Il Calderone di Severus

Mitsuki91 - Sull’altra riva del lago, Genere: Introspettivo - Altro Genere: Nessuno Avvertimenti: AU - Epoca: Post 7 anno - Pairing: Nessuno - Personaggi: Pers. Originale

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view post Posted on 21/5/2017, 16:28
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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Titolo: Sull’altra riva del lago
Autore/data: Mitsuki91 – 16/04/2014
Beta-reader: /
Tipologia: long fic
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Sirya (la Vestale Viaggiatrice: colei che sa leggere fra le nebbie del sogno); Ilya (la Vestale Maxima: custode delle Fiamme Nere); altre Vestali solo come comparse sullo sfondo.
Pairing: /

Epoca: Dopo la morte di Severus; indefinito/vago
Avvertimenti: AU
Riassunto: Sirya è una ragazza normale che un giorno, per caso, si risveglia in un Tempio, sorto grazie all’amore delle Vestali per Severus Piton. La ragazza ha il dono di poter viaggiare fra due piani diversi della realtà, e decide quindi di svelare il mistero dell’altra riva del lago, dove l’orizzonte è indefinito e si perde nei colori sgargianti.

Conteggio parole: circa 12.300 parole
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.

Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
 
La storia partecipa al Gioco creativo n.14: Severus House Cup

 
 

 

Sull’altra riva del lago



 
Indice:
 
Prologo
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo V
Capitolo VI
Capitolo VII
Capitolo VIII
Capitolo IX
Capitolo X
Epilogo

 

 

Prologo

 
La ragazza sbatté le palpebre, stranita dalla visione.
Sul portone di quello che sembrava essere proprio un tempio, una donna vestita di rosso le sorrideva amichevolmente.
“Benvenuta, sorella.” l’accolse “Se sei in questo luogo, vuol dire che anche tu, come noi, ami incondizionatamente Severus.”
“… Chi…?”
“Io sono Ilya, la Vestale Maxima, Custode delle Fiamme Nere. E tu, chi sei in questo luogo?”
Lei si prese qualche istante per rispondere. Ilya le aveva chiesto chi era “in questo luogo”, non chi era e basta.
Probabilmente i nomi hanno potere.
“Sono Sirya.” disse, infine, alzando di nuovo lo sguardo verso la Vestale Maxima.
“Benvenuta, Sirya. Sei qui in veste di semplice pellegrina, o aspiri anche tu a ricoprire il compito di Vestale?”
Sirya fece qualche passo avanti, andando incontro alla donna, che l’attendeva a braccia aperte.
“Spiegami meglio dove siamo.”
“Ah.” rispose lei “Nessuno lo sa. Ma il nostro Signore è qui con noi, e noi abbiamo giurato di servirlo sempre e comunque, e di impegnarci per rendergli la permanenza in questo luogo il più piacevole possibile.”
“Il vostro Signore è Severus Piton?” chiese ancora lei, ricordando le parole della donna.
“Certo. Vieni, ti mostro il Tempio. Anche se tu fossi solo una pellegrina, avresti diritto di visitarlo e di riposarti un po’.”
Sirya la seguì all’interno della struttura. Non se ne intendeva di templi, sentiva di averne una conoscenza molto marginale.
Eppure, non riuscì a non scorgere uno stile meraviglioso e maestoso in quella costruzione.
Appena entrarono, Sirya scorse un ingresso molto ampio e circolare. Il pavimento era lastricato ma non vi era soffitto e due bacinelle erano poste ai lati, non dissimili a delle vasche per uccellini, erano piene d’acqua.
Ilya la portò ancora più all’interno. Dopo quella specie di anticamera, il tempio vero e proprio si apriva con una navata centrale e due laterali, delimitate da imponenti colonne. In questo caso un soffitto c’era, altro e distante, ma le enormi vetrate che si aprivano ai lati e sul fondo della costruzione lasciavano entrare abbastanza luce. Sembrava di stare in una chiesa; nell’aria c’era lo stesso sentore di sacralità e imponenza. L’unica cosa che mancava erano le panche, sostituite invece da morbidi ed enormi cuscini.
C’era persino un altare, spoglio e con sopra solo dei cesti ripieni di fiori e pietre. Sirya avrebbe voluto fare delle domande, ma fu costretta a seguire la Vestale Maxima, quasi correndo, fino ad una porta posta dietro l’altare. Uscirono quindi in un cortile posteriore, dove un sentiero dritto e coperto portava ad un’altra struttura, più piccola del tempio ma imponente allo stesso modo.
“Questi sono gli alloggi delle Vestali e, più indietro, potrai vedere anche le stanze del Signore del Tempio.” le disse Ilya, aprendo la porta.
Gli alloggi delle Vestali erano composti da un ingresso ampio, del tutto spoglio; da una cucina enorme dove un’altra Vestale era impegnata; da una sorta di insieme di alcove, separate dallo stretto corridoio con delle tende, dove le Vestali potevano ritirarsi in meditazione; e, al piano superiore, dalle stanze delle Vestali stesse, che avevano ognuna un bagno personale, in effetti piuttosto moderno rispetto al luogo in cui si trovavano. Sembrava più una casa comune che la parte di un tempio.
Ilya la fece uscire su un piccolo terrazzino dove alcune Vestali avevano allestito una serra – ma ce n’erano altre, più grandi, alla sinistra del Tempio vero e proprio – e le mostrò così gli alloggi del Signore.
“Lui non usciva spesso, almeno non i primi tempi.” si confidò Ilya “Adesso va meglio. Riusciamo a prenderci cura di lui nel modo giusto, e lui è disposto a donarci la sua presenza più spesso. Se vuoi, se accetterai di restare, potrai farti ricevere più tardi.”
Sirya annuì. Non le era del tutto chiara la situazione, non ancora, ma nel frattempo stava ben attenta a memorizzare ogni cosa la donna le dicesse.
“Abbiamo altri alloggi, dall’altra parte del tempio rispetto alle serre. Sono per chi ritiene la clausura un’esperienza necessaria. Oh, non che sia una clausura definitiva, e non che molte Vestali decidano di usufruirne. Diciamo che più che altro è un luogo di meditazione preferibile al tempo, con la possibilità di fermarsi per la notte. Nessuno resta per più di qualche giorno o settimana; dopotutto, in quanto Vestali, abbiamo fatto giuramento di servire il nostro Signore vita natural durante.”
“Capisco.” rispose Sirya. Tornò a guardarsi intorno dal terrazzo, per quanto potesse vedere “E’ un posto bellissimo.”
In effetti, il tempio sorgeva su quella che sembrava essere una piccola isola. C’erano delle mura che recintavano il luogo, ma erano sprovviste di cancelli – da che lei ricordava – e quindi l’accesso al tempio era libero. Da dove si trovava, Sirya poteva vedere al di là degli alloggi di Severus Piton, dove un piccolo sentiero passava sotto ad un arco di pietra – sempre senza cancello – e si inoltrava in un bosco. Più in là, oltre gli alberi, era già in grado di scorgere la costa. Era alta e rocciosa, anche se non dubitava che, da qualche parte, magari scendendo degli scalini di sassi, si potesse accedere ad una spiaggia.
Solo, non sentiva l’odore salmastro tipico del mare. E, oltre ancora, verso l’orizzonte, vedeva di nuovo della terra, ma sembrava che i colori fossero sbagliati, o che ci fosse un’interferenza di qualche tipo.
“Ti chiedi dove siamo, Sirya?”
“Sì, Vestale Maxima.”
“In realtà, non lo sappiamo bene neanche noi. Questa sembra un’isola in mezzo ad un lago – le acqua sono dolci – ma nessuna di noi è mai riuscito a raggiungere la riva opposta. E’ come se fossimo trattenute qui, noi Vestali. I Pellegrini invece vanno e vengono.”
“Io non ricordo di essere giunta in questo luogo.”
“Lo so. Per quello ti ho chiesto se sei interessata a diventare una Vestale. Sospetto che sia quella la tua vera natura, o saresti arrivata in barca come tutti gli altri. Invece, sei apparsa all’improvviso, annunciata solo da un lampo azzurrino.”
Sirya osservò sbigottita la donna.
“Davvero? Non ho alcun ricordo! La prima cosa che ricordo è di averti vista…”
“E’ andata proprio così. In realtà, non so neppure se potrai tornare indietro, nemmeno se ti prestassimo una barca. Sarebbe bello poter risolvere questo mistero, certo, ma la preoccupazione principale di noi Vestali è comunque il benessere del nostro Signore. Se vuoi restare scendiamo a cena e poi ti procurerò una stanza. Prima dovrai parlare con Severus, però.”
Sirya tornò a guardare l’orizzonte. Le sfumature di colori viola e blu non la convincevano.
C’era un mistero da scoprire, attorno a quel luogo.
E Severus Piton… Se lo ricordava, si ricordava la sua figura alta e pallida, i capelli neri lunghi fino alle spalle, la sua espressione arcigna. Si ricordava persino cose che sapeva essere private, ovvero la sua vita. Istanti vissuti in un ricordo, le sembrava.
Ma non riusciva a venire a capo di nulla. All’inizio, quando aveva pensato che i nomi potessero avere un potere, aveva scelto di non dire il proprio e di usare uno pseudonimo, e solo ora si stava rendendo contro che il suo nome – quello vero – le era scivolato via dalla mente.
Per un momento, ebbe paura.
Poi considerò che, pur se non ricordava il proprio nome, pur se non ricordava la propria storia o la propria vita, era comunque giunta lì. Forse era un segno; forse quel posto conteneva le risposte e lei sarebbe stata in grado di decifrarle.
“Va bene.” rispose a Ilya “Resterò. Solo, vorrei una stanza nell’altro edificio, se possibile. Devo meditare.”





