Il Calderone di Severus

Ida59 - Forza e resistenza del cristallo ovvero L'Innamorata, Genere: Angst, Introspettivo, Romantico - Epoca: HP 6^ anno - Pairing: Severus/Pers. Originale - Personaggi: Pers. Originale Silente Lupin McGranitt Draco Voldemort Avvertimenti: AU

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Ida59
view post Posted on 13/9/2022, 19:29 by: Ida59
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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5. La fine di ogni speranza



Per alcune settimane fui un po’ sollevato e una vaga speranza tentò a fatica di rinascermi nel cuore: non avrei dovuto uccidere Albus e, forse, potevo continuare a vivere, se Draco avesse rinunciato di propria volontà al suo compito.
Nello stesso periodo, Crystal, che dopo la nostra separazione si era recata in Africa, tornò in Inghilterra.
Accadde durante le vacanze di Natale, mentre ero a Spinner’s End sotto l’assidua sorveglianza del viscido topo.
Non avevo alcuna possibilità di muovermi senza destare sospetti e il ricordo di quei giorni, in cui Crystal era così vicina, eppure irraggiungibile, ancora oggi mi tormenta.

*


Nella mia mente c’è solo un tarlo insistente che continua a ripetermi lo scoraggiante ritornello: sei tornata dall’Africa, sei andata da Silente, ma non sei venuta a cercarmi.
Mi aggiro per questa casa che odio, come un drago cui hanno tagliato le ali; prendo un libro da uno scaffale e lo sfoglio senza leggere neppure una parola: lo chiudo di scatto e ne prendo un altro, che non subisce migliore sorte.
Ho ucciso il tuo amore per me: sono riuscito a fare anche questo.
Eppure, nel profondo del mio cuore, l’illusione non si rassegna a morire.
Cerco di confortarmi, raccontandomi che non sai dove abito, quindi non puoi raggiungermi.
Ma Silente conosce l’indirizzo: non te lo ha rivelato? Non gli hai chiesto nulla di me?
I giorni si trascinano cupi e lenti, ognuno uguale al precedente. Spio la via semideserta da dietro le tende, nella denegata speranza di scorgere un miraggio: ci sono solo leggeri fiocchi di neve che volteggiano tristi nell’aria e nessuno suona alla mia porta.
Con la ripresa delle lezioni, torno a Hogwarts, ma tu non ci sei più.
Non voglio chiedere a Silente, devo mostrarmi indifferente.
Eppure, dopo pochi giorni dal mio ritorno, mi ritrovo nel suo studio a implorarlo di dirmi dove si trova la mia Crystal.
La mia Crystal che, forse, non è più mia.
E’ un colpo durissimo sapere che sei a Grimmauld Place, dove i membri dell’Ordine ti fanno a turno da istruttori e uno in particolare, fra gli altri, è responsabile della tua istruzione magica.
Remus Lupin.
Non ho il coraggio di domandare nulla e Silente mi racconta solo che tu volevi, prima d’ogni altra cosa, colmare il ritardo nell’istruzione magica; così, invece di tornare a scuola, dove ci sarebbe stata dispersione di tempo, Albus ti ha preparato un dettagliato piano di studi affidandoti alle assidue cure del Mannaro, che sovrintenderà a tutto, come l’anno scorso facevo io.
Lo scopro oggi, quando mancano solo tre giorni alla luna piena.
Non fiato nemmeno, replicare sarebbe tempo perso con Albus, e mi precipito nel sotterraneo a distillare la Pozione Antilupo: quel vecchio sconsiderato ti ha lasciato tra le braccia di un incosciente che tre anni fa è riuscito a dimenticarsi di prendere la pozione che gli preparavo.
Non c’è proprio da stare allegri!

La pozione è pronta: la tentazione di consegnarla di persona è enorme.
Per controllare che Lupin la beva, afferma sprezzante la mia mente; per rivedere Crystal, sussurra appassionato il mio cuore.
Richiamo la determinazione che mi ha sempre sorretto in questi lunghi anni e resisto alla tentazione: consegno la pozione a Silente, accompagnandola con insistenti raccomandazioni.
Sono stato io ad allontanare Crystal da me e so che è stata la decisione giusta: non devo rovinare tutto solo perché ho una minima speranza di sopravvivere, le farei solo del male ed è l’ultima cosa che voglio.

*


Il mio cuore, però, la pensa diversamente dalla mia mente e il ricordo dei tuoi baci, mia adorata Crystal, diviene delizioso tormento: sento ancora le tue calde labbra sfiorarmi e ardo d’un impotente e doloroso desiderio.

