Il Calderone di Severus

Alaide - Finito è l’apatico e chiassoso giorno, Tipologia: Song Fic - Genere: Drammatico - Altro Genere: Introspettivo Avvertimenti: Nessuno - Epoca: Post Malandrini - Pairing: Severus/Lily - Personaggi: Altro - Altri Personaggi: Nessuno

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view post Posted on 1/9/2017, 16:38
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Titolo: Finito è l’apatico e chiassoso giorno

Autore/data: Alaide – gennaio - febbraio 2014
Beta-reader: nessuno
Tipologia: Song-fic
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton
Pairing: Severus/Lily
Epoca: Post Malandrini
Avvertimenti: Missing Moments
Riassunto: Era la lacrima che aveva tenuto da parte da tempo.
Una lacrima che racchiudeva la sua anima.
Una lacrima che racchiudeva il senso di colpa indelebile che la gravava.

Nota: Storia scritta per il Gioco Creativo n.4 A ritmo di musica e partecipante al Gioco Creativo n. 14 Severus House Cup.

La poesia è tratta da un ciclo di Lieder, su testo di Arseny Arkad’yevic Golenishchev-Kutuzov, musicati da Modest Mussorgskij, intitolato Belz solcna (Senza sole). Si tratta della terza posia del ciclo e, facoltativamente, può essere letta come seguito di “Non mi hai riconosciuto tra la folla”
Potete trovare a questo link l’intero ciclo:

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Parole: 1613, escluso il testo del Lied [1]



Finito è l’apatico e chiassoso giorno



Finito è l’apatico e chiassoso giorno;
La vita umana è divenuta silenziosa e addormentata.
Tutto è quieto. L’ombra della notte di Maggio
Abbraccia la capitale che dorme.



Quella notte si era dovuto fermare a dormire in una bettola di infima categoria a Nocturne Alley. Avrebbe anche potuto tornare nella casa in cui era nato e cresciuto, ma aveva preferito non farlo. Ora che sua madre era morta, in quella casa non rimaneva che Tobias, un uomo invecchiato precocemente, imbruttito dalla vita e con il quale non aveva mai avuto nulla di cui parlare. Un padre assente e violento, che annegava le delusione della vita nell’alcool.
Severus, coricato su un letto che aveva visto tempi migliori, trasse un profondo respiro.
Sapeva di non essere migliore di suo padre.
Forse era addirittura peggiore di lui.
Tobias non aveva mai assassinato nessuno.
Egli aveva cominciato da quando aveva preso il Marchio Nero. Ed ora si era abituato ad uccidere. Si era abituato a sentire le grida delle sue vittime. Si era abituato a vederle morire.
Anche quel giorno, insieme ad altri due Mangiamorte, aveva ucciso.
Ed il suo cuore non aveva provato nulla.
Era facile uccidere – e continuare a farlo – una volta che si era cominciato.
Nei primi tempi, aveva assaporato l’ebrezza dell’onnipotenza. Davanti a quegli essere tremanti era un dio, che poteva giocare con le loro vite, come più preferiva.
Ma quel senso di potere era ben presto scomparso, sostituito dall’amarezza della bile che gli montava in gola, dalla consapevolezza di essere diventato un assassino.
Severus sapeva che quei sentimenti erano ancora nascosti da qualche parte nel suo cuore e nella sua anima. Era certo che se vi avesse riflettuto più a lungo, avrebbe ritrovato quell’amarezza.
Il sapore della colpa.
Aveva preferito mettere tutto a tacere e lasciar sprofondare ogni cosa nell’apatia.
Anche quello era stato un giorno apatico.
Una giornata indifferente.
Ed era stato un giorno chiassoso, quando si era ritrovato nelle vie della capitale inglese, quando aveva attraversato a passo spedito Diagon Alley, quando si era ritrovato nell’oscurità di Nocturne Alley.
Ma, in quel momento, la capitale inglese dormiva.
Tutto era quieto, tranquillo, avvolto dall’oscurità di quella notte di maggio.