I

 
Severus era stato avvertito da Ilya che avevano ospiti.
Non una pellegrina, ma quella che forse sarebbe potuta diventare una Vestale, dato il modo in cui era arrivata.
Era da un bel po’, ormai, che Severus si trovava in quel luogo. Sinceramente non sapeva ancora dove fosse: era forse quello il paradiso? E che paradiso era, se gli era stata negata anche solo una visita di Lily?
Gli Dei si divertivano davvero delle sue sofferenze, costringendolo ad una vita eterna senza potersi scusare, senza poter rivedere il suo grande amore almeno una volta?
Sospirando, si portò una mano sul collo, laddove Nagini l’aveva morso. Non c’era più alcun segno, eppure era certo che fosse accaduto, così come era certo che fosse morto. L’ultimo ricordo che aveva era di Potter, che si chinava verso di lui e che lo guardava con orrore crescente. Lui gli aveva donato i suoi ricordi, sperando che bastasse; poi, immergendosi completamente negli occhi del ragazzo, mentre la stanchezza lo sopraffaceva, aveva sperato di poter vedere Lily almeno un’ultima volta, prima di sparire nel nulla.
Non che Severus non credesse in un aldilà: si era sforzato di farlo quando Lily era morta, perché non poteva neppure pensare che la sua essenza fosse sparita nel nulla. Era stato quel giorno che aveva iniziato a sperare; che aveva illuso se stesso che dovesse esserci una vita dopo la morte, anche solo perché fosse conservato lo spirito di Lily. Si era rifatto all’idea cristiana di Inferno e Paradiso, sebbene non seguisse la religione e tutti i suoi concetti, ed era andato avanti con la convinzione che Lily fosse diventata un angelo mentre lui sarebbe stato destinato alle fiamme dell’inferno. Avrebbe potuto sopportarlo, e avrebbe fatto tutto il possibile per poter avere anche solo un misero incontro con la donna che amava, prima di arrendersi ai Demoni e di consegnarsi all’oblio eterno.
Ma quello… Quello era un luogo che sfuggiva da ogni comprensione, per lui; un luogo fuori da ogni logica. Aveva provato ad attraversare il lago, ad arrivare sull’altra riva, ma non c’era stato nulla da fare. Era trattenuto all’interno di quel perimetro da una forza misteriosa.
Che si trovasse in una specie di Limbo, dove riflettere sui suoi peccati finché non fosse stato degno?
Ma, allora, perché le Vestali? Perché esistevano, perché si prendevano cura di lui, perché lo amavano? Lo facevano sentire amato; gli esprimevano il loro amore ogni giorno, attraverso ogni gesto. E lui era diviso fra il rifiuto e la confusione: oh, non che loro pretendessero quel tipo di rapporto da lui, ma se quello era davvero il limbo, perché cercare di alleviare le sue sofferenze, invece di fargli espiare i propri peccati?
Severus si era posto questi interrogativi più e più volte, ma non aveva trovato risposta.
E, adesso, si stava preparando per incontrare la nuova ragazza, che forse sarebbe diventata anch’essa una Vestale.
Quando era arrivato, solo Ilya era presente in quel luogo, con un sorriso amorevole sul volto e la precisa convinzione che lui sarebbe venuto da lei, prima o poi. Con il tempo, altre si erano aggiunte.
Severus finì di allacciare i bottoni della sua lunga tunica, non dissimile alle vesti da mago che portava da vivo. Poi uscì dalle sue stanze, andando verso gli alloggi delle Vestali, dove tutte quante lo attendevano in cucina, per la cena.
La nuova arrivata sembrava spaesata. Era una ragazza di circa vent’anni, constatò Severus, con lunghi capelli castani e occhi azzurri. Indossava una maglietta e un paio di jeans, che erano una visione abbastanza insolita per il tempio.
“Buonasera.” si presentò, inchinandosi appena “Il nome che mi sono scelta è Sirya.”
“Buonasera a te. Sei intenzionata a diventare una Vestale?”
Severus si accomodò a capotavola, e venne servito per primo. Fecero sedere Sirya alla sua sinistra, in quanto nuova arrivata che doveva conoscere, mentre Ilya rimase alla sua destra, come ogni volta, in qualità di Vestale Maxima.
“In realtà, non ne ho idea. Ilya… Mi ha spiegato chi sono le Vestali, cosa fanno per lei. Ma io sono parecchio confusa, e desidero ritirarmi in meditazione per un po’ prima di prendere la mia decisione.”
“Capisco. Credo che Ilya possa provvedere a qualsiasi tua esigenza.”
“Sì, mi ha già rassicurato in quel senso.”
“Allora adesso mangiamo, parleremo meglio poi.”
Severus si portò la forchetta alla bocca, dando il via alla cena.
In realtà, all’inizio gli aveva dato molto fastidio questa specie di rituale. Ad ogni cena, lui doveva sedere a capotavola, venire servito e iniziare a mangiare, prima che lo facessero tutte. Già, per lui, era difficile stare in mezzo alla gente; se poi gli davano l’impressione di… Osannarlo… In quel modo…
Ma ci aveva fatto l’abitudine. Con il tempo, aveva capito che le Vestali non volevano metterlo in imbarazzo, ma solo prendersi cura di lui e alleviare la sua sofferenza. Lo rispettavano, anche se ancora non si capacitava di come potessero farlo.
Ilya aveva parlato con lui tante volte. Gli aveva detto di essere paziente; gli aveva detto che, se voleva essere in grado di perdonare se stesso, doveva accogliere in lui l’amore incondizionato di quelle Vestali, che erano arrivate al tempio guidate solo dai loro sentimenti per lui.
Ancora non gli erano chiare tutte le dinamiche, ma ormai non pensava più che quelle parole fossero una presa in giro. Lo vedeva, lo percepiva nei loro occhi.
E lui si era sentito meschino, infine, per averle infastidite e insolentite, inizialmente, rinchiudendosi nelle proprie stanze e non permettendo a nessuna di avvicinarlo. Ci era voluto tempo, ma si era sbloccato e, beh, doveva ammettere che restare in quel luogo era… Piacevole.
Sebbene gli stessi interrogativi di quando era arrivato lo perseguitassero, cercava di non pensarci e di godersi la splendida isola e l’atmosfera di sacra leggerezza che sembrava permeare quel luogo. Aveva scoperto che nel boschetto erano reperibili tutti gli ingredienti più comuni per le pozioni e si dilettava con il suo vecchio passatempo, dopo le lunghe passeggiate, mentre le Vestali si prendevano cura del tempio e chiacchieravano saltuariamente con lui, senza mai mostrarsi invadenti.
I pellegrini che ogni tanto arrivavano non osavano rivolgergli la parola e rimanevano nel tempio, senza invadere il cortile privato e gli alloggi, sedendosi anche per delle ore sui cuscini e rimanendo in contemplazione del nulla. Le prime volte, dopo che aveva iniziato a cambiare atteggiamento, era andato personalmente ad accoglierli, ma aveva ricevuto solo un baciamano da parte di una signora e null’altro, così aveva smesso.
Non sapeva esattamente chi pregassero – o se pregassero qualcuno in generale – e Ilya, colei che si occupava di portare fra loro cibo e acqua, era l’unica che riuscisse a scambiare poche parole con loro, timorosi di rompere il silenzio in quel luogo e con quella atmosfera. Di solito si salutavano e basta al momento del congedo e, anche se lui aveva chiesto alla sua Vestale Maxima di raccogliere più informazioni possibili, ogni persona si era finora rifiutata di rispondere alle domande.
Perciò Severus era rimasto con i suoi dubbi, i suoi rimorsi e quella strana serenità che sembrava permeare in quel luogo, alternando le sensazioni di volta in volta.
Finita la cena, scambiò giusto due parole con la straniera; frasi di circostanza, che non richiedevano troppo sforzo, e che allo stesso tempo gli davano una speranza di poter placare la sua curiosità. Ma la straniera, come tutte le altre Vestali, non ricordava nulla del suo passato, nemmeno il suo nome: solo la storia di lui, e la profonda ammirazione che nutriva per la sua persona.
Si congedò poco dopo: era rimasto fin troppo, considerando che non passava mai più del tempo della cena in senso stretto a quel tavolo. Le Vestali parlavano con lui, vero, ma lo facevano una alla volta e in momenti diversi della giornata. Quella sera si era sforzato solo per la nuova arrivata.
Amava ancora profondamente la solitudine, Severus.
“Mi raccomando, Ilya, trattala con tutto il riguardo possibile.” si congedò con la sua Vestale Maxima “E piacere di averti conosciuta, Sirya.” finì, rivolgendosi alla ragazza. Fece invece un cenno del capo verso le altre, che lo salutarono come al solito con del sorriso larghi e dolci, senza parlare.
Sarebbe cambiato qualcosa, ora che una nuova Vestale era arrivata, sempre se Sirya fosse rimasta?
Ognuna delle donne aveva un compito preciso, nel tempio, che nessuno le aveva assegnato, ma che si erano scelte da sole. C’era chi si occupava della cucina, chi delle serre, chi delle sue vesti e via dicendo.
Cos’avrebbe potuto fare di più quella ragazza?



 

II

 
Ilya aveva dato a Sirya delle vesti come le proprie, solo di colore azzurro e blu – “Perché quando sei arrivata eri circondata da quel colore” aveva detto “E i colori sono sempre importanti” – e dei sandali. Le aveva prestato la propria stanza per cambiarsi e, poi, l’aveva accompagnata presso l’altro dormitorio, dove le Vestali si potevano ritirare in meditazione in solitudine.
“Questa è la tua stanza.” le aveva detto, dopo che avevano attraversato un salone vuoto, intravisto un corridoio con le stesse alcove presenti nell’altra struttura e dopo essere salite al piano di sopra “Sistemati come meglio credi. In quell’armadio ci sono delle camicie da notte e delle pantofole. In bagno troverai tutto l’occorrente per l’igiene personale.”
“Va benissimo, Ilya, ti ringrazio.”
La Vestale Maxima si era congedata educatamente e le aveva augurato la buona notte. Aveva aggiunto solo che qualcuno sarebbe passato a portarle del cibo, direttamente nella piccola cucina, e che poi si sarebbe dovuta arrangiare da sé per cucinarlo.
Sirya, una volta rimasta sola, aveva finito di esplorare il luogo: anche quel dormitorio aveva una terrazza, che dava però verso l’esterno dalla parte dell’ingresso del tempio, e che era coperto da una tettoia in legno e chiuso da enormi vetrate (apribili solo da un lato) per garantire maggior isolamento. C’erano dei cuscini colorati, per terra, e Sirya ne trascinò uno grande e celeste – memore dell’importanza dei colori – vicino al vetro, per rimanere ad ammirare le acque del lago mentre sopraggiungeva l’imbrunire. Il sole tramontava dietro di lei e le era impossibile vederlo, vero, ma lo spettacolo era comunque emozionante.
Dopo aver passato più di un’ora così, semplicemente ammirando quell’orizzonte dai colori cangianti, Sirya se ne andò in camera e si preparò per la notte.
Non era ancora giunta ad alcuna conclusione e non aveva ancora deciso se restare come Vestale, o, in alternativa, cosa fare.
 
