Il Calderone di Severus

chiara53 - Casta Diva, Tipologia: One Shot ( 500) - Genere: Generale - Altro Genere: introspettivo Avvertimenti: Nessuno - Epoca: HP 6^ anno - Pairing: Nessuno - Personaggi: Altro - Altri Personaggi: Nessuno

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view post Posted on 3/5/2017, 14:52
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Titolo: Casta Diva

Autore/data: chiara53 – gennaio 2014
Beta-reader: Alaide
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: generale, introspettivo.
Personaggi: Severus Piton, Fiorenzo.
Pairing:nessuno
Epoca: VI anno.
Avvertimenti: Missing Moment.
Riassunto: Notti insonni consumate alla ricerca di una cura.
Parole/pagine: 1607/4



Scritto per il Gioco Creativo 4. "A ritmo di musica".
La storia partecipa al Gioco creativo n.14: Severus House Cup






Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.


Consiglio l'ascolto prima della lettura. E' un brano stupendo.



Da "Norma" di V.Bellini

Casta diva, che inargenti
queste sacre antiche piante,

A noi volgi il bel sembiante,
senza nube e senza vel!

Tempra, o diva, tempra tu de' cori ardenti,
tempra ancora, tempra ancor, lo zelo audace.

Spargi in terra quella pace
che regnar tu fai nel ciel.



Casta Diva




*Casta diva, che inargenti
queste sacre antiche piante,
A noi volgi il bel sembiante,
senza nube e senza vel!

Tempra, o diva, tempra tu de' cori ardenti,
tempra ancora, tempra ancor, lo zelo audace.

Spargi in terra quella pace
che regnar tu fai nel ciel.




