Il Calderone di Severus

Misslegolas86 - Fight for a good reason, Tipologia: One Shot ( 500) - Genere: Drammatico - Altro Genere: Introspettivo Avvertimenti: Nessuno - Epoca: HP 4^ anno - Pairing: Nessuno - Personaggi: Severus, Silente, Lucius Malfoy, Voldemort

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view post Posted on 25/5/2017, 21:36
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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Titolo: FIGHT FOR A GOOD REASON
Autore: Misslegolas86
Data: 02/07/2014
Beta-reader: Ele Snapey
Tipologia: one-shot
Parole: 3403 (3299 senza citazioni dal libro)
Rating: Per tutti
Genere: Introspettivo, Drammatico
Personaggi: Piton, Silente, Lucius Malfoy, Voldemort
Pairing: Nessuno
Epoca: HP4
Avvertimenti; nessuno
Riassunto: Voldemort è tornato e per Piton è giunto il momento di riassumere il suo ruolo di spia tra le fila dei Mangiamorte. Cosa passa nella mente del giovane insegnante di pozioni in questo momento così drammatico della sua vita?
Note: Scritta per la Sfida di Luglio della Severus House Cup del Magie Sinister Forum (https://severus.forumcommunity.net/) sul tema “Giochi senza Frontiera” per la specialità TIRO.
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. Il personaggio e i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
 

 

FIGHT FOR A GOOD REASON

 
“Severus” disse Silente rivolto a Piton, “sai che cosa devo chiederti di fare. Se sei pronto... se sei in grado..”
”Lo sono” disse Piton. Era un po' più pallido del solito e i suoi freddi occhi neri erano animati da uno strano scintillio. “
Allora, buona fortuna” disse Silente, e con una traccia di preoccupazione sul viso guardò Piton scomparire silenziosamente...[1]
 
