Il Calderone di Severus

Alaide - Non dimenticare, Tipologia: Song Fic - Genere: Drammatico - Altro Genere: Introspettivo Avvertimenti: AU - Epoca: Post 7 anno - Pairing: Nessuno - Personaggi: Pers. Originale - Altri Personaggi: Nessuno

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view post Posted on 25/9/2017, 16:21
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Titolo: Non dimenticare

Autore/data: Alaide – giugno 2014
Beta-reader:
Tipologia: Song-fic
Rating: Per tutti
Personaggi: Severus Piton, Personaggio Originale
Genere: Introspettivo, Drammatico
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7 anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Le acque del Reno scorrevano placide, illuminate dalla luce argentea della luna calante.

Nota: Storia scritta per la Sfida n. 7 (disciplina Nuoto) e partecipante al Gioco Creativo n. 14 Severus House Cup.
La storia si rifà alla leggenda di Loreley, che con il suo canto fa affondare navi lungo il Reno, in un punto in cui il fiume si stringe in un’ansa circondata da rive rocciose. Il Lied, intitolato Loreley, su testo di Wilhelmine Lorenz è stato musicato da Robert Schumann.

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

Parole: 2013, escluso il testo del Lied [1]


Non dimenticare



Le acque del Reno scorrevano placide, illuminate dalla luce argentea della luna calante. Le rive rocciose si ergevano silenti, quasi fossero in attesa di qualcosa che potesse disturbare quella tranquilla notte d’autunno.
Nulla pareva turbare quella quiete immobile e silenziosa, fino a quando l’aria non fu improvvisamente riempita dallo sciabordio di una barca a remi.
Era un piccolo naviglio, con sopra due persone.
Un uomo stava ai remi, mentre si avvicinava alla riva. I suoi occhi chiari si guardavano intorno con un certo timore.
Non avrebbe mai dovuto accettare di portare quello straniero fino a quel punto del Reno.
In quel momento avrebbe potuto trovarsi in una Stübe intento a bersi una birra, mentre ascoltava le ultime chiacchiere di Hans. Invece stava guidando quell’uomo vestito di nero verso la Loreley.
Era il peggior luogo dove trovarsi in una notte come quella.
In una notte simile era accaduta la disgrazia.
Quella terribile disgrazia a cui si sforzava di non pensare, perché pensarvi avrebbe potuto portare ad una disgrazia simile.
Eppure il suo compagno di viaggio – una specie di botanico, da quel che aveva capito – sembrava essere assolutamente tranquillo, come se nulla lo potesse turbare.
«Dovremmo essere quasi arrivati, Herr Piton.» mormorò il nocchiere, in un inglese claudicante, quasi fosse impensierito da qualcosa.
«Il libro che ho consultato parla di una roccia sporgente e di un’ansa ampia del fiume.» commentò l’altro uomo, con il tono di chi ha già ripetuto più volte la stessa frase.
Severus non aggiunse altro, ignorando il sospiro del tedesco.
In quel momento trovarsi in Germania o in qualsiasi altra parte del mondo gli era totalmente indifferente. La sua vita non aveva alcun scopo e le sue ricerche si trascinavano lente, senza che la sua mente vi mettesse alcun vero impegno.
Di tanto in tanto andava a raccogliere qualche raro ingrediente.
Ma la sua mente non era mai presente in quello che faceva.
Tutta la sua vita era volta al passato.
Al corpo di Silente che cadeva colpito dal suo Avada Kedavra.
Agli occhi verdi di Lily, quegli occhi che aveva creduto di osservare, come ultima cosa al mondo.
Invece era vivo.
Ma non viveva veramente.
I suoi occhi neri caddero sulle acque del fiume, quelle acque placide e tranquille che scorrevano pigre verso nord.
Forse le sue risposte risiedevano in quella vasta distesa d’acqua.
Sarebbe stato così incredibilmente facile lasciarsi cadere dalla barca e lasciarsi avvolgere dalle acque del Reno.
Morire, come aveva creduto di fare nella Stamberga Strillante, anni prima.
Morire, come avrebbe meritato.
Morire, come desiderava da tempo.
Sarebbe stato così semplice, ma qualcosa lo teneva ancora, in qualche modo legato alla vita.
Qualcosa che non riusciva a definire.
«Siamo arrivati, Herr Piton.» disse il rematore, fermando la barca vicino agli scogli, schizzando leggermente l’acqua del fiume.
Da qualche parte, più a sud, si udì il ronzio quieto di una chiatta, che ruppe improvvisamente il silenzio della notte.
«Sta bene.» disse soltanto Severus, mentre prendeva la torcia elettrica che gli porgeva il Babbano.
Avrebbe potuto andare da solo, ma non conosceva quella zona d’Europa e, alla fine, aveva ritenuto più logico farsi accompagnare da un abitante del luogo.
Individuò le piante quasi subito.
Crescevano a ridosso delle rocce.
Delle piccole erbe che contenevano un’incomparabile capacità curativa.
Si allungò leggermente, poi fece cenno al nocchiere di avvicinarsi ulteriormente alla riva.
Le acque del Reno presero ad ondeggiare maggiormente, quando la chiatta passò al centro del fiume, illuminando la notte con le sue luci.
Alcuni schizzi d’acqua raggiunsero le mano di Severus.
Era un’acqua particolarmente fredda.
Di una freddezza che sapeva di morte.
Forse, si disse l’uomo, mentre il rematore avvicinava la barca alla riva, fino a sfiorarla leggermente, l’acqua conteneva un presagio di morte.

