Il Calderone di Severus

ellyson - Silenziose lacrime solitarie, Tipologia: song fic - Genere: introspettivo, triste - Epoca: Malandrini - Pairing: Severus / Lily - Personaggi: Severus, Lily

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view post Posted on 18/4/2017, 11:41
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Titolo: Silenziose lacrime solitarie
Autore: Ellyson
Beta: Querthe 
Tipologia:One shot
Rating: Per tutti
Genere: Introspettivo, triste
Personaggi: Severus Piton, Lily Evans  
Pairing: Severus / Lily
Epoca: Epoca Malandrini – I° guerra magica
Avvertimenti:missing moment
Riassunto:
Lei era sempre presente, se nell’estate si era illuso di averla dimenticata, di aver estirpato quel sentimento dal cuore, ma rivederla in Sala Grande gli aveva fatto capire che, per quanti sforzi avesse fatto, lei ci sarebbe stata. Sempre.
 
Nota: Storia scritta per l’iniziativa “Severus e la musica” nell’ambito della Severus House Cup del Forum “Il Calderone di Severus”EJJCAS7
Canzone che ispira la storia:Cry diKelly Clarkson
Qui c’è il link della canzone su you tube:  http://youtu.be/bTXCgVGpvfU
Di seguito trovate il testo e la relativa traduzione in italiano. Le parole in grassetto sono state inserite direttamente nella storia.  
 
Cry Piangere
 
If anyone asks
I’ll tell them we both just moved on


When people all stare
I’ll pretend that I don’t hear them talk
Whenever I see you
I’ll swallow my pride
And bite my tongue
Pretend I’m okay with it all
Act like there’s nothing wrong

Is it over yet?
Can I open my eyes?
Is this as hard as it gets?
Is this what it feels like to really cry?


Cry
If anyone asks
I’ll tell them we just grew apart
(Tell them we just grew apart)
What do I care
If they believe me or not?
Whenever I feel
Your memory is breaking my heart
I’ll pretend I’m okay with it all
Act like there’s nothing wrong

Is it over yet?
Can I open my eyes?
Is this as hard as it gets?
Is this what it feels like to really cry?


Cry
I’m talking in circles
I’m lying, they know it
Why won’t this just all go away?
Is it over yet?
Can I open my eyes?
Is this as hard as it gets?
Is this what it feels like to really cry?
Cry
Cry
 
Se qualcuno me lo chiederà
Dirò che siamo semplicemente andati entrambi avanti
Quando tutta la gente guarderà
Fingerò di non sentirla parlare
Ogni volta che ti vedrò
Manderò giù il mio orgoglio
E mi morderò la lingua
Fingerò che vada tutto bene
Mi comporterò come se non ci fosse niente che non va
E’ già tutto finito?
Posso aprire gli occhi?
Davvero non diventerà peggio di così?
E’ questo che si prova a piangere per davvero?
A piangere?
Se qualcuno me lo chiederà
Dirò che ci siamo semplicemente allontanati
(Dirò che ci siamo semplicemente allontanati)
Cosa mi importa
Se mi crederanno o no?

Ogni volta che sentirò
Che il tuo ricordo mi starà spezzando il cuore
Fingerò che vada tutto bene
Mi comporterò come se non ci fosse niente che non va
E’ già tutto finito?
Posso aprire gli occhi?
Davvero non diventerà peggio di così?
E’ questo che si prova a piangere per davvero?
A piangere?
Sto parlando a vuoto
Sto mentendo, loro lo sanno
Perché tutto questo non finisce e basta?

E’ già tutto finito?
Posso aprire gli occhi?
Davvero non diventerà peggio di così?
E’ questo che si prova a piangere per davvero,
A piangere,
A piangere?
 