***
 
Il cellulare stava squillando in un modo decisamente fastidioso.
Oh, già, era la sveglia.
Sirya allungò una mano e riuscì a spegnerlo, prima di girarsi dall’altra parte e aprire gli occhi.
Aveva fatto un sogno…
Un brivido le percorse la schiena e lei fu improvvisamente sveglia.
No, non era stato un sogno. Le sensazioni che aveva provato erano state così intense, così reali
Stava ripercorrendo nella mente la visita allo strano tempio, quando si accorse che i particolari le scivolavano via. Spaventata, siccome da sempre aveva la passione di scrivere e le era già capitato di doversi annotare qualche idea nel bel mezzo della notte, afferrò la solita penna ed il solito block-notes per appuntarsi tutto ciò che ricordava.
Ilya, la Vestale Maxima.
Due dormitori e gli appartamenti privati del Signore del Tempio, oltre al tempio stesso. Il Signore… Qualcuno che non era reale, ma che ammirava e amava.
Strani colori all’orizzonte.
Azzurro, come le vesti che indossava, ma non si ricordava perché era importante.
Alla fine, quando non riuscì più a spremere nient’altro dalla sua mente, si concentrò invece su quella che, ora, era diventata la sua realtà.
Il suo nome, che non era Sirya, era forte e chiaro nella sua testa. Il fatto che se ne fosse potuta dimenticare così facilmente… Perché?
Studentessa universitaria di economia, bene, e anche l’età c’era, e il compleanno, e i volti e i nomi degli amici. La sveglia era suonata perché doveva consegnare a una professoressa delle carte, quindi aveva già perso troppo tempo ad appuntare quel sogno che forse non era un sogno. Doveva sbrigarsi, lavarsi e vestirsi e partire, altrimenti avrebbe trovato traffico.
Sirya fece tutto quello che doveva durante il giorno, pur continuando ad avere la testa altrove; pur continuando a pensare al Tempio.
Non si ricordava davvero chi potesse essere il suo Signore…
E poi? Sarebbe riuscita a tornare? Le altre – si ricordava vagamente che c’erano altre persone – si sarebbero accorte della sua scomparsa?
Più andava avanti nella giornata, più la sensazione di realtà del sogno spariva, e lei si ritrovava a chiedersi se non avesse esagerato tutto. Le era già capitato di fare sogni vividi…
Alle dieci di sera, come suo solito, dopo una giornata abbastanza impegnativa, crollò non appena posò la testa sul cuscino.
 
***
 
Sirya si svegliò di scatto.
C’era qualcosa che le stava sfuggendo dalla mente; qualcosa che avrebbe dovuto ricordarsi, qualcosa…
Cercò freneticamente carta e penna sul piccolo comodino che era stato posto accanto al letto, ma, ovviamente, era vuoto. Con una sensazione di sbagliato e di cocente delusione, una volta che tutto era già sparito nell’oblio nonostante gli sforzi, si alzò e si diresse in bagno.
La prima cosa che fece, una volta lavata e vestita, fu cercare appunto carta e penna. Le trovò in biblioteca – o, almeno, era una stanza con delle librerie alle pareti, nonostante fosse piccola, e con una grande scrivania nel mezzo – e le portò immediatamente in camera, appoggiandole sul comodino. Ormai era tardi per appuntare qualcosa, non si ricordava più niente, ma sapeva che l’indomani le avrebbero potuto essere utili.
Scese quindi a fare colazione – scoprì che le erano stati portati dei biscotti ancora caldi, delle pagnotte, delle verdure e persino quello che sembrava formaggio, nonostante lei non avesse visto nessuna mucca o pecora in zona – e, una volta lavata la scodella che aveva usato per prepararsi il the, tornò nel corridoio delle alcove.
Le tende che le dividevano dalla pietra erano colorate, e lei, ovviamente, scelse l’alcova azzurra. Dentro c’era un enorme cuscino bianco, quasi un materasso, che ricopriva tutto lo spazio disponibile; l’unica parte del pavimento scoperta era occupata da un mobile in legno chiaro, che nei cassetti aveva pietre e carte e fogli e penne; e sul lato che dava verso l’esterno si apriva una finestrella, che puntava verso un piccolo giardino ben curato. Entrava parecchia luce, grazie ad essa, ma ai lati aveva delle tende scure e pesanti che potevano essere chiuse all’occorrenza.
Sirya si sdraiò sul cuscino, dopo aver sbirciato nel mobile, e sistemò meglio i cuscini azzurri e blu più piccoli che erano disseminati nell’alcova.
Forse, se si fosse rilassata, sarebbe riuscita a ritornare a quella consapevolezza che l’aveva pervasa al risveglio.
Carta e penna erano già pronte anche ora, poggiate sopra al mobile, e non rimaneva altro che usarle per appuntarsi ogni cosa.





 

III

 
Severus Piton.
Il nome le era apparso chiaro nella mente al momento del risveglio, e Sirya si era affrettata a scriverlo sul solito block-notes. Altre parti del sogno svanivano; era una corsa contro il tempo fra la penna e la mente.
Sirya non si perse d’animo per le memorie scomparse; la cosa che le era rimasta, la più importante, era la sensazione di realtà del sogno. Era certa che si trattasse dello stesso del giorno prima, e ora uno dei suoi quesiti aveva trovato risposta: Severus Piton era il Signore del Tempio. Il che poneva diversi interrogativi: come poteva un sogno reale avere al suo centro un personaggio fittizio?
No, si disse, sto sbagliando ancora prospettiva.
Come poteva un sogno essere reale e basta?!
Sirya ne era certa. Non se lo ricordava, ma la sensazione era lì, presente e pressante.
Solo che, qui ed ora, in questa vita, l’attendeva un’altra faticosa giornata.
Accantonò il quesito, per il momento.
 
***
 
Quando si svegliò nuovamente, dall’altro lato di quella doppia e strana vita, Sirya cercò carta e penna e si accorse con sollievo di averli sul comodino.
Si mise a scrivere, in fretta, tutto ciò che ricordava della giornata – della nottata – appena passata.
Dunque, studentessa universitaria, numero di cellulare, nome di qualche amica, impegni della giornata… Qualcosa le sfuggiva, sempre, scivolando via nell’incoscienza man mano tentava di afferrarlo.
Si preparò ad un’altra giornata di meditazione solitaria nel tempio.
Anche se nella sua vita da studentessa non era stata in grado di trovarlo, forse, nel tempio, si nascondeva qualche indizio. Fu così che se ne andò in biblioteca, dopo una frugale colazione.
Riuscì a trovare diversi tomi sulle proprietà delle erbe, o su quelle dei cristalli, o sul significato di numeri e colori. Partì dall’ultimo, curiosa di sapere cosa rappresentasse l’azzurro per lei.
Significato e proprietà del colore Azzurro.
Il colore Azzurro, collocato tra il 
Verde e l’Indaco nello spettro luminoso, è simbolo di comunicazione attraverso la creatività. Colore emblema della lealtà e dell’idealismo, trasmette senso di pacatezza aiutando la meditazione e l’estroversione. Inoltre stimola il sonno e favorisce i rapporti di diplomazia.”[1]
Il paragrafo iniziava così, e continuava con più dettagli in merito alle singole sfumature del colore e all’utilizzo pratico dello stesso durante diversi rituali.
Sirya lesse per tutto il giorno, sdraiata nella sua alcova personale, perdendo il senso del tempo.
 
***
 
Ora che aveva un quadro generale dei sogni e del mondo strano – del Tempio – in cui si trovava quando si addormentava, essendo passati diversi giorni dalla prima volta che si era svegliata con quella sensazione, capì che era inutile lambiccarsi il cervello alla ricerca di una risposta che, da sola, non era in grado di darsi.
Era stata una stupida.
Aveva uno strumento per facilitarsi il compito, e si diede più volte dell’idiota per non averci pensato prima: internet.
Ora sarebbe stata necessaria solo tanta pazienza.
 
***
 
Mentre in un mondo utilizzava il computer per cercare di capirci qualcosa, nel Tempio ormai si era divorata quasi tutti i libri a suo dire più importanti della biblioteca.
Erano passare due settimane, circa.
Sirya aveva trovato cose molto interessanti, perlopiù riferite alla natura e agli elementi naturali; alla magia intesa in modo diverso da quella descritta nel mondo di Harry Potter; alle proprietà delle pietre e cose simili. Sebbene la lettura fosse stimolante, non era stata in grado di venire a capo di nulla, e il quesito della sua permanenza in quel luogo continuava a premere nella sua mente.
 
***
 
Ecco, finalmente, aveva trovato qualcosa.
Sirya scorse con il mouse la pagina del sito, leggendo avidamente di viaggi astrali.
Sembrava una teoria abbastanza valida per ciò che le succedeva; quantomeno spiegava perché i sogni fossero più di semplici sogni e avessero il sapore della realtà.
Fare viaggi astrali[2] significava viaggiare in strati diversi della realtà, più o meno assurdi ma tutti irrimediabilmente veri. I colori alterati descritti nel sito spiegavano in qualche modo i confini del Tempio; la realtà nascosta al di là del lago. Sarebbe stato interessante capirne di più, ma, per questo, sarebbe dovuta tornare lì, e avrebbe dovuto iniziare a fare qualche esperimento.
Non da ultimo vi era la presenza di Severus Piton, un personaggio da lei amato ma senza alcun dubbio fittizio. O gli strati diversi della realtà erano in grado di spiegare anche questo?
Di certo, le sue domande erano aumentate, ma almeno aveva iniziato a trovare alcune risposte.
 