Uscì dall’infermeria, dirigendosi a passo spedito verso i cancelli di Hogwarts, dove avrebbe potuto smaterializzarsi.
Ma era davvero quello che voleva? Si fermò non appena ebbe varcato il portone d’ingresso, respirò a fondo l’aria notturna e cercò di controllare le proprie emozioni, che in quel momento era fondamentale.
Sapeva che tutto questo sarebbe successo: in fondo se lo aspettava da 14 anni.
Il Signore Oscuro era intenzionato a ritornare e dunque lo avrebbe fatto.
C’era mancato poco, anni prima, quando aveva tentato di impossessarsi della pietra filosofale … davvero poco.
Lui aveva capito subito, anche prima degli avvertimenti di Silente, che dietro Raptor agiva in realtà l’Oscuro Signore. Lo aveva servito per anni, era stato un suo fedele adepto, e non poteva non riconoscere lo stile del suo ex padrone.
Aveva lottato, allora, con tutte le sue forze per fermare Raptor, per fermare Voldemort: lo aveva fatto per ricacciare via un incubo.
Ma si aspettava che tutto sarebbe stato vano, alla fine. L’Oscuro avrebbe trovato il modo di tornare.
Per tutto l’anno il Marchio Nero sul suo avambraccio si stava rafforzando, diventando di mese in mese sempre più nitido. E poi, all’improvviso, sugli spalti dello stadio del Torneo Tremaghi era tornato a bruciare come brace ardente sulla sua carne.
Aveva dimenticato quel dolore così consueto in gioventù. Erano passati, in fondo, 14 anni dall’ultima volta che, richiamato dal proprio padrone, si era smaterializzato per comparire al suo cospetto.
Ora tutto ricominciava, gettando nuovamente ognuno di loro in quell’orribile angoscia.
Il proprio compito era di ritornare dall’Oscuro Signore come leale servitore ma, in realtà, per ingannarlo e spiarlo: era ciò che aveva fatto da sempre come componente dell’Ordine della Fenice e, naturalmente, Silente gli aveva chiesto di riprendere quel posto. Era giusto così.
Ma era maledettamente difficile.
Si era preparato da anni all’idea di essere di nuovo scrutato da quegli occhi di fuoco ma, ora che era giunto il momento, esitava; anni prima aveva accettato quell’incarico di spia con slancio perché aveva anche come scopo quello di salvare lei… Lily.
Ora tutto era diverso: lei non c’era più e lui aveva vissuto 14 anni ad Hogwarts in una realtà più serena, priva di Mangiamorte e della presenza di un Padrone crudele.
Aveva paura? Era un codardo?
Con Silente aveva mostrato un pizzico di spavalda sicurezza e quasi una sorta di indifferenza nell’assumere di nuovo l’incarico di spia anche se, per tutto l’anno, aveva avvertito una certa preoccupazione nella voce del Preside quando parlavano di ciò che avrebbe dovuto fare: forse Silente temeva che sarebbe ricaduto nel male, restando accanto all’Oscuro Signore, e che sarebbe tornato a condividere l’ideale di morte del suo padrone…
Ma come avrebbe potuto tornare ad abbracciare certi ideali, dopo tutto il dolore che aveva provato per la morte di Lily?
Il rimorso che attanagliava la sua anima da quel momento era cresciuto, giorno dopo giorno, facendolo pentire di ogni azione posta in essere quando era agli ordini del Signore Oscuro.
Non avrebbe certo più potuto trovare più nulla di giusto, ormai, nel servirlo e Silente questo lo sapeva: doveva sapere che dopo la morte di Lily niente poteva essere più come prima.
Severus era certo solo di una cosa, riguardo al preside, e cioè che egli si sentiva in colpa per averlo costretto a consegnare di nuovo la sua vita nelle mani del Signore Oscuro.
Perché la verità era che, da quella notte, sarebbe tornato alla mercé del suo ex padrone.
E in tutto questo, lui non aveva mai tradito la propria preoccupazione al Preside: non avrebbe mai mostrato nessuna debolezza, neanche a Silente, anche se la realtà era ben diversa, deciso comunque a fare quello che reputava ormai la cosa più giusta.
Lei non c’era più, ma egli aveva assunto un compito e lo avrebbe portato a termine a qualunque costo: aveva scelto il bene e per questo avrebbe combattuto, pur dovendo affrontare una situazione maledettamente difficile.
Ma riprendere il proprio posto di spia significava riaprire una voragine di dolore nel suo animo, squarciare e lasciar sanguinare di nuovo una ferita che non si era mai chiusa in tutti quegli anni, nel tentativo di saldare il conto aperto dagli errori passati che sentiva ancora gravare sulle spalle.
Non era trascorso un solo giorno, in tutti quegli anni, senza che i volti delle sue vittime si ripresentassero alla memoria, agitando i suoi incubi notturni.
 Quel conto lo avrebbe pagato, di questo ne era certo, ma non poteva negare a se stesso che ora trovava quell’incarico tremendamente arduo.
Aggiungere altri orrori a quelli già vissuti e ritornare a vivere tra torture, morte e dolore sarebbe stato un prezzo davvero alto da pagare e si rese conto che rischiava molto; tutto era in gioco, perfino la sua vita.
 