Le tue labbra m’hanno sfiorato
e mi hai dato un bacio.
... … …
Il mio cuore si è aperto
come un fiore sotto il cielo,
i petali di lussuria
e gli stami di sogno.
… … …
Mi sono allontanato da te
amandoti in segreto.
Non so come sono i tuoi occhi,
le mani e i capelli.
Solo mi resta sulla fronte
la farfalla del bacio. (1)


Il tempo sembra essersi cristallizzato nei miei sospiri, il pensiero sempre fisso su di te durante le interminabili giornate di lezione; la notte, invece, impossibili chimere scacciano i vecchi incubi, solo per torturarmi ancora di più, avvolgendomi in una stupenda e consolante illusione che la mente sente ormai perduta.
Il mio cuore, invece, mi conduce ostinato sulle ali delicate del sogno, unico luogo dove ancora posso dolcemente amarti, alla ricerca d’intense emozioni che non potrò mai scordare, ma non potrò più provare di nuovo, se non in questi meravigliosi deliri notturni.
Mi trovo a vagare con te, mio soave amore, su incantati sentieri di sfavillante cristallo, perdendomi nel riflesso della tua luce, mentre ti stringo ancora tra le braccia e ti bacio con passione infinita, sussurrandoti l’amore che placa il mio antico dolore e disperde l’oscurità che ancora alberga in me.
Solo un sogno, più vero della realtà, in cui sono proprio io, libero da ogni maschera e costrizione, avvinto alla stupenda stella che svanirà nel chiarore soffuso del mattino, dopo aver riempito di luce la mia notte infinita, inseguita da inestinguibili languori, disciolta infine in amare lacrime.
Vivi ancora e sempre dentro di me, Crystal, perduto amore, nella sofferenza dell’anima soffocata dai rimorsi, a donarmi lo spiraglio di luce che ancora mi permette di sopravvivere in questa quotidianità che prelude al disastro finale, dove anche tu cesserai alfine di esistere, cancellata dall’ultima mia imperdonabile colpa.
Tu, mio dolce angelo, perfezione di bellezza, hai saputo liberare il mio cuore e ora vivrai per sempre negli spazi infiniti dell’illusione d’amore, oltre il labirinto di colpe e scelte sbagliate, sull’argentea scia dell’amore che mi hai donato, infinitamente lontana dalla triste realtà che è solo mia e m’incatena alle crudeli pene di questo mondo tenebroso, in cui la rinnegata speranza di riaverti ancora sussiste nelle lacrime che il mattino bagnano il cuscino.

Lascia la realtà, stanotte,
e raggiungimi spiegando le ali.
Lascia i pensieri diurni
e fissa lo sguardo dentro l’anima
cercando un’emozione che solo a te appartiene.
Trovami nei sogni
perché solo lì è possibile amarsi.
Quando chiudo gli occhi
è come aprirli su abissi infiniti
dove non esistono vertigini o barriere.
Posso vagare in sentieri incantati,
nei sogni forgiati di puro cristallo,
e fendere la nebbia più densa
desiderando perdermi tra le tue braccia.
Sogno è realizzare ciò che non si può,
sogno è amare con tutto me stesso,
sogno è sussurrarti le tempeste dell’anima
non appena mi perdo nei tuoi bagliori.
Sei l’ultima stella svanita al mattino
che ha brillato sulle mie notti
di sospiri e ricordi sbiaditi al risveglio.
Sei un’aura di bianche passioni
oltre il labile confine della vita vera
e riempi l’oscurità di luce
che tuttavia non potrà mai destarmi.
Vivi dentro di me
sorta da una nostalgia quotidiana
di amare, amare colei che non esiste.
Un angelo perfetto è allora disceso
dai cieli rinchiusi nel mio cuore,
venuto a sfiorarmi dolcemente in viso
e rubare un palpito dolce come te.
Vivi con me,
rinchiusa in spazi infiniti
aperti a possibilità illimitate.
E vagare in dimensioni irreali
diviene la fine del labirinto
che conduce all’argento del tuo amore,
lontano da una realtà smarrita
e da dolori vuoti come me
quando la luce svanisce col domani
ma la speranza di riaverti resiste. (2)


Arriva l’alba e i sogni svaniscono alle prime luci rosate, lasciandomi di nuovo a questa livida realtà d’incubo, dove non c’è spazio per lusinghe d’amore.
I pochi giorni di felicità trascorsi con te, mia Crystal, sono sempre più tormentosamente vividi nella mia memoria, così lontani e irraggiungibili, ma perfetti e indimenticabili.
Appena ho tempo libero, anche tra una lezione e l’altra, trascuro il dovere d’insegnante e, invece di correggere i compiti, trascino i miei passi per il parco di Hogwarts, a raggiungere la parte più solitaria e lontana dal castello, dietro il lago e vicino alla Foresta Proibita, come facevo sempre con te, in quella stupenda e luminosa primavera, per sottrarci a occhi indiscreti.
Ma la tua mano non è più tra le mie, per essere ricoperta da dolci e appassionati baci, il tuo corpo non vibra più tra le mie braccia, né labbra calde mi sussurrano un irrequieto e travolgente desiderio.
Solo il sibilo freddo e ostile del vento ferisce le mie orecchie, lamento di un cuore che non sa rassegnarsi, nel triste rintocco di ore ormai morte alla felicità.
E amare lacrime di dolente rimpianto rigano lente le mie guance.

