Il Calderone di Severus

Ida59 - Forza e resistenza del cristallo ovvero L'Innamorata, Genere: Angst, Introspettivo, Romantico - Epoca: HP 6^ anno - Pairing: Severus/Pers. Originale - Personaggi: Pers. Originale Silente Lupin McGranitt Draco Voldemort Avvertimenti: AU

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Ida59
view post Posted on 2/11/2022, 14:43 by: Ida59
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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9 - Mangiamorte tra i Mangiamorte


Come previsto, Voldemort non è soddisfatto: Silente è stato eliminato, ma Draco ha fallito il suo compito e deve essere punito.
Resto immobile, i pugni stretti sotto il mantello: Draco trema ai suoi piedi e racconta la versione concordata. So che la sua mente è protetta dal mio incantesimo, ma questo è il momento più difficile.
- … i membri dell’Ordine hanno ingaggiato una furiosa battaglia per difenderlo. – spiega Draco.
L’enorme Rowle e gli altri Mangiamorte della spedizione confermano annuendo.
- Erano anche sulla torre…
Ora solo io annuisco deciso.
Voldemort mi trafigge con il penetrante sguardo di sangue, ma nei miei pensieri vede solo una scena di confusa lotta mortale.
- Quando sono arrivato erano in seria difficoltà: Alecto e Grayback erano già morti e Travers giaceva a terra, ferito grave. Però, Draco era riuscito a disarmare Silente, mio Signore. – affermo impassibile e, per distrarlo da quella del ragazzo, gli offro in pasto la mia mente che mostra una convulsa fuga in cui Amycus è colpito a morte da un sortilegio vagante.
- E dimmi, Severus, chi credi abbia avvertito l’Ordine? – sibila sospettoso.
- Non ne ho idea, Signore: nessuno mi aveva informato che sarebbe stato per questa notte. – ribatto con calma, una volta tanto senza mentire.
- Quindi hai deciso di intervenire e fare il lavoro al posto di Draco?
- Non c’era più tempo: quelli ai piedi della torre ci avrebbero bloccato la ritirata.
Un ultimo, perforante sguardo delle iridi di rosso rubino e poi si gira di scatto puntando la bacchetta sul ragazzo.
- Crucio!
Sussulto appena: sapevo che il momento sarebbe arrivato.
Rowle e gli altri sghignazzano, ma Bellatrix è seria e immobile. Mi slancio verso Narcissa che mi cade tra le braccia, senza una sola parola. L’adagio piano su un divano, grato che abbia perso i sensi e non debba assistere al supplizio del figlio.
Torno a osservare Draco che si contorce a terra, urlando, e mi sento morire: non posso fare nulla per aiutarlo, solo rimanere a osservare, impassibile come sempre, senza lasciar trapelare la mia pena.
Mi aggrappo all’efficacia della mia pozione antidolorifica e prego solo che tutto finisca presto.
Voldemort si volge verso di me, senza smettere di torturare il ragazzo, e mi fissa a lungo, quasi divertito.
Gli restituisco un duro sguardo impenetrabile.
- Non mi avevi detto di aver contratto un Voto Infrangibile con Narcissa. – sibila infine. - E’ per questo che hai ucciso Silente: per proteggere la tua vita?
Ancora dubita di me e, di nuovo, mi tende una trappola.
- No. – rispondo secco. – Draco avrebbe potuto farcela, se ce ne fosse stato il tempo.
Mi avvicino e m’inginocchio ai suoi piedi:
- Ti prego, Padrone: l’hai punito abbastanza. Voglio bene al ragazzo: è per questo che ho contratto il Voto. Volevo solo proteggerlo.
- Che animo sensibile, Severus! – sibila con distaccato disprezzo.
Resto in ginocchio e continuo a implorarlo, ignorando gli struggenti lamenti della mia anima alle menzogne che, sicure e determinate, mi escono dalle labbra.
- Ti prego, è solo un ragazzo. L’avrebbe ucciso se gliene avessi dato il tempo. Ma volevo guadagnarmi la gloria di eliminare il vecchio bastardo che ho dovuto sopportare per sedici anni: ne avevo tutto il diritto!
Mi guarda e sorride maligno, poi abbassa la bacchetta e la tortura di Draco cessa all’istante.
- Così hai preteso la gloria, mio ambizioso Severus, disubbidendo ai miei ordini?
Annuisco, attendendo la mia sorte.
Però respiro di nuovo, senza avere l’ardire di guardare Draco.
- E hai voluto vendicarti dell’immondo paladino dei Babbani.
Mi obbligo a rispondere e forzo il volto in un ignobile ghigno: ho vergogna di me stesso.
- Sì, mio Signore: una vendetta a lungo bramata.
Il volto di rettile mi sorride lascivo.
- Così vuoi bene a Draco… e come sei stato premuroso con la bella Narcissa! Il caro Lucius può stare tranquillo ad Azkaban con un affezionato amico che si prende cura della sua famiglia.
Lascio che le disciplinate immagini della mia mente confermino gli osceni sospetti: dopo aver dovuto uccidere Albus, nulla più mi sembra troppo.
- E mi sei anche fedele, Severus?
Il pericoloso sibilo del rettile penetra feroce e maligno nella mia mente.
Annuisco con un movimento secco e deciso del capo.
- Totalmente fedele?
Sono già in ginocchio ai suoi piedi, a implorare pietà calpestando il mio orgoglio per il bene di Draco: cos’altro pretende da me?
- Certo, mio Signore e Padrone: ho ucciso Silente per eliminare il tuo maggior nemico.
Mi fa cenno d’alzarmi e sibila:
- Provami la tua fedeltà, Severus.
Guardo il volto di serpente con fare interrogativo, chiedendomi a quale nuova prova vuole sottopormi e se troverò ancora la forza per ubbidire dopo quanto successo nelle ultime ore.
Eppure, so che dovrò ubbidire ancora a questo demone, ma solo perché così vuole Albus Silente.