 
Disclaimer:I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
 
Parole totali 1.514
 

Silenziose lacrime solitarie


 
L’anno era iniziato come di consueto.
Le carrozze trainate da cavalli invisibili avevano portato gli studenti dal secondo anno in poi davanti al portone d’ingresso di Hogwarts.
I professori attendevano in Sala Grande, seduti al lungo tavolo in fondo alla stanza.
Ormai avvezzo a quello spettacolo il mago andò al tavolo con lo stendardo verde e argento senza alzare gli occhi verso il cielo incantato che, per quella sera, mostrava una volta nera puntinata di migliaia di stelle.
Si sedette con i suoi amici. Quelli con cui non doveva giustificare ogni azione e ogni incantesimo che provava.
Quelli che lui si convinceva essere amici veri, fidati e sempre pronti a sostenerlo.
Severus Piton aveva molti difetti, ma la stupidità non rientrava tra questi.
Lui sapeva cos’erano gli amici e i suoi compagni non lo erano o, comunque, non lo sarebbero stati nel giro di qualche anno.
Non gli importava, non diloro almeno.
Osservò la McGranitt entrare in Sala Grande seguita da undicenni impauriti che si guardavano attorno spaesati e spaventati. Guardò i maghetti che venivano smistati nelle rispettive Case, si chiese quante amicizie d’infanzia aveva distrutto il Cappello  Parlante, quanti fratelli aveva diviso, quanti genitori aveva fatto infuriare con le  sue decisioni affrettate.
Quando un ragazzino gracilino fu smistato a Grifondoro azzardò a guardare nella loro direzione.
Impossibile non vederla. Non sentire la sua risata in mezzo a tante. Era come se il suo posto fosse più illuminato rispetto al resto del tavolo.
Abbassò immediatamente lo sguardo sul piatto vuoto. Aveva passato l’intera estate a convincersi che aver perso Lily era la cosa migliore che gli potesse capitare. Che lei lo frenava, limitava le sue capacità, che non lo capiva, non come lo capivano i suoi compagni.
Aveva passato l’intera estate in solitudine, a leggere i vecchi libri di magia di sua madre, ad evitare suo padre quando tornava stanco dalla fabbrica e già sulla strada della sbronza serale.
Quando l’ultima ragazzina fu smistata a Corvonero sollevò lo sguardo verso il Preside che si era già alzato per il rituale del discorso di inizio anno. Indossava un’orribile tunica color malva e un ridicolo cappello a punta.
Fissava Silente mentre parlava, ma non ascoltò neppure una delle sue stupide, inutili parole.
- Il vecchio mi sembra più rimbambito del solito. - mormorò Rosier mentre il Preside tornava al suo posto e il cibo appariva sul tavolo – Il discorso di quest’anno non aveva senso.
- E quel suo vestito? – rincarò la dose Antonin con quel ghigno malefico che Severus non gli aveva mai visto abbandonare. 
Il giovane si servì con un’abbondante dose di purè di patate e bollito, a dire il vero non aveva molta fame. Vederla gli aveva fatto perdere l’appetito, ma non voleva darci peso.
Non voleva darle così tanta importanza.
Tagliò un pezzo di carne con più decisione del necessario e addentò un panino dolce con forza, quasi come se volesse masticare quel sentimento che non riusciva, per quanti sforzi facesse, ad estirpare dal suo cuore.
La cena fu più lunga di quanto il mago avrebbe desiderato. Quando i Prefetti si alzarono chiamando quelli del primo anno, Severus si eclissò in fretta raggiungendo la Sala Comune prima degli altri, attraversando un passaggio segreto che aveva scoperto per caso al quarto anno.
Entrò nel dormitorio. I suoi compagni non erano ancora arrivati, ma li conosceva abbastanza bene per sapere che avrebbero passato parte della serata in Sala Comune a raccontarsi come avevano passato l’estate.
Si cambiò in fretta, indossando un pigiama grigio; era un vecchio pigiama di suo padre che sua madre aveva riadattato alla sua figura; non aveva fatto un buon lavoro, ma non aveva mai avuto il coraggio di sistemarlo nonostante le sue capacità.
Prese il vecchio libro di pozioni avanzate dal baule, piuma d’aquila, calamaio e un rotolo di pergamena e si mise a letto, con un colpo di bacchetta tirò le tende attorno a letto e isolò quel piccolo spazio personale da voci indesiderate che avrebbero potuto disturbare la sua concentrazione.
Per tutta l’estate aveva pensato e scritto decine di incantesimi, ma non aveva potuto provarli ed ora non vedeva l’ora di sperimentare qualche sua idea.
Una volta sistemato sotto le coperte, protetto dal mondo esterno, che gli riservava solo dolore e solitudine mascherata da finte amicizie, e fatto apparire un piccolo globo di luce per illuminare il suo lavoro, aprì il libro e iniziò a leggere la preparazione della pozione ricostituente, modificando qualche passaggio prendendo spunto dagli appunti sulla pergamena.