Ma il sonno fugge i miei occhi.
E quando si appressa la prossima aurora
La mia immaginazione sta sfogliando
Le pagine degli anni perduti.



Eppure nonostante tutto, nonostante si dicesse che la sua vita era un susseguirsi di giornate apatiche, non riusciva a prendere sonno.
Rimaneva disteso, quella notte di maggio, con gli occhi aperti. Dalla finestra entrava una luce leggermente più chiara.
L’aurora doveva essere vicina, si disse.
Ed egli rimaneva sveglio, nell’approssimarsi del nuovo giorno.
La sua mente però non era fissa nel momento presente, ma stava ricordando.
Era immersa nel passato, negli anni che si era lasciato alle spalle.
Anni perduti, che non sarebbero più potuti tornati.
Gli sembrava quasi di star sfogliando un libro dai fogli ingialliti dal tempo. Rivedeva, come in una vecchia foto color seppia, Lily sull’altalena. Ed altrettanto sfocate sembravano le immagini che precedevano il momento in cui aveva iniziato a sostenere i suoi G.U.F.O. Tutto diventava più nitido allora.
Si rivedeva, mentre scagliava quell’atroce insulto contro Lily, ma soprattutto rivedeva il momento in cui la ragazza era rientrata nella sala comune di Grifondoro. Era stata l’ultima volta in cui gli aveva rivolto la parola.
L’aveva vista per altri due anni. L’aveva osservata da lontano ed aveva notato come si stesse avvicinando a Potter.
E ne era rimasto distrutto, ma a ferirlo più di ogni altra cosa era stata l’indifferenza nello sguardo di Lily, ogni qualvolta lo incrociasse casualmente.
Forse era nato per ispirare indifferenza.
Erano stati indifferenti i suoi genitori. Sua madre si era staccata lentamente da lui, forse perché non riusciva ad amarlo realmente, forse perché era troppo debole per prendersi cura di suo figlio. Suo padre lo notava soltanto nei momenti di massima frustrazione, quando voleva scaricare su qualcuno la delusione derivata dal fallimento dei suoi sogni.
Erano rimasti indifferenti i suoi insegnanti, alle elementari Babbane e ad Hogwarts.
Ed alla fine era diventata indifferente anche Lily.
La sua unica amica.
Il suo amore.
L’amava ancora, nonostante tutto quello che era accaduto da allora.
Nonostante l’indifferenza. Nonostante Potter.
Tentava di celare, alle volte, quel sentimento persino a se stesso, nell’apatia assoluta delle sue giornate.
I suoi ricordi gli passavano davanti agli occhi, deprivati di sonno, l’uno dopo l’altro.
Si rivide, mentre spinto dalla volontà di rivalsa e dalla sete di conoscenza, prendeva la decisione di unirsi alla causa del Signore Oscuro, una causa in cui non aveva fede, ma dove aveva visto un modo per ottenere potere, per ottenere conoscenza.
Rivisse la prima volta in cui aveva pronunciato una Maledizione Senza Perdono. Davanti a suoi occhi vedeva se stesso con la bacchetta in pugno che uccideva per la prima volta e notava il luccichio che era comparso nelle sue iridi nere. Si era sentito onnipotente allora.
Momento dopo momento, la sua vita si riavvolse su se stessa fino a giungere al momento presente, all’alba di un anonimo ed indifferente giorno di maggio che si avvicinava sempre di più.
Quegli anni erano perduti.
Per sempre.
Perduti erano gli anni della sua infanzia.
Perduti erano gli anni della sua amicizia con Lily.
Perduti erano i momenti in cui avrebbe potuto prendere una decisione diversa.
Erano anni persi nell’indifferenza degli altri, che era diventata indifferenza per il proprio destino, l’apatia delle proprie giornate.