Mormorano e sussurrano le onde
Proprio sopra la sua casa muta.
Risuona una voce: "Non mi dimenticare!



Afferrò una delle erbe, ma si bloccò immediatamente, quando gli parve di udire un mormorio.
Come se una voce, fatta di quell’acqua che lo aveva schizzato poco prima, gli parlasse.
Era una voce di donna, dolce e cullante.
Era la voce di Lily.
Era una voce che diceva di non dimenticare.
Era la voce della sua anima che desiderava la morte.
Era una voce che gli ricordava quelle che aveva creduto essere le sue ultime ore, nella Stamberga Strillante.
Aveva pensato di morire, allora.
Aveva sentito la morte chiamarlo.
E quella voce femminile, quella voce fatta delle piccole gocce d’acqua che l’avevano colpito poco prima, pareva chiamarlo.
Era la voce fredda ed ipnotica della morte.
Pensò, come poco prima, a quanto sarebbe stato facile lasciarsi cadere in acqua.
Gli sembrava quasi che le acque del Reno lo stessero chiamando seducenti, una seduzione lenta, ipnotica e fredda.
«Herr Piton...»
La voce turbata del barcaiolo lo riscosse improvvisamente.
Quei pensieri lo avevano distratto dal suo scopo, sempre che di scopo si potesse parlare.
Con un gesto netto, raccolse la delicata erba e la depose nel recipiente che aveva portato con sé.
I pensieri di morte furono per un attimo dimenticati, forse perché aveva toccato una pianta che poteva salvare la vita.

Nel silenzio notturno al chiarore lunare!
Non mi dimenticare!"
Mormorando le onde corrono
Proprio sopra la sua casa muta.
"Non mi dimenticare".



