Questa é la mia storia.
Ancora va riletta.
Devo trovarci un titolo.
Le domande che vi faccio sono sostanzialmente due:
- In alcuni punti é venuta più corale di quello che mi aspettavo. Quindi, Hermione secondo voi é messa in secondo piano?
- La scena col Ceppello ci sta o sembra buttata lì perché deve esserci anche lui? Ora che la sto riguardando ho paura di aver fatto troppo.
Titolo: DA DEFINIRE
Autore: ellyson
Beta:
Tipologia: One Shot
Rating: Per tutti
Genere: generale
Personaggi: Severus Piton, Hermione Granger,
Pairing: Severus/Hermione
Epoca: post 7 anno
Avvertimenti: AU
Riassunto:
DA DEFINIRE
Caratteri (spazi inclusi): 27.353
Note: storia scritta per la sfida annuale 15 anni con Severus. Mese di Febbraio. Scuola di Durmstrang.
DA DEFINIRE Scuola di Durmstrang
Nota: questa storia fa parte dell’universo Eligis tuum iter. Dello stesso universo potete leggere anche Porcospino, Hopless Hope, Eredità, Esprimi un desiderio, Severus, In attesa di questo momento, La strana coppia, M.U.O.R.I. - Copiare – Uno sporco lavoro
TITOLO
La vita non smetteva più di sorprenderlo.
Era sopravvissuto alla guerra; al morso di Nagini; alle occhiate di maghi e streghe che si chiedevano se effettivamente fosse una spia di Silente o solo un Mangiamorte molto astuto capace di girare la verità a suo vantaggio.
Era sopravvissuto alla rivelazione di
chi aveva reso possibile la sua straordinaria ed incomprensibile sopravvivenza e successivamente un amore improvviso e travolgente che l'aveva spaventato a tal punto da fuggire sentendosi inadeguato per quella donna così giovane.
Arreso, infine, a quel sentimento che non era non stato più in grado di ignorare.
Desideroso solo di un po’ di felicità che per anni era sembrata irraggiungibile. Un miraggio traballante nella sua precedente vita arida come il deserto.
Quella sua seconda vita, quella seconda opportunità che non aveva mai avuto neppure l'ardire di sognare, era stata un susseguirsi di sorprese.
Tutte straordinariamente piacevoli.
Il mago osservò Elijah sparpagliare diversi libri per bambini sul pavimento nel grande salotto di Grimmauld Place.
Era sempre strano trovarsi in quella casa ora pulita e accogliente.
Era stata completamente ristrutturata, Potter e sua moglie avevano tolto tutto quello che ricordava un'epoca oscura ed infelice.
L'epoca dove lui era solo un'ombra in mezzo ad altre ombre.
Il quadro della madre di Black era stato eliminato utilizzando incantesimi di alto livello che lui stesso aveva creato con l’aiuto della sua brillante moglie, l'arazzo della famiglia Black era stato staccato dal muro, piegato con cura e fatto recapitare ad Adromeda che, a sua volta, l'aveva consegnato alla sorella Narcissa. Da quello che sapeva, Narcissa l'aveva lasciato a prendere polvere in una scatola in una delle cantine buie di Villa Malfoy.
Erano sparite le teste mozzate degli elfi, incarico che aveva visto Hermione staccarle personalmente dalle pareti una per una per poi dar loro degna sepoltura vicino alla tomba di Dobby.
L’unica cosa rimasta della vecchia casa era la cornice del quadro Preside Black appesa nel salotto, ma era sempre vuota. Il ritratto del vecchio Black era per la maggior parte del tempo nella cornice in presidenza a sonnecchiare come tutti gli altri presidi, tratte quando entrava Hermione. In quel caso se ne andava borbottando parole acide, ancora offeso per il trattamento subito durante la guerra.
La casa che un tempo trasudava oscurità e odio verso i Babbani era diventata un luogo caldo e accogliente.
