Il Calderone di Severus

Severus Ikari - Svegliarsi con un obiettivo nella mente, Genere: commedia, generale, introspettivo, romantico Personaggi: Severus Snape, Sorpresa, Minerva McGonagall, Sybill Trelawney Pairing: Severus/Sorpresa (XD) Epoca: post 7° anno Avvertimenti: AU

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view post Posted on 7/9/2017, 11:08
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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Titolo: Svegliarsi con un obiettivo nella mente
Autore/data: Severus Ikari/ 7-9 luglio 2014
Beta-reader: /
Tipologia: one shot
Rating: per tutti
Genere: commedia, generale, introspettivo, romantico
Personaggi: Severus Snape, Sorpresa, Minerva McGonagall, Sybill Trelawney
Pairing: Severus/Sorpresa (XD)
Epoca: post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: “Quella mattina Severus Snape si era svegliato deciso, con un'unica consapevolezza: la voleva.
E non era mai stato tanto sicuro di nient'altro in tutta la sua vita.”

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Parole/pagine: 1884/3

Nota: Storia scritta per la Sfida FF n° 7 “La Sfida Olimpica” facente parte della Severus House Cup del Forum “Il Calderone di Severus”.
Specialità: Tiro.


Svegliarsi con un obiettivo nella mente



Quella mattina Severus Snape si era svegliato deciso, con un'unica consapevolezza: la voleva.
E non era mai stato tanto sicuro di nient'altro in tutta la sua vita.
Era rimasto a guardare per troppo tempo senza riuscire a muovere neppure un muscolo, ogni volta che voleva anche solo sfiorarla con le dita, c'erano numerosi occhi indiscreti che se ne stavano lì a fissarlo come se fosse il più patetico degli uomini.
E spesso si era sentito esattamente in quel modo, e in quei momenti non gli rimaneva che sparire e allontanarsi dall'oggetto dei suoi desideri.
Lui, però, quella mattina era deciso a prendersela, a farla sua, e questa volta nessuno sguardo curioso sarebbe riuscito a fermarlo.
Si alzò, passando le dita nei capelli con studiata lentezza e con altrettanta calma si gettò nella vasca colma d'acqua calda e profumata che aveva riempito poco prima con un rapido movimento di bacchetta, e con la schiuma che traboccava al suo ingresso, come gli piaceva quand'era piccolo.
«In ogni uomo c'è una grossa traccia del bambino che è stato» gli aveva detto qualcuno, ma non ricordava chi e in quel momento neppure gli importava.
Si concesse molti minuti nell'acqua calda, come non gli capitava da parecchio tempo, ma gli sembrava giusto sistemarsi al meglio per lei, come se fosse il primo appuntamento, anche se non gli era mai capitato un primo appuntamento, quindi non sapeva bene cosa avrebbe dovuto fare, però riteneva fosse una buona mossa, essere il più presentabile possibile.
Pensava a lei, spesso gli capitava di chiudere gli occhi ed immaginarsi le serate che avrebbero trascorso insieme, sul divano, nel tepore del camino che sinuoso gli scaldava la pelle con le fiamme rosse sfumate d'arancio.
Desiderava averla tra le dita, sfiorarla e bearsi dei suoi riflessi sulla sua, di pelle e sentire il suo sapore sulle labbra e chiudere gli occhi per farsi avvolgere da quell'aroma, da quelle sensazioni che gli scaldavano il cuore e lo facevano sentire per lunghi istanti come se la sua anima fosse integra e non ridotta a brandelli.
Uscì dalla vasca e si avvolse un asciugamano intorno ai fianchi, lasciando che le gocce d'acqua gli scivolassero lungo tutto il corpo, fin quasi a diventare cristalli gelidi sulla sua pelle candida.
Non gli era mai piaciuto specchiarsi, lo considerava una vanità da sciocchi, ma quel giorno era diverso, aveva bisogno di vedere che tutto fosse sistemato prima di uscire dalle sue stanze, che non ci fosse neppure una piega negli abiti e che i bottoni fossero tutti chiusi e perfettamente allineati.
Come se quella precisione fosse stata di buon auspicio per la riuscita dell’impresa.
Si vestì con lentezza, come se fosse uno sposo a pochi passi dall’altare, e quel giorno si sentiva esattamente in quel modo, anche se non aveva la più pallida idea di come dovesse sentirsi un uomo alla soglia del matrimonio.
«Prevedo che saprai apprezzarla al meglio, Severus, te l’affido» gli aveva detto Dumbledore qualche mese prima che la sua mano si levasse contro il mago che più di ogni altro aveva creduto in lui.
