Il Calderone di Severus

Alaide - M’educava il deserto, Tipologia: Song Fic - Genere: Drammatico - Altro Genere: Introspettivo Avvertimenti: Nessuno - Epoca: HP 6^ anno - Pairing: Severus/Lily - Personaggi: Altro - Altri Personaggi: Nessuno

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view post Posted on 3/9/2017, 18:01
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Titolo: M’educava il deserto

Autore/data: Alaide – gennaio 2014
Beta-reader: nessuno
Tipologia: Song-fic
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton
Pairing: Severus/Lily (sottinteso)
Epoca: 6 anno
Avvertimenti: nessuno
Riassunto: Per sempre avrebbe vissuto nel deserto immenso della sua solitudine, popolato dai fantasmi delle sue vittime.

Nota: Storia scritta per il Gioco Creativo n.4 A ritmo di musica e partecipante al Gioco Creativo n. 14 Severus House Cup.

Consiglio l’ascolto dell’aria de La Forza del Destino utilizzata come “accompagnamento musicale”, nell’interpretazione di Jonas Kaufmann che potete trovare a questo link
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

Parole: 964, escluso il testo poetico dell’aria tratta da La Forza del Destino di Giuseppe Verdi, conosciuta come “Oh tu che in seno agli angeli” [1]

M’educava il deserto



La vita è inferno all’infelice… invano
Morte desio!... Siviglia!... Leonora!
Oh rimembranze! Oh notte
Ch’ogni ben rapisti!...
Sarò infelice eternamente… è scritto. […]



Erano trascorsi innumerevoli anni.
Tanti, troppi anni.
Innumerevoli anni trascorsi nell’attesa del ritorno dell’Oscuro Signore, di una guerra che avrebbe portato alla sua morte.
Di questo era sempre stato certo.
La guerra, per quanto non ancora in maniera fragorosa, era arrivata, ma la morte, che lo chiamava da tanto tempo e che da anni desiderava, non era ancora giunta.
Forse lo avrebbe accolto un giorno, ma, anche allora la pace lo avrebbe fuggito, egli che doveva uccidere Albus, egli che aveva causato la morte di Lily, egli che aveva le mani coperte di sangue di innumerevoli innocenti che non era riuscito a salvare.
La sua vita era un inferno.
E quell’inferno lo aveva creato egli stesso.
Ed in quell’inferno viveva da così tanto tempo che non ricordava più come potesse essere una vita differente.
La sua vita era già un inferno quella notte in cui a Godric’s Hollow era morta Lily.
Lo era ogni volta che non riusciva a salvare una vittima innocente.
Non v’era nessun’altro modo in cui potesse definire la sua misera esistenza.
Un inferno insopportabile fatto di morte e distruzione.
Meritava – e desiderava – unicamente incontrare la morte.
Ma non era ancora giunta la sua ora.
Aveva un dovere da compiere, un dovere che ogni volta diventava più complesso e difficile.
E Terribile.
Doveva uccidere Albus.
Il padre che non aveva mai avuto.
Il padre che aveva desiderato.

In un carcere nacqui, m’educava
il deserto. […]
I miei parenti
Sognarono un trono, e li destò la scure!...
Oh quando fine avran le mie sventure!



Eppure doveva ucciderlo e tornare alla solitudine in cui era nato. V’erano momenti in cui gli sembrava di essere nato in un carcere.
Il carcere della sua mente e della sua solitudine.
Sicuramente era cresciuto nella solitudine.
Era stato educato dalla solitudine e dalla disillusione.
I suoi genitori aveva nutrito dei sogni quando si erano sposati. Forse si erano sentiti felici, allora. Forse aveva desiderato l’irraggiungibile, quasi avessero sognato un trono sfavillante, che mal si addiceva al luogo in cui vivevano.
Ne aveva sentito parlare, durante le loro interminabili liti.
Anche Tobias ed Eileen Piton avevano nutrito dei sogni, ma li aveva ridestati la scure sanguinosa della realtà.
E così era stato per lui.
Aveva nutrito dei sogni.
Aveva sperato che il deserto in cui era nato si potesse spezzare, che la solitudine finisse.
Ma era stato un illuso.
La scure della realtà aveva ridestato anche lui.
Eppure, per qualche breve tempo, la solitudine era stata rotta da Lily.
Ma quella solitudine era tornato ad avvolgerlo quando aveva perso per sempre quell’amicizia.
Quando aveva perso la sua unica amica.
Quando aveva perso i suoi sogni di un futuro privo della gabbia desertica in cui era nato e cresciuto, a cui era condannato.
E quella solitudine – quella che era diventata, da che aveva ricevuto il Marchio Nero, la solitudine delle sue colpe – era stata rotta, col tempo, da Albus.
Ed in quella solitudine sarebbe ripiombato, quando avrebbe dovuto uccidere il suo mentore.
Il padre.
Ed allora, sarebbe ripiombato nel deserto della sua anima, un deserto sanguinante, su cui gocciavano piccole stille dalla lama della scure della realtà, che distruggeva ogni illusione ed ogni sogno.
Ed avrebbe vissuto in quel deserto sanguinoso per il resto dei suoi giorni.
Per sempre.
Per sempre avrebbe sentito lo spezzarsi della sua anima per le colpe che aveva commesso.
Per sempre avrebbe vissuto nel deserto immenso della sua solitudine, popolato dai fantasmi delle sue vittime.
Per sempre avrebbe continuato ad amare Lily.
Lily che aveva perso quando l’aveva chiamata Sanguesporco.
Lily che aveva ucciso, rivelando la Profezie, parzialmente ascoltata.
Lily che era morta quella notte a Godric’s Hollow.
Non l’aveva vista allora, ma se chiudeva gli occhi, poteva immaginarla morta, i capelli rossi sparsi intorno al suo viso, lo sguardo vuoto e gelido nel rigore della morte.