***
 
Sirya dedicò tutta la mattinata alla rilettura dei tantissimi appunti che aveva preso in quei giorni: la trascrizione di ciò che era successo e che si ricordava dell’altra realtà; la informazioni più utili e significative trovate nei libri della biblioteca; tutte le sue teorie sui viaggi astrali.
Dopo pranzo tornò sul terrazzo chiuso che dava sul lago; aprì le ampie vetrate per la prima volta e si gustò il vento umido sulla pelle, riflettendo. Si alzò il vestito, certa che nessuno avrebbe potuto comunque vederla, e notò un bagliore argenteo all’altezza dell’ombelico. Non proprio un cordone[3] che la legava al suo corpo terreno, così come aveva trovato scritto in internet, ma quantomeno una prova in più che avvalorasse la tua teoria sui viaggi astrali.
Sfiorò con le dita quella luminescenza, ma non accadde nulla. Riuscì a percepire solo un lieve brivido, non sapeva se per il freddo o per il contatto.
Era giunta l’ora di prendere una decisione.
Per continuare ad indagare, non aveva più senso rinchiudersi in quel luogo, ma, anzi, sarebbe dovuta essere libera di esplorare l’isola e di parlare con le altre Vestali.
Sirya sorrise, richiudendo le vetrate e camminando verso l’uscita della struttura, pronta a comunicare la sua scelta alla Vestale Maxima.
 
***
 
“Dunque hai deciso di rimanere.”
Ilya sorrideva serena, come se avesse sempre saputo.
Sirya la osservò per un lungo istante: il primo giorno che l’aveva vista era stata attirata dal rosso intenso della sua veste – si ricordò, con un sussulto, che il colore rosso combatteva le energie negative ed era sinonimo di passionalità e fiducia[4] –, ma solo adesso era in grado di focalizzarsi sui tratti. Occhi verdi e nocciola, pelle chiara, labbra morbide, capelli castani con riflessi ramati… Tutto, in lei, trasmetteva amore e pace.
“Sì, è così.”
“Hai già scelto un nome e un compito?”
Sirya annuì. Ci aveva pensato seriamente, e sapeva che avrebbe potuto servire il Tempio e il suo Signore solo in un modo: svelando il mistero che lo circondava, riportando a galla la realtà e distinguendola da tutto il resto.
“Sono Sirya, la Vestale Viaggiatrice: colei che sa leggere fra le nebbie del Sogno.”
Ilya prese due cristalli da una ciotola posta sull’altare – si erano incontrate lì, quasi senza volerlo, come se una strana energia avesse guidato i loro passi – e glieli passò sulla fronte. Subito Sirya si sentì pervadere da un forte senso di pace. Si sentiva in armonia con ogni parte del Tempio.
“Allora benvenuta, Vestale Viaggiatrice. Il tuo compito è molto particolare, ma sono certa che tu sola ne conosci il pieno significato e tu sola sarai in grado di svolgerlo con maestria e perizia. L’unico che potrà conoscerne ogni sfaccettatura, oltre te stessa, sarà il tuo Signore, e a lui dovrai le tue risposte e le tue cure amorevoli.”
“Sì, Vestale Maxima. Sono pronta.”
Ilya sorrise ancora, e allungò una mano.
Sirya la strinse e, insieme, si avviarono verso le stanze del Signore del Tempio.

 




IV

 
Severus aveva visto arrivare la sua Vestale Maxima assieme alla ragazza che era apparsa circa due settimane prima.
“Ha deciso di restare.” disse semplicemente Ilya.
Severus annuì. Scorse negli occhi della giovane un luccichio strano; come se si trovasse davanti ad una visione incredibile e mistica. Trattenne uno sbuffo: era abituato all’entusiasmo delle sue Vestali, che in generale si calmava con il tempo, anche grazie alla sua proverbiale scontrosità. Certo, aveva iniziato ad essere un pochino più gentile negli ultimi tempi, ma anche le donne erano in un certo senso cambiate, abbandonando l’ammirazione e la venerazione per far spazio a sorrisi mesti e chiacchiere leggere.
Sirya si inchinò leggermente, facendo svolazzare la veste.
“Sarò la Vestale Viaggiatrice, colei che legge fra le nebbie del sogno. Per servirla, mio Signore.”
Severus fece un altro cenno. Essere chiamato “Signore” gli stava bene: aveva passato una vita ad insegnare e ci era abituato. Non che si sentisse superiore, questo no, anche se sapeva che probabilmente le sue Vestali attribuivano più importanza del necessario al termine.
Solo Ilya si permetteva di chiamarlo per nome, ma lui non l’aveva mai corretta in tal senso, così come lei non aveva mai chiesto il permesso di farlo.
“Vuol dire che ti divertirai ad interpretare i miei sogni, così come altre si divertono a cucinare per me o a curarmi il giardino?”
Non voleva risultare sarcastico o ingrato, ma non riuscì a celare una certa amarezza. Ancora non si era abituato del tutto alla presenza delle Vestali; ancora rimpiangeva di essere bloccato in quel luogo senza possibilità di fuga.
Sirya dischiuse le labbra e assunse un’espressione neutra. Severus la riconobbe istintivamente come una maschera; la stessa che lui stesso aveva portato in vita – e parzialmente, portava ancora ora – come Occlumante.
“No.” rispose, sicura “Non so nulla dell’interpretazione dei sogni in generale, anche se non dubito di poter imparare. Il mio compito è un altro, ed è quello di scoprire dove siamo e perché siamo qui.”
Anche Ilya non riuscì a mascherare del tutto la sorpresa.
“Tu pensi di riuscire a capirlo?” chiese, guardando la nuova Vestale come se la vedesse per la prima volta.
“E’ così.” rispose lei, sempre con quell’espressione neutra sul viso “Ho delle teorie, ma necessitano di essere convalidate. Ilya… So che forse a te, in quanto Vestale, non dovrei parlarne, però ho bisogno di un aiuto. Tu cosa ricordi della tua vita prima di esserti risvegliata qui?”
Ilya corrugò la fronte e si portò una mano al mento, pensierosa.
“… Non saprei.” disse infine “Ricordo solo di essermi svegliata con l’assoluta certezza che Severus sarebbe arrivato, e che io avrei dovuto servirlo e sostenerlo nel suo percorso di guarigione.”
Sirya si girò verso di lui.
“E tu? Cosa ricordi?”
“Io ricordo tutta quella che è stata la mia vita. Sono arrivato qui dopo essere morto.”
“Lo immaginavo.” rispose la ragazza, annuendo “Severus, ma tu sai com’è finita la seconda guerra magica?” chiese poi all’improvviso, come ricordandosi un dettaglio importante.
Era passata al ‘tu’ molto facilmente e senza essere stata invitata a farlo, tuttavia l’uomo non ci fece quasi caso, dato il significato della domanda che gli era stata posta.
“No.” rispose, con il cuore che accelerava i battiti “Perché, tu lo sai?”
E l’espressione neutra di Sirya si sciolse in un sorriso enorme per la prima volta. L’amore fluiva fuori dal suo essere come un vento e Severus riusciva quasi a vederlo.
“Non è stato tutto inutile, Severus.” rispose “Harry ce l’ha fatta. So che credevi che sarebbe dovuto morire, ma Silente aveva previsto anche questo. Lord Voldemort è rinato con il suo sangue, lo stesso sangue in cui scorreva la protezione di Lily… L’ha legato alla vita finché lui viveva, ma la cosa non funzionava anche a senso contrario. Narcissa Malfoy ha mentito sull’effettiva morte del ragazzo, e nella successiva battaglia lui è riuscito a disarmarlo. Voldemort è morto grazie al rimbalzo del suo stesso incantesimo.”
Un enorme, incredibile sollievo lo pervase.
Severus non avrebbe mai creduto che quella notizia potesse alleviare in modo così significativo il turbamento. Pensava che solo Lily potesse essere una questione irrisolta, dentro di lui, e che si fosse ormai rassegnato al destino del giovane Potter.
Sapere che Harry era vivo, vivo e presumibilmente felice, e che il Signore Oscuro era morto e sepolto e sconfitto… Lo riempiva di gioia.
Gli dava speranza.
Aveva combattuto per quel ragazzo. Aveva mentito e ingannato e ucciso nel nome del rimorso, di una promessa postuma fatta a Lily. E, adesso, sapeva che Lily non era davvero scomparsa dal mondo; qualcosa di lei era rimasta, nel ragazzo, e avrebbe continuato a vivere ancora, grazie a lui e oltre la sua stessa esistenza.
Una lacrima silenziosa di commozione sfuggì al suo controllo. Da vivo non se lo sarebbe mai permesso, ma lì c’erano solo Ilya e quella nuova ragazza che gli aveva portato quella notizia così meravigliosa. Tutte le sue Vestali gli volevano bene, in un modo assurdo e inspiegabile, nonostante lui le avesse davvero trattate male all’inizio. Una piccola lacrima poteva concedersela, per un sollievo così grande.
Ilya prese Sirya per mano.
“Sei certa di ciò che dici?” chiese.
Ma Severus lo sapeva, non sapeva come ma sapeva, che quello che aveva sentito era la verità. Il discorso del sangue combaciava, e Silente era sempre stato troppo intelligente per non avere un piano dentro al piano. Troppe volte, da vivo, si era chiesto perché solo Voldemort dovesse uccidere il ragazzo; posta in questo modo, la questione trovava la sua naturale risposta.
“Sono assolutamente certa.”
“E come lo sai?”
Sirya assunse di nuovo un’espressione neutra.
“Come Vestale, devo continuare per la mia strada senza confidarmi troppo, se non con Severus. Mi spiace, Ilya, ma non posso dirtelo, almeno per ora… Almeno finché non ci vedrò chiaro anch’io.”
Ilya le strinse un attimo il polso, poi annuì e la lasciò andare. Si girò di nuovo verso di lui.
“Severus, noi andiamo. La decisione di Sirya ti è stata comunicata: perciò, se vorrai conferire con lei, da domattina potrai trovare in giro per il Tempio. Non è più in isolamento. Sirya, vieni, dobbiamo decidere quale sarà la tua stanza e la tua alcova…”
Sirya fece un cenno di saluto, che Severus ricambiò appena.
Aveva molto a cui pensare.