Ginny, tuttavia, voleva avvicinarsi alla Tana, desideravano un giardino in modo che i loro figli, con tutti i cugini e gli amici potessero giocare, così si stavano trasferendo e loro avevano acconsentito – Hermione aveva acconsentito, lui era stato costretto a partecipare nonostante tutti i suoi sbuffi – ad aiutarli a imballare parte delle loro cose.
Si era così ritrovato a Grimmauld Place di sabato mattina a sistemare in scatoloni vasi e stoviglie chiedendosene il motivo.
Il tutto con poche ore di sonno alle spalle dato che Elijah non li aveva fatti dormire molto quella notte.
Quello stesso dolce bambino che, al momento, stava sfogliando tranquillo un libro per bambini piccoli sul pavimento.
Era calmo, ma solo perché si era appena svegliato dal riposino pomeridiano.
Mentre con le lunghe dita avvolgeva un bicchiere con una pagina di una vecchia copia della Gazzetta del Profeta, Hermione entrò nel salotto con una pila di tovaglie in mano e una che svolazzava alle sue spalle.
- Ti rendi conto quanto questo sia inutile? - sibilò appoggiando il bicchiere incartato con cura nella scatola – Ti ricordo che siamo maghi! Possiamo far sparire ogni mobile con un colpo di bacchetta e farlo riapparire nella nuova casa.
Sua moglie appoggiò le tovaglie sul tavolo, lanciò un'occhiata al figlio e sorrise dolcemente.
Per tutti i gargoyle quanto amava quel sorriso.
Ed era suo. Solo e solamente
suo.
- Il quartiere è Babbano, Severus. Si insospettirebbero se non vedessero trasportare neppure uno scatolone.
- Ricordami
perché li stiamo aiutando.
- Sono nostri amici.
-
Tuoi amici, Hermione. - ci tenne a precisare - Sono tuoi amici.
Lei non si lasciò ingannare, si avvicinò, gli posò una mano sul petto e gli sfiorò le labbra con un delicato bacio.
Ma un bacio non bastava. Non bastava mai.
Gliene rubò un altro a fior di labbra.
- Quando mi hai sposato hai preso tutto il pacchetto. Era scritto nelle carte che abbiamo firmato al Ministero.
- Per questo c'erano tante scritte in piccolo? - domandò ironico.
Hermione scoppiò a ridere, era la seconda cosa che amava di più a mondo.
Un bel suono che gli ricordava sempre quanto fosse fortunato e quanto avrebbe potuto perdere per la sua testardaggine.
Elijah si alzò dal pavimento, mise un piede su un libro che lo fece cadere picchiando il sedere ben fasciato dal pannolino.
Rise prima di rialzarsi per svicolare di nuovo dimostrando una testardaggine imputabile solo un mix perfetto di geni Serpeverde e Grifondoro.
- Quel bambino sarà la mia morte. - sussurrò Hermione con un sospiro sconsolato – Già da quando era nella pancia.
Era vero. Se con la gravidanza di Hope non aveva avuto alcun problema, se non le nausee mattutine che si erano protratte fin quasi alla fine della gravidanza, non si poteva dire lo stesso della gravidanza di Elijah.
Con una bambina di poco più di un anno e un lavoro stancate aveva avuto una minaccia di aborto al quinto mese che l'aveva costretta a letto fino al parto.
Erano stati quattro mesi duri ed estenuanti per tutti.
Elijah era un bambino curioso, a volte troppo per un bambino di poco meno di due anni.
Sembrava non aver paura di nulla e questo faceva paura a
lui.
Aveva, però, scoperto una cosa interessante: amava sentirlo leggere. Quando si metteva sul divano con un libro si arrampicava sulle sue gambe per sentirlo leggere a voce alta.
Non importava che libro fosse: dalle fiabe di Beda il Bardo ai manuali di pozioni. Anzi, a dire il vero, gli era sembrato che fosse molto più interessato dalle immagini sui libri di pozioni che da quelle sui libri di Beda, ma probabilmente lo aveva solo immaginato.