Oh tu che in seno agli angeli
Eternamente pura
Salisti bella, incolume
Dalla mortal iattura,
Non iscordar di volgere
Un guardo a me tampino,
Che senza nome ed esule,
In onta del destino,
Chiede anelando, ahi misero,
La morte d’incontrar…
Leonora, deh soccorrimi,
Pietà del mio penar.



Eppure anche nel rigore della morte, Lily rimaneva pura e bella nella sua mente e nel suo cuore. Lily era la purezza stessa nella morte, che l’aveva portata per sempre lontana dai dolori della condizione umana.
Ed egli, in quei cupi momenti, poteva immaginarla ancora bella ed intatta, elevata al di sopra di ogni altro mortale.
Lily era l’altare che doveva stare presso il patibolo. Era la purezza in contrasto con la lordura della sua anima spezzata.
E sapeva che la sua anima si sarebbe ancor più incrinata dopo il parricidio che doveva compiere.
La sua anima era senza speranza.
Sapeva che non vi sarebbe stata né salvezza, né perdono per lui.
Era solo un esule che si dibatteva in preda al senso di colpa per le sue scelte sbagliate, per i suoi innumerevoli ed incalcolabili errori.
Cosa gli sarebbe rimasto dopo la morte di Albus?
La colpa tremenda di aver cancellato l’ennesima vita.
L’amore imperituro per Lily, un amore che non aveva mai avuto speranza.
La solitudine in cui era cresciuto.
Il deserto della sua anima spezzata.
Eppure, forse, Lily lo stava osservando, dovunque la sua anima pura fosse in quel momento. Forse stava rivolgendo lo sguardo verso di lui, verso il nero pellegrino, esule sulla terra, lacerato dal destino che lui stesso aveva creato.
Forse Lily, per un breve istante, si sarebbe ricordata del bambino che era stato, prima di ferirla e di perderla, prima di causarne la morte, ed avrebbe avuto pietà di lui. Forse avrebbe versato una lacrima per la desolazione della sua anima.
Forse Lily vedeva, in quel momento, il suo desiderio di morte.
La morte che meritava.
La morte che aveva sempre meritato.
Sarebbe stato di gran lunga più giusto che fosse lui a morire e non Albus, del cui sangue si sarebbe dovuto macchiare le mani.
Forse presto avrebbe incontrato anch’egli la morte, durante quella guerra.
Egli, il Colpevole, era destinato alla morte, per quanto gli sembrasse che arrivasse sempre troppo tardi.
Eppure sapeva che, prima di incontrare la morte che anelava, doveva compiere il suo dovere.
Era quello il suo destino.
Il suo giusto destino.





[1]
Il testo dell’Aria di Alvaro (che diventa nel racconto Severus) è stato utilizzato per poco più del 75 %. Parole del testo 149, di cui utilizzate 112 (75 % = 111,75). Numero di versi 26, di cui utilizzati 20,5 (75 % = 19,50)
Ho messo in grassetto le parole del testo che non ho utilizzato

La vita è inferno all’infelice… invano
Morte desio!... Siviglia!... Leonora!
Oh rimembranze! Oh notte
Ch’ogni ben rapisti!
Sarò infelice eternamente… è scritto.
Della natal sua terra il padre volle
spezzar l’estranio giogo, e coll’unirsi
all’ultima degli Incas la corona
cingerne confidò… fu vana impresa… -

In un carcere nacqui, m’educava
il deserto; sol vivo perché ignota
è mia regale stirpe!...
I miei parenti
sognaro un trono, e li destò la scure!
Oh quando fine avran le mie sventure!

Oh tu che in seno agli angeli,
eternamente pura
salisti bella, incolume
dall’uman iattura,
non iscordar di volgere
un guardo a me tapino,
che senza nome ed esule,
in onta del destino,
chiede anelando, ahi misero,
la morte d’incontrar…
Leonora, deh soccorrimi,
pietà del mio penar.

 
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