I singhiozzi lunghi
dei violini
d’autunno
mi feriscono il cuore
con languore
monotono.
Ansimante
e smorto, quando
l’ora rintocca,
io mi ricordo
dei giorni antichi
e piango;
e me ne vado
nel vento ostile
che mi trascina
di qua e di là
come la foglia
morta. (3)


*


Tonks è di stanza a Hogsmeade da qualche mese, a rinforzare la protezione del castello.
Non l’ho mai sopportarla, così scoordinata e maldestra: l’idea che possa entrare nel laboratorio, con le preziose ampolle allineate sul tavolo e i grandi vasi ordinatamente disposti sugli scaffali, alla mercé di un suo gesto incontrollato, mi mette i brividi.
Ha la pessima abitudine di non stare mai zitta: ogni volta che l’ho incontrata a Grimmauld Place mi ha sempre assillato con mille domande, cui non avevo intenzione di rispondere.
Negli ultimi mesi, però, la fastidiosa inclinazione sembra averla abbandonata, insieme all’insopportabile mania di colorarsi la capigliatura nel modo più sgargiante possibile.
Quando entra nella scuola per parlare con Silente, si aggira per i corridoi con l’aria triste e dimessa, i capelli color topo che le cadono flosci ai lati del viso smagrito e, strano, è silenziosa e non cerca più di attaccar discorso, né con me né con altri.
All’improvviso, mi torna alla mente che il Patronus di Tonks è di recente cambiato e l’avevo perfino presa in giro: è un argenteo lupo che rivela i suoi sentimenti per Lupin che il Mannaro, evidentemente, non ricambia, rendendola così triste e delusa.
Nonostante la mia personale avversione, Tonks è una ragazza carina di cui un uomo potrebbe innamorarsi.
Eppure, Remus Lupin, che, data la disgraziata natura lupesca, non è nella condizione di essere attorniato da belle donne, sembra indifferente a ogni tentativo di seduzione da parte della giovane strega.
Perché?
Di colpo la risposta è evidente: c’è Crystal al suo fianco, ed è facile immaginare che la bellezza e il fascino sensuale della donna che amo possa aver travolto anche Lupin. Tra le due donne, nessun uomo esiterebbe a scegliere.
Giungo alla dolorosa ma logica conclusione che se Lupin non ricambia Tonks e Crystal non è mai venuta a cercarmi, tra i due è nato qualcosa.
Le mie dita si stringono con forza involontaria intorno alla fialetta della Pozione Antilupo, che per il secondo mese consecutivo ho preparato per Lupin, rischiando di frantumarla nell’impeto di gelosia.

Ti è ignota la sua luce,
né mai assaporerai la sua anima:
lei era mia, lontana e dolce chimera.
Ah, fosse il mio giorno ancora legato al tuo,
e s'intrecciassero ancora i nostri ricordi,
amara nostalgia che ferisce col sorriso. (4)


Sospiro cupo e a fatica allento la presa sul vetro sottile: se Crystal ama Lupin, la pozione è ancora più preziosa ed io, con il cuore straziato, continuerò a distillarla per l’uomo che mi ha portato via la donna che ha riacceso i miei impossibili sogni d’amore.
Lupin non ha colpa, in effetti: io ho perduto Crystal, è il mio passato che, ancora una volta, uccide ogni illusione e distrugge la tenue speranza che proprio Crystal era riuscita a far rinascere nel mio cuore.
Sigillo la provetta, la inserisco nell’involucro protettivo e la lego alla zampa del gufo che attende impaziente. Non c’è bisogno di biglietti d’accompagnamento: Lupin conosce la pozione e la luna piena è alle porte.
Esco dal castello e libero il gufo nel vento freddo della notte, poi resto a osservare la speranza svanire nel cielo nero, mentre il mio mantello ondeggia nell’aria scura; infine, adagio m’incammino ancora verso il lago, la cui superficie nera è increspata dalla spuma bianca delle piccole onde sollevate dal vento, a tratti illuminate dalla luna che appare rapida tra le nuvole.
Giungo alla spiaggia, dove la risacca viene a morire ai miei piedi, ancora e ancora, e resto a fissare la luna, gelida luce in questa notte in cui i miei sogni ancora una volta muoiono, uccisi da scelte lontane che continuano a condannarmi alla solitudine e al dolore.
Intanto, il gufo vola verso Lupin con la preziosa pozione, da me ancora migliorata: gli permetterà d’ammirare il riflesso della luna negli splendidi occhi della mia adorata Crystal.

