate accanto alla parete della casa e sui garofani del poeta che facevano bella mostra di sé accanto alla quercia.
Aveva creduto di costruire uno specchio di Ygraine e Rebecca.
Invece, la sua dolce sposa aveva ragione e quel giardino così bello e armonioso rappresentava tutti loro.

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