Il Calderone di Severus

Arcady -Unconditional love, Genere: Introspettivo - Altro Genere: Nessuno Avvertimenti: AU - Epoca: Malandrini - Pairing: Severus/Altro - Personaggi: Severus - Altri Personaggi: Regulus Black

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view post Posted on 22/5/2017, 14:09

Buca-calderoni

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Titolo: Unconditional love
Autore/data: Arcady 15/07/2014
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: Per tutti
Genere: Introspettivo, drammatico
Personaggi: Severus Snape, Regulus Black
Pairing: Severus Snape – Regulus Black
Epoca: Malandrini
Avvertimenti: AU: Severus è diventato Mangiamorte 4 mesi prima rispetto al canon, mentre Regulus circa un anno dopo.
Conteggio parole: 3779
Riassunto: Riconoscere il vero momento assoluto, amare di un amore incondizionato.

Nota: storia scritta per l’iniziativa “la sfida olimpica” sezione: Tiro

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
La trama di questa storia è invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

UNCONDITIONAL LOVE



“Tu riesci ad immaginare di non desiderare niente?”

Severus era supino sul letto, ancora ansimante e accaldato. Quello che era appena successo, pensò, era unico e andava ben oltre il desiderio che aveva provato nei mesi precedenti. Quel desiderio lo spaventava, perché aveva la sensazione che in qualche modo avrebbe ostacolato la realizzazione dei suoi obiettivi, ma ciò che era accaduto, per Salazar, quello proprio non riusciva a definirlo spaventoso.

La mano di Regulus, steso di fianco a lui. Le dita di Regulus, che si intrecciavano alle sue, senza nessun imbarazzo.

Se avesse dovuto definirlo, avrebbe detto che era giusto, al di là di ogni immaginazione. Un momento in cui ogni spigolo era stato smussato per incastrarsi con il momento dell’altro, qualcosa che lo avrebbe strappato per sempre alla solitudine dell’anima, che sarebbe stato l’unico pensiero luminoso nei momenti peggiori, in quel vicino futuro che ancora non conosceva e in cui riponeva le sue speranze di realizzazione.

“Riesci ad immaginarti fermo di fronte alla tua vita che scorre, senza volere niente più di questo?” Riprese.

Regulus lo sentiva ma era anche lui ancora sconvolto, in un senso tutto nuovo. Si sentiva invincibile.

Sì, riusciva ad immaginarlo, riusciva a comprendere il momento assoluto.

Quella sensazione era profondamente estranea, era arrivata all’improvviso, ma era anche così potente che gli pareva di sentirla dentro la sua testa, mentre fabbricava in lui una coscienza nuova di zecca.

Annuì, senza preoccuparsi neanche di voltarsi verso l’amico; era ancora talmente in comunione con l’altro da non sentire la necessità di parlare ad alta voce, tanto era ovvio che avrebbe capito.

Da quel momento in poi, Severus avrebbe sempre capito. Anche se non sempre lo avrebbe riconosciuto.

Dopo qualche altro minuto di contemplazione e di silenzio Severus fece scivolare via le dita con cautela da quelle di Regulus e si tirò su sui gomiti, imponendosi di riprendere il controllo di sè e ricominciare a fare ciò che sapeva fare meglio: ragionare sull’accaduto.

“Ascolta, e sappi che se lo riferirai ad anima viva negherò fino alla morte.” Cominciò, con un piglio talmente serioso da risultare quasi comico in quella situazione.

“Quello che ho vissuto con te, quello che mi hai dato va ben oltre ciò che speravo. E io non lo so definire. E questo mi sconvolge, in senso buono, certo, ma rimane il fatto che mi sconvolge.”

Regulus, ancora steso e con lo sguardo perso tra le onde della stoffa scura del baldacchino, incrociò le braccia dietro la nuca e allargò le labbra in un sorriso. Severus lo aveva visto sorridere spesso, ma non così: quel sorriso non serviva a comprarti o a chiederti scusa per una malefatta, era franco. Era lì ed era la cosa migliore del mondo e poi, ad un tratto, non c’era più.

In quel momento Mulciber spalancò la porta e si precipitò nella stanza, avventandosi sul suo baule per recuperare al suo interno qualcosa di non meglio identificato. I due ragazzi , nascosti dietro i drappi del baldacchino del letto di Snape, si resero conto di aver trattenuto il respiro per tutto il tempo solo quando il loro compagno di casa riprese la porta per uscire, sbattendola altrettanto selvaggiamente di quando era entrato.

