Il Calderone di Severus

Ida59 - La rosa nera, Tipologia: racconto in 4 brevi parti Rating: per tutti Genere: fantasy, drammatico

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view post Posted on 4/2/2018, 18:59
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I ♥ Severus


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La rosa nera



Titolo: La rosa nera
Autore/data: Ida59 – marzo 2016 (revisione settembre 2017)
Beta-reader: nessuno
Tipologia: racconto in 4 brevi parti
Rating: per tutti
Genere: fantasy, drammatico
Personaggi: originali
Avvertimenti: ---
Riassunto: Il mercato di un paesino sperduto nei Carpazi, un singolare libraio, una lettera misteriosa e un medaglione. Poi solo la notte, la nebbia, la luna… e una rosa nera.
Parole/pagine: 3302 - 8
Disclaimer: Questa storia è di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.

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Indice

Il libraio
La lettera misteriosa
La rosa nera
Quattordici dicembre. Alba



La rosa nera

Il libraio



La giovane si guardò intorno, la bocca aperta per lo stupore.
I suoi passi l'avevano portata, ancora una volta, nel recesso più buio del mercato locale.
Elina aveva evitato le mete scontate in Transilvania, come il castello di Dracula a Bran o quello dei Corvino presso Hunedoara: conosceva la zona e non ne poteva più di lugubri fortezze e leggende di vampiri sanguinari. Voleva scoprire i tesori più nascosti e singolari; e quel giorno il paesino di Trandafir aveva superato ogni previsione.
La bancarella era apparsa dal nulla, coperta da un drappo insolitamente fine: era sovraccarica di libri accatastati in più strati. Durante il pomeriggio non aveva visto nessuno avvicinarsi, né ricordava il tavolo o il venditore che, anche in quel momento, era assente.
Sollevò lo sguardo alla volta a crociera gotica, scrostata e sostenuta da consumate colonne: riparava solo l'estremo angolo del mercato, rendendolo tetro e più confuso del resto, nel crepuscolo incombente recato dalle nubi del gelido tredici dicembre. La piazza era illuminata dai pochi raggi di sole che ancora riuscivano a infiltrarsi nelle strette fessure tra le nuvole scure e gonfie di pioggia, ma non c'era alcun porticato, né se ne potevano intuire i resti, salvo lo sgretolato arco d'ingresso del mercato stesso.
Erano davvero insolite le due coppie di colonne affusolate: a fatica, si distinguevano ancora gli eleganti decori che un tempo le impreziosivano, rendendole elemento estraneo all'insignificante piazza. Spinta dall'impulso che per la terza volta l'aveva guidata, Elina si avvicinò con piccoli passi cauti, attenta a non urtare il banco traballante con il cappotto turchese. Si allungò sui volumi malconci, le punte dei capelli biondi che, sfuggendo dal colbacco, scendevano ad accarezzare con rispetto le pagine ingiallite rese fragili dal tempo. Una folata d'aria si insinuò gelida tra le colonne ed Elina strinse il bavero di pelliccia.
- Che trina elegante! - sussurrò il vecchio, indicando con un dito ossuto l'elaborato pizzo nero che orlava la bordatura di pelliccia dello stesso colore. - Sembra un decoro d'altri tempi.
Elina si raddrizzò in un sobbalzo: da dove diavolo era spuntato?
Abbozzò un sorriso, turbata dall'inatteso complimento e fissò il mercante che ora scrutava con interesse un punto tra i libri. Il volto era una fine ragnatela di rughe e la pelle brillava nivea nella penombra dell'arcata; un lungo crine bianco cadeva sulle spalle curve, sparpagliandosi rado sul mantello nero, troppo elegante per un modesto libraio.