 

V

 
“Che fai?”
Era passata una settimana.
Severus non aveva parlato molto con le sue Vestali e si era chiuso in se stesso, meditando sulla nuova sorte del mondo magico. Solo in quel momento aveva notato Sirya, in disparte rispetto alle altre, vicina al cancello sempre aperto che delimitava il tempio dal bosco. Teneva sul grembo una ciotola piena d’acqua e un libro accanto a sé, assieme ad un sacchetto di pietre preziose.
Sirya alzò lo sguardo e, con un sorriso gentile, lo invitò a sedersi accanto a lei sul muricciolo, dall’altro lato rispetto al libro e alle pietre.
“Severus, tu credi che le tue Vestali siano streghe o babbane?”
Severus sbatté più volte le palpebre. Non ci aveva mai pensato, ma in effetti non aveva mai visto le donne con una bacchetta magica.
“Non ne ho idea. Perché non chiedi a loro?”
“Mmmh…” rispose lei, ruotando la ciotola e facendo scivolare piano una pietra al suo interno “Vedi, nessuna di noi ha la bacchetta e nessuna si ricorda di aver mai ricevuto un istruzione magica. Eppure, in questo luogo, ci sono molti testi per così dire esoterici, dove vengono trattate questioni che sembrano stare al confine fra i due mondi. Come se ci fossero diversi tipi di magia, e quella qui presente non richieda l’uso della bacchetta.”
“Io so che si possono fare magie senza bacchetta, ma…”
“Non è di questo che sto parlando.” lo interruppe lei, alzando di nuovo lo sguardo “Molto probabilmente alcune delle tecniche descritte in questi libri le potresti associare alla Divinazione del tuo mondo, ma oltre a cose come la consultazione di tarocchi e foglie di the, ci sono degli studi interessanti. Il primo che ho letto riguardava il significato e il simbolismo dei colori, e poi le proprietà delle pietre e delle piante… Magari alcune di queste cose vengono trattate in Erbologia e Pozioni, pensandoci bene. Però ho anche trovato diversi tipi di incantesimi, per così dire, che non penso tu possa assimilare ad uno dei tuoi, ed è proprio uno di questi che sto provando.”
Severus era rimasto affascinato dal discorso. Sinceramente, non aveva mai pensato che potessero esistere differenti tipi di magia. Per lui, c’erano incantesimi e incantesimi; potenza magica variabile; maghi in grado di fare magia senza bacchetta. Ma la magia stessa, così come lui l’aveva studiata, presentava definiti limiti.
“Posso assistere?” chiese, curioso di sapere se questo nuovo incantesimo entrasse in contrasto con una delle leggi fondamentali della magia stessa.
“Sostanzialmente non si tratta di niente di complicato. O, meglio, il risultato è piuttosto semplice da ottenere: variando le pietre presenti nell’acqua posso eseguire una sorta di divinazione, vedendo però il presente, credo, semplicemente concentrandomi su ciò che conosco e che voglio vedere. Non ci sono formule o altro; non mi sento stanca dopo aver eseguito l’incanto, se così si può definire. Guarda.”
Severus si sporse appena per guardare nella ciotola.
La superficie dell’acqua gli rimandò l’immagine di una camera da letto piuttosto disordinata. Sulla scrivania c’erano vestiti e quaderni e fogli a formare un ammasso informe; informe come le coperte sfatte sopra cui svettavano diversi peluches di varie forme e dimensioni. Solo in un secondo istante Severus si accorse che c’era qualcuno nel letto, che dormiva beatamente a pancia in giù… Sirya.
“Stai dormendo.” osservò. Se lei aveva detto che l’incantesimo rifletteva il presente…
“Già. Questa è camera mia.”
“No, ci sono due sbagli. Primo: se l’incantesimo riflette il presente, tu non dovresti esserci. Secondo: le stanze delle Vestali non sono così.”
Sirya sorrise e un lampo le passò negli occhi. Era… Furbizia? Gli ricordava lo sguardo dei gemelli Weasley, quando andavano in giro per Hogwarts combinando scherzi di ogni genere.
“Non ho ancora risolto il mistero, Severus, ma…” iniziò a dire, fermandosi come se fosse in cerca di parole. Voltò la testa e si mise a fissare il cielo, pensierosa, prima di riprendere a parlare “Credo che ci siano diversi piani di realtà, e che noi ci troviamo su uno di essi. Questo non implica necessariamente che io non possa anche essere altrove, al momento, ma il vero problema sono le altre Vestali e, beh, tu. Posso farti una domanda personale?”
Severus era perplesso. Non riusciva a seguire del tutto il filo del discorso.
“Dimmi.”
“Hai per caso notato qualcosa di strano, attorno all’ombelico? Un bagliore argenteo o un cordone, sempre argenteo?”
La domanda lo lasciò perplesso.
“No… Niente di simile.”
“Come immaginavo.”
Sirya abbassò la testa, pensierosa.
Lui era sempre più spaesato.
“Ma… Che significa?”
Sirya alzò di nuovo lo sguardo, concedendogli un sorriso triste.
“Credo che significhi che sei morto veramente, esattamente come le altre Vestali. Ma il posto dove ci troviamo non è il paradiso, né l’inferno, né un generico aldilà.”
“… E’ uno dei possibili piani della realtà?” azzardò lui, ricordando le parole di prima.
“Esattamente. Solo che non ho ancora capito dove sia, e come mai sia qui, e perché mai siamo qui tutti insieme. Perché non riusciamo ad uscirne e tutto il resto. Soprattutto non capisco come tu possa esistere, Severus, e scusa se ti sembrerò inopportuna.”
Era sempre più allibito.
“Perché mai non dovrei esistere?”
Sirya sospirò.
“Forse, quando avrò più risposte, ti spiegherò tutto meglio. Mi ha fatto piacere parlare con te, Severus.”
E, dicendo quello, svuotò la ciotola per terra, si alzò, prese anche libro e sacchetto delle pietre e tornò verso gli alloggi delle Vestali, lasciandolo con maggiori quesiti e con risposte che per lui non avevano senso.

 



VI

 
Severus stava camminando sul limitare del bosco, cercando dei funghi che gli sarebbero stati utili per la prossima pozione che aveva intenzione di preparare. Non riusciva proprio a trovarli e fu così che si spinse più in là, sempre più in là, fino ad arrivare alla piccola spiaggia ‘privata’ – era chiusa su due lati da degli scogli alti – che era lo sbocco naturale del bosco stesso.
E fu così che vide Sirya, prima in piedi a braccia aperte e occhi chiusi, rivolta verso il mare, circondarsi di colori simili a quelli dell’orizzonte e poi accasciarsi a terra, come svenuta.
Severus lasciò immediatamente cadere le erbe che aveva già raccolto e si diresse verso la ragazza, preoccupato, saltando gli scalini due a due.
“Sirya? Sirya!” chiamò, dopo aver posto il corpo a pancia in su e con la testa piegata di lato[5]. La ragazza respirava autonomamente, quindi non era veramente svenuta, sembrava solo… Addormentata.
Solo che non si svegliava.
Preoccupato, Severus prese la bacchetta dalle vesti e fece levitare Sirya, riportandola indietro verso il Tempio. Solo Ilya, che stava facendo una passeggiata, si accorse delle condizioni della ragazza, e gli venne incontro con un’espressione preoccupata.
“Dorme.” le disse subito “Ma non riesco a svegliarla.”
Ilya annuì.
“Meglio non allarmare le altre, per ora. Possiamo portarla nel dormitorio per il ritiro…”
“No, da me, è più vicino.”
Ilya lo seguì dentro l’edificio in cui vi erano le sue stanze. Il posto era piuttosto grande e dotato di diversi salottini e diverse camere, che lui non aveva mai usato, e fu in una di quelle che ripose Sirya, adagiandola con cura su un letto.
“Aspettami, vado a prendere alcune cose.” gli disse Ilya, allontanandosi.
Severus fece comparire una piccola poltroncina e si sedette, osservando il corpo della ragazza. Usò la bacchetta per controllare che non ci fossero tracce di maledizioni oscure – tipo quella che aveva colpito Katie Bell, ormai una vita prima – anche se sapeva che sarebbe stato inutile: in quel posto, solo lui era armato di bacchetta, e già all’inizio, quando non aveva accettato la sua permanenza in quel luogo ma non riusciva ad andarsene, aveva provveduto ad esaminarlo con la magia.
Non c’era niente di malvagio nel Tempio e sull’isola in generale.
Ilya tornò poco dopo con delle pietre e delle erbe. Cosparse il corpo di Sirya seguendo un ordine preciso, che però lui non conosceva.
Sirya aveva ragione: se c’era magia, in quel luogo, era un tipo di magia che non aveva mai visto prima. E prima di allora mai se n’era preoccupato, del tutto preso dal suo dolore e dal suo isolamento volontario.
Le sue Vestali, dopo che lui aveva abbattuto la barriera di silenzio che si era autoimposto, non parlavano mai di magia e d’incantesimi, ma si limitavano a rassicurarsi sulla sua salute e a servirlo al meglio. Persino Ilya, che lui sentiva vicino molto più delle altre, non gli aveva mai spiegato il funzionamento di certi tipi di rituali – non che lui se ne fosse interessato. E, dopotutto, nelle sue stanze non vi erano libri inerenti a quella ‘strana’ magia che praticavano le Vestali, ma solo manuali di pozioni e incantesimi normali. Niente che non sapesse già, comunque.
“Che stai facendo?”
“Favorisco il suo ritorno.”
Ilya non si degnò di dare altre spiegazioni. Severus, comunque, era affascinato da ciò che la donna stava facendo, e cercava di riconoscere uno schema nella disposizione di pietre e erbe e nei gesti che la sua Vestale Maxima compiva, passando ripetutamente le mani sopra al corpo della ragazza.
Non restò che aspettare.
Severus fece apparire una poltrona anche per Ilya, quando lei diede segno di aver finito, e i due rimasero a guardare Sirya. In un primo momento Severus aveva tentato anche un Innervante, ma senza successo.
I minuti scorrevano lenti e divennero ore, ma i due non riuscivano a muoversi dal capezzale della ragazza. L’angoscia li stava divorando e, più di tutto, c’era in loro la voglia di sapere che cosa fosse successo; volevano capire perché Sirya dormisse senza svegliarsi.
Severus, rifletté, non si era mai accorto di tenere così tanto alle sue Vestali. Era bastato che una sola di loro, tra l’altro una nuova, che conosceva relativamente poco, si ritrovasse a giacere inerme in un letto per far affiorare in lui quel senso di malessere che aveva sempre associato alla sua vita.
Era come se, ancora una volta, il destino gli sfuggisse dalle mani. Lui era morto, vero, ma la morte non avrebbe dovuto prevenire la sofferenza? Ilya e le altre erano morte come lui, o potevano lo stesso ferirsi e soffrire? E quale delle due alternative era migliore?
Improvvisamente, si ricordò che Sirya gli aveva detto che era in grado di esistere su più piani della stessa realtà. Che stesse facendo quello, in quel momento, mentre lui moriva di preoccupazione?
La verità era che senza le sue Vestali lui… Si sarebbe sentito perso.
Alla solitudine era abituato, ma doveva ammettere che le Vestali erano state in grado, con la loro solo presenza e ammirazione incondizionata, di alleviare le sue pene. Il suo rimorso sembrava un ricordo lontano, soprattutto ora che Sirya gli aveva svelato la verità in merito alla fine della guerra, e in lui rimaneva soltanto il desiderio inespresso di rivedere Lily.
Rimase a pensare, rimuginando sulla faccenda mentre il sole tramontava all’orizzonte, senza che Sirya desse segno di volersi svegliare.
Voleva rivedere Lily, vero… E poi? Che avrebbe fatto?
Lei non l’avrebbe comunque mai scelto. Lui si sarebbe scusato, così come aveva sempre progettato di fare, ma poteva davvero credere che gli sarebbe bastato? Poteva davvero essere certo di poterle vivere ancora accanto – semmai si potesse chiamare ‘vita’ – quando lei aveva comunque scelto James?
No, era sbagliato. Di certo lui non aveva fatto quello che aveva fatto, mentendo e sacrificandosi e uccidendo, solo per ottenere qualcosa in cambio. Anzi, molte volte era stato dilaniato dal tormento di Lily svanita nel nulla, senza che ci fosse un aldilà pronta ad accoglierla. Aveva rivisto le sue convinzioni in merito solo perché era certo che lei non si meritasse una fine simile; lui non era in grado di sopportare questo peso, e, come ogni essere umano, aveva cercato una consolazione in quella specie di compromesso che non era una religione vera e propria, ma una fervida credenza necessaria alla sua sanità mentale.
Ma se fosse stato tutto vero… Se Lily fosse esistita ancora, magari in un piano differente della realtà, lui cosa avrebbe voluto da lei? Forse gli Dei non volevano punirlo, dopotutto, ma relegarlo in questo luogo di pace eterna per non dargli false speranze?
Un movimento catturò la sua attenzione, distogliendolo dai suoi pensieri.
Sirya aveva alzato un braccio e, lentamente, si stava svegliando.
“Sirya.” sussurrò Ilya, alzandosi e posizionandosi vicino a lei.
“Che… Che succede?” chiese la ragazza, confusa, mentre tentava di mettersi a sedere.
“Dovresti dirlo tu a noi. Mi hai fatto prendere un enorme spavento.”
Sirya girò la testa e lo vide e, inspiegabilmente, il suo sorriso si allargò oltre ogni misura.
“Severus.” disse “Ora so. Ora ho, finalmente, capito.”
Ilya fece per dire qualcosa, ma Severus alzò una mano e la fermò.
“Era solo una… Hai dormito per cercare di dimostrare una delle tue teorie?”
Sirya si sistemò meglio sui cuscini, ravvivandosi i capelli e guardandosi intorno.
“Sì, o meglio… Ho trovato nuove teorie e ne ho avuto conferma. Dove siamo?”
“Nei miei appartamenti, se così possiamo chiamarli. Non stai male, quindi?”
“No, non mi sento male… Forse solo un po’ affamata.”
Severus fece un cenno e Ilya scese per cercare qualcosa da mangiare.
“Allora adesso mangerai e ti sistemerai, e poi potrai raccontarmi tutto. Ti aspetto fra mezz’ora nel giardino sul retro.”
Sirya annuì.
Lui si alzò, fece sparire le poltrone e scese, andando ad attenderla in giardino.
Aveva aspettato giorni, mesi. Mezz’ora in più non l’avrebbe di certo ucciso. Non un’altra volta, comunque.