Ma ho stretto un patto
che mi tiene legato
alla colpa nera,
io appartengo
al mio tenace démone.
………
Ma intanto ascolto
suoni d’altri tempi.
Vipera dei boschi,
ancora sulla mia strada?
Questa volta, tu mordi. [1]


- Dimostramelo, allora: crucia Draco!
Spalanco gli occhi e per un istante non riesco a mascherare le mie emozioni: è come se il mio volto gridasse disperato il no che le mie labbra, fermamente serrate, hanno impedito che sfuggisse.
- Il mio tanto fedele servo è forse dibattuto tra la fedeltà al suo padrone e l’affetto per un ragazzino?
La voce sibila pericolosa, mentre le fessure rosse delle pupille scintillano minacciose.
Stringo i denti ed estraggo la bacchetta: gli occhi di Draco, a terra ansimante, sono dilatati dalla paura e pervasi di dolore. Mi chiedo se la pozione bevuta è ancora in grado di proteggerlo almeno un poco dal dolore che dovrò infliggergli. Narcissa, per fortuna, giace ancora svenuta sul divano.
Mi avvicino piano a Draco: dallo sguardo che mi rivolge capisco che sa già che obbedirò al mostro che ci comanda e che il mio strazio sarà pari al suo, mentre sarò costretto a torturarlo.
Punto la bacchetta su di lui e la mia voce, ferma e gelida, pronuncia:
- Crucio!
Resto immobile, le mascelle contratte, a fissare Draco che si contorce a terra, gli occhi puntati su un ragazzo che è diventato uomo in questa notte d’orrore: i miei denti scricchiolano, spasmodicamente stretti, per trovare la determinazione a reggere questa ripugnante maledizione, nel cuore solo cupa disperazione e le sue urla a trafiggermi la mente.
Contemplo l’oscurità dentro di me con la stessa fermezza con cui so che devo andare fino in fondo, finché il nemico non sarà annientato e i primi raggi dell’alba nascente non si rifletteranno mai più nel sangue che questa notte la mia lealtà ha versato.
Ancora pochi secondi, un tempo infinito di intenso strazio, mentre il respiro mi brucia i polmoni.
Infine Voldemort mi fa cenno di smettere.
Mi precipito su Draco e gli sollevo la testa, picchiata a terra con violenza negli spasimi del supplizio inflitto, e lo stringo piano a me, con addolorato affetto.
Una preziosa fiala è tra le mie mani tremanti e gliene verso delicato in gola il contenuto, poi con la bacchetta cerco di sopire i tremiti del giovane corpo, con tanta durezza provato. Mi guarda con gratitudine, dietro il sofferente velo di lacrime, ed io gli sorrido appena, piegandomi di più su di lui per sfiorargli piano il viso in un accenno di carezza.
- Mi dispiace…
E’ solo un sussurro, nessuno deve udirlo, l’unica consolazione possibile in questo momento, oltre a lenire le sue pene fisiche con la magia.
Lo aiuto a rialzarsi e, verificato che riesce a reggersi in piedi, gli faccio sorbire tutta la Pozione Corroborante rimasta nella fiala.