Il venditore sollevò lento il viso e la sua espressione la trafisse: si aspettava iridi acquose e scolorite dall'età, non lo sguardo diretto, nero e penetrante che per un istante sembrò leggerle l'anima. Un'esclamazione stupefatta le sfuggì dalle labbra e distolse gli occhi, un insolito timore nel cuore: quando li rialzò, l'ambulante le volgeva noncurante le spalle, la cappa che carezzava lieve il terreno.
Lo sguardo di Elina fu attratto inesorabilmente sul punto in cui si era posato quello del vecchio: una consunta custodia di pelle annerita dal tempo faceva bella mostra di sé sopra i libri, un nastro di seta scura e sfilacciata a chiuderla di lato.
Non riuscì a trattenere il gesto; la mano sfiorò appena lo spesso fodero dai bordi decorati con fatiscenti cuciture: del filo, un tempo dorato, rimaneva solo un vago ricordo inciso nella pelle.
Qualcosa pulsava tra le fragili pagine color sabbia dai bordi logori e irregolari, attirandola in modo irresistibile: dopo un'ultima, delicata carezza, raccolse con cura la custodia, l'avvicinò al volto aspirandone il profumo antico e infine sciolse piano il fiocco tirando un capo del nastro.
Il cuore le batteva forte, ma naturalmente non accadde nulla e la guaina scura rimase inanimata tra le sue mani. Sollevò la copertina: c'erano cartoline d'epoca e stampe sbiadite dal tempo. L'immagine seppiata di un chiostro la colpì: esili colonne sostenevano eleganti archi a sesto acuto e, al centro, un ammasso di rovi era annerito dalle nuvole che offuscavano la luna.
Qualcosa, ancora, reclamava la sua attenzione tra le pagine: l'immagine confusa e stinta di un drappo nero, forse un elegante e avvolgente mantello. E una rosa, anch'essa nera, che stillava sangue: tetro nella raffigurazione, ma vividamente rosso nell'immaginazione di Elina.
Richiuse di scatto la custodia, la schiena percorsa da un guizzante brivido, e si avvide che l'anziano libraio era scomparso.
Lesse il prezzo: era quasi regalata! Fece per posare la banconota sul tavolo, ma la mano increspata del venditore, apparso di nuovo dal nulla, la precedette offrendole in silenzio un pendente con un singolare cammeo.
Elina scosse il capo, ma il vecchio insistette. Le mostrò la fine catenella d'argento, luccicante nel crepuscolo tinto di grigio dalla fredda nebbia invernale, indicando l'esile collo della giovane. Rifiutò ancora, irritata, e il libraio la fissò per un lungo istante con lo sguardo penetrante delle sue iridi nere: schiuse appena le labbra in un sorriso enigmatico, guardandola come se la conoscesse da sempre, e inserì la catenina tra le immagini della custodia.
- Ė in vendita solo con il medaglione. - disse in un soffio roco, lo sguardo che ancora la scrutava in profondità, quasi volesse rubarle l'anima.
- Quanto costa? - chiese Elina in un sospiro, distogliendo il volto, a disagio.
- E' un omaggio. - mormorò il libraio accennando un inchino, le labbra sempre atteggiate nel misterioso sorriso. - Per ricordare, per comprendere, per cogliere al volo la salvezza…
Elina sgranò gli occhi, ma il vecchio continuò:
- Ricevi la salvezza per donarla. - spiegò in un criptico sussurro, l'indecifrabile sorriso ancora adagiato sulle labbra sottili e le iridi nere che scintillavano, nessuna luce a illuminarle.
La giovane sfuggì di nuovo al confronto abbassando il viso: quando lo rialzò, intuì appena lo svolazzare elegante del mantello e del libraio non vi era più traccia.