 

VII

 
Sirya aveva fatto diversi esperimenti.
Con la scusa dei ‘pisolini pomeridiani’, era più volta passata da un mondo all’altro; dall’essere se stessa studentessa universitaria e se stessa Vestale. Aveva padroneggiato bene la tecnica – doveva visualizzarsi come ricoperta dal un velo azzurro, dalla testa ai piedi, finché non si sentiva completamente ‘staccata’ dal proprio corpo[6], e quindi desiderare di tornare all’altra sé – e aveva trovato qualche libro utile sulla visualizzazione esterna delle possibili realtà, attraverso l’acqua e le pietre.
Ora era il momento di osare.
Era come se ci fosse un filo fra le due sé, che le permetteva di agevolare i ‘salti’. Ma adesso doveva solo affidarsi all’istinto e saltare nel ‘vuoto’; atterrare oltre la riva del lago, mescolandosi a quei colori esterni ed entrando così in una nuova dimensione.
Aveva scelto la spiaggia perché da lì era più vicina, e lì nessuno si sarebbe preoccupata di cercarla, almeno per un po’. Così aveva chiuso gli occhi, era entrata in trance e poi aveva ‘saltato’.
Atterrare dall’altra parte era stata un’esperienza incredibile.
Un crocevia di forme e colori si era creato tutto intorno a lei, dandole inizialmente alla testa. C’erano diversi esseri umani, questo l’aveva capito, nonostante i colori fossero sbagliati: lei stessa riluceva d’azzurro. C’erano poi strane creature dalle strane forme, anch’esse colorate e sgargianti.
Non sapeva dove andare; non sapeva chi fermare e come fare a comunicare con gli altri. Sorprendentemente, però, fu un anziano signore a trovare lei e a parlare per primo.
Nella sua testa, la melodia strana che usciva dalla bocca di quell’uomo assumeva un significato preciso, che più tardi le fu confermato essere ‘la lingua universale’, che tutti capivano e parlavano in quel luogo di incontro fra le varie dimensioni.
Il vecchio, sul cui corpo nudo i colori dell’arcobaleno si mescolavano in una danza infinta, si presentò come uno degli Spiriti Guida.
“In questo luogo arriva chi si è perso, chi vuole rinascere, o chi semplicemente sta scoprendo l’universo. Questo è un piano astrale a parte; l’incrocio di mille mondi e di mille possibilità. Sopra di noi, solo gli Dei dimorano, e solo chi ha davvero compreso tutto questo può accedere a quel piano e bearsi della loro vista.”
“Io… Non credo di aver capito molto.”
“Vieni, andiamo.”
Il vecchio la prese per mano e la condusse lontano dalla folla.
Era… Strano. A differenza delle altre volte, Sirya non aveva un vero e proprio corpo – così come non lo avevano gli altri spiriti – e sembrava fatta di pura luce. Eppure, riuscì lo stesso ad avvertire il tocco dell’uomo. Più che camminare, poi, scivolarono su quella strana pista color arcobaleno.
Lo Spirito Guida la condusse davanti a quella che sembrava un arco aperto sull’esterno e, con un sussulto, Sirya vide dentro esso il lago e l’isola dove sorgeva il Tempio.
“Da questo luogo si aprono i Portali.” disse l’uomo, serio “E, così, le anime che giungono qui possono decidere di che realtà fare parte. E’ un processo che generalmente riguarda i morti, ovvero chi non è più limitato da un corpo fisico; raramente anche i vivi, come te.”
Sirya fece per avvicinare una mano sulla superficie liscia del Portale, ma il vecchio la fermò in tempo.
“Non toccare, o verresti risucchiata dentro e compiresti una scelta dalla quale non potrai più sfuggire. Sirya…”
“Come fa a sapere il mio nome?”
“Il mio compito è sapere. Sono uno Spirito Guida, non dimenticarlo.”
Detto questo, l’uomo la condusse ancora altrove. In meno di un battito di ciglia lo spazio sembrò disgregarsi e riformarsi attorno a lei: ora erano in un parco, con i colori tornati normali, ma loro rimanevano presenti come entità fatte di pura luce.
“Sediamoci.”
Sirya eseguì prontamente, ma, prima di riuscire a formulare anche solo una delle mille e più domande che le affollavano la testa, venne interrotta dallo Spirito Guida.
“Io non posso darti tutte le risposte, non ora. In genere, l’arrivo qui è preceduto da molti salti: un’anima visita più e più mondi, universi, conosce ed esplora attraverso diverse vite. Al momento della morte, all’inizio, il salto è automatico e non c’è scampo. Solo dopo aver affrontato diverse prove un’anima sceglie se rinascere, e ricorda tutte le sue precedenti esperienze. Dopo altre innumerevoli prove, si ritrova qui, in questo luogo, e può decidere anche dove rinascere. E chi infine decide di fermarsi e rimanere, diventa uno Spirito Guida per chi si ritrova qui le prime volte, e si comporta correttamente aspettando la Beatitudine per poter accedere alla dimensione divina.”
“Capisco.” disse Sirya “Ma come fa Severus Piton a essere reale, allora?”
Non era stata la prima domanda a cui aveva pensato, ma, d’un tratto, le sembrò la più urgente.
“Piccola mia.” disse il vecchio, sorridendo “Così come non esiste solo il mondo che conosci tu, ma siamo in molti, nell’universo… Allo stesso modo non esiste un universo solo, e sono possibili diversi scenari di uno stesso luogo, di uno stesso momento.”
“Come se fossero dei mondi paralleli?”
“Esatto.”
“E come ha fatto una scrittrice inglese del mio mondo a descrivere perfettamente ciò che è avvenuto in un altro mondo parallelo?”
Lo Spirito Guida sorrise ancora.
“Sei una ragazza intelligente” rispose “Ma, dopotutto, credo che tu lo sappia. Come hai fatto a essere in due luoghi nello stesso istante? Il tempo e lo spazio non hanno molto senso, ‘astralmente’ parlando. La scrittrice inglese potrebbe aver avuto reminiscenze di una vita passata, o addirittura essere andata ‘in astrale’ nell’altro mondo, a vedere lo svolgersi degli eventi. E, poi, al risveglio tutto ciò che le è rimasto è stato un sogno.”
“Esattamente come accadeva a me, all’inizio. Superare il senso di irrealtà è stato duro.”
“Lo so.”
I due rimasero per un momento a guardarsi intorno. C’era una leggera brezza che aveva uno strano effetto su Sirya: passandole attraverso, era come se la facesse rabbrividire, ma era una sensazione piacevole.
“Perché proprio a me?” chiese, infine.
La Guida Spirituale alzò le spalle.
“E perché no?”
“E perché le altre Vestali? Perché le Vestali, poi? Perché il Tempio, e perché Severus Piton?”
“Non posso rispondere a queste domande. Nemmeno io lo so, ma so che è successo ed è reale. Reale per la dimensione del Tempio, quantomeno.”
“… E i pellegrini?”
“Chi non è fatto per restare può solo visitare un luogo, senza mai fermarsi.”
Lui non aggiunse altro e Sirya non chiese. Cercò di umettarsi le labbra, ma essendo fatta di luce non ci riuscì molto bene. Le sensazioni fisiche erano presenti, in un certo senso, ma anche del tutto distorte: invece della saliva umida, sentì un leggero pizzicorio.
“… E che ne è di Lily Evans?” chiese infine. Sapeva che la questione stava a cuore a Severus: dato che lo conosceva così bene – aveva passato giorni e mesi e anni a studiarne ogni sfaccettatura, attraverso la carta e l’inchiostro, e poi l’aveva conosciuto anche di persona – e che era al suo servizio, non poteva evitare di porre quella domanda.
“Ah” rispose l’uomo, con un largo sorriso “Chi lo sa? E’ rinata? E’ andata oltre? Sta aspettando in questo luogo qualcuno?”
“Ma Severus…”
“Severus non è ancora pronto. E’ morto nel suo mondo, ma non è rinato immediatamente altrove. Io penso che il suo prossimo salto sia verso questo luogo, ma non ha ancora dentro di sé la serenità necessaria a raggiungerlo. E questo è un tuo compito, Vestale Viaggiatrice.”
Sirya rifletté per qualche istante, prima di porre la successiva domanda.
“E che ne sarà delle altre, se e quando Severus riuscirà ad andare oltre?”
“Forse lo seguiranno. Forse si risveglieranno altrove e continueranno le loro vite come al solito, con solo il ricordo di un sogno. O, forse, resteranno lì ad aspettare il ritorno del loro Signore. Chi può dirlo?”
Sirya capì che era giunto il momento di andare. Non aveva avuto tutte le risposte, ma aveva avuto le più importanti; quelle che le erano necessarie per adempiere al suo compito. Forse, poi, sarebbe riuscita a tornare ancora, per scoprire nuove cose. O forse avrebbe dovuto aspettare la fine della sua vita, ma ora sapeva che c’era un posto che l’avrebbe aspettata, dopo. Avesse dovuto anche rinascere diecimila volte prima di rendersene conto, in quel momento ne aveva la consapevolezza e tanto le bastava.
“Vieni.” le disse lo Spirito Guida, prendendola di nuovo per mano e materializzandola – o, meglio, il mondo ancora una volta si ridefinì attorno a loro – di nuovo davanti al Portale del Tempio.
“Ci rivedremo ancora?” gli chiese lei, osservandolo e cercando di fissare nella sua memoria la fisionomia di quell’uomo.
“Non lo so. Non so neppure se potrai tornare in tempi brevi. Ma, ora, devi andare.”
Sirya annuì, prima di sorridere. Sporse la mano dietro di sé e si sentì tirare indietro con uno strattone.
Pregò per un secondo di non scordarsi ciò che era successo, e poi riaprì gli occhi in un letto morbido.