 
Il Marchio era bruciato due ore prima ma lui non era accorso immediatamente, come sicuramente avevano fatto tutti gli altri Mangiamorte. Non si era mosso, perché non aveva ricevuto alcun ordine da Silente: il Preside aveva considerato la cosa solo dopo due ore, due ore che sarebbero costate a lui una lunga Cruciatus se non addirittura il rischio di essere ucciso.
Conosceva bene il suo padrone.
Per l’Oscuro il dubbio che fosse un traditore passato dalla parte di Silente avrebbe potuto divenire certezza.
Giunto al suo cospetto non l’avrebbe neanche fatto parlare, probabilmente.
L’ultima cosa che avrebbe visto sarebbe potuto anche essere solo un lampo di luce verde.
Due ore per il Preside non erano nulla ma per lui segnavano la differenza tra la vita e la morte.
Perché Silente aveva aspettato due ore, perché aveva avuto così poca cura della sua vita?
I suoi pensieri si bloccarono. Inorridì. Stava pensando ancora come un Mangiamorte. Provò disgusto per il suo egoismo: il Preside aveva avuto ottimi motivi per rinviare dai suoi pensieri il suo incarico; tutto quello che era avvenuto nelle ultime due ore gli si ripresentò alla memoria.
L’uscita di Potter da quel labirinto - il ragazzo aveva dovuto ancora una volta soffrire e combattere da solo per sopravvivere - Diggory morto, e così vi era stato un altro innocente calpestato sulla via del potere.
C’era mancato poco che il loro piano di proteggere Potter fallisse, che il figlio di Lily fosse ucciso e Silente si era preoccupato prima di Potter, era giusto: la vita del ragazzo valeva molto di più di quella di un ex Mangiamorte.
E lui aveva aspettato l’ordine del Preside ben sapendo che ogni minuto di ritardo gli sarebbe costato caro al cospetto dell’Oscuro.
Placando la propria angoscia per lo scorrere del tempo e per quello che lo aspettava fuori da quelle mura, aveva perfino trovato il coraggio e la freddezza di mostrare, in infermeria, al Ministro della Magia e a mezzo Ordine della Fenice, quell’orrendo Marchio sul suo avambraccio.
Aveva rivelato al mondo il suo passato, un passato che si era sforzato per anni di nascondere. Un passato di Mangiamorte … di assassino.
Ma questo non era importante. Era lui l’artefice della propria vita.
L’umiliazione nel mostrare di essere marchiato come un animale non era rilevante.
La vergogna di possedere quel Marchio, che lo rendeva servo di un orribile padrone, non era importante.
In quel momento Silente aveva bisogno di una prova certa del ritorno del Signore Oscuro da mostrare all’ottuso Ministro e lui era l’unico, in quella stanza, che poteva fornirgliela.
Sapeva che Silente non glielo avrebbe mai chiesto ma era stata una sua scelta, sofferta ma giusta.
Come aveva imparato negli ultimi anni, ciò che è giusto fare, di solito, è sempre accompagnato dal dolore. Ma era giusto combattere per il bene e lui aveva ormai scelto quella parte nella lotta.
Scese con lentezza i gradini che conducevano al portone d’ingresso e osservò il parco del castello immerso nell’oscurità.
Macchie estese, più scure, rivelavano ai suoi occhi la Foresta Proibita e il Lago Nero, quegli occhi che tante volte avevano osservato i luoghi in cui aveva passato metà della propria esistenza.
Hogwarts, l’unico luogo che poteva definire casa. Doveva ora lasciare quel posto sicuro per immergersi ancora nel dolore e nella sofferenza di una vita da Mangiamorte, per incrociare di nuovo quello sguardo di fuoco, per riascoltare la sua voce fredda, per sottoporre la sua mente di nuovo al suo controllo, per rivedere e prostrarsi davanti all’uomo che aveva ucciso lei… la sua Lily.
Ma era stato lui a rifiutare Hogwarts come luogo sicuro e sempre lui ad immergersi in quell’incubo. Lo aveva già fatto diciassette anni prima, diventando Mangiamorte; lui che aveva tracciato il percorso e ora su quella strada era costretto a proseguire. Non aveva scelta.
Procedeva verso i cancelli, come un’ombra, avvolto dall’oscurità di quella notte senza luna.
Un’ombra nell’ombra.
 Tutto taceva intorno a lui, tutto era avvolto nel silenzio ma nella mente una lotta titanica era in atto.
Si arrestò. Un pensiero era sorto nella sua mente più potente di tutti gli altri, un pensiero che lo avrebbe liberato da tutto: perché nascondere i propri pensieri all’Oscuro? Perché non dichiarargli il proprio odio, il  disgusto per quello che rappresentava, per la morte e il dolore che portava con sé e poi aspettare il suo Avada Kedavra?
Nel buio i suoi occhi vedevano come reale quella scena e pensò che la morte lo avrebbe finalmente liberato dalla sofferenza di quella vita finita, per lui, una notte di ottobre di tanti anni prima.
Tutto sarebbe terminato e, sulla sua misera vita, sarebbe finalmente sceso il sipario così, forse, la sua anima avrebbe trovato un po’ di pace. Perché soffrire ancora? Chi era Silente per chiedergli tutto questo?
Sì l’avrebbe fatta finita, rinfacciando tutto all’Oscuro e poi sarebbe morto in pace. Assaporò quel pensiero come qualcosa di dolce…
 
