Il Calderone di Severus

TrePi - E lucevan le stelle..., Tipologia: Song Fic - Genere: Drammatico - Altro Genere: Introspettivo Avvertimenti: AU - Epoca: HP 7^ anno - Pairing: Nessuno - Personaggi: Altro - Altri Personaggi: Nessuno

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view post Posted on 6/4/2017, 10:17
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Titolo: E lucevan le stelle...

Autore/data: TrePi – gennaio 2014
Beta-reader: Alaide
Tipologia: song fic
Rating: per tutti
Genere: introspettivo, drammatico.
Personaggi: Severus Piton.
Pairing: Severus/Lily.


Autore/data: TrePi – gennaio 2014
Beta-reader: /
Tipologia: song fic
Rating: per tutti
Genere: introspettivo, drammatico.
Personaggi: Severus Piton.
Pairing: Severus/Lily.
Epoca: Settimo anno.
Avvertimenti: AU.
Riassunto: Non è ancora giunta la mia ora, anche se pochi minuti mancano alla fine... Parole/pagine: 1882 /5
Parole utilizzate del brano lirico 100%



Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

Note:Scritto per il Gioco Creativo 4. "A ritmo di musica".
La storia partecipa al Gioco creativo n.14: Severus House Cup.




Se volete leggere ascoltando, vi propongo una delle versioni presenti sul tubo ;)



E lucevan le stelle...



E lucevan le stelle..
.



Ora tutto è finito.
Finito il dolore straziante delle zanne di Nagini, finito l'affannarsi di Potter per raccogliere i miei ricordi.
Ho chiuso gli occhi per convincerlo che sono morto, per far andare via lui, la Granger e Weasley: ancora una volta si è fatto imbrogliare.
Ma non è ancora giunta la mia ora, anche se pochi minuti mancano alla fine, all'oblio.
Non posso muovermi, ma i miei sensi sembrano integri.
Riapro gli occhi pensando di rivedere una delle luride pareti della Stamberga, e invece...
Fortuna (sì, un pizzico a volte capita anche a me) vuole che mi ritrovi a fissare una finestra sfondata, con i serramenti distrutti dall'età e dalle intemperie: un rettangolo aperto su un cielo ricolmo di stelle.
Stelle.
Quante ore della mia vita ho passato a guardarle, passeggiando di notte nei prati intorno al castello, o attraverso i telescopi della Torre di Astronomia?
Tante, tantissime: eppure ho sempre cercato di nascondermi al loro freddo e indifferente sguardo, rifugiandomi nei laboratori e nel mio appartamento sotterraneo, oppure nella mia casa di Spinner's End dalle imposte sempre chiuse e dalle tende tirate.
Perché l'ho fatto?
Forse perché avevo paura di ammettere che io e ciascuna di quelle stelle ci assomigliamo terribilmente?
Sembrano tanto fitte nel cielo quelle piccole luci, ma in realtà ognuna di esse è follemente distante dalle altre: ognuna di esse è sola.
Sola come me.
Siamo simili, assolutamente simili.
Ogni stella ha il suo ciclo vitale, è nata e un giorno morirà.
Come me.
Poco importa che il suo ciclo si misuri in eoni e il mio in pochi anni.
Poco importa che il suo ciclo di vita come stella si concluderà fra qualche miliardo di anni con l'apocalittica esplosione di una supernova, mentre il mio avrà fine fra pochi minuti sul sudicio pavimento di una casa in rovina.
Per entrambi la fine arriverà, presto o tardi.
E ancora...
Io e questa ipotetica stella abbiamo in comune la capacità di tenere lontani gli altri, uomini o cose che siano.
Ci sono stelle che hanno intorno pianeti, è vero; ma che stiano lontani, o diventeranno roventi ammassi di metalli e rocce.
Io ho cercato di insegnare le mie conoscenze a tanti giovani: molti sono diventati bravissimi e (forse) diranno che sono stato un grande maestro.
Ma quanti diranno che il Professor Severus Piton era una persona gentile e amichevole?



...e olezzava la terra,
stridea l'uscio dell'orto
e un passo sfiorava la rena.