Edited by Ida59 - 29/1/2022, 15:19
 
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view post Posted on 5/2/2018, 18:28
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La lettera misteriosa



In albergo, Elina aprì subito il fodero di pelle, seguendo la catenella d'argento: non c'era una cartolina né un'antica stampa, bensì un foglio ripiegato in quattro, che non aveva notato prima.
Lo aprì con delicatezza, attenta a non sgualcire la carta ingiallita della lettera che riportava la data del quattordici dicembre: l'anno era indecifrabile, le cifre coperte da una larga macchia scura. Non era inchiostro, il colore era diverso, sembrava quasi...
- Sangue!
La parola le sfuggì fuori, più veloce del pensiero.
Scosse la testa e forzò una stridula risata per stemperare l'inspiegabile sensazione che la turbava da quando l'anziano libraio l'aveva fissata con gli incredibili e scintillanti occhi neri, lo sguardo intenso che sembrava, al tempo stesso, carezzarla dolcemente e violare la sua intimità, quasi conoscesse ogni suo segreto.
Quattordici dicembre, anno illeggibile. Alba.
Vista la calligrafia delicata e svolazzante, probabilmente si trattava di una donna:
- A te, che leggi e non credi, che hai dimenticato i tuoi sogni di bimba.
La voce risuonava severa nella mente ed Elina si fermò, esitante. Davvero non credeva più? Aveva scordato tutti i suoi fantastici sogni?
Tornò a immergersi nella lettura, rallentata dagli svolazzi delle lettere, dalle maiuscole ricercate e dal lessico desueto.
L'animo romantico di Elina fu subito rapito. Narrava di un amore appassionato, osteggiato dalle famiglie: lei, bella e di nobili natali, ovvio, e lui fin troppo serio e intelligente, studioso e grande amante dei libri. I giovani si erano ribellati alle convenzioni e avevano lottato, fino a pianificare la disperata fuga d'amore. Il racconto era confuso e la narrazione si sganciava dalla realtà, la lettura resa difficile dalle macchie cupe che celavano le parole rendendo incomprensibile il senso di alcune frasi.
Non poteva essere sangue, Elina si rifiutava anche solo di ipotizzarlo. Rigettò il dubbio con decisione: non intendeva cadere nella solita trappola delle leggende transilvaniche.
Il pericolo gravava sui giovani come un'ombra opprimente e la ragazza sembrava essere stata catturata... dall'ombra famelica di un vampiro, pensò Elina con uno sbuffo stizzito: tutti i racconti finivano sempre tragicamente tra i denti aguzzi d'immortali esseri inesistenti!
Ma quella storia era diversa.
Il giovane amante aveva lottato e, pur di salvare l'amata, aveva scelto di sacrificarsi: con un lungo spino strappato ai rovi, si era lacerato a fondo la pelle del polso, offrendo la propria vita al vampiro.
Di nuovo le macchie rendevano incomprensibili le frasi. Non doveva lasciarsi influenzare dall'atmosfera lugubre: non poteva essere sangue, ce n'era troppo!
Proseguì la lettura con il batticuore. La romantica leggenda narrava di una splendida rosa nera fiorita al bacio delicato della luna, proprio la notte del quattordici dicembre. Le parve quasi di vederla sbocciare rigogliosa nelle tenebre, illuminata solo dai candidi raggi lunari, ed ergersi a baluardo contro l'ombra del male.
Era giunta alla fine della pagina: la girò frenetica.
Era bianca.
Cercò affannata nella custodia, tra le cartoline: niente! Sfogliò veloce, e poi più lentamente. Scrollò impaziente le pagine finché una si staccò e cadde a terra: un laghetto adagiato tra i Carpazi con un castello a dominare il promontorio. Maledizione!
Cos'era accaduto al giovane che aveva sacrificato il sangue per l'amata? Era sopravvissuto o il vampiro ne aveva spremuto la rigogliosa vita bevendo fino all'ultima stilla la sua rossa linfa vitale? O l'aveva trasformato in una creatura della notte dannandolo a un'eterna non vita?
Elina sospirò irritata: quante sciocche domande per una lettera probabilmente scritta solo per scherzo da una viziata adolescente annoiata di qualche centinaio d'anni prima!
All'improvviso ricordò il medaglione e osservò meglio il cammeo. Trattenne il fiato notando che il viso femminile le somigliava: ovale piccolo, grandi occhi e sopracciglia fini, lineamenti delicati e labbra ben modellate, lunghi capelli trattenuti a lato da un complesso fermaglio.
Avvicinò il monile al volto e la distinse: una rosa tratteneva la capigliatura!
Scosse la testa, agitata, cercando di allontanare le visioni che la sua mente fantasiosa aveva creato durante la lettura e fece scattare l'apertura del pendente per rivelare la miniatura interna.
Era un bel giovane dal volto pallido incorniciato da capelli corvini. S'intravedeva il bavero di un mantello scuro. L'espressione era imperscrutabile, forse un'ombra di tristezza, le labbra sottili appena dischiuse in un sorriso misterioso. Gli occhi la attirarono più di tutto: neri e scintillanti. Ebbe la singolare impressione di averlo già visto. Impossibile, ovvio.
Il giovane tra le lunghe dita affusolate stringeva una rosa nera; sciupata e appassita, morente, i petali spossati e rassegnati alla caduta. Fu un lampo di comprensione: il nome del paesino in cui si trovava era Trandafir. E Trandafir in rumeno significava rosa.
Era mai possibile che… Scrollò il capo un'ultima volta, seccata per la propria sciocca credulità.
No, nulla aveva senso nella notte fredda e nebbiosa che era scesa come un velo silenzioso sul paese: la notte del quattordici dicembre, ritenuta dalla tradizione del luogo la più lunga dell'anno.
Un interrogativo, però, vorticava insistente nella sua mente.
Che cosa significavano le ultime parole che il vecchio libraio dalle luminose iridi nere le aveva rivolto?
- Ricevi la salvezza per donarla.
Un altro insondabile mistero.