So che Voldemort ci osserva, ma ormai sa che a Draco ci tengo e, quindi, non ho nulla da perdere.
- Bene, giovane Malfoy, ora che hai provato sulla tua pelle lo straziante tormento di una Cruciatus, - sibila lento alle mie spalle, quasi godendosi le parole e soffiandole tra le sottilissime labbra esangui – sono certo che saprai infliggerne una oltremodo dolorosa al mago che ti ha sottratto gli onori che avresti ricavato uccidendo Silente!
Il ragazzo non può impallidire di più, lo vedo oscillare come se stesse alfine per crollare, gli occhi spalancati davanti al crudele ordine di Voldemort.
- Obbedisci, Draco! – gli intimo sottovoce, le spalle rivolte all’Oscuro che non può sentirmi. – Non preoccuparti per me: sono abituato e so controllare il dolore.
La sua mano trema e quasi non riesce a estrarre la bacchetta: lo aiuto e gliela metto in mano, esortandolo ancora.
- Fallo, subito, quanto più forte riesci o lui ti punirà ancora, obbligando di nuovo me a torturarti.
Gli stringo la mano per un istante, cercando di infondergli il coraggio che manca nei suoi occhi.
- Cru… Crucio!
E’ troppo flebile la sua voce, come la sua volontà di farmi del male, così non riesce a mantenere in atto la maledizione ed io rimango in piedi, immobile davanti a lui, mentre ancora lo imploro:
- Ti prego, Draco, non tradirti proprio ora, o Silente sarà morto invano. Per favore, Draco, trova la forza e torturami come lui pretende: io resisterò, non temere.
Le lacrime annegano i suoi occhi grigi, mentre esclama:
- Crucio!
Il dolore mi assale improvviso e deciso, intenso e straziante ed io gli sorrido, mentre arcuo la schiena e cado in ginocchio, trattenendo ogni lamento.
I minuti passano lenti e c’è più dolore sul volto di Draco, rigato dalle lacrime, che non sul mio, rigidamente contratto solo dalla sofferenza fisica.
Il sole sta sorgendo, infine, ma la nostra notte non è ancora finita e durerà finché Voldemort non sarà sconfitto.

Luce, dissolviti nel sangue
che in nome del potere si è versato,
infrangiti contro la dura corazza del buio
che nel nostro male si erge e risplende:
ancora rossa è la mano che ferisce,
e nera l'anima che si scaglia sugli amici;
è sceso nell'abisso chi bramava un nuovo giorno
e si è perso nel gelo di un odiato destino.
Il mio dolore è oltre l'infinito,
e non può appartenere a questa terra:
sono un demone dal ghigno infernale
o uno spirito oscuro leale per sua dannazione? [2]


Draco è scivolato in ginocchio e trema, mentre io mi contorco a terra, gemendo piano sotto la sua efficace Cruciatus.
Non è più un ragazzo, è diventato un uomo che conosce il dolore e sa cosa significa soffrire e far soffrire.
Però, Draco ha compiuto la sua scelta: quella giusta.