E se ancora, respirando nel veleno
Dei sogni d’amore della primavera,
Ho fatto risorgere nella mia anima il flusso
Di speranze, di sfoghi e di illusioni…



Per un istante gli parve che l’aria si fosse fatta pesante, come se dei fiori velenosi stessero spargendo il loro olezzo tutto intorno a lui.
I suoi pensieri presero a vagare senza una meta precisa.
Si ricordò d’aver letto da qualche parte del fiore del manzaniglio che portava alla morte chi lo respirava.
Ed in quello strano odore – forse unicamente frutto della sua notte insonne – gli parve di riconoscere il profumo dei suoi sogni d’amore, dei sogni che aveva nutrito un tempo, negli anni perduti del suo passato.
Erano i sogni della sua primavera, una primavera durata pochissimo, inghiottita dall’indifferenza, inghiottita dalle sue stesse scelte.
Ed insieme a quell’odore velenoso, gli parve che sorgessero nuovamente, l’uno dopo l’altro i giorni di quella primavera, i giorni colmi di speranza, di quella speranza che si sarebbe dimostrata illusoria di lì a poco, i giorni in cui gli era sembrato possibile che Lily potesse ricambiare i suoi sentimenti, i giorni in cui non avrebbe mai immaginato di leggere negli occhi verdi della ragazza la peggiore delle condanne.
Erano giorni lontani, persi nel passato.
Giorni simili a sogni che non gli sembrava nemmeno di aver mai vissuto.

Ahimè, questi sono solo fantasmi!
Sono stanco di questa folla morta,
Ed il rumore delle loro vecchie chiacchiere
Già non ha più potere su di me.



Ma quei sogni si erano rivelati evanescenti come fantasmi. E da fantasmi gli parve di essere circondato.
I fantasmi delle sue aspirazioni.
I fantasmi delle sue speranze.
I fantasmi delle occasioni che aveva perdute.
Erano una folla morta che lo circondava stringendosi intorno a lui, una folla di cui voleva liberarsi.
Una folla che lo spossava, che lo sommergeva di una stanchezza che non aveva nulla a che fare con il sonno perduto.
E gli sembrava di sentire le voci di quei fantasmi.
Voci che gli ricordavano la direzione che aveva preso la sua vita.
Voci che parlavano di quante speranze avesse nutrito.
Voci che gli elencavano le sue illusioni.
Era un frastuono stonato di vecchi gracchianti.
Un frastuono che non aveva alcun potere su di lui.
Un frastuono di cui però riusciva a riconoscere una voce.

Solo un’ombra, l’unica di tutte,
Mi appare, respirando con amore, e,
Come un vero amico dei giorni passati,
Si china sul mio letto.



Era la voce di uno dei fantasmi che lo circondavano, in quella strana atmosfera onirica che era venuta a crearsi nella sua mente, offuscata dal sonno perduto.
Era un’ombra, l’unica di tutte quelle che gli crepitavano intorno, che gli apparve con chiarezza.
Assomigliava a Lily, ma non era Lily.
Era sfuggente, indefinita ed indecifrabile.
E gli sembrò che si avvicinasse al suo letto, come fa una madre con un bambino impaurito da un incubo.
O come fa un’amante con il suo innamorato.
Dalla finestra, che aveva lasciata aperta la notte prima, entrò un refolo d’aria.
Era il respiro dell’ombra.
Il respiro di un’amante.
Il respiro di un amico che si china al capezzale di un malato a cui tiene.

E coraggiosamente ho dato a lei sola
Tutta la mia anima in una lacrima silenziosa,
Non visto da nessuno, colmo di gioia,
In una lacrima che avevo costudito a lungo!