Edited by Ida59 - 22/10/2018, 22:35
 
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Castello_dei_Corvino___Hunedoara


Immagine trovata sulla pagina FB www.facebook.com/InMedioAevo
e proveniente dal sito www.zingarate.com/foto/romania/cast...-di-corvin.html
Vista notturna del cortile del castello Hunyad

Info da Wikipedia: Castello dei Corvino (rumeno Castelul Huniazilor o Castelul Corvineştilor) è un castello presso la città transilvana di Hunedoara, in Romania. Sorge sulla Collina di San Pietro, a dominio del fiume Zlaşti, fino al 1541 rientrava nei domini del Regno d'Ungheria, passò poi ai territori del Principato di Transilvania.
Rappresenta il più insigne monumento gotico della Transilvania.
Si ritiene sia il luogo dove Vlad L’Impalatore venne tenuto prigioniero da Mattia Corvino per i sette anni successivi alla sua cattura nel 1462.




La rosa nera



Elina si rigirò nel letto per l'ennesima volta, preda di un irritante turbamento.
Si era svegliata all'improvviso dopo la mezzanotte, l'immagine di un sogno affascinante nella mente, incapace di riafferrarne il fugace ricordo.
E non riusciva neppure a riaddormentarsi.
Si alzò con uno sbuffo infastidito: la lettera era ancora là, insieme al medaglione, a rammentarle una romantica storia impossibile.
Lo prese in mano, accarezzando l'effige del cammeo e, all'improvviso, prese una decisione irragionevole; afferrò il cappotto e lo indossò: era caldo e imbottito, lungo quasi fino alle caviglie, e solo una spanna della candida camicia da notte spuntava.
Era una follia, lo sapeva benissimo, un'inaccettabile assurdità che solo le giovani e ingenue eroine dei film potevano commettere. Avrebbe fatto solo due passi e magari con l'aria fredda il mal di testa le sarebbe passato permettendole poi di dormire. E riprendere a sognare il ragazzo dal pallido incarnato e gli scintillanti occhi neri.
Si lasciò trascinare dall'irresistibile e pericoloso impulso che la obbligava a uscire, nella nebbia della notte del quattordici dicembre, tinta appena del chiarore di una luna lattiginosa e sfocata.
Una folata d'aria ghiacciata la accolse ed Elina strinse forte il bavero, la catenella del raffinato ciondolo attorcigliata tra le dita. La via era illuminata da appannati lampioni che irradiavano una fievole luce gialla: larghe macchie d'ombra si estendevano tra il piccolo cono di luce e il successivo, il fumo caliginoso che saliva in lente volute verso il cielo.
Fece solo pochi passi, poi la nebbia la avviluppò, densa e accecante, silenziosa e avvolgente. Percepì un'ombra alle spalle: accelerò il passo allontanandosi con sciagurata imperizia dalla sicurezza dell'albergo.
Attraversò la strada.
Si voltò indietro e si sentì perduta: dov'era la porta da cui era appena uscita?
Un ululato.
Elina sentì il cuore balzarle in petto e corse indietro, verso il portone.
Che non esisteva più.
C'era solo nebbia, fredda e cupa.
E l'ululato che risuonava attutito, dovunque, incombente intorno a lei.
Poi vide l'ombra.
Enorme, tenebrosa e angosciante.
Minacciosa e spaventosa.