*


Adesso che Draco, forzato torturatore, è stremato perfino più di me, sua docile vittima, Voldemort gli concede magnanimo di interrompere la Cruciatus qualora si ritenga soddisfatto a sufficienza del supplizio inflitto, così vendicandosi di chi gli ha rubato la gloria derivante dall’uccisione di Silente.
L’affrettato sì del ragazzo mi mette i brividi, frammisto di determinazione e disperazione allo stesso tempo.
Mi rialzo da terra con penoso sforzo, ma devo aiutarlo a levarsi in piedi: è ancora in ginocchio davanti a me e nei suoi occhi, colmi di lacrime, c’è una pena infinita e la struggente richiesta di perdono per la sofferenza che è stato costretto a infliggermi.
Mi chino e sussurro:
- Va tutto bene, Draco, non temere. – gli sorrido appena. – Per oggi è finito: sei stato in gamba e sono fiero di te.
Non riesce a restituirmi neppure un accenno di sorriso, ma so che il mio apprezzamento è importante e gli rende chiaro che non ha fatto nulla di cui debba essere perdonato da me.
Socchiudo le palpebre per un istante: comincio a scoprire alcuni aspetti di Albus che fino a poche ore fa ancora ignoravo.
Alle mie spalle, l’Oscuro Signore sta distribuendo ordini affinché si festeggi degnamente, in questa indifferente alba, la morte del suo più pericoloso avversario, tributando i dovuti onori al suo impeccabile assassino.
Sospiro e stringo i denti: per me non è ancora finita.
Narcissa, però, intercede per il figlio.
Non so come sia riuscita, una volta rinvenuta, a resistere fino a ora, guardando Draco che mi torturava: più volte ho incrociato i suoi occhi azzurri, colmi di lacrime angosciate, mentre subivo la Cruciatus del suo ragazzo. Non ha ceduto e sono certo che Lucius sarebbe fiero di sua moglie.
Supplica Voldemort di permettere a Draco di lasciare il consesso, poiché non sarà lui a ricevere gli onori, carpitigli dall’ambizioso Severus.
Sorrido tra me per la sottile astuzia di Narcissa: conosco l’Oscuro abbastanza bene per sapere che è deliziato dal constatare, sibilando in faccia all’addolorata madre, che l’ambizione del caro Severus è superiore al suo, da brevissimo tempo, declamato affetto per Draco e per lei stessa.
Piego le labbra in una smorfia d’amara ironia: ottimo, comincio ad acquistare preziosi apprezzamenti dal mio padrone con questa schifosa recita.
Narcissa ottiene il permesso di andarsene col figlio e, mentre glielo affido, mi sussurra svelta:
- Grazie, Severus, non lo dimenticherò!
Troppo rapido lo sguardo che ci scambiamo per comprendere il reale significato delle sue parole, ma, certo, non è una madre sdegnata, offesa per gli onori sottratti al figlio, che mi sta parlando.
Con la mano mi sfiora appena la guancia ferita e una lacrima le trema sulle ciglia:
- Mi dispiace…
Mi chiedo se sta pensando alla lacerazione sul mio volto, o se riesce a intuire anche quella della mia anima.
Le sorrido: lascio Draco in buone mani e ci sarà qualcun altro che mi aiuterà a proteggerlo.
La seguo avviarsi alla porta, orgogliosamente affiancata al figlio: lancia fiere occhiate ai presenti che si scostano al suo passaggio.
Per ora, almeno per Draco, è finita.
Stiro le membra contratte dal supplizio subito, nulla in confronto a quelli impartiti dall’Oscuro in persona, e raddrizzo con dignità le spalle sistemandomi il mantello.
Avanzo a testa alta verso il Signore dell’Oscurità, che mi accoglie con un orrendo sorriso compiaciuto sul bianco viso di rettile:
- Bene, Severus, ora che hai pagato il prezzo della tua ambizione, è giunto il momento di goderti alfine tutti gli onori che ti sei guadagnato!
Non so cosa darei per indossare l’odiata maschera da Mangiamorte, in questo terribile momento.
Invece, è il mio viso che deve atteggiarsi come l’insensibile maschera, ora che sono solo un Mangiamorte tra i Mangiamorte.
La ripugnante recita ricomincia: dipingo un ghigno schifoso e appagato sulle labbra sottili.
Ma i miei occhi restano vuoti, nero specchio di un’anima che non esiste più.
Argentee coppe appaiono nell’aria, colme di prelibato vino, più rosso del sangue.
- A te il privilegio del primo brindisi, Severus! – mi esorta l’Oscuro.
Afferro adagio la coppa che fluttua e la levo in alto, esclamando con voce stentorea:
- Alla morte di Albus Silente, ignobile protettore di Babbani e ultimo nemico dell’Oscuro Signore!
La porto alle labbra ed è come se fossi costretto a bere il suo stesso sangue.