Quanto poteva capirne un bambino con addosso un pannolino della differenza tra l’occhio di un coleottero nero e la pupilla di un’anguilla?
Finalmente Elijah riuscì a superare i libri e si avvicinò ad Hermione allungando le braccia.
Hermione lo prese in braccio e gli diede un sonoro bacio sulla guancia paffuta.
Poteva esserci un’immagine più bella di quella?
Mancava solo la sua
ampollina.
Come richiamata da un incantesimo di appello Hope entrò di corsa nel salotto seguita da Teddy, James, Al che ridevano e George che li inseguiva con uno scialle rosa sulla testa.
- Papà! - urlò ridendo la bambina nascondendosi dietro le sue gambe – Aiuto! Il grande rospo rosa ci vuole mangiare!
Sollevò un sopracciglio mentre George acchiappava Al e gli faceva il solletico.
- Il grande rospo rosa?
- Sì! - fece Teddy che per l'occasione aveva cambiato il colore dei capelli, facendoli diventare di una tonalità di rosa leggermente più scura rispetto a quello dello scialle –
Il rospo Dolores!- George! - sibilò Hermione.
- Ogni riferimento é puramente casuale.- si giustificò lui con un sorriso che diceva esattamente il contrario, si avvicinò a Elijah e gli tese le braccia – Guarda chi si svegliato dal pisolino. - il bambino si lasciò prendere in braccio – Stiamo diventando pesanti, eh?
- Perché Fred e Angelina non ci sono? - domandò Hermione.
- Oh... Angelina é andata da sua madre con Fred per qualche giorno. Quando si avvicina l'anniversario della morte del marito a Janet le fa bene avere un po' di movimento attorno e Fred é la perfetta distrazione.
Vide sul volto di sua moglie un'espressione che conosceva fin troppo bene.
- Angelina doveva andare da sua madre tra un paio di giorni. – fece una pausa e lo scrutò attentamente - Cosa hai fatto George?
- Nulla! - si giustificò lui velocemente, fin troppo velocemente – Angelina in questo periodo dice sempre che si sente troppo grossa e troppo ingombrante. Dice che aspetta un figlio solo, ma sembrano due da quanto la sua pancia sia grande. Le ho solo detto di vedere il lato positivo!
Hermione mise le mani sui fianchi.
- Quale sarebbe il
lato positivo George?
- Che se non perde i chili dopo la gravidanza avrà un futuro come portiere!
Hermione strinse le labbra, prese il bambino dalle braccia di George e glielo passò.
Accolse il piccolo senza discussioni, cercare di calmare ora sua moglie sarebbe stata una mossa poco furba.
- Zio George é nei guai.- mormorò Hope ancora nascosta dietro le sue gambe.
Neppure il tempo di finire la frase che Hermione gli tirò uno scappellotto. Tutti i bambini scoppiarono a ridere.
Lui riuscì a stento a trattenere un sorriso.
George incassò il colpo senza dire nulla poi le riservò un sorriso furbo.
- Hope mi ha detto cosa vuole per il suo compleanno! – disse evidentemente soddisfatto di aver spostato l’attenzione su qualcosa di diverso.
Qualcosa che Hope nominava da
settimane.
Il fratello di Ginny guardò dietro le sue gambe e allargò quel sorriso malandrino.
Quello stesso sorriso che per gli era costato centinai di punti quando era solo uno studente.
- Un
unicorno! Vero, Hope?
La parola era bandita in casa, avevano avvisato tutti di non menzionare gli unicorni almeno fino a quando non sarebbe passata la fissa alla piccola.
George lo sapeva, ma l’aveva ignorato di proposito.
Vendetta in pieno stile George Weasley.
Vide Hermione sgranare gli occhi nello stesso momento in cui Hope iniziò a saltare per il salotto urlando che per il compleanno desiderava un unicorno rosa.
* * * *
Verso sera, quando i piccoli erano nella sala giochi per le ultime avventure prima di tornare a casa supervisionati da Kreacher, sedevano in cucina.