Il ricordo ancora lo uccideva e spesso si ritrovava a fissare il soffitto della sua stanza senza riuscire a chiudere gli occhi, ormai conosceva ogni singola crepa o sfumatura, ma qualsiasi cosa era meglio che vedere quello sguardo azzurro come il cielo farsi improvvisamente vuoto.
«È molto molto forte, ti avverto» aveva poi aggiunto l’anziano mago, ma lui era sopravvissuto all’Oscuro Signore, e niente sarebbe stato in grado di spaventarlo. Neppure lei.
Il destino si era spesso preso gioco di lui, ma se gli era stato concesso di salvarsi, avrebbe sfruttato a pieno ogni occasione che gli si fosse presentata davanti al volto. E poi l’insistenza di Minerva McGonagall era difficile da ignorare, così come quella di Harry, dannato stupido ragazzino ficcanaso, come lo definiva spesso lui.
Si sarebbe introdotto nell’ufficio del Preside con la scusa di dover parlare con Albus, sicuro di trovarla lì, dipinta dei colori dell’alba sul mare.
Uscì dalle sue stanze e percorse i bui corridoi a passo svelto, quella mattina nessuno gli avrebbe intralciato i piani, nessuno doveva anche solo farsi venire in mente o osare un solo simile pensiero, perché di certo lo avrebbe Schiantato senza tante remore e lasciato a figurare una statua insieme con le altre del Castello.
«Professor Snape, volevo dirle che nessuno di noi è riuscito a trovare…»
«Togliti dai piedi!»
«Ma, signore, la lezione di oggi…»
«La lezione di oggi è sospesa. Sono sospese tutte le mie lezioni fino a domani e adesso sparisci e di’ a tutti che non voglio essere disturbato!»
«S-sì, signore.»
Il bambino Tassorosso avrebbe tanto voluto saltare dalla gioia per quella notizia, ma lo sguardo e il trattamento che gli aveva riservato il professor Snape, avrebbero tolto felicità persino ai campioni della Coppa del Mondo di Quidditch.
Severus sbuffò, scocciato, e continuò ad avanzare sperando che nessuno più lo avrebbe importunato, non voleva essere disturbato neppure se fosse tornato l’Oscuro Signore in persona.
Decise, però, di fermarsi un po’ in Sala Grande a prendere qualcosa per calmarsi e soprattutto per non destare sospetti: una sua sparizione a colazione, da quando era finita la guerra e la scuola aveva riaperto i battenti, sarebbe stata vista con più di una qualche curiosità, poiché ormai sedeva abitualmente tra i colleghi conversando e mangiando ben più di una semplice tazza di caffè.
Quella mattina, però, aveva lo stomaco chiuso come non gli capitava da molto tempo, e, sicuramente, avrebbe preso soltanto quella tazza di caffè, nero, bollente e amaro, giusto per calmarsi.
Si fermò di nuovo a pensare a come sarebbe stato stringere lei piuttosto che quella porcellana.
All’improvviso vide Minerva entrare ad ampie falcate dal portone e dirigersi verso di lui, aveva uno strano sguardo e se si fosse avvicinata troppo, volpe com’era, avrebbe di certo capito tutto, e lui non poteva permetterselo, era deciso, e nemmeno lei lo avrebbe ostacolato.
«Severus!» lo chiamò quando era ancora ad una distanza di sicurezza dal suo volto che in quell’occasione sicuramente lo avrebbe tradito.
«Scusa, Minerva, sono in ritardo, devo andare a lezione.»
«Ma se le hai cancellate tutte! Che succede?»
«Ah, già, vero, mi spiace, avrei dovuto avvertirti, ma… ecco… ho delle cose da fare.»
«Severus!» esclamò con un tono duro che poche volte aveva udito uscirle dalla bocca. «Mi hai promesso che non mi avresti più mentito!»
«Non ti sto mentendo, Minerva, ho davvero delle cose da fare. Ne riparleremo.»
«Lo spero per te, perché sappi che non ti darò un minuto di pace se non mi dici cosa stai tramando!»
Severus le fece un lieve cenno del capo, ormai si era avvicinata troppo e doveva sparire in tutta fretta, sapeva che non gli avrebbe dato un minuto di pace in nessun caso; da quando si era risvegliato al San Mungo con una pesante fasciatura intorno al collo, Minerva non lo aveva abbandonato un attimo, era stata tutto per lui, un’amica, una confidente e soprattutto una madre.
Le era grato per questo, ma qualche volta sapeva essere davvero esasperante.
E per questo aveva spesso nutrito il timore che lei e quell’infido di un ritratto, complottassero contro di lui per farlo diventare pazzo.