“Karkaroff vuole fuggire se il Marchio si accende.”
“E tu sei tentato di fare lo stesso?”
“No. Non sono così vigliacco.” [2]
 
Le sue stesse parole esplosero nella mente dissolvendo la scena che si era formata davanti agli occhi.
Era un codardo. Agognare la morte era da codardi. Si odiò per quello che aveva pensato.
Poteva rifugiarsi nel dolce abbraccio della morte e far cessare così ogni suo dolore ma non era la cosa giusta da fare. Era giusto invece tornare ad affrontare la sofferenza e combattere in quel modo l’Oscuro Signore. Lui non poteva portare il suo cuore sul bavero della giacca.
Per lui non ci sarebbero stati grandi duelli, anzi, sarebbe stato costretto a restare nell’ombra, senza risultare in modo evidente dalla parte di nessuno, ma spiando, ingannando e sopportando ogni atrocità.
Anche questo era un modo per scontare le colpe. Andava bene così.
In questo modo Potter sarebbe stato al sicuro e persone innocenti, di cui non avrebbe mai conosciuto neanche il nome, si sarebbero salvate.
 A questo servivano tutte le sue sofferenze.
Giunto ai cancelli aveva ormai riacquistato fermezza: sapeva cosa fare. Avrebbe combattuto con tutte le forze per tenersi stretta quella vita che non voleva, non per sé ma per quello che avrebbe fatto per gli altri. Doveva dare prova al Signore Oscuro della sua fedeltà e, per farlo, era pronto ad affrontare qualunque cosa. Si smaterializzò.
 

***

 
“Severus: dovrei ucciderti…” Lucius Malfoy lo aveva raggiunto nell’ampio ingresso di casa sua. “Come ti è venuto in mente di non rispondere alla chiamata dell’Oscuro!? Sei un traditore. Ogni Mangiamorte avrebbe il diritto e il potere di farlo!”
“E vorresti essere proprio tu a condannarmi?” la sua voce risuonò nella sala, sarcastica e fredda come al solito.
Aveva il controllo di sé e questo lo tranquillizzò. l’Oscuro doveva sapere dove si era trovato e Malfoy, sul cui volto era evidente l’eccitazione per il ritorno dell’antico padrone, sarebbe stata la persona giusta.
Lucius era sempre stato un convinto sostenitore dell’Oscuro. Era lui che lo aveva introdotto a Hogwarts tra coloro che sognavano di unirsi ai Mangiamorte e poi lo aveva condotto dall’Oscuro in persona per diventare un suo seguace.
“Devo sapere dove è ora l’Oscuro Signore.”
“Hai intenzione di presentarti a lui? Ti ucciderà, Severus. Non ti lascerà neanche parlare. E’ furioso, soprattutto dopo la fuga di Potter.” Il tono di Lucius era come al solito molle e distaccato, ma lui vi riconobbe una certa preoccupazione.
Vecchio Lucius! Ti dispiacerebbe veramente per la mia morte?
Certo non mi disprezzi come fai per tanti altri,  sia che siano tuoi compagni o che siano rappresentanti dell’Ordine; in una vita normale forse potremmo definirci amici ma nella mia esistenza non c’è niente di normale e io non ho mai conosciuto il vero valore dell’amicizia.
Ho sempre evitato ogni contatto umano. Non lo merito. Riesco solo a distruggere quello che tocco.
“Morirò allora davanti alla sua bacchetta, piuttosto che essere ucciso da uno qualsiasi dei suoi seguaci. Non sono un traditore e non posso sopportare di vivere pensando che l’Oscuro pensi questo. Ho solo cercato di salvare la mia posizione di spia presso Silente. Spero che questo basti per chiedere grazia della mia vita.”
“Sei sempre stato un folle! Spero per te che il Signore Oscuro ti usi clemenza. Ma ne dubito.”
“Lucius, qual è il posto?”
“La grande casa abbandonata sulla collina di Little Hangleton.”