Occhi che bruciano di stanchezza tra libri accatastati e appunti trascritti con furia: è così che trascorro le mie notti.
Sono notti insonni consumate alla ricerca di una cura tra pagine ingiallite di testi scovati dovunque.
Cerco un rimedio per Albus, impossibile da trovare.
Niente pace, nessun sollievo, il tempo scorre inesorabile verso la sua e la mia disfatta, nessun segno di miglioramento, solo una mano segnata dalla magia oscura.
Le pozioni sobbollono, gli ingredienti si alternano. Studio, attimo dopo attimo, le variazioni possibili e gli effetti sul paziente.
Sono all’ennesima ricerca e ricetta per contrastare la magia nera.
Ho mescolato ingredienti anche con il sangue di ogni specie immaginabile.
Ho usato persino il mio: quello di un amico, poiché Albus è l’unico che posso chiamare tale.
Non è servito, il mio sangue è infetto, segnato dal male, dall’odio, dal dolore.
La stanchezza mi fa perdere ogni traccia di razionalità.
Il braccio sinistro spazza qualunque oggetto e testo sia appoggiato sulla scrivania.
Rumore di oggetti infranti e pagine strappate segue la mia azione violenta e distruttiva.
Chiudo gli occhi, le palpebre serrate, mentre grido la mia inadeguatezza, la mia incapacità, la mia impossibilità a cambiare il corso degli avvenimenti.
Non voglio uccidere più e soprattutto non voglio che lui muoia, tanto meno per mano mia.
In questo momento non m’importa della salvezza di Malfoy, né della mia, a causa del voto stretto con Narcissa.
Della mia vita non mi curo, non voglio sopravvivere a Silente.
Non accetto questo dovere, lo rifiuto con disgusto e con rabbia.
L’aria nei sotterranei sembra opaca e fetida, mentre i fuochi ardono sotto i calderoni. Inutilmente.
Spengo con un cenno di bacchetta ogni fiamma ed esco in fretta trascurando la sicurezza della porta delle mie stanze.
Aria, cerco aria e un sollievo che nessuno può concedermi.
Fuori è il gelo.
La neve alta copre le vaghe tracce di verde delle siepi e dei prati.
Nero fantasma appoggio i miei passi su quella candida coltre.
Non serve piangere, Severus, mi dico. Di lacrime è lastricato il mio inferno e brucerà ancora di più se non troverò una soluzione.
Chi può aiutarmi? A chi posso rivolgermi? A nessuno: questa è l’unica risposta.
Nessuno deve sapere e nessuno saprà.
C’è stato un tempo in cui mi sono rivolto a Silente, ma questa volta nessuno porterà soccorso ad un Mangiamorte, ad un assassino.
L’odio di tutti mi coprirà senza tregua né via d’uscita.
A nessuno è concessa la terza possibilità.
Mi guardo intorno e sono presso gli alberi antichi che delimitano la foresta.
Freddo.
Non ho il mantello, ma il gelo che percepisco viene da dentro di me.
L’inverno non è solo una stagione, ma anche una predisposizione dell’anima.
Io sono l’inverno.
Io sono giorni brevi e notti troppo lunghe.
Io sono nero come il lutto che copre la terra.
Spoglia la mia anima come i rami degli alberi.
Sono morto mille volte e sono resuscitato, sono vivo per un caso e un destino che non ho voluto, ma che devo sopportare. Da solo.
Sono un essere inutile alla ricerca di un aiuto impossibile.
Un punto nero nella coltre bianca che mi circonda.
Alzo gli occhi verso il cielo di dicembre.
E’ pieno di stelle.
Sono tante e così scintillanti che potrei anche toccarle.
Nel buio la loro luce è avvolta dal chiarore della luna.
Amplesso dell'infinito.
L’argento dell’astro notturno arriva fino al buio della foresta e crea pozze di chiarore, quegli alberi antichi sono inondati dalla luce fino alle cime.
Scintillano al tenue lucore che inonda anche me, inonda il mio cuore.
O divino astro delle genti antiche. Invoco. Sto salmodiando una preghiera, io mi permetto di pregare?
Ecco è giunta anche per me la resa mistica e cado in ginocchio nella neve, mentre mi rivolgo alla faccia pallida della luna, illudendomi che qualcuno mi ascolti.
Puro e freddo, indifferente agli umani, l’astro argenteo mi guarda dal nero del cielo.
Uno scricchiolio di ghiaccio calpestato mi fa sussultare. Veloce mi rialzo con la bacchetta pronta, è un riflesso immediato pensare al pericolo, ma qui, sul limite della foresta, non ci si può materializzare.
Non devo temere l’ignoto. Forse ho più paura di mostrare a qualcuno la mia fragilità, la caduta senza risalita che sto percorrendo e che mi sta costando la ragione.
Il mio volto è di nuovo controllato e indifferente, mi rialzo e guardo chi si sta avvicinando.
Solo, anche lui, senza più legami né compagni, senza più la foresta, regno incontrastato del branco a cui apparteneva.
Non abbassa lo sguardo, ma immobile, mi scruta in silenzio, poi alza il volto al cielo.
Ritraggo la bacchetta e la nascondo alla sua vista.
I centauri osservano e leggono gli astri, ma non sono mai intervenuti nel corso degli eventi che predicono. Si ritengono osservatori esterni e neutrali.
Fiorenzo mostra una lieve sorpresa, forse non si aspettava di trovare qualcuno qui.