L’ombra continuava a stare china su di lui, sfuggente ed indecifrabile.
Un enigma nato dalla sua mente resa poco lucida dalla mancanza di sonno.
Si sentiva attratto verso quell’ombra, in un modo che non aveva mai provato prima. Era forse colei che stava attendendo?
Non lo sapeva.
Ma a lei, a quel volto sfuggente, a quelle parole inintelligibili, avrebbe dato tutto se stesso, tutta la sua anima.
E gli parve che la sua anima andasse a racchiudersi in una lacrima silenziosa che gli rigò la guancia.
Aprì gli occhi di scatto.
Dalla finestra aperta entrava la luce rosata dell’alba.
Doveva essersi addormentato ed i suoi sogni erano stati popolati di fantasmi e da un’ombra che si era avvicinata al suo letto, un’ombra dai contorti indecifrabili e sfuggenti.
Ma ora che era sveglio si ricordava un particolare che gli era sfuggito nel dormiveglia in cui era caduto.
L’ombra aveva le vesti rosse.
Del rosso cupo del sangue.
Era l’apparizione delle vittime che aveva ucciso.
Era il senso di colpa che cercava di mascherare con l’apatia.
Era la consapevolezza di aver imboccato una strada sbagliata che lo aveva condotto nel baratro.
E sapeva che l’apatia gli sarebbe stata impossibile da quel momento in poi.
Si toccò la guancia e la sentì umida della lacrima che aveva versato nel dormiveglia.
Era la lacrima che aveva tenuto da parte da tempo.
Una lacrima che racchiudeva la sua anima.
Una lacrima che racchiudeva il senso di colpa indelebile che la gravava.
Ed a quella consapevolezza decise di abbandonarsi con tutto se stesso.
Aveva provato l’onnipotenza di disporre delle vite degli altri.
Aveva sentito il sapore amaro della bile, provocata da quelle uccisioni.
Aveva sperimentato l’apatia di giornate indifferenti.
Ma ora sapeva di dover abbracciare la consapevolezza della colpa, la consapevolezza di aver compiuto una scelta irreparabile, di aver smarrito e perduto per sempre anni che avrebbero potuto essere ben diversi.



[1] Il testo del Lied è stato utilizzato nella sua interezza.

Okonchen prazdnyj, shumnyj den';
Ljudskaja zhizn', umolknuv, dremlet.

Vse tikho. Majskoj nochi ten'
Stolicu spjashchuju ob"jemlet.

No son ot glaz mojikh bezhit,
I pri luchakh inoj dennicy
Voobrazhenije vertit
Godov utrachennykh stranicy.

Kak budto vnov', vdykhaja jad
Vesennikh, strastnykh snovidennij,
V dushe ja voskreshaju rjad
Nadezhd, poryvov, zabluzhdenij...

Uvy, to prizraki odni!
Mne skuchno s mertvoj ikh tolpoju,
I shum ikh staroj boltovni
Uzhe ne vlasten nado mnoju.

Lish' ten' odna iz vsekh tenej
Javilas' mne, dysha ljubov'ju,
I, vernyj drug minuvshikh dnej,
Sklonilas' tikho k izgolov'ju.

I smelo otdal jej odnoj
Vsju dushu ja v sleze bezmolvnoj,
Nikem nezrimoj, schast'ja polnoj...
V sleze, davno khranimoj mnoj!


Traduzione

Finito è l’apatico e chiassoso giorno;
La vita umana è divenuta silenziosa e addormentata.
Tutto è quieto. L’ombra della notte di Maggio
Abbraccia la capitale che dorme.

Ma il sonno fugge i miei occhi.
E quando si appressa la prossima aurora
La mia immaginazione sta sfogliando
Le pagine degli anni perduti.

E se ancora, respirando nel veleno
Dei sogni d’amore della primavera,
Ho fatto risorgere nella mia anima il flusso
Di speranze, di sfoghi e di illusioni…

Ahimè, questi sono solo fantasmi!
Sono stanco di questa folla morta,
Ed il rumore delle loro vecchie chiacchiere
Già non ha più potere su di me.

Solo un’ombra, l’unica di tutte,
Mi appare, respirando con amore, e,
Come un vero amico dei giorni passati,
Si china sul mio letto.

E coraggiosamente ho dato a lei sola
Tutta la mia anima in una lacrima silenziosa,
Non visto da nessuno, colmo di gioia,
In una lacrima che avevo costudito a lungo!

 
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