 

VIII

 
Severus la sentì arrivare, prima di vederla.
Sirya indossava un nuovo abito lungo; stavolta azzurro con intarsi e decorazioni bianche. Aveva i capelli raccolti e un largo sorriso sulle labbra, e nei suoi occhi aleggiava una luce serena, quasi mistica.
Non aveva la solita adorazione e il solito timore reverenziale, ma avanzava verso di lui come se fosse una sua pari. E, in effetti, non c’era motivo perché non si sentisse tale: forse per quello Severus si sentiva più vicino ad Ilya che alle altre; forse perché, anche lei, non aveva mai avuto timore di avvicinarlo.
“Severus.”
L’immagine era totalmente sbagliata, ma, per un breve istante durato meno di un battito di ciglia, a Severus sembrò di scorgere qualcosa della solenne saggezza di Albus nella ragazza.
“Sono pronto ad ascoltarti.” disse, indicandole una poltrona davanti alla sua.
Il sole stava per tramontare e le onde del lago sciabordavano lontane. C’era un venticello leggero che rendeva sopportabile il calore della serata.
Sirya si sedette sulla poltrona di vimini che le era stata indicata e chiuse gli occhi per un secondo, come a gustarsi il momento.
“Ci sono cose che non ti posso dire, Severus.” lo ammonì subito “Ma fra le molte che ti posso dire, spero che tu possa trovare la chiave per essere sereno.”
Lui annuì, serio.
“Sai che ti dicevo che esistono diverse dimensioni della realtà?”
“Sì.”
“E’ così. E io sono appena stata al di là del lago: non puoi immaginare il luogo che c’è oltre la riva, ma, forse, un giorno potrai raggiungerlo tu stesso.”
“Che devo fare?”
“Devi essere sereno, Severus. Devi smetterla di avere rimorsi e rimpianti, e accettare la tua vita per come è stata.”
Severus abbassò lo sguardo e aggrottò la fronte. Dubitava di riuscire nell’impresa, soprattutto per via delle molte domande che gli turbinavano in testa.
“Lily potrebbe aspettarti dall’altra parte.”
Quell’affermazione gli fece alzare la testa di scatto.
“Lily è là? Oltre la riva?”
“Non lo so di preciso, Severus. Io non l’ho vista. Ma se non è là ed è in uno degli altri piani della realtà… Allora ti posso dire che da là, da oltre la riva, potrai raggiungerla, ovunque essa sia.”
Severus sentì diverse emozioni contrastanti farsi strada in lui: speranza di rivedere Lily, ancora rimorso per la sua scelte, infine confusione.
“Perché sono qui?” non aggiunse e non con lei? “Come faccio a diventare sereno?” e anche qui non aggiunse senza poterla prima rivedere?
“Sei qui perché non sei ancora pronto. Credo che sia perché tu non hai ancora accettato del tutto ciò che è stata la tua vita. Sei in qualche modo legato, e… Noi siamo qui per questo, Severus. Le tue Vestali sono dedite alla cura di te e soprattutto delle ferite del tuo cuore. Non posso assicurarti che raggiungerai la serenità a breve; non posso nemmeno assicurarti che il nostro contributo sarà fondamentale. Ma noi ci siamo, Severus, e siamo qui per te.”
“Però non mi puoi dire tutto.”
Sirya scosse piano la testa.
“Ci sono cose che, forse, ti sconvolgerebbero, e altre per cui non sei ancora pronto. Se il tuo obiettivo è la serenità, allora non devi pensarci… Anche perché non sono importanti. Ci sono domande a cui ancora non ho risposta, nemmeno io. Posso cercare di arrivare ancora sulla riva opposta del lago; posso cercare di conoscere tutto il più in fretta possibile. Ma non posso garantire il risultato, né posso promettere di potertene parlare liberamente. Più di tutto, Severus, tu devi pensare a te stesso.”
Severus si sentì strano: mai, in vita sua, aveva anteposto ‘se stesso’ a tutto il resto.
Mai, in vita, aveva potuto preoccuparsi di ciò che riguardava lui; aveva buttato i suoi sentimenti e le sue sensazioni alle ortiche, all’inizio per ingenuità e poi per dovere. A conti fatti, aveva sempre portato avanti il bene superiore, sacrificandosi in toto.
Questo era dunque il luogo che gli Dei gli avevano destinato per riuscire a pensare a sé?
Non un limbo di prigionia, ma un luogo di libertà e meditazione?
Severus si alzò e camminò fino al cancello sempre aperto che dava sul bosco. Sirya lo seguì a distanza, senza parlare.
“Lasciami riflettere.” le chiese, senza essere scontroso o sgarbato.
Si voltò in tempo per vedere la ragazza fare una piccola riverenza e ritirarsi.
Severus camminò nel bosco, assaporando l’odore degli alberi. Arrivò fino alla piccola spiaggia dove diverse ore prima aveva visto la sua Vestale Viaggiatrice partire per la riva opposta del lago, anche se allora non poteva saperlo.
Si tolse le scarpe e immerse i piedi nell’acqua basta e gelata.
Non una prigione, dunque? Un luogo per sé e per sé soltanto, dove perdonarsi grazie alle cure amorevoli delle sue Vestali?
Severus sorrise piano all’orizzonte dai colori cangianti.
Dopotutto, c’era sempre la speranza di raggiungere l’altra riva.
Adesso, lo sapeva, non era più in trappola.




 