Era passato quanto? Un minuto in tutto? Fu allora, guardando il viso del suo migliore amico che Severus capì che il momento era definitivamente passato.

§§§



Severus era seduto sul bordo della sedia che Regulus gli aveva offerto, dopo averlo accolto in casa sua, nel cuore della notte. La testa era china a guardarsi le punte degli stivali e i capelli pendevano inermi, nascondendogli il viso.

Regulus aveva capito che qualcosa era cambiato.

Che fosse …? No, non era possibile, non gliene aveva parlato. Se fosse successo avrebbe perlomeno dovuto affrontare una sorta di periodo di preparazione, immaginava e in tal caso lui sarebbe stato il primo a saperlo.

Poi Severus alzò il viso e lo guardò.

I suoi occhi, Merlino, i suoi occhi. A Regulus mancò un battito. Si sentì fiero e tradito nello stesso istante.

“Ho tenuto duro”, sussurrò Severus, “non una lacrima, non un gemito. Il Signore Oscuro mi ha finalmente scelto. Porto il Marchio.” Disse, porgendo il braccio.

Regulus rimase come ipnotizzato da quella visione, nonostante tutti si aspettassero che Snape sarebbe stato il prossimo, lui non riusciva a crederci.

“E’ stato doloroso?” chiese in un soffio.

“Magnificamente.” Fu la risposta.

Regulus deglutì il suo disagio, non sapeva cosa pensare. Ora qualcosa li separava irrevocabilmente. Avrebbe voluto farlo insieme a lui ma non era da Severus aspettare, alla fine dei conti sapeva cosa volesse il suo compagno, sapeva che il suo obiettivo era quel marchio, era quell’appartenenza. Era quel potere.

“Riesci ad immaginare di non desiderare altro?” gli chiese ad un tratto Severus, come ipnotizzato dal suo stesso braccio, dal suo stesso appagamento.

Regulus si lasciò cadere sulla sedia libera, che lo accolse con uno scricchiolio.
“Sì, riesco ad immaginare il momento assoluto.” rispose, senza sorridere. Sei tu che lo hai dimenticato, pensò.

Severus capì, e decise di dover scegliere. Se ne andò per non tornare.

§§§



A Settembre Regulus tornò ad Hogwarts da solo. Non sarebbe stata troppo dura, si diceva. Aveva altri amici, aveva il Quidditch. Certo, tutte cose che perdevano ogni attrattiva paragonate a quello che loro due insieme facevano scaturire. Inoltre aveva ricominciato a sentire tutta la sua inadeguatezza, nonostante il suo buon nome, nonostante fosse uno dei più brillanti studenti del suo anno e uno dei migliori Cercatori che la sua casa avesse potuto vantare negli ultimi anni.

Doveva concentrarsi sull’obiettivo, si diceva. Ne doveva cercare uno, che non fosse il rendere fiera la sua esigente famiglia. E che non fosse il seguire Severus, il cercare di riavere quel momento perduto. Doveva averne uno suo, solo suo. Ma si rese conto che, più si sforzava di provare, più tornava con la mente a quel giorno di tanti mesi prima, negli alloggi dei Serpeverde dell’ultimo anno, con Severus vicino a lui che non si capacitava della loro felicità. Eppure gli era sembrato che entrambi avessero deciso di non voler perdere ciò che avevano. Gli era sembrato che, nonostante la paura che Severus aveva dimostrato per ciò che provava, quel giorno le cose erano cambiate, che la guerra ai Babbani e le loro convinzioni politiche avessero perso un po’ di significato, paragonate a quello che avevano scoperto. Ma si era sbagliato. Severus aveva di nuovo relegato i suoi sentimenti in un angolo, procedendo a passo spedito verso il suo obiettivo.

Se ora il suo amico stesse torturando o uccidendo qualcuno, Regulus non lo avrebbe saputo dire e, francamente, la cosa non lo sconvolgeva. Conosceva Severus abbastanza da sapere quanto potesse passare sopra ad ogni nefandezza pur di ottenere ciò che voleva. Lui era l’unico che riuscisse a toccarlo profondamente, Regulus sapeva di avere questo potere e sapeva anche che, lontano da lui, Severus sarebbe stato letale.