Non ho mai avuto occasione o voglia di parlare con lui, la Divinazione mi è del tutto indifferente, non amo una materia che considero inesatta e sfuggente.
- La notte è gelida e serena, professore. – Pronuncia con voce piana e neutra.
Io sto tremando, ma non di freddo o, per lo meno, non solo per il gelo di questa notte luminosa e tersa
Non si aspetta una risposta né una domanda; e neanche io.
Prende atto degli eventi con superiore distacco.
Resto fermo, mentre la quiete si allarga tra di noi e ci avvolge.
La sua voce e la sua presenza sono tranquillizzanti.
Il Centauro genera intorno a sé un’aura di sicurezza e distensione, mi chiedo come il Ministero possa pensare a questi esseri come ad animali.
Sento scendere in me un calma presaga di pace.
Gli zoccoli scricchiolano sul ghiaccio sottile che copre il manto di neve.
Senza abbassare lo sguardo pronuncia qualche parola con voce profonda e distaccata:
- Ognuno di noi è una luna: ha un lato oscuro che non mostra mai a nessun altro. - Poi prosegue. - La luna delle notti non è la luna che vide il primo Adamo. I lunghi secoli della veglia umana l’hanno colmata di antico pianto. Guardala. E’ il tuo specchio**.
Non allontano lo sguardo dall’astro ormai calante e neanche lui che continua a fissare gli occhi cerulei nella delicata luce soffusa dalla luna, senza badare a me.
Le parole che ha pronunciato sono malinconiche e intense.
Il centauro sa cogliermi al cuore, è come se avesse letto nella mia anima; mi accorgo che la pena si scioglie in una lacrima che mi bagna il viso e che non mi curo di nascondere.
- Non potrai tornare nella foresta. Mai più. – Sento pronunciare dalla mia voce. – Hai scelto il lato oscuro della tua luna.
So che la decisione di Fiorenzo di insegnare ad Hogwarts è stata vista come un tradimento dai suoi simili, come un modo di sottomettersi al volere degli umani.
In questo momento mi sento più vicino a questo centauro che a chiunque altro: è il chiarore lunare che unisce le nostre anime.
Anch’io ho scelto il lato oscuro della mia luna.
Se non troverò una cura alla maledizione oscura che ha colpito Albus dovrò accettare la sua orribile ed assurda proposta?
Allora anch’io sarò come Fiorenzo, perduto, respinto anche da chi fino ad oggi mi ha accolto e, forse, persino amato?
Un nome e un volto tra tutti emergono prepotenti nella mente e nel cuore: Minerva.
Hogwarts è la mia foresta.
Hogwarts è la casa, la mia unica casa: non potrò tornarci.
Mai più.
Per sempre.
Il gelo della notte mi stringe più forte e tremo incontrollabilmente, ho compassione per me, per il destino che mi attenderebbe di infinita, eterna solitudine.
E’ un peso troppo gravoso, anche per me.
Allontano i pensieri che ho evocato, sollevo il capo e accarezzo con lo sguardo la forma equina che si fonde con quella umana e non mi sembra di aver mai visto nulla di più equilibrato e bello.
Siamo due solitudini parallele che non si incontreranno mai.
Ci perderemo nell’infinito.
Ma ora siamo qui, spinti dalla stessa emozione, dallo stesso bisogno, dalla medesima sensazione di vuoto.
Non si volta, dedica la sua attenzione solo alla luna che sembra accarezzarlo e portargli la pace, che forse anche lui non trova dentro di sé.
- Nella candida Selene occorre cercare i segni. La sua luce mostra la via e ci fa vedere l’alba per primi, se siamo capaci di seguirla nel suo percorso. – Quasi distrattamente mi rivolge un’occhiata e qualche altra parola. - Sento il gelo nel tuo corpo, Severus. Stai tremando. Non è solo il gelo di questa notte, è la tua anima che trema davanti all’ignoto futuro. - Osserva con distacco, poi si disinteressa di me e rivolge di nuovo la sua attenzione agli astri.
Vorrei restare infinitamente qui, ma è venuto il momento di tornare, devo allontanare da me il destino che incombe, devo andare a lottare ancora contro il fato e so di poterlo fare.
Me ne vado senza disturbarlo.
Lo lascio nella sua silenziosa interiorizzazione del cielo.
La neve scricchiola e mi ritrovo molto presto al portone di quercia.
I passi hanno lasciato orme evidenti, il ghiaccio sta formando trine scintillanti dovunque, persino su di una tela di ragno che risplende riflettendo la tenue luce della luna.
E’ bellissima.
Il calore che emana l’interno del castello mi invita.
Prima di entrare mi volto ancora verso l’astro argentato e luminoso, mentre lo guardo sembra sorridermi, mi sembra di scorgere il suo volto che suscita in me inimmaginabile conforto.
Mentre cammino nel silenzio notturno e mi dirigo verso le scale dei sotterranei, un soffio di speranza e di fiducia nelle mie capacità mi attraversa.
Non cederò, non mi sottometterò al destino, io sono più forte.
Alzo la testa e riprendo a scendere i gradini.
Un lungo lavoro mi attende.
Ti salverò, Albus.



*Norma, di V.Bellini, Atto I, sc. IV.
**Jorge Luis Borges, La luna.
 
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