***


Codaliscia lo aveva introdotto al cospetto del Padrone.
L’Oscuro era in piedi davanti ad un ampio camino in cui ardevano pochi carboni.
Era tutto esattamente come 14 anni prima: il volto di serpente, il cranio glabro, gli occhi di fuoco, la bocca senza labbra.
Si inginocchiò davanti a lui e baciò l'orlo della sua veste. Si prostrò ai suoi piedi, privo di dignità, dimentico del proprio orgoglio. Era quello che doveva fare, quello che era giusto fare ...
I suoi occhi malvagi si posarono su di lui e bagliori rossi come di fiamme guizzavano nelle sue pupille verticali.
Era furioso, come aveva detto Lucius, ma proprio per questo egli sapeva che, prima di ucciderlo, si sarebbe divertito con la sua preda.
“CRUCIO!”
Il dolore esplose prima che potesse dire anche solo una parola.
Lo aveva sperato e accolse come un sollievo quel getto di luce rossa.
Forse avrebbe avuto ancora una possibilità di convincere l’Oscuro quando tutto sarebbe finito.
Il dolore si manifestò in ogni centimetro del corpo; riuscì a resistere per poco, senza urlare, poi lo spasimo vinse sul proprio controllo e udì la sua voce provenire da lontano, come se a soffrire fosse un’altra persona.
Ogni nervo, muscolo, osso del suo corpo era in fiamme. Non avrebbe resistito. Non era umano sopportare tutta quella sofferenza.
 Quante volte egli stesso aveva lanciato quella maledizione su persone innocenti, quanto male aveva procurato.
Con il corpo squassato da fitte lancinanti, prostrato ai piedi del suo Signore, aveva infine lasciato all’Oscuro libero accesso alla sua mente.
Quegli occhi di fuoco fissi nei suoi, neri e vuoti, gli procurarono tanto dolore quanto la maledizione Cruciatus a cui ancora e ancora l’Oscuro continuò a sottoporlo.
Doveva resistere e controllare la mente, mostrargli ciò che Lui si aspettava di vedere.
Non doveva tradirsi nonostante la sofferenza e l’umiliazione.
Minus, intanto, osservava soddisfatto la scena dalla soglia della porta.
Non seppe quanto durò. Sicuramente ore…
 