E quella voce tornò improvvisamente a risuonare.
Parlava della notte,
Parlava del silenzio.
E parlava del chiarore lunare.
E continuava a chiedere di non dimenticare.
Severus rimase a lungo immobile.
Quella voce era fatta d’acqua.
Era limpida, come l’acqua.
Era fredda, come l’acqua che l’aveva schizzato.
Era fredda, come la morte.
Eppure assomigliava alla voce di Lily e, per un breve attimo, gli parve di veder rilucere nell’acqua gli occhi verdi di Lily.
Gli parve di vedere la sua casa muta.
La casa che l’aveva vista crescere, nel quartieri più bello della cittadina dov’era nato.
La casa dove ora non viveva più nessuno.
La casa che, in rarissime occasioni, per insistenza di Lily, aveva visitato quand’era ancora un bambino.
Era come se quella casa fosse stata sommersa dalle acque del Reno.
Si chiese oziosamente, per un istante, per quale motivo gli fosse venuta in mente la casa dell’infanzia di Lily e non quella dov’era morta, per quanto non avesse mai visto personalmente quel luogo di dolore.
E gli parve che quella voce volesse invitarlo ad affogare tutti i suoi dolorosi ricordi, le sue colpe.
Lo invitava a rivedere gli occhi di Lily, sempre che vi fosse qualcosa oltre la morte.
Sempre che lui fosse degno di andare nello stesso luogo in cui si trovava Lily.
Era una voce fredda e ipnotica.
Una voce fatta dell’acqua del Reno.
Una voce che voleva invitarlo a gettarsi in quelle acque profonde.
Sarebbe stato facile mettere fine a tutto, a quell’inutile vita che trascorreva senza scopo, correndo unicamente verso la morte a cui nessuno poteva sfuggire, come l’acqua del Reno andava sempre verso la sua foce.
Eppure, si rese conto in quel momento, mentre osservava le acque oscure del fiume, per quanto potesse desiderare la morte, non intendeva soffocare i suoi ricordi, quei ricordi che non avrebbe mai potuto obliare, nel suicidio.
Per quanto potesse essere facile farlo.
Per quanto fosse una tentazione, che quella voce cantava in una sorta di rapsodia ripetitiva.
Ma non era ancora giunta la sua ora.
Davanti a lui si dipanava un futuro immerso nei ricordi del passato, un futuro che pareva essere predeterminato, come la vita dell’acqua che scorreva intorno alla barca.
La voce fatta d’acqua continuava a risuonare, ma l’uomo la scacciò dalla mente, concentrandosi sullo scopo che lo aveva condotto in Germania.
Immerse la mano nell’acqua, per poter strappare meglio l’erba magica.
Quando lo fece, gli parve che quella voce si facesse più insistente, ma c’era qualcosa di strano in quel canto ed in quell’acqua fredda come la morte.
Forse era solo la voce della sua coscienza, ma Severus sapeva perfettamente che non avrebbe mai potuto dimenticare.
Eppure v’era qualcosa di reale in quel canto fatto dell’acqua fredda del Reno.
Sistemò l’erba acquatica, mentre la voce si faceva più pressante, più gelida, ma di una freddezza che poteva risultare seducente.
«Ho finito.» disse Severus, girandosi verso il barcaiolo, ma il giovane tedesco aveva il visto turbato e lo sguardo fisso sulle acque del Reno.
Sembrava quasi che anche l’uomo stesse ascoltando quella voce fatta dello lieve sciabordare delle acque del fiume contro gli scogli, quella voce che continuava a ripetere di non dimenticare.
Poi, tutto d’un tratto il barcaiolo si drizzò in piedi, gli occhi sempre fissi sull’acqua, come ne fosse ipnotizzato.
«Non ho dimenticato...» biascicò in tedesco, mormorando una delle poche parole in quella lingua conosciuta anche da Severus.
La melodia si fece più intensa e la barca ondeggiò appena, illuminata appena da un lucore improvviso.
A poca distanza da loro stava passando lenta un’altra chiatta.
La luce rischiarò il volto del barcaiolo, colmo di dolore, colmo di disperazione e di un anelito di morte.
Fece un passo in avanti.
Il giovane ricordava che quello era il luogo in cui si era lasciato cadere il fratello, l’anno precedente. E sentiva crescere cocente dentro di sé il senso di impotenza e di colpa, per non essersi accorto di nulla, per non avere capito.