Di notte prendeva sonno con difficoltà, tentando di convincersi che quello che faceva lì era importante, che prepararsi era vitale, tentando di non desiderare così tanto essere altrove, essere con lui.

Prima della fine del suo ultimo anno ad Hogwarts avrebbe raggiunto Severus tra le fila dei Mangiamorte, questo era il proposito.

E riuscì a realizzarlo, dopo avere per nulla casualmente messo in mostra le sue doti in un’occasionale cena di famiglia, alla quale era presente Lucius Malfoy. Si pavoneggiò mostrando a tutti un incantesimo ideato da lui: pronunciando la formula Regolohov, evocava una frusta di fuoco, che veniva controllata dalla bacchetta stessa. Niente di sconvolgente ma abbastanza interessante da far capire ai presenti quanto brillante potesse dimostrarsi.

Lo sguardo annoiato di Lucius cambiò repentinamente, quella sera, e fu come se vedesse Regulus per la prima volta. Il ragazzo era riuscito a mostrare il suo potenziale ed aveva interessato Malfoy, che di lì a pochi giorni lo avrebbe preso sotto la sua ala, permettendogli così di avere quello che voleva.

§§§



Lo rivide una notte di fine Giugno, dopo essere stato finalmente ammesso alla corte del Signore Oscuro e marchiato come suo seguace.

In quel momento gli tornò in mente la breve conversazione che lui e Severus avevano avuto molti mesi prima, quando l’amico gli aveva mostrato il Marchio, appena ricevuto.

Regulus tentennò nel condividere il magnificamente dell’amico. Lui aveva avuto paura, il dolore era stato indescrivibile. Non era magnifico, non era soddisfacente. Cos’era?

Perché continuava a sbagliare mira, a tendere verso ciò che non era il suo vero fine?

La sua tenacia mascherava la sua fragilità, l’insicurezza trapelava ogni giorno di più.

Severus posò lo sguardo su di lui, notandolo entrare insieme a Malfoy nella sala del quartier generale.

“Severus, guarda un po’ chi ti ho portato?” esordì Lucius, lanciandogli uno sguardo eloquente.

Regulus sembrava provato, le labbra erano serrate ma gli occhi erano spalancati e avidi, c’era in lui una determinazione che Severus riconobbe come anche sua.

“Regulus…” cominciò “…Black!” si corresse poi, abituato a non regalare il minimo indizio su ciò che provava.

Regulus non gli aveva tolto gli occhi di dosso neanche per un secondo da quando aveva messo piede nella stanza e cominciò ad avvicinarsi. Rivedeva Severus dopo mesi e quei pochi passi che li separavano non fungevano adeguatamente da camera di decompressione. Li compì in pochi attimi, troppo pochi, e si ritrovò sia di là che di qua, sia completamente solo che completamente realizzato, per un tempo indefinito.

Passato quel momento di vertigine abbozzò solo un fugace cenno al suo Marchio, come a dire che ora era alla sua altezza, che lo aveva raggiunto e finalmente si meritava di stare con lui.

Severus strinse le labbra, nervoso. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto rivederlo ma sperava che, non pensandoci, il problema sarebbe svanito da sé, con un aiutino dato dal tempo.

Questo modo di pensare non era da lui, scappare non era da lui. O forse si, si disse? Era così bravo quando si trattava di affrontare un nemico o l’ira dello stesso Signore Oscuro. Ma quando si trattava di Regulus perdeva buona parte del suo proverbiale autocontrollo.

Questo lo aveva fatto scappare, l’anno prima e questo aveva indotto Regulus a volerlo ancora di più.

La presenza di Regulus lo destabilizzò ma per un pò riuscì a far coesistere la sua ambizione e la presenza di colui che risvegliava i suoi desideri più profondi.

Quel giorno di tanto tempo prima aveva capito che quella storia non avrebbe portato a nulla di buono, che lo avrebbe distolto dai suoi obiettivi e che sarebbe stato meglio allontanarsi da Regulus. Si era concesso solo quel giorno, abbandonandosi senza riserve all’altro e, infine, godendosi la sensazione di completezza che le sue dita intrecciate a quelle di Regulus gli avevano regalato. Aveva vissuto quel momento senza paura, prima di sacrificarlo per qualcosa che aveva ritenuto più importante. Per raggiungere il potere che desiderava non poteva cedere a quei sentimenti, non poteva permettersi quell’amore. Niente punti deboli per uno come lui. Niente dita di Regulus Black intrecciate alle sue.