***

 
Si materializzò fuori dai cancelli di Hogwarts.
 A stento ci era riuscito ed era ormai l’alba.
Avanzò con lentezza verso il castello.
Ogni passo era un dolore insopportabile. Perfino respirare gli procurava delle fitte di sofferenza.
Le sue mani tremavano incontrollate espressione del dolore che aveva sconvolto il suo corpo.
La fronte era imperlata di sudore, si sentiva accaldato perfino nella fredda aria mattutina.
Era sicuramente febbricitante: la mente aveva resistito a tutte quelle ore di sofferenza ma il corpo si ribellava. Barcollò, incespicando fino al portone d'ingresso.
Doveva resistere ancora, doveva informare Silente.
Respirò a fondo l’aria del mattino e cercò di riprendere il controllo del suo corpo martoriato: non poteva presentarsi in quelle condizioni al Preside, perché non avrebbe sopportato il suo sguardo pieno di pietà e compassione. Avrebbe reso quell'orrore e quell'umiliazione ancora più cocente per il suo orgoglio.
Aveva superato il gargoyle di pietra e poi su, per la scala a chiocciola.
Silente era alla scrivania nonostante l'ora mattutina. Non aveva dormito quella notte.
Troppi eventi avevano funestato la scuola e stavano minacciando il mondo magico, troppi pensieri affollavano la sua mente per concedergli riposo: Voldemort, Harry, Diggory e forse anche lui, Severus. Sperò per un secondo che, tra i pensieri che avevano preoccupato quella notte il Preside, ci fosse anche il timore per la vita del suo insegnante.
Avrebbe significato che quella notte, mentre lui sacrificava la propria dignità e si sottoponeva alla tortura, c’era stato qualcuno al mondo in pensiero per lui.
Riconobbe nello sguardo del Preside preoccupazione e sollievo nel rivederlo, ma egli non proferì parola. Ringraziò in cuor proprio il vecchio per non averlo fatto.
Avanzò nello studio con passo lento e rigido. Controllare il tremito del corpo e il dolore era uno sforzo al limite delle sue capacità ma ci riuscì. Restò in piedi. Le sue mani erano ferme quando le posò sullo schienale della sedia. Non doveva mostrare alcun segno di debolezza.
“Il Signore Oscuro crede che io sia ancora suo servitore.” Annunciò.
Non riuscì a nascondere nella voce la soddisfazione per la propria impresa.
Il fatto stesso che fosse ancora in vita era una conferma delle sue parole.
Era fiero di ciò che era riuscito a portare a termine.
Aveva ingannato uno tra i più grandi maghi che fossero mai esistiti e lo aveva fatto sopportando sofferenze atroci, senza cedere: aveva resistito e ottenuto il suo scopo!
“Certo non si fida ancora totalmente di me, ma mi ha concesso il beneficio del dubbio.” Era la verità. L'Oscuro l'avrebbe costantemente tenuto d'occhio e di certo gli avrebbe chiesto qualche servigio atroce per provare la sua lealtà, ma in fin dei conti era andata bene: chiunque altro sarebbe stato ucciso quella notte stessa.
Ascoltò la voce uscire dalle sue labbra più roca del solito.
Quello era l'unico segno delle sofferenze subite che non era in grado di nascondere: la  gola era stata provata da troppe Cruciatus e dalle sue urla di dolore.
“Bene, Severus. E' già qualcosa. Non potevo in fondo aspettarmi niente di diverso da te.” disse il Preside, osservandolo con gli occhi azzurri pieni di affetto.
Severus annuì con imbarazzo, non aveva voglia di approfondire l'argomento. Non voleva sentire parole di compiacimento né di compassione da Silente.
“Dunque, Severus, è proprio come ha raccontato Harry? Voldemort è tornato realmente, in carne e ossa?”
“Sì. E' tornato, precisamente come 14 anni fa.”
Sapeva che il Preside gli avrebbe chiesto di raccontare tutto quello che aveva visto. Non si sottrasse a quel dovere. Gli raccontò dell'Oscuro e di quello che gli aveva fatto credere.
Ma, naturalmente, non avrebbe mai raccontato tutto quello che aveva subito. Non lo avrebbe mai fatto. Silente forse immaginava anche quello che lui non aveva detto, ma non chiese nulla.
 

***

 
Finalmente era arrivato nel suo studio nei sotterranei. Chiuse la porta e vi si appoggiò.
Ora poteva lasciarsi andare al dolore. Aveva resistito troppo a lungo. Ora non dovevo più mentire. Non doveva più nascondere ciò che provava.
Il suo corpo si ribellava ai comandi, ogni movimento era rigido e difficile. Tremava.
Ma non sarebbe mai andato in infermeria. Il suo orgoglio non glielo avrebbe mai permesso. Avrebbe fatto da sé, come sempre.
Ci mise tre ore per preparare una pozione che in situazioni normali avrebbe distillato in pochi minuti; le mani tremavano, incontrollabili. Ruppe più di un barattolo per prendere gli ingredienti di cui aveva bisogno. Tagliarli e dosarne la misura fu ancora più arduo; rimestare il liquido nel calderone fu una lancinante tortura.
Strinse i denti mordendosi le labbra finchè non sgorgarono gocce di sangue ma continuò.
Alla fine bevve quel liquido che, una volta fatto effetto, avrebbe di poco alleviato le sue sofferenze. Contro la maledizione Cruciatus non c'erano rimedi.
Si lasciò cadere sul letto provando talmente tanto dolore da avere la nausea. La sua fronte ardeva come alimentata da un fuoco. Chiuse gli occhi. Capelli rossi e occhi verdi balenarono nella mente.
“Lily…” sussurrò.
 Le sue labbra si incresparono in un sorriso.
 
 
[1] Tratto da: Harry Potter e il Calice di Fuoco – Capitolo 36.
[2] Harry Potter e i Doni della Morte – Capitolo 33
 
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