Ah! L’angoscia, la rabbia vile, la disperazione
di non poter confessare
in un tono di grido, in un ultimo grido austero
il mio cuore che sanguina.
………
Ah! Furia del dolore che non ha sorte nel gridare.
Del grido che non ha
potere più del silenzio, che torna, dall’aria
nella notte senza essere! [3]


Qualcuno avrà pietosamente chiuso gli occhi di Albus?
I miei, invece, devono rimanere spalancati sull’orrore di questo novello inferno, dove bestie senza cuore mi rivolgono sorrisi traboccanti d’invidia.
Al primo brindisi ne seguono altri, tra risa e osceni insulti all’uomo che, unico tra gli altri, ha saputo capirmi e accettarmi, con tutte le mie colpe; all’uomo che ha creduto in me e di me si è fidato fino in fondo, al punto di affidarmi la sua morte.
A ogni successivo brindisi, con gesto meccanico levo in alto la coppa rabboccata dalla magia con quello che sempre più mi sembra sangue: bevo fino in fondo l’amaro fiele, affogando la mia disperazione alla ricerca di un oblio che non verrà mai.

Mesci, Morte, il senso della vita
e versa nella coppa il sangue delle tue vittime:
berrò sino all'ultima stilla di vite spezzate,
perché della mia possa obliarmi
e trarre nel nulla il respiro del vuoto.
Possa vagare su ali ferme il mio destino,
scagliandosi oltre le barriere di questa vita
e farsi ombra indistinta di colpe cancellate...
solo quando il dovere sarà alla fine di tutto
intriso del fuoco nero del rimorso. [4]


Una violenta marea sanguinosa si leva feroce e si abbatte sulle scogliere della mia coscienza, mentre l’anima è scagliata su lidi deserti, alla ricerca di una requie che so di non poter trovare finché tutto il Male non sarà distrutto.
Manate sulle spalle e virili complimenti, indecenti menzogne che Albus sia morto con la paura negli occhi implorandomi per la sua vita, rutti e sputi a terra, insulti, offese e insolenti oltraggi e, su tutto, gli occhi di rubino dell’Oscuro Signore a scrutarmi la mente per strapparmi la verità.
Poi, il temuto responso: l’agghiacciante sorriso, soddisfatto per i sospetti sulla mia fedeltà placati nel sangue generoso di Silente.
Infinitamente lontano da qui, nelle profondità del mio cuore, protette da questo immondo orrore, vivono la preziosa luce azzurra del suo sorriso e la pacata dolcezza della voce che pronuncia il mio nome, con l’amore di un padre.
Un ultimo brindisi di sangue e la mia anima ancora si spezza, un urlo silenzioso a contorcere il mio cuore nel nulla tenebroso dei miei occhi.
E’ l’orrore che grida, muto, nei tortuosi meandri della mia coscienza, è la consapevolezza della perdizione nell’impossibilità del perdono, è l’accettazione di un crudele dovere da portare avanti in nome della lealtà, dell’amicizia e del profondo affetto per il mio unico amico.

Anima mia! Anima mia! Radice della mia sete errante,
goccia di luce che spaventa gli assalti del mondo.
Fior mio. Fiore della mia anima. Terra dei miei baci.
Rintocchi di lacrime. Turbine di voci.
Nell’alta notte la mia anima si contorce e si spezza.
La castigano le fruste del sogno e la scavano.
Per questa immensità non vi è più nulla sulla terra.
Non vi è più nulla.
Le ombre si sconvolgono e precipita tutto.
Cadono sulle mie rovine i travi della mia anima.
Non brillano gli astri freddi e bianchi.
Tutto si rompe e cade. Tutto si cancella e passa.
E’ il dolore che ulula come un pazzo in un bosco.
Solitudine della notte. Solitudine della mia anima.
Il grido, l’urlo. Non v’è più nulla sulla terra!
La furia che spaventa i canti e le lacrime.
Solo l’ombra sterile spezzata dalle mie grida.
E la parete del cielo tesa contro la mia anima. [5]


Dai cieli del mio cuore sono svanite le due stelle che guidavano il mio cammino: vago nel nulla, e nel nulla voglio smarrirmi, poiché ogni frammento d’umanità ha abbandonato la mia anima.



[1] Paul Verlaine – Dalla raccolta “Saggezza – III”: tratto da “II – Dal fondo del giaciglio…”.
[2] Earendil.
[3] Fernando Pessoa – Tratto da “Ah! L’angoscia, la rabbia vile, la disperazione…”
[4] Earendil.
[5] Pablo Neruda – Raccolta “Todo el amor”: tratto da “Anima mia!”.
 
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