Gli scatoloni erano stati impilati in un angolo. Il numero necessario per non far insospettire i vicini.
Mentre Ginny ed Hermione terminavano di sistemare i piatti, lui e Potter finivano in silenzio il bicchiere di liquore che si erano concessi dopo cena.
Si guardava attorno ripensando a quanto avevano visto quelle mura, quante volte aveva preso posto a quel tavolo -uno dei pochi mobili sopravvissuti al restauro della famiglia Potter – di notte, avvolto in un mantello più nero della stessa oscurità che li circondava, a parlare con Albus sottovoce per non far sentire ai ragazzi, sempre con le orecchie tese, qualcosa che non avrebbero dovuto conoscere.
Sembrava passata un'eternità. A volte si chiedeva se fosse accaduto realmente, ma gli bastava guardare le cicatrici del suo corpo per averne conferma.
Anche la tomba bianca era un ottimo promemoria.
Ricordava ancora tutte le riunioni con gli altri membri dell'Ordine, ogni missione, ogni bugia che gli aveva permesso di tenere salda la maschera di doppiogiochista.
Si guardò attorno, i muri erano stati tinteggiatati, i mobili cambiati, ma poteva quasi vedere ogni singolo membro dell'Ordine riuniti a quel tavolo a bere con loro.
Li poteva vedere seduti a quel tavolo a guardarli.
Osò guardare Potter: fissava anche lui le pareti, perso in chissà quali pensieri.
Lo vedeva sorridere, ridere con i propri figli e sembrare un uomo normale.
Non il Prescelto.
Non Colui che ha ucciso Lord Voldemort.
Non l’uomo di Silente.
Ogni tanto, però, lo trovava a fissare il vuoto, fugaci momenti in cui gli occhi si incupivano, duravano solo pochi attimi, ma c’erano e lui li aveva notati.
Non sapeva come aiutarlo, non sapeva neppure se voleva un aiuto e, molto probabilmente, non era l’uomo migliore per dispensare consigli.
Probabilmente cambiare casa era la soluzione perfetta.
Forse era per questo che Ginny aveva insistito tanto per il trasloco, aveva visto anche lei quello sguardo e la necessità di spazio per la famiglia era la scusa perfetta per allontanarlo dai cattivi pensieri.
Le donne erano straordinarie in questo, Hermione era campionessa nel cogliere al volo i suoi turbamenti.
Sentì il suo tocco sulla spalla, le riservò un lieve sorriso e le baciò il palmo della mano, uno dei pochi momenti di tenerezza che avrebbe mostrato davanti agli altri.
Aveva ancora una reputazione da mantenere in fin dei conti.
Salutarono i Potter, presero i bambini e raggiunsero casa in Metropolvere.
- Sono contenta che si trasferiscano. – disse Hermione mentre asciugava Elijah dopo il bagnetto – Quella casa mi mette sempre a disagio. Troppi brutti ricordi.
Sapeva esattamente a cosa alludeva, vide nei suoi occhi lo stesso vuoto di Potter e gli si strinse il cuore.
Si chiese se tutti i sopravvissuti alla guerra avevano lo stesso sguardo. Capitava anche a lui di avere dei momenti di vuoto in cui ricordava qualcosa di così orribile e scuro che era impossibile da ignorare.
Momenti vuoti dove l’orrore vissuto tornava prepotente a galla.
Quando capitava Hermione era sempre lì. Faro luminoso nella sua oscurità.
- Perché non posso avere un unicorno? – domandò all’improvviso Hope mentre lui le pettinava i capelli neri e li annodava in una treccia o, almeno, ci provava.
- Non possiamo tenere un unicorno in giardino.
- Ma… ma… mi prenderò cura io di lui!
- Non importa, Hope. Non é un animale domestico.
- Possiamo prendere un peluche. – suggerì Hermione.
- Come non ce ne fossero abbastanza in quella cameretta. – borbottò ricevendo un’occhiataccia dalla moglie.
- Io ne voglio uno vero. – borbottò la bambina sconsolata uscendo dal bagno.