Ma ora lui era lì, lo aveva seguito oltre la ragione, oltre il lecito. Non avrebbe dovuto, nonostante la sua famiglia, nonostante le sue convinzioni da Purosangue. Severus lo conosceva meglio di tutti gli altri e, se c’era una cosa di cui era certo, era che Regulus Black non era tagliato per stare in mezzo ai Mangiamorte. E soprattutto Regulus stesso sapeva di non esserlo. Perché faceva questo per lui?

Severus lo vedeva, esaltato dall’entusiasmo dei compagni, fintanto che si trovavano tra di loro, ma ogni giorno più spezzato da ciò che era tenuto a fare durante una missione.
Severus cercava di essere sempre presente alle azioni a cui prendeva parte Regulus. Era un manipolatore nato, riusciva sempre a convincere il comandante in carica del momento dell’indispensabilità della sua presenza.

Tentava in tutti i modi di proteggere Regulus, di non fargli fare ciò che, era evidente, detestava fare ma che, in quei frangenti, era l’unico modo che aveva per sopravvivere, vista la veste che portava. Ma la situazione non avrebbe potuto reggere a lungo, era dannosa per entrambi ma Severus continuava imperterrito, nonostante le due cose non fossero destinate che a scontrarsi, di lì a poco. Con il senno di poi, si sarebbe potuto affermare che si preparava alla sua futura vita di spia.

Quando le cose si fecero più pesanti e le missioni omicide divennero quotidiane, Severus trovò il modo per salvare la situazione ormai insostenibile per Regulus.

Una sera, con la scusa di eseguire un sopralluogo, si assentò per qualche ora dal quartier generale, portandosi dietro l’amico. Severus gli porse il braccio, e fece materializzare entrambi lontano da lì.

Una volta arrivati e dopo qualche secondo di vertigine, Regulus si concentrò sullo spazio intorno a sé: si trovavano al centro di una stradina umida e buia, resa ancora più opprimente dai casermoni tutti uguali e tutti del medesimo grigio spento che la affiancavano.

“Per di qua.” sussurrò Severus, facendogli strada senza voltarsi indietro.

Sembrava conoscere il luogo come le sue tasche, pensò Regulus seguendolo in silenzio.
Dopo poche decine di metri svoltarono in un vicolo se possibile ancora più umido e buio del precedente e Severus aprì la porta dell’abitazione più misera di tutte. I vetri di quella casa erano rotti, osservò Regulus, ma Severus li riaggiustò con un colpo di bacchetta appena entrato, come fosse abituato a quel gesto.

Una volta dentro, Regulus cercò di non soffermarsi sulle condizioni misere dell’abitazione, che aveva capito essere casa Snape.

“Ci troviamo nella Londra Babbana, Severus?” chiese senza un briciolo di sufficienza ma soltanto sinceramente curioso.

“Sì, qui è dove sono cresciuto.” Sputò l’amico, voltando le spalle alla stanza e a quel passato e proseguendo oltre il piccolo corridoio polveroso, verso il fondo della casa.

Regulus sapeva che Severus era un Mezzosangue, lui stesso glielo aveva confessato più di un anno prima, quando ancora frequentavano Hogwarts, quando ciò che erano ora, era solo un sogno intriso di falsa speranza.

“Ma non siamo qui per celebrare il passato,” continuò con sarcasmo, aprendo una botola sotto il tappeto liso che si trovava in quello che a Regulus sembrava una specie di ripostiglio pieno di cianfrusaglie.

Una volta sotto, Severus accese le due torce appese ai lati di quella cantina con un colpo di bacchetta e indicò a Regulus lo scaffale di fronte a loro.

Regulus si avvicinò e vide una quantità esorbitante di fiale e ampolle, diligentemente etichettate ma senza indicazione alcuna.

“Severus, so che sei il miglior pozionista che il Signore Oscuro potesse reclutare e questa scorta ne è una prova, ma conosci a memoria l’esatta ubicazione di ognuno di questi intrugli? Le etichette sono vuote.” Osservò Regulus, prendendo ora l’una e ora l’altra boccetta e osservandole per indovinarne il contenuto.