A metà del lavoro però la sua risata gli rimbombò nelle orecchie facendogli tremare la mano. Chiuse gli occhi e cercò di cacciarla via.
Inutilmente.
Lei era sempre presente, se nell’estate si era illuso di averla dimenticata, di aver estirpato quel sentimento dal cuore, rivederla in Sala Grande gli aveva fatto capire che, per quanti sforzi avesse fatto, lei ci sarebbe stata. Sempre.
E nessuno avrebbe fatto caso a quella situazione, nessuno si sarebbe stupito sentendo la notizia che la bella Grifondoro aveva, finalmente, deciso di voltare le spalle all’antipatico Mocciosus che giocava con la magia oscura.
Se qualcuno glielo avesse chiesto, avrebbe detto che erano andati avanti.
Semplice. Senza darci nessuna importanza. Sentendosi, invece, morire dentro ad ogni sguardo perso e ad ogni sorriso rubato dedicato ad altri. Sapendo che il suo cuore si sarebbe spezzato ogni volta che lei lo avrebbe evitato. Ogni volta che Lily avrebbe cambiato direzione per non incrociarlo.
Sapeva che sarebbe successo.
Perché lei donava tutta se stessa nell’amicizia, ma quando prendeva una decisione era impossibile farle cambiare idea.  
E la sua decisione era quella di evitarlo, di non guardarlo più, di fingere che non fosse mai esistito.  Aveva deciso di chiamarlo Mocciosus, di prendere le difese dei bulletti ignoranti che lo prendevano di mira.
E la gente li avrebbe guardati senza trovarci nulla di strano, chiedendosi perché lei non si fosse liberata dell’imbarazzate amico prima di essere insultata.
Il giovane mago strinse di più le palpebre fino a farsi quasi male, cercando di non pensare ai prossimi giorni. Alle lezioni che avrebbero seguito insieme, ad ogni volta che l’avrebbe vista nei corridoi.
- Fingerò che vada tutto bene. - sussurrò nascosto tra le tende verdi – Mi comporterò come se non ci fosse niente che non va. 
Ci sarebbero stati i curiosi, coloro che non avrebbero saputo tenere a freno la lingua. 
- Siamo semplicemente andati avanti. - rispose alle domande fantasma della sua mente - Tutto qui. E cosa mi importa se non mi crederanno?
Abbandonò la piuma e il foglio di pergamena sul materasso, ignorando la macchia di inchiostro che si era formata sulla pergamena, portando le ginocchia la petto, appoggiando il mento sulle ginocchia. 
Cercò di chiudere il suo cuore a lei. Alla sua voce, al suo sguardo, al suo profumo e al suo tocco delicato.
Tentò di concentrarsi sullo studio, sul libro che giaceva immobile sul letto, sulla piuma abbandonata, tentò di concentrare i suoi pensieri sulle formule che aveva inventato, gli incantesimi che voleva sperimentare, ma lei era sempre lì.
Silenziosa presenza che accompagnava ogni suo passo, doloroso ricordo che gli avrebbe impedito di amare ancora.
Cercava di non darci peso, di non pensarla, di non essere così dannatamente dipendente dal suo ricordo.
Era un illuso. Lo sapeva bene. Sapeva che Lily non se ne sarebbe mai andata. Era lì nel suo cuore, nei suoi pensieri e non importava quanto si ripetesse che non aveva importanza. Che era andato avanti. Che avevano preso due strade diverse.
Lei non l’avrebbe lasciato.
Lily avrebbe vissuto la sua vita felice lontana da lui, avrebbe amato qualcuno che non era lui, aveva già superato tutto, come se lui non fosse importante. Solo una fastidiosa zavorra che le impediva di vivere.
Perché non poteva smettere di amarla e basta? Perché non poteva vivere come stava facendo lei? Perché per lui doveva essere così maledettamente difficile, così doloroso e faticoso?
- Non può andare peggio di così. - mormorò al nulla che lo circondava, sempre con gli occhi chiusi, con la sua risata felice nelle orecchie - Non può essere più doloroso di così, non è possibile. Quanto dolore può sopportare un uomo?
Non conosceva la risposta, ma dentro aveva la vaga sensazione che il peggio doveva ancora arrivare. Che il suo dolore era destinato a crescere, forse senza mai fermarsi, divorandolo, distruggendolo fino a quando non sarebbe rimasto che un involucro vuoto che non ricordava più cosa fosse l’amore. 
Scoppiò a piangere, nascosto dal mondo, nascosto da lei che non avrebbe mai visto le sue lacrime, che non avrebbe mai conosciuto il suo vero cuore.
Pianse senza vergogna, nel suo piccolo angolo isolato, con il libro abbandonato sul letto, pianse per il suo cuore ridotto in mille cocci taglienti. Pianse per la solitudine che l’avrebbe ingoiato senza pietà, senza nessun rimorso. Pianse per quella flebile illusione di amicizia che arrivava dai suoi compagni. 
Si sfogò sulle sue gambe, gemendo senza preoccuparsi che qualcuno potesse sentirlo, sentì le lacrime bagnargli il pigiama e le pelle sotto.
Si sfogò dietro quelle tende color smeraldo, sperando che tutto finisse il prima possibile.


FINE

 
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