- Se non lo fa Angelina, ammazzo George con le mie mani. – borbottò nello stesso modo Hermione seguendo la bambina e tendendo Elijah per mano.
Si sistemò velocemente per la notte, era esausto, voleva solo andare a letto e dormire, sperando che i bambini non lo svegliassero di notte.
Si bloccò sulla porta della camera quando vide il letto decisamente più affollato del dovuto.
- Storia! - urlò Hope.
- Sììììì! – fece eco Elijah, in mano stringeva il ciuccio.
Hermione si limitò a mostrare quel suo sorriso adorabile.
Maledizione a quel sorriso.
Sollevando gli occhi al cielo si mise a letto, Hope si accoccolò tra le braccia di Hermione, Elijah appoggiò la testolina sul suo braccio, il ciuccio era già tornato in bocca.
- Questa sera tocca alla mamma scegliere la storia. – dichiarò lui.
- Quella dei fondatori. – risposte lei già con gli occhi mezzi chiusi – Mi piace quando racconti come è stata fondata Hogwarts e come hanno creato il Cappello Parlante.
Iniziò a raccontare senza leggere nessun libro, aveva letto “Le origini di Hogwarts” così tante volte che non gli serviva.
Hope ed Elijah crollarono praticamente subito, Hermione non arrivò alla descrizione della nascita del Capello Parlante, prima che il sonno prendesse il sopravvento, gli sussurrò un dolcissimo
ti amo che lo fece sorridere come un’ebete.
Avrebbe dovuto portare i bambini a letto se l’indomani non voleva svegliarsi pieno di dolori, ma era così stanco e la sua famiglia al completo aveva un profumo così buono che spostò un poco suo figlio per avere un po’ di spazio in più sul materasso, spense la luce della lampada sul comodino e chiuse gli occhi.
La mattina dopo avrebbe bevuto una pozione antidolorifica.
* * * *
Nonostante la parola
unicorno fosse stata di nuovo bandita da casa, Hope non aveva cambiato idea.
Anzi, più si avvicinava il giorno del suo compleanno, più diventava assillante. Parlava così tanto di unicorni che aveva iniziato anche a sognarli di notte.
Sognare di cavalcare unicorni rosa era peggio di una maledizione senza perdono.
Erano risusciti a trovare un compromesso dopo un lungo pomeriggio: un nuovissimo peluche che avevano già comprato e incartato e una festa a tema unicorno con tanto di cerchietti colorati e luccicanti che tutti gli inviati alla festa avrebbero indossato.
Hope aveva accettato non particolarmente entusiasta, perorando la sua causa con un acume che aveva sorpreso entrambi.
Hermione gli aveva confidato che avrebbe avuto un futuro brillante nel Ministero della Magia.
Quel sabato pomeriggio era nel suo ufficio intento a compilare le ultime carte burocratiche della settimana, i suoi figli stavano giovando sul pavimento dello studio circolare, mentre sua moglie finiva di sistemare la casa per la festa di compleanno.
Hope, colorava con entusiasmo l'ennesimo disegno di un unicorno; ormai la casa era tappezzata da unicorni di tutti i colori.
Elijah aveva abbandonato i pastelli e stava guardando un libro Babbano da bambini di spesso cartone, con forme colorate e inserti morbidi da accarezzare. Il ciuccio era stretto tra le sua labbra.
Quel giorno sembrava non volersene liberare, Hermione gli aveva spiegato che era un comportamento del tutto normale date le attenzioni che avevano per Hope.
Tornò a concentrare le sue attenzioni sulle carte inviategli dal Ministero, la scuola avrebbe chiuso tra due mesi e iniziavano ad arrivare le liste dei nomi dei ragazzi ammessi al primo anno.
Sollevò lo sguardo quando, con la coda dell'occhio, intravide una piccola figura alzarsi e avvicinarsi ad uno degli scaffali, sollevò lo sguardo e notò Elijah guardare in alto, in direzione del Cappello Parlante.