Severus si lasciò sfuggire un sorrisino, compiaciuto. “Semplice incantesimo di Trasfigurazione, la prudenza non è mai troppa.”

Regulus rispose al suo sorriso e Severus fu ancora più sicuro di star agendo per il meglio. Non voleva vedere quel sorriso sparire per sempre, non voleva che Regulus fosse costretto dalla sua stessa determinazione, a fare i conti con qualcosa che non era capace di affrontare. Doveva proteggerlo.

Negli anni a venire, ripensando a quella notte, Severus avrebbe pianto uno dei suoi tanti errori. Pensava di aver fatto l’unica cosa che avrebbe salvato entrambi ma accelerò soltanto l’inevitabile resa dei conti di Regulus con la sua coscienza, lasciandolo solo ad affrontarla.

“Devo chiederti di fidarti di me, stanotte,” esordì Severus, fattosi serio. “farò sì che tu non debba più uccidere, so che ti è insopportabile.”

Regulus, che lo aveva ascoltato attentamente, abbassò gli occhi a quelle ultime parole e Severus notò i suoi pugni che si contraevano, combattuto tra la vergogna e il desiderio di porre fine a quella drammatica farsa. “Io…” cominciò Regulus, in un soffio. “… io non l’ho mai voluto,” confessò infine, con la voce tremante. “Ma non voglio essere un vigliacco, ho tentato di dirmi che ciò che facciamo è per una buona causa, ma non è bastato. Io non ce la faccio, Severus.”

Severus si fece vicino, combattuto tra la necessità di non lasciarsi coinvolgere apertamente e il desiderio di proteggere quel ragazzo così fragile, che aveva tentato il tutto per tutto per avere ciò che voleva ma che non riusciva a sostenere le sue scelte.

La vicinanza, che quel giorno di tanto tempo prima era stata così naturale, ora lo metteva a disagio, non sapeva cosa sarebbe stato giusto e cosa no. Era frustrante ma doveva fare qualcosa. Poi cominciò a sentire il tremore dell’amico accanto a sé, il suo respiro spezzato e decise di lasciarsi catturare di nuovo da ciò che aveva tentato di seppellire.

Senza parlare prese con delicatezza il mento di Regulus tra due dita e gli fece alzare il viso. I suoi occhi lo portarono lontano da lì, lontano da quello che erano diventati e da ciò in cui la smania di affermazione lo aveva trasformato. Come potevano, due occhi tristi e assurdamente innocenti avere quel potere?

Eppure era così ovvio, si disse Severus: non posso permettermi di cedere a questo ma non posso neanche rifiutarlo, perché è l’unica cosa che mi salverà.

Si scambiarono un bacio a fior di labbra, senza abbassare lo sguardo. Poi un altro, e un altro ancora. Esistevano solo le loro labbra, i loro respiri umidi, tutto ciò che potesse avere una qualche importanza era concentrato in quei pochi centimetri quadrati.

Severus si sentiva risucchiato dalla necessità di Regulus, la sentiva combattere una guerra giusta contro la sua volontà ferrea di non permettersi quella gioia.

Cos’aveva che non andava? Perché aveva lottato con tutte le sue forze per dimostrare qualcosa a chi gli aveva fatto del male non amandolo, e adesso si privava dell’amore che gli veniva offerto?

Forse che perdere le sue ragioni per continuare ad odiare così ferocemente gli fosse intollerabile?

Sì, Severus non era pronto per smettere di vendicarsi della sua vita, non era pronto per essere felice.

In lui c’era troppo dolore e aveva ancora bisogno di pulirlo con altro dolore finché non fosse finalmente appagato.

Chiuse gli occhi e si staccò da lui, così facendo, fece capire a Regulus che non c’era altro da dire.

Regulus abbassò il viso con un sospiro, ma quando lo rialzò il suo sguardo era di ghiaccio.

Era pronto a lasciarsi mettere da parte, se questo era ciò che serviva a Severus.

In tutti quei mesi, quegli anni, si potrebbe dire, non aveva trovato in ciò che facevano un senso personale ma aveva continuato su quella strada comunque: per il piacere di contrastare Sirius, per godere del riconoscimento della sua famiglia, per debolezza. Aveva fallito, sbagliando riguardo ad ogni scelta da fare, ad ogni direzione da prendere. E ora doveva pagare il prezzo dei suoi errori. Doveva pagare per aver agito solo per rincorrere gli obiettivi di qualcun altro, per non aver scelto se stesso.