Perché non avrebbe dovuto imitarlo?
Perché non dare retta a quella voce, nata dal Reno, una voce che forse anche suo fratello aveva ascoltato?
L’acqua lo attirava, ma non riuscì a raggiungerla, quando si sentì afferrare alle spalle.
Ed improvvisamente il giovane tedesco si rese conto di dove si trovava.
Di quello che stava per fare.
Non disse nulla, rimanendo in piedi.
Sapeva che avrebbe dovuto ringraziare l’uomo che gli aveva impedito di gettarsi nelle acque del Reno, ma non trovava le parole.
E preferì attendere che fosse l’altro a parlare.
«Ho finito.» ribadì Severus.
Il giovane annuì solamente, lieto che non fossero giunte domande, e si mise a lavorare quasi freneticamente, fino a quando la barca non si rimise in moto, seguendo la corrente.
«Non è un luogo in cui andare, Herr Piton.» affermò il giovane tedesco, quando erano ormai giunti al villaggio lungo il Reno. «Era Loreley.» aggiunse, forse per dare ad un mito perso nel tempo la colpa di quella tentazione improvvisa.
Severus non commentò le parole del barcaiolo. Conosceva la leggenda di Loreley e del suo canto.
Eppure era certo che l’Ondina non avesse nulla a che fare con quella sorta di cantilena. Era piuttosto l’acqua a creare quello strano canto, quelle parole sussurrate che incitavano a non dimenticare.
Severus non sapeva che cosa potesse aver portato il barcaiolo a tentate il suicidio.
Forse il giovane era stato suggestionato da una leggenda che era ben viva nella sua memoria.
Forse v’erano motivi che egli non poteva immaginare e sui quali non voleva formulare ipotesi.
Forse il giovane si sarebbe fermato in tempo, comunque, comprendendo quello che stava per fare.
Buttare via la sua vita.
Così come lui stava ignorando la nuova possibilità che gli era stata offerta dalla sorte.
Forse era quello che non doveva dimenticare, si disse l’uomo, mentre alcuni schizzi d’acqua gli colpivano una mano.
L’acqua era fredda, ma v’era qualcosa di diverso in quella freddezza.
Non era il freddo gelido della morte, ma la freschezza di quella nuova vita che aveva a disposizione.
Ed egli aveva voluto dimenticare, dal giorno in cui si era risvegliato al San Mungo, del dono che aveva ricevuto.
Aveva preferito non curarsi del futuro che aveva a disposizione e di quello che poteva fare ora che non v’era più la guerra.
Aveva fatto cadere nell’oblio della sua mente il fatto che, per quanto probabilmente non lo meritasse, era sopravvissuto.
Invece davanti a sé esisteva una nuova possibilità, che non aveva ancora colto.
Esisteva una nuova vita che aveva trascinato lentamente, senza mai viverla realmente, la mente intrappolata nel passato, senza mai vedere un futuro.
E forse un futuro era possibile, per quanto mai libero dalla consapevolezza di quello che aveva compiuto, dei delitto che aveva commesso.
Ma sarebbe stato almeno un futuro in cui si sarebbe impegnato a vivere il presente.
E forse il primo passo sarebbe stato parlare con quel giovane uomo che aveva desiderato la morte.
O accettare, infine, di aprire la porta di casa la prossima volta che Minerva o Potter avessero bussato.
Non sapeva cosa gli riservasse il futuro, ma sentiva ancora la freschezza dell’acqua sulla pelle, quando raggiunse il piccolo porticciolo fluviale.



[1] Il testo del Lied è stato usato nella sua interezza.

Es flüstern und rauschen die Wogen
Wohl über ihr stilles Haus.
Es ruft eine Stimme: "Gedenke mein!
Bei stiller Nacht im Vollmondschein!
Gedenke mein!"
Und flüsternd ziehen die Wogen
Wohl über ihr stilles Haus.
"Gedenke mein!"



Traduzione

Mormorano e sussurrano le onde
Proprio sopra la sua casa muta.
Risuona una voce: "Non mi dimenticare!
Nel silenzio notturno al chiarore lunare!
Non mi dimenticare!"
Mormorando le onde corrono
Proprio sopra la sua casa muta.
"Non mi dimenticare".

 
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