Schizzò indietro e riprese a correre: all'improvviso, nei vapori grigi della bruma che si stemperavano nell'aria, apparve l'arco slanciato del mercato. Strinse il medaglione tra le mani e corse, corse a perdifiato.
Oltrepassò l'arco, ma non c'era alcun mercato: solo un antico chiostro a mala pena illuminato dal raggio di luna che filtrava dalle nuvole fendendo lo spesso strato di nebbia fumosa. Riconobbe l'immagine della stampa, il chiostro con la massa di rovi scuri al centro e il porticato elegante, con le sottili colonne chiare che sostenevano gli archi gotici.
Continuò a correre, la bocca secca e il respiro corto, ma i rovi allungarono maligni le scheletriche dita: incespicò, vacillò, picchiò un ginocchio a terra e si rialzò, l'ombra tenebrosa sempre più vicina, opprimente e agghiacciante.
Si sentì ghermire alle spalle: con sforzo supremo si sottrasse alla presa abbandonando il cappotto nelle mani voraci dell'ombra.
L'aria gelida la avvolse e una raffica di vento le scompigliò i capelli: Elina urlò, invocando aiuto nel nulla della notte, mentre l'ombra prendeva forma davanti a lei, incorniciata dai raggi di luna che sbucavano dalle nuvole.
Era enorme, con un ghigno raccapricciante che mostrava lunghi canini affilati.
La ragazza invertì ancora la direzione, il cuore in gola e il respiro spezzato, senza forza per urlare: davanti a lei c'era solo un muro insuperabile di rovi che crescevano a dismisura, tetra personificazione del terrore; si protesero su di lei, perfidamente crudeli, e le graffiarono le mani e il viso.
Si ritrasse di scatto ma inciampò; i rovi le avvolsero pungenti le caviglie e cadde di nuovo sulle ginocchia: il medaglione, strappato dalle spine, rotolò via, lontano, irraggiungibile. In un tentativo estremo, mentre cadeva goffamente a terra, allungò la mano e con la punta delle dita sfiorò il cammeo che si aprì: le iridi nere del giovane dalla pallida carnagione scintillarono nella notte, luminose, trafitte da un raggio di luna.
Elina per l'ultima volta implorò un aiuto impossibile, mentre l'ombra scendeva implacabile a ghermirla. Il volto del giovane scomparve, gli occhi inglobati dall'oscurità, e un lungo e prepotente spino sgorgò con irruenza dal terreno.
Elina serrò le palpebre e urlò, un ultimo urlo disperato che attraversò le nuvole perdendosi nel cielo.
Poi fu solo immoto silenzio.
Nulla si muoveva, salvo l'aria glaciale tra i lisci capelli biondi, come fatale spiro di morte.
Riaprì appena gli occhi, la bocca a cercare l'aria in brevi respiri che sembravano singulti.
Un candido raggio rischiarava il terreno e la spaventevole ombra era svanita.
Una rosa nera era sbocciata al bacio sensuale della luna.
Lenta stillava lacrime di sangue, preziosi rubini illuminati dai limpidi raggi lunari.
Elina, con la sola leggera camicia da notte addosso, rabbrividì nell'aria gelida, all'improvviso tersa.
Fu come la sensazione carezzevole di un dolce abbraccio, un tiepido sfiorare la sua pelle intirizzita: un mantello nero la avvolse piano, in un caldo amplesso delicato.
E la realtà svanì. 