Che succede ora?
Sento un fruscio, un alito di vento sul volto; poi, insieme ad una sensazione di frescura sulle mie ferite, un canto dolcissimo: Fanny!
La mia visuale si riempie di rosso e d'oro, mentre lo splendido animale mi inonda delle sue lacrime risanatrici: ma è ancora in tempo?
Lo aveva tante volte ripetuto, Silente: a Hogwarts chi chiede aiuto lo trova sempre.(1)
Lui non c'è più, ma Fanny è qui, e sta facendo il possibile: la promessa è stata ancora una volta mantenuta.
Dopo un po' (ormai il tempo non ha più senso per me) il canto cessa, il magico uccello vola via e resto di nuovo solo.
Ma dalla finestra rotta un alito di vento continua a soffiare e mi porta, sovrastando il lezzo della spelonca, l'odore della notte.(2)
E' un odore tutto speciale, fatto di una miscela di cento odori diversi, che riempie i miei polmoni affannosi di un sottile senso di piacere e di pace.
Il mio olfatto allenato di pozionista mi permette di discernere l'odore dell'erba umida, della resina degli alberi, di un numero indefinito di altre piante: gli odori in mezzo ai quali sono vissuto e ho costruito la mia fama.
Dicono che davanti agli occhi di un uomo morente scorrano velocissimi i ricordi di una vita intera.
Questo odore agisce su di me come una droga, e mi ritrovo a sognare il mio passato.
Sognare?
Di solito accade che, a volte, i sogni si trasformino in incubi.
A me pare di aver vissuto fin dal principio un lunghissimo incubo che una volta, una volta sola e per breve tempo, si è mutato in sogno.
Della mia infanzia cerco di ricordare il meno possibile: un uomo che era mio padre solo per un sadico scherzo della natura, una madre che solo in apparenza si sacrificava per me: una madre incapace di essere veramente tale.
Il suo comportamento sarà il vero Marchio Nero della mia vita, molto più dannoso e duraturo di quello che più tardi mi imporrà l'Oscuro Signore; perché se quello di Voldemort duole solo quando Lui mi convoca, quello lasciatomi da mia madre ha segnato ogni momento della mia vita.
Sì, ogni momento: un' analisi fredda e razionale degli innumerevoli errori che ho compiuto nella mia vita riportano sempre a quel padre spregevole e, soprattutto, a quella madre debole e imbelle; e inoltre...
Se ora sono qui in questa schifosa stamberga, con la gola squarciata e il sangue avvelenato dalle zanne di Nagini, affidando le mie speranze di sopravvivenza alla generica promessa di Silente e alle lacrime e al canto della sua Fenice, lo devo ai disperati tentativi di rimediare agli errori del passato.
Piton, Severus Piton, il grande pozionista: freddo, scostante e soprattutto calcolatore iperrazionale;
così mi considerano tutti.
Che sorpresa sarebbe per loro sapere che le mie folli imprese, le mie costanti sfide a Voldemort non sono state frutto di azioni accuratamente pianificate, bensì di un disperato desiderio di riscatto. Accompagnato, devo ammetterlo, da un'ansia di "cupio dissolvi"(3) che metteva sempre l'ipotesi di morire fra le più probabili.



Entrava ella, fragrante,
mi cadea fra le braccia.
Oh! dolci baci, o languide carezze,
mentr'io fremente
le belle forme disciogliea dai veli!







Eppure...
Eppure c'è stato un momento in cui il mio incubo permanente si è stemperato nel sogno, un dolcissimo sogno.
Lily.
Una splendida luce nel mio mondo buio di sofferenze, di umiliazioni, di inappagato desiderio di rivalsa.
Ora, dopo tanto tempo, credo che questo mio unico amore conservi ancora le sue dolcissime sensazioni anche, o forse soprattutto, perché è stato un amore da adolescente.
Nello scorrere di questi anni di insegnamento e di sorveglianza ho visto nascere (e finire) tanti di questi amori poco più che fanciulleschi, e credo di aver capito la loro straordinaria peculiarità.
Sono amori in cui i gesti, gli sguardi, le parole contano più di ogni altra cosa: le carezze e il desiderio fisico che la natura suggerisce in quel momento non sono così importanti, verranno dopo.
Guardarsi negli occhi tacendo, donare un fiore e ricevere in cambio un sorriso sorpreso, o felice, o semplicemente grato, una carezza o un bacio che ti sfiorano la guancia: quelle sono le cose che ti riempiono di felicità e di languore, che ti inducono a credere, e in quel momento così è, di aver raggiunto l'apice della felicità.
Nonostante tutto, nonostante la mia insensatezza successiva, così è stato per me.
Nonostante le delusioni, la rabbia, le azioni inconsulte che sono venute dopo, conservo ancora nel mio cuore, gelosamente e indelebilmente, il ricordo di quei momenti di felicità.
Nonostante io ora sia qui, senza nemmeno sapere se sopravvivrò, non posso fare a meno di pensare che con tutti quelli che hanno calpestato, più o meno volontariamente, quell'unico mio meraviglioso sogno, la partita è ancora aperta.
Ho commesso allora un errore capitale, anche se non sono stato il primo e non sarò certamente l'ultimo: nella mia inesperienza, che con l'adolescenza va di pari passo, ho pensato che amare ed essere amati fosse una cosa sola.
Non è così.
A quell'età è facile scambiare gentilezza, amicizia e affetto con l'amore.
Si pensa di amare essendo ricambiati e invece si è solo apprezzati.
Pensi di avere vicino una ragazza che ti ama, e invece hai accanto solo un'amica.
Quando alfine te ne accorgi non ammetti il tuo errore: ti senti umiliato e tradito.