Per Salazar, aveva quasi quarant’anni, non era mica un ragazzino!
Sbuffò di nuovo, riprendendo il cammino verso quello che era il suo obiettivo primario, quello che sognava da tempo, da quando, sempre quell’infido di un ritratto, gli aveva ricordato la sua esistenza e la sua promessa di prendersi cura di esso. Di lei.
In quel momento, però, si accorse che doveva sviare ogni sospetto e deragliare Minerva da un’altra parte, così, invece di dirigersi nell’ufficio di presidenza, si avviò verso l’aula della professoressa Trelawney, sicuro che Minerva l’avrebbe seguito, attardandosi, però, soltanto pochi istanti, insofferente a fumi, tintinnii, fondi di caffè e palle di vetro.
D’altronde cos’era sopportare per qualche minuto i vaneggiamenti di Sybill se fosse servito al suo scopo?
E poi, almeno in quel momento, sentire le parole della bizzarra strega, non gli sarebbe costato niente.
Sospirò ancora e ancora, amaramente, e per un attimo gli parve che il dolore fosse tornato a stringergli il cuore e l’anima a pezzi, ma scrollò prepotentemente la testa, non poteva farsi distrarre da simili pensieri, non ad un passo dalla vittoria.
Gli venne, però, in mente che, appena pochi mesi dopo che fu dimesso dal San Mungo, Lily gli era apparsa in sogno e lo aveva pregato di lasciarla andare per sempre e lo aveva esortato ad essere felice e a vivere finalmente quella vita che si era negato fino a quel momento.
Era stato un sogno difficile, combattuto, ma di nuovo aveva vinto lei, come sempre.
Ah, le donne…
Bussò alla porta dell’aula di Sybill Trelawney con un sorriso sulle labbra.
«Buongiorno, Sybill.»
«Oh, Severus, cosa ti porta nelle mie umili stanze?»
“Depistare quell’impicciona di Minerva?” No, questo non poteva decisamente dirglielo, volubile com’era, si sarebbe messa a piangere e gli sarebbe occorsa tutta la giornata per farla calmare, per non parlare delle occhiatacce e delle scocciature che gli avrebbe riservato l’anziana strega.
«Passavo da queste parti, così ho pensato di augurarti un buon giorno.»
«Oh, Severus, questo sì che è di certo un buongiorno.»
“Non si sarà messa in testa strane idee, spero?” Ma non poteva domandare neppure questo, le serviva la sua compagnia almeno per una ventina di minuti, il tempo necessario per far desistere Minerva da sentire strani discorsi sulla Divinazione che non le era mai andata a genio.
«Che ne diresti di una bella tazza di caffè?»
«Volentieri.» “È solo la seconda che prendo… in circa mezzora, ma non morirò di certo di caffè.” «Purché poi tu mi legga i fondi.»
«Oh, certo, certo.»
Cosa si doveva fare per raggiungere certi scopi, si ritrovò a chiedersi, cercando tutta la pazienza di cui disponeva per sopportare quei momenti che, sapeva, sarebbero stati interminabili; in fondo Sybill non era una cattiva compagnia, era solamente strana. Molto strana.
Trenta minuti, un paio di presagi di morte, uno di matrimonio e qualche bebè dopo, Severus uscì dall’aula di Divinazione e riprese il cammino verso quello che realmente lo interessava.
Era ormai giunto alla meta e di Minerva non c’era alcuna traccia e questo lo fece ben sperare, e il fatto che ancora non aveva trovato un insegnante che la sostituisse in Trasfigurazione, gli assicurò che la strega non si sarebbe trovata nei paraggi almeno fino alla fine delle lezioni.
Posò la mano tremante sul battente del pesante portone che lo divideva dall’ufficio del Preside, con il cuore che aveva improvvisamente accelerato i battiti: lei era al di là del legno e delle pietre e lo stava aspettando, era per lui, solo per lui.
Era lì, a pochi passi da lei e sembrava che gli stesse sorridendo, ansiosa di quell’incontro come lo era il mago stesso da tempo, ma ad un tratto la porta fu aperta di scatto e l’incanto si ruppe.
«Se-Severus!» la sua voce lo fece sussultare.
Come diavolo aveva fatto a scoprirlo in così poco tempo?
«Non fare quella faccia, Minerva! Questa bottiglia me l'ha lasciata Dumbledore, e visto che tu non avevi nessuna intenzione di darmela, me la sono presa da solo.»
Minerva McGonagall rimase a fissare con gli occhi sgranati il giovane mago che, stizzito, usciva dalla porta con il bottino in una mano.
Allibita.
 
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