Non aveva un buon rapporto con quell'oggetto, sempre se si poteva usare la parola rapporto quando si parlava di qualcosa di inanimato.
Le parole che Silente gli aveva detto quel giorno nella foresta gli ronzavano ancora in testa.
Il Cappello era stato danneggiato durante l'ultima battaglia. Quando era stato recuperato tra le macerie del castello Minerva gli aveva confessato che lo credeva irrimediabilmente danneggiato.
Il tessuto era annerito, permanentemente bruciato in molti punti, le cuciture erano saltate, ma quando lo aveva sentito parlare si era resa conto che, forse, c'era ancora una piccola possibilità di salvarlo.
C'erano voluti mesi e maghi esperti in antiche magie chiusi in una stanza segreta dell'Ufficio Misteri, ma ne erano usciti con il cappello come nuovo.
Nessuno aveva mai saputo come c'erano riusciti.
Ciò che viene fatto nel Ufficio Misteri, rimane nell'Ufficio Misteri.
Il Cappello era tornato a scuola; al primo smistamento dopo la guerra era stato accolto con applausi scroscianti e urla di felicità.
Aveva ammaliato tutti con una nuova filastrocca di benvenuto, la più lunga della storia di Hogwarts a sentire Minerva.
Fu un lungo ringraziamento e tutti quelli che avevano lottato per mantenere la pace nel mondo magico.
Il secondo anno, quando aveva ripreso il suo ruolo di Preside dopo la lunga convalescenza, la canzone fu ancora più toccante. Un’ode a tutti coloro che avevano perso la vita in guerra e a chi sentiva di aver perso l’anima.
Si era sentito chiamato in causa, non tanto per aver ucciso Silente, ma perché aveva lasciato Hermione solo qualche mese prima.
Lasciare lei era stato molto più doloroso che lasciare il fantasma di Lily.
Elijah si tolse il ciuccio da bocca e lo guardò:
- Cappello... storia...- disse puntando il piccolo dito contro l’oggetto.
- Sì, é il Cappello della storia che piace alla mamma.
Il bambino si alzò sulla punta dei piedi allungando la manine.
- Non é un giocattolo Elijah.
Elijah non sentì ragioni, anzi Hope si alzò anche lei curiosa abbandonando il disegno.
Con un sospiro mosse appena la bacchetta facendo volteggiare il Cappello Parlante sulla scrivania.
I bambini si arrampicarono sulle sue gambe, sedendosi ognuno su un suo ginocchio.
- Davvero parla? - domandò Hope osservando l’oggetto – Io non l’ho mani sentito.
- Parlo solo quando ho qualcosa di interessante da dire! - fece il Cappello all’improvviso spaventando i bambini.
Elijah si voltò a guardarlo.
- Parla.
- Puoi dirmi in quale Casa entrerò? - domandò la bambina.
- Non si può.
- Perché? - domandò Elijah.
- Perché la vostra mente non é ancora matura, né il vostro carattere del tutto formato. Le mie valutazione potrebbero essere errate.
- Perché? - questa volta lo chiese Hope.
- Perché dovete ancora fare le necessarie esperienze che vi aiutino a forgiare il vostro carattere.
- Perché? - Elijah aveva abbandonato il ciuccio sulla scrivania osservava il Cappello con molto interesse.
- Perché in base a queste scelte potrò capire quale sarà la Casa migliore per voi.
- Perché? - chiese Hope inclinando il capo confusa.
Severus sorrise di fronte alla curiosità dei suoi figli, lui ed Hermione passavano pomeriggi interi a rispondere alle domande di quei due curiosoni.
Erano felici difronte a tutto questo interesse per il mondo che li circondava, ma dopo un pomeriggio a rispondere ad un numero infinito di
perché arrivano alla sera esausti e col mal di testa.
- Oh insomma! - quasi gridò il Cappello Parlante – Siete troppo piccoli!
I bambini scapparono ridendo.
Il mago scosse il capo e afferrò il Cappello per rimetterlo al suo posto.