Edited by Ida59 - 22/10/2018, 21:41
 
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Quattordici dicembre. Alba



L'alba del quattordici dicembre era giunta.
La stessa alba descritta nella lettera dall'anno illeggibile, con la scrittura dalle antiquate lettere svolazzanti.
Soffiava un vento freddo nella via, ma il cielo era nitido e il sole brillava: la nebbia della notte precedente era solo un lontano ricordo, come di un incubo.
O, forse, di un sogno.
Elina si strinse nel morbido cappotto, la nera trina elegante intorno al collo stretta tra le dita insieme al medaglione.
Quando si era risvegliata, sana e salva e al tepore del piumone, il pendente era ancora tra le sue mani, la sottile catenina d'argento attorcigliata all'anulare.
Dapprima aveva pensato a un incubo, ma presto si era accorta che non era così: l'orlo del cappotto era sporco di terriccio, con lunghi graffi lasciati dai rovi. Anche la camicia da notte era infangata sulle ginocchia, l'orlo imbrattato e il pizzo in parte strappato. E aveva segni rossi sulle caviglie. Aveva osservato le mani e le braccia, e poi il viso allo specchio: dovunque vi erano lacerazioni.
Erano stati i rovi all'interno del chiostro.
Non aveva sognato.
Per questo adesso aveva un dovere importante da portare a termine.
Percorse gli ultimi passi con decisione e transitò sotto l'arco che immetteva al mercato: non c'erano rovi a bloccarle la strada nella limpida luce mattutina, ma senza fatica riconobbe l'unica arcata del chiostro notturno sopravvissuta al tempo e sostenuta dalle due coppie di colonnine chiare, ancora eleganti nonostante i danni inflitti dal trascorrere dei secoli.
Era là, nell'angolo in fondo, sopra la bancarella in cui aveva acquistato la custodia di pelle e dove lo strano libraio le aveva regalato il medaglione che le aveva salvato la vita.
Non ricordava i lineamenti dell'uomo, solo gli acuti occhi neri. E l'enigmatico sorriso.
Fece scattare l'apertura sotto il cammeo: il sorriso misterioso dell'affascinante giovane era sempre lì, brillava nel volto pallido dai capelli corvini. Un lungo e caldo manto nero gli avvolgeva le spalle, ora Elina lo sapeva.
La rosa che il giovane stringeva tra le dita era di nuovo piena di vita, rigogliosa e con i petali neri turgidi e vellutati: lui sembrava aspirarne il profumo con voluttà, inebriato, il sorriso senza alcuna dolorosa ombra di tristezza.
Avanzò decisa verso la bancarella: il vecchio la attendeva, l'imperscrutabile sorriso sulle labbra secche.
Non indossava più l'elegante mantello nero e il lungo crine bianco volava nell'aria fredda accarezzando il pallido incarnato arabescato da fini rughe.
La giovane lanciò un'occhiata alle arcate: non si sorprese notando la chiave di volta decorata con la rosa scolpita nella pietra.
Il pomeriggio prima non c'era, ne era certa.
Elina sorrise all'anziano libraio mentre sussurrava la frase che lui stesso aveva pronunciato e di cui, infine, aveva compreso il significato:
- Ricevi la salvezza per donarla.
Il venditore annuì e la giovane posò sui libri della bancarella l'antica custodia annerita: un foglio bianco e dai contorni lisci e perfetti spuntava tra gli altri ingialliti e consumati dal tempo.
Una lettera datata quattordici dicembre 2015. Alba.
L'alba della notte più lunga dell'anno.
La notte in cui la rosa nera era ancora una volta fiorita, al niveo bacio della luna, reiterando il sacrificio del giovane dagli scintillanti occhi neri.
La delicata rosa che stillava sangue e salvava la vita dall'oscurità.
Nessuno le avrebbe creduto; infatti, la sua lettera cominciava con le stesse parole, anche se la sua grafia era meno svolazzante e più facilmente comprensibile:
- A te, che leggi e non credi, che hai dimenticato i tuoi sogni di bimba.
Solo il libraio le avrebbe creduto.
Infatti, le sorrideva, il vecchio, le incredibili iridi nere che rilucevano come cristalli, mentre con riguardo accoglieva tra le mani il fodero facendolo svanire in un battito di ciglia; le sorrideva innegabilmente con lo stesso sorriso misterioso del giovane del medaglione.
E non aveva più il suo mantello nero.
Elina strinse forte il ciondolo e lo posò sul cuore chiudendo gli occhi.
Sì, i sogni esistevano, esistevano ancora… e la attendevano.
Là, oltre l'apparenza della realtà.
Lentamente, le palpebre accostate, Elina mosse un passo.
Il passo più lungo della sua vita.
E il caldo tepore di un manto nero la avvolse in un abbraccio di sogno.
 
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view post Posted on 15/2/2018, 20:57
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Ecco i riconoscimenti ottenuti dal racconto che ho presentato ad alcuni concorsi:
- segnalazione particolare della giuria nella 42a edizione del prestigioso Premio Letterario Casentino;
- finalista nella XXI edizione del concorso nazionale Mario Dell'Arco e un estratto di due pagine è stato pubblicato sull'antologia del concorso;
- 2° posto nel concorso Prospero's ebooks;
- nei 30 finalisti su 216 partecipanti al Concorso VII edizione del Premio Letterario Nazionale Streghe Vampiri & Co con pubblicazione integrale sulla relativa antologia.
 
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view post Posted on 23/7/2019, 13:41
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La rosa nera

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Il racconto è stato selezionato nel concorso letterario Multiverso ed è stato pubblicato QUI, dove potete liberamente leggerlo e condividerlo.
Previa iscrizione, potete anche lasciare un vostro commento.
 
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view post Posted on 22/11/2023, 09:15
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Premio letterario del Casentino, 45a edizione.

Menzione d'onore della giuria per La rosa nera, racconto della raccolta di racconti fantasy "Rosso in piccoli morsi".

Casentino_2020_racconti_inediti

Premio_Casentino_2017

 
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