Aveva ucciso senza un motivo reale ed era intollerabile, non riusciva più a convivere con questo stato di cose.

Severus prese una fiala dallo scaffale, la stappò e fece cenno a Regulus di aprire la bocca. “Questa ti metterà al tappeto per un po’, perlomeno eviterai i momenti peggiori dell’offensiva.

Poi si vedrà.” Disse mentre riversava il liquido scuro tra le labbra dell’amico. “Ti riporterò al quartier generale e fingerò che siamo stati attaccati e che tu sei stato colpito, ovviamente ti curerò personalmente. Sfruttando il fatto che al momento c’è un gran fermento, dovremmo riuscire ad evitare che qualcuno si interessi troppo alla cosa.”

Regulus, ormai completamente inerme, fece solo un piccolo cenno di assenso, dopodiché svenne tra le braccia di Severus.

§§§



Regulus Black era sparito. Severus, dietro la sua solita maschera di indifferenza, nascondeva sospetti e inquietudini.

Dopo quasi una settimana non aveva ancora nessuna notizia.

Era stato troppo occupato a servire la causa? A stordirlo di pozioni per mettere a tacere, insieme a Regulus, la sua coscienza, per rendersi conto di quello che stava succedendo?

Negli ultimi tempi gli passava le pozioni di nascosto, senza preoccuparsi di somministrargliele di persona. Dava per scontato che Regulus le assumesse. Dava per scontate molte, troppe cose. Compresa la fedeltà dell’amico all’obiettivo comune. Che era solo di Severus, ma questo lui fingeva di non vederlo.

Spesso si assentava per giorni interi e probabilmente Regulus aveva parlato con qualcuno, aveva indagato, tentando di scoprire qualcosa da usare contro il Signore Oscuro. Chi avrebbe mai pensato che un Black e soprattutto l’uomo più vicino a Snape potesse tramare qualcosa?

Cosa avevi scoperto, Regulus? Severus si tormentò per giorni, senza riuscire a giungere a nulla.

Cosa ti ha spinto?

Quando venne a sapere la verità, tutto il castello di carte che, illusoriamente, si era costruito crollò miseramente, rivelandogli la sua viltà. Era tutta colpa sua. Aveva inseguito la vendetta e ora il suo obiettivo lo aveva reso un uomo arido e completamente, disperatamente solo.

§§§



Sei stato sempre sincero con te stesso, Regulus. Non hai mai finto, non sei mai stato pavido.

Tu volevi vedermi felice ed esserlo con me, di altro non ti importava, ma hai dovuto dare troppo.

Hai dato la tua innocenza per questo, hai perso la tua anima per me. Ma poi hai guardato dentro di te senza paura e hai reagito a quell’orrore. L’unica possibilità che ti era rimasta di redimerti, di raggiungere il tuo obiettivo, era attraverso un rischio che ti avrebbe sicuramente portato alla morte.

E lo sapevi quando sei andato, lo sapevi ma non ti sei rifiutato.

La paura che hai affrontato, da solo, fa di te l’uomo coraggioso che io non sono. Io non avevo paura, io non vedevo più niente, solo i miei fini.

Che sciocco sono stato, ho sempre pensato di doverti proteggere, ho sempre pensato che, tra i due, fossi tu quello debole. Ma mi sbagliavo. Tu, con coraggio e determinazione, hai cercato di proteggere me, di proteggermi da me stesso. Ma non te l’ho permesso.

Ti ho vissuto per un giorno, per rubare un bel ricordo da rispolverare nei momenti di disperazione a venire. Ma ora quel ricordo è il più doloroso di tutti, perché mi parla di ciò che non ho voluto, e di ciò che non sei riuscito a darmi. E che ti ha portato alla morte.

E io sono stato il boia che, in un tempo lungo anni, ti ha guidato verso questa fine.
Non avrei dovuto toccarti, se non per non lasciarti più.

E la cosa peggiore è non poter fare più niente: questa colpa non è redimibile ma passerò tutto il tempo che ho in questa terra a provarci.

Questa è la promessa che ti faccio, inutile e tardiva, ma l’unica cosa che ho.
Onorare il tuo ricordo sarà l’unico fine che mi prefiggo.

Da adesso al momento della mia morte.
S.S.
 
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