Lo fissò più o meno all’altezza di dove avrebbero potuto esserci gli occhi.
- Undici anni sarebbe l’età giusta per decidere la vita di un ragazzino?
- Pulce nell’orecchio, eh, Preside Piton?Si voltò a guardare i suoi figli: Hope aveva ripreso a disegnare e Elijah a sfogliare il suo libro.
- Forse,- ammise tornando a guardare il Cappello – solo una frase di Silente che mi é tornata in mente.
- Sono millenni che seleziono la Casa migliore per ogni mago undicenne che oltrepassa il portone di Hogwarts.
- E non hai mai sbagliato?
- Giammai!
Sbuffò non del tutto convinto.
- Se non fossi stato smistato tra i Serpeverde, forse, la mia vita sarebbe stata diversa.
- Se non fosse stato smistato tra i Serpeverde non avrebbe la sua famiglia, Preside Piton. Rinuncerebbe alla sua famiglia per un
se fosse?
Posizionò il Cappello sulla mensola, al posto che aveva occupato in tutti quei secoli.
Si voltò verso i bambini, verso quel futuro arrivato in modo inaspettato. Aveva attraversato una vita d’inferno per avere quel futuro, aveva quasi gettato tutto alle ortiche perché non si era sentito degno di quel dirompente amore che gli offriva Hermione.
Avrebbe rinunciato a quello che aveva
ora per un ipotetico futuro diverso?
Guardò i suoi figli: Hope stava scarabocchiando il foglio con la punta della lingua tra le labbra sottili, Elijah era così concentrato sul suo libro che aveva abbandonato l’inseparabile ciuccio sulla sua scrivania.
Lanciò una rapida occhiata al ritratto di Silente: la cornice era vuota. Chiaro segno che il mago era nell’altra cornice appesa sopra il camino del suo salotto ad osservare i preparativi della festa.
Pensò a sua moglie intenta a sistemare casa, al suo sorriso che amava più di qualsiasi cosa al mondo, al suo modo di amarlo, così attenta, così passionale.
Ogni volta che la guardava si sentiva dannatamente fortunato.
Tornò a guardare i bambini e sorrise.
No. Non avrebbe
mai rinunciato alla sua famiglia.
Avrebbe rifatto tutto, ogni scelta sbagliata, ogni anno di dolore, ogni cruciatus che gli aveva segnato per sempre il corpo, ogni notte insonne, ogni incubi se, alla fine, il risultato era la sua famiglia.
Sua e di nessun altro.
Si voltò per rispondere al Cappello Parlante, ma si rese conto che lo strappo che fungeva da bocca era sparito. L’oggetto era tornato un semplice cappello inanimato.
Non aveva più nulla di interessante da dire.
La porta dell’ufficio si aprì.
- Mamma! - urlò la bambina saltando in piedi – E’ pronta la mia festa?
- In casa c'è qualsiasi addobbo possibile a forma di unicorno e stanno per arrivare tutti gli invitati. - le risposte Hermione sorridendo – Ma prima dobbiamo cambiarci. Ho il vestito giusto per l’occasione.
Con un colpo di bacchetta i pantaloni e la maglietta di Hope si trasformarono in un vestito dal morbido corpetto bianco luccicante e una vaporosa gonna di tulle dei colori dell’arcobaleno.
- Papà guarda! - rise la piccola – Ti piace?
- Sei bellissima,
ampollina.
- Manca qualcosa però. - continuò Hermione facendo apparire un cerchietto con un vistoso corno fucsia ricoperto di brillantini circondato da fiorellini colorati – Ecco.- disse mettendole a posto i capelli – Ora sei una perfetta principessa unicorno.
- Anch’io! - fece Elijah avvicinandosi.
- Ecco qui anche a te. - mormorò lei picchiettando con delicatezza la bacchetta sulla testa del bambino e facendo apparire un cerchietto con un corno blu – Ora andiamo. Dobbiamo passare da Hagrid prima di andare a casa. Vuole farti gli auguri.