IX

 
Severus aveva passato molto tempo assieme alle sue Vestali. Non aveva detto a nessuno ciò che Sirya gli aveva riferito - dopotutto, il compito della Vestale Viaggiatrice riguardava solo lei e il suo modo di servirlo - e lei, d'altro canto, non si era confidata spontaneamente con le sue compagne. Una volta le aveva chiesto il perché della sua reticenza a parlarne, ma lei aveva assunto un'aria triste e si era limitata a scuotere la testa e a dire: "Chi sono io, per infrangere le loro speranze? Come puoi comunicare a qualcuno che si muove e respira e esiste, accanto a te, che forse è morto? Come puoi infrangere la realtà in questo modo, dicendo che forse non è nient'altro che un sogno?"
Severus aveva più volte cercato di farsi dire non solo il significato di quelle parole, ma anche di approfondire il resto, ma Sirya era stata irremovibile.
Meno sapeva, più sarebbe stato sereno il suo percorso verso il perdono.
Alla fine, nonostante la frustrazione dovuta da anni di ricerche - che in vita concernevano i limiti della magia; ed erano state proprio quelle ricerche a spingerlo fra le braccia di Lord Voldemort, che comunque non aveva mai mantenuto le sue promesse di mentore - aveva deciso di soffocare la curiosità e di accantonare la questione. Si fidava di tutte le sue Vestali, perciò si sarebbe dovuto fidare anche di Sirya.
La ricerca della pace, però, si rivelava giorno dopo giorno sempre più difficile.
Severus perseverava nelle sue attività. Faceva la solita passeggiata mattutina nei boschi raccogliendo erbe e funghi; la mattina si dedicava con cura alle sue pozioni; aveva preso l'abitudine di pranzare con le sue Vestali e, durante il pomeriggio, o si intratteneva con esse chiacchierando o restava in giardino a leggere (aveva chiesto in prestito i libri della biblioteca delle Vestali ed era rimasto affascinato dal loro strano tipo di magia, pur non riuscendo praticamente ad applicarlo). Eppure, nonostante tutti i suoi sforzi, il rimorso lo coglieva ancora al calare della sera, e durante la notte il viscerale desiderio di rivedere Lily gli impediva di avere un sonno tranquillo.
Non era sereno e il non riuscire ad esserlo lo frustrava sempre di più; era caduto in un circolo vizioso di pessimismo dal quale non riusciva a riemergere, e aveva ricominciato da poco ad isolarsi e a trattare bruscamente le sue Vestali.
In quel momento si trovava nel salotto principale dei suoi appartamenti, con davanti a sé un calice di vino intonso e pensieri oscuri che gli vorticavano in testa.
Ilya lo raggiunse, annunciata dal soffice ticchettio dei suoi sandali contro il pavimento di pietra. Sapeva che le Vestali avevano notato il suo cambiamento; lei, a differenza forse delle altre, era l'unica che non aveva paura di confrontarsi con lui e persino di rimproverarlo.
"Severus, vieni con me."
Severus alzò lo sguardo, e si trovò la sua mano tesa davanti.
Con un sospiro, si alzò e la strinse, pronto a seguire la sua Vestale Maxima. Pensava che lei lo volesse portare a fare una passeggiata, aspettando l'occasione giusta per parlare, invece fu sorpreso nel scoprire la loro meta: il Tempio.
Ilya gli lasciò la mano solo per trascinare uno degli enormi cuscini in prossimità dell'altare. Gli fece cenno di sedersi accanto a lei e di non parlare; poi intrecciò le mani e chiuse gli occhi, chinando la testa.
Severus rimase spiazzato per qualche istante, ma si affrettò ad imitarla. E ora era lì, a capo chino e occhi chiusi e mani intrecciate, e non sapeva proprio che fare. Non osava spezzare il silenzio.
Si concentrò così sul suo corpo. Regolarizzò il respiro in un ritmo lento, e tese le orecchie come per cercare anche la minima traccia di rumore – ma non ce n'erano.
Si sentiva... Strano. Qualcosa sembrò entrargli sottopelle; Severus si sentì tremare, ma non erano brividi di timore né di piacere.
Per la prima volta, assaporò il gusto della preghiera, anche se non stava pregando nessuno in particolare. Non era l'invocazione frenetica a cui aveva fatto appello in vita per cercare di salvare Lily, e non era neppure la lenta litania che aveva udito una volta in una chiesa, quando, dopo la morte della sua amata, aveva tentato di trovare consolazione in quel modo.
Era uno spiraglio di eternità che si sentiva entrare sottopelle; un'energia palpabile che poteva avvertire tutto attorno a sé; un'emozione che gli sbocciava dritto nel cuore e che somigliava tremendamente alla beatitudine.
Severus, quel pomeriggio, assaporò per la prima volta la pace. Capì come mai i pellegrini si recavano in quel luogo; anzi, capì come potessero esistere i fedeli di qualsiasi culto.
Quando, ore dopo, Ilya lo scosse e gli fece cenno di andare, non sentì i muscoli indolenziti delle gambe. L'energia che lo aveva pervaso persistette per diverso tempo, mentre Severus tornava ad essere se stesso.
Da quel giorno in avanti dedicò ore e ore alla preghiera. Non aveva degli Dei a cui rivolgersi, così si limitava ad ascoltare il silenzio e a farsi invadere dalla beatitudine.
Giorno dopo giorno, l'effetto benefico della sua permanenza nel tempio si prolungava, rendendolo più gentile con le Vestali e lavandogli via ogni colpa e ogni rimorso dal cuore.

 



X

 
Sirya aveva osservato impotente Severus fare timidi passi per cercare la serenità – come quello di pranzare e cenare con le sue Vestali -, che l'avevano portato però via via verso la frustrazione di non riuscire nel suo intento, o quantomeno non abbastanza in fretta.
Ne parlò con Ilya una mattina, raggiungendola sul terrazzo.
"È essenziale che Severus sia sereno: devi saperlo, anche se non ti posso dire il perché. So che noi Vestali ci impegniamo per questo e tu più di tutte, ma così non va. Più pensa al suo obiettivo, più ne è ossessionato, e meno riesce a raggiungerlo. In questo percorso l'importante è il viaggio, non la meta, ma anche se glielo dovessi dire non riuscirei a fargli cambiare approccio."
Ilya l'aveva ascoltata attentamente.
"Ho una soluzione" disse infine.
"Davvero?"
"Davvero. Ed è la più antica del mondo. Quando sono arrivata qui, Sirya, ero spaventata e non sapevo nulla su questo luogo. Ero sola. Avevo nella testa solo l'idea del mio ruolo, l'identità e la storia del Signore del Tempio, che pure non era ancora giunto, e il mio nome. Per non impazzire, ho fatto la sola cosa possibile."
"Che cosa?"
"Pregare."
Ilya sorrise e si girò a guardare l'orizzonte.
"Questo è un tempio, e talvolta anche gli Dei hanno bisogno di pregare."
"Severus non è un Dio, Ilya."
"Lo so. Ma questo è il suo Tempio; è stato eretto grazie all'amore mio e di tutte noi Vestali. Noi l'abbiamo accolto, ed eletto a nostro Signore. Che lui non sia il Dio del mondo è ovvio, ma questo luogo è per lui, e lui per primo non ne ha mai sfruttato a pieno le possibilità. Pensaci, Sirya: perché il nostro amore si è concretizzato proprio in un Tempio, e non, ad esempio, in una villa? La risposta è evidente, ma, per me, finora non era mai stata chiara la domanda."
Sirya rimase stupita dal ragionamento della donna. Pensò che non aveva tutti i torti; pensò che lei, più di tutte, fosse vicina all'animo di Severus, e fosse la sola a poter camminare al suo fianco durante questo percorso. Il suo compito di Vestale Viaggiatrice si concretizzava nello scoprire la realtà; quello della Vestale Maxima, di essere la compagna perfetta per il cuore di Severus.
"Porterò Severus a pregare." concluse Ilya.
"Credo che sia la decisione più saggia."
 
***
 
Sirya aveva visto Ilya entrare nel tempio con Severus, così lei aveva deciso di dare il via al suo nuovo esperimento. Ora che non c'era pericolo che il suo Signore la scoprisse, andò di nuovo sulla spiaggia con la ciotola e le pietre.
Riempì il contenitore con l'acqua del lago e dispose le pietre secondo lo schema. Chiuse gli occhi e, imponendo le mani, si concentrò: sapeva di poter vedere solo nelle dimensioni che era già stata, e, quindi, siccome nonostante ci avesse provato non era più riuscita a raggiungere fisicamente la realtà dei Portali, sperò con tutta se stessa che almeno quello funzionasse.
L'immagine di Lily era chiara e nitida, sullo sfondo color arcobaleno. Sorrideva serena e sembrava guardarla. Era una visione angelica: la sua anima era completamente verde, ad eccezione della fiamma dei suoi capelli.
Sirya la riconobbe nonostante non l'avesse mai vista.
Sorrise, interrompendo la magia, perché ora ne era certa: lei lo stava aspettando; aspettava Severus, in quel luogo che era la sintesi di tutti i luoghi.
Sirya, comunque, decise di non dire niente a Severus, per non interrompere il suo percorso verso la serenità.





Epilogo

 
Tutte le sue Vestali erano radunate sulla spiaggia e lo osservavano, chi nascondendo le lacrime e chi guardandolo con adorazione e speranza.
Solo Ilya e Sirya avevano un sorriso sereno.
Severus salì sulla piccola imbarcazione con il cuore leggero. Stavolta, lo sapeva, sarebbe riuscito ad attraversare il lago, e ad avere tutte le risposte.
Le Vestali si misero in fila, per dargli il loro ultimo saluto personale. In effetti, Severus non sapeva se sarebbe mai tornato.
La penultima era Sirya.
"Fai buon viaggio, Severus. Cercherò di raggiugerti."
Lui sorrise, annuendo. Sapeva che, se c'era una persona che sarebbe stata in grado di seguirlo, questa era lei.
L'ultima era Ilya.
"Severus" gli disse, senza smettere di sorridere "Sii felice. Se gli Dei vogliono, sappi che questo posto esisterà ancora; e se esisterà ancora, io sarò qui ad aspettarti."
Severus prese le mani di Ilya e se le portò alla bocca, lasciando un leggero bacio.
Lei era speciale. Era stata la prima; l'unica che aveva trovato in quel luogo, quando si era risvegliato. Provava per lei un affetto profondo.
Le sue Vestali fecero qualche passo indietro, lasciandogli modo di partire. Severus fece un cenno del capo nella loro direzione e poi si girò, fissando l'orizzonte.
Era il giorno della verità.
Il suo cuore era puro, e lui era pronto ad approdare, finalmente, sull'altra riva del lago.


[1] Definizione copiata pari pari da qui: www.ilgiardinodegliilluminati.it/si...re_azzurro.html
[2] In realtà, i “viaggi astrali” sono solo esperienze extracorporee. Per come ricordo da quando ne lessi per la prima volta, si tratta di “staccare” l’anima dal corpo e andare in giro per il mondo in questo diverso modo. Esistono diverse tecniche per poterlo fare e ci sarebbero molte altre cose in merito da dire, ma temo di non averne lo spazio.
[3] Durante i viaggi astrali, una sorta di cordone ombelicale argenteo dovrebbe essere presente per indicare il legame con il corpo terreno e per permettere all’anima di ricongiungersi ad esso.
[4] Anche queste informazioni sono prese dallo stesso sito, più precisamente da qui: www.ilgiardinodegliilluminati.it/si...lore_rosso.html. Mi sono presa la libertà di intendere “fiducia” in modo più ampio che solo come “fiducia in se stessi”.
[5] Non me ne ricordo molto, ma mi pare che questa sia la posizione migliore in caso di svenimento, perché permette di non essere strozzati con la lingua. Ovviamente, la mossa successiva sarebbe quella di alzare le gambe per favorire l’afflusso di sangue alla testa, ma Severus ha già appurato che Sirya non è sveuta.
[6] E’ davvero una delle tecniche per “entrare in astrale”. Ora non ricordo se era proprio così; mi pare si dovessero visualizzare delle onde blu/azzurre che scorrevano dalla testa ai piedi per favorire il rilassamento.

Edited by Ida59 - 28/10/2017, 18:49
 
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