Svanì per sempre il sogno mio d'amore...
l'ora è fuggita,
e muoio disperato!
E non ho amato mai tanto la vita!






Così, quando lei mi ha allontanato, e con buone ragioni, ho scaricato il mio odio su Potter, accusandolo di avermela rubata.
James Potter aveva le sue colpe e i suoi difetti ma, in questo caso, non aveva fatto niente di diverso da me, si era innamorato di Lily; perché mai odiarlo per questo?
La differenza era una sola, definitiva: lui era stato ricambiato, anche Lily si era innamorata di lui.
Tutto quello che è successo poi, e su cui sono stanco di rimuginare, è effetto di questo accadimento, di questo "tradimento"?
O la causa viene da più lontano?
Ora che gli eventi corrono a velocità vertiginosa verso la conclusione, quale che essa sarà, sento di poter riconsiderare i fatti, sento di poterne trarre nuove e diverse conclusioni.
Lily, la "mia" Lily, non è stata solo il grande amore della mia vita: è stata anche una madre.
Madre di un bambino da difendere.
Lei non ha dovuto difenderlo, come la mia, da un ubriacone di Spinner's End contro il quale sarebbe stato sufficiente impugnare per un attimo la bacchetta, ma dal più grande e terribile Mago Oscuro di questa terra, un mostro che in quel momento aveva già quasi sottomesso l'intero Mondo Magico.
Lei c'è riuscita, seppure a prezzo della vita.
Perché era una strega più potente di Voldemort?
No!
Povero Tom Riddle, o Voldemort, o Signore Oscuro, o come ti chiamerà il diavolo quando ti accoglierà all'inferno, tua prossima e incombente destinazione, non hai capito niente.
Nella tua ossessiva ricerca del potere a mezzo delle Forze Oscure, hai ignorato la forza più potente dell'universo, la Natura.
Per spiegare quanto ti è successo, tu continui a cianciare di antichi incantesimi, perché altro non sai concepire, furbissimo e crudelissimo idiota.
Frapponendosi fra te e suo figlio lei ha usato l'amore materno, che della Natura è uno dei muri portanti; e questo muro prima ti ha respinto come un fastidioso insetto e poi come un fastidioso insetto ti ha schiacciato.
Non angustiarti, Oscuro Signore, per il tuo insuccesso di allora: un "Avada Kedavra" cento volte più potente avrebbe sortito lo stesso effetto.
Ma per salvare suo figlio, la Natura ha preteso da Lily l'estremo sacrificio: una vita per un'altra.
Tante volte ho rischiato la mia esistenza in questi anni, e potrei anche morire soddisfatto, se non altro pensando a quante volte sono riuscito a imbrogliarti, Onnipotente Mago Oscuro; ma la verità è che mai come ora ho desiderato di continuare a vivere, e continuo a sperare che le lacrime e il canto di Fanny riescano nel miracolo.
Perché?
Certo, per istinto di conservazione: anche Severus Piton è un essere umano.
Ma, ci sono ancora partite aperte.
L' assassinio di Lily.
Le umiliazioni e le torture che Voldemort mi ha inflitto in questi anni.
Ma soprattutto...
Perché, Oscuro Signore, mi hai negato una morte rapida e misericordiosa con la tua bacchetta?
Perché hai voluto ricoprire di sterco anche gli ultimi minuti della mia vita facendomi sbranare dal tuo abominevole mostro?
Questa è una crudeltà così efferata e soprattutto così ingiustificata che non riesco a comprenderne la ragione: eppure ti osservo da anni, e dovrei conoscerti.
Hai messo a soqquadro il mondo magico e quello Babbano, hai spento un numero incalcolabile di vite inseguendo la profezia che lega la tua esistenza a quella di Potter.
Ora forse sto per morire, e tu sai quanto siano veritiere le profezie di un moribondo.
Quindi ascoltami, se puoi: forse non per mia mano, ma un giorno avrò vendetta, in questa vita o nell'altra.(4)


1- da HP e il prigioniero di Azkaban
2- A. Camilleri, "L'odore della notte"
3- cupio dissolvi significa «desidero ardentemente essere sciolto (dal corpo)» – cioè morire. Nel linguaggio corrente, l’espressione indica volontà di autodistruggersi.
4- Dal film "Il Gladiatore"
 
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