Il sole di quel pomeriggio di primavera gli accarezzò il volto mentre percorreva il parco del castello, Hope correva verso la capanna di Hagrid, sembrava una piccola fata che volteggiava su una nuvoletta arcobaleno.
Sorrise mentre Elijah gli pendeva la mano.
Hope fu la prima ad arrivare, Hagrid li aspettava vicino al recinto, salutò la piccola prendendola in braccio e sollevandola in aria.
Sentirono Hope ridere e poi lanciare un urletto così acuto che Thor si mise a guaire.
Si avvicinarono al recinto notando immediatamente cosa avesse fatto gridare così la bambina.
C’erano due unicorni nel recinto, una femmina adulta dal pelo argentato e un cucciolo dal manto dorato che beveva il latte dalla mamma.
- E’... é... é... - balbettò la bambina con gli occhi sgranati – é... é...
- E’ appena nato. - disse Hagrid con un enorme sorriso soddisfatto sul volto – Le mamme di unicorno preferiscono dare alla luce i piccoli lontani dal cuore della foresta. Perché le acromantule preferiscono mangiare i... - bloccò la frase come se si fosse reso conto di quello che aveva detto solo in un secondo momento - lascia perdere Hope, questo non ti interessa. La mamma e il suo cucciolo resteranno nei dintorni fino a quando il piccolo non cambierà colore del manto. Potrai venire a trovarlo tutte le volte che vuoi, potrai aiutarmi a prendermi cura di lei. E’ una femmina. Puoi anche darle un nome.
- Un nome?
- Certamente. Lo vuoi accarezzare?
Hope sgranò gli occhi ancora più, si voltò verso di loro.
Era gioia allo stato puro.
- Posso farlo?
- Solo se ascolti quello che dice Hagrid. E’ lui l’esperto di Creature Magiche.
La piccola annuì vigorosamente stortando il cerchietto sulla testa.
- Vieni anche tu piccolo? - domandò il mezzo gigante allungando la grande mano verso Elijah.
Elijah allungò timidamente una mano verso il guardiacaccia, la mole di Hagrid lo intimidiva, ma allungò coraggiosamente una piccola mano permettendo ad Hagrid di stringerla e condurlo nel recinto.
Hermione si affiancò a lui e appoggiò il capo sul suo braccio.
- Crescono in fretta. - mormorò – Troppo.
Intrecciò le loro dita e si portò la mano alle labbra.
- Grazie. - mormorò.
- Per cosa, Severus?
- Per questa vita. - le disse indicando i bambini che accarezzavano il mando del cucciolo di unicorno - Per tutto questo amore, Hermione. Senza di te e i bambini sarei solo un vecchio, acido mago vestito di nero.
- Sono io che ringrazio te, Severus. Ogni volta che ti vedo con i bambini, ogni giorno che mi sveglio accanto a te, ti amo sempre di più.
Gli regalò quel meraviglioso sorriso che lo faceva innamorare ogni volta, le accarezzò le fossette e si chinò a baciarla delicatamente.
- Mamma! Papà! - urlò Hope correndo verso di loro – Ho deciso di chiamarla
Hoofy! Hagrid mi ha detto che posso venire a trovarla tutti i giorni!
Non aspettò neppure una loro risposta, tornò indietro dalla coppia di animali facendoli ridere.
Hermione attirò di nuovo a sua attenzione.
- E’ il momento di mantenere la promessa, papà. - lo prese in giro mostrandogli un cerchietto identico a quello dei suoi figli.
Il suo, però, aveva il corno verde.
Sollevò un sopracciglio prendendo in mano il cerchietto, Hermione ne indossò uno con il corno rosso.
Sollevò gli occhi al cielo e se lo sistemò sulla testa.
- Ecco. - fece Hermione con un sorriso, se possibile ancora più luminoso – Ora ti amo ancora di più
vecchio, acido mago vestito di nero.
Le sorrise.
- Ti amo fastidiosa
SoTutto. Si chinò per baciarla di nuovo.
FINE