Quando la terra è d’ombre ricoverta,
e soffia ‘l vento, e in su le arene estreme
l’onda va e vien che mormorando geme,
e appar la luna tra le nubi incerta;
torno dove la spiaggia è più deserta
solingo a ragionar con la mia speme,
e del mio cor che sanguinando geme
ad or ad or palpo la piaga aperta.
Lasso! Me stesso in me più non discerno,
e languono i miei dì come viola
nascente ch’abbia tempestata il verno;
Chè va lungi da me colei che sola
far potea sul mio labbro il riso eterno:
Luce degli occhi miei, chi mi t’invola? (5)


*


Poi, tutto precipitò ancora e ogni flebile favilla di speranza, che già da qualche tempo aveva abbandonato la mia mente, svanì definitiva anche dal cuore.
Una sera Silente mi vide aggiungere il mio sangue alla pozione e praticare il diabolico sortilegio: ero troppo stanco e non mi accorsi che era entrato nel mio studio.
Come avevo previsto, fu irremovibile e si rifiutò di assumere il filtro che gli permetteva di controllare la maledizione e lenire il dolore alla mano.
Le sue ore adesso erano contate: prima o poi la maledizione sarebbe dilagata nell’organismo, uccidendolo tra atroci sofferenze.
Ricordo la nostra terribile conversazione, come fosse avvenuta pochi istanti fa.

*


- Quanto tempo pensi che mi rimanga?
Esito, non lo so con certezza, sono passati mesi e la maledizione si è rafforzata: senza la pozione a tenerla sotto controllo può trattarsi di pochi mesi, o solo settimane, forse. Sono disposto a ripetere l’incantesimo che intrappola la maledizione dell’anello anche ogni giorno, più volte, fino allo sfinimento, se è necessario per tenerti in vita un po’ più a lungo.
Cerco di essere inutilmente ottimista nella risposta:
- Cinque, sei mesi al massimo.
Annuisci appena, sereno:
- Sì, lo immaginavo.
Mi sorridi incoraggiante: il mio viso è l’emblema della desolazione.
- Avanti, non fare quella faccia. – dici in tono risoluto, venendo rapido al dunque. – Voglio che tu mi prometta che lo farai, quando sarà il momento.
Scuoto il capo.
- Morire in due è inutile, Severus: lo sai!
Sì, lo so, ma questo non mi darà mai la forza per ucciderti.
- Inoltre, anche tu tieni a Draco e sono certo che non vuoi che la sua anima si corrompa.
Chiudo gli occhi: si stanno colmando di lacrime e questo non è il momento adatto.
L’anima di Draco, un ragazzo che, come me un tempo, rischia di perdersi per sempre.
Io mi ero perduto: nessuno aveva saputo aiutarmi.
Quella di Draco, invece, è un’anima pura e integra, può ancora essere salvata.
La mia è ormai lacerata e distrutta: nulla e nessuno potrebbe mai ridarmi la mia innocenza.
Io, invece, posso ancora aiutare il ragazzo.
Lacrime di sconforto scendono lente sulle mie guance.
Ti voglio bene, Albus, come potrei mai trovare il coraggio per farlo?
- Non posso… non ci riuscirò mai - mormoro con voce rotta, il capo chino.
- Vuoi lasciare che muoia tra le mille sofferenze della maledizione? O permettere che sia Draco a uccidermi, terrorizzato da Voldemort? O lo faccia magari qualche Mangiamorte, approfittando della mia debolezza, schernendomi e ingiuriandomi?
Sollevo il viso, striato dalle lacrime che non riesco a trattenere, e faccio un debole cenno di diniego.
- Severus, io mi fido di te: a nessun altro affiderei la mia morte.
Sospiro: è venuto il momento di dirtelo.
Con voce bassa e roca sussurro:
- Non posso, mi dispiace, Albus. Io…
Le parole mi muoiono sulle labbra davanti al tuo sorriso paterno.
Ecco quello che sei sempre stato, per me: un padre.
Un padre che attende paziente, in silenzio, che io trovi il coraggio.
Il coraggio per dirti che ti voglio bene.
E il coraggio di ucciderti.
- Ti voglio… bene.
Appoggi la mano sulla mia spalla e, con lieve incertezza, cerchi di attirarmi verso di te.
Non mi oppongo al tuo abbraccio: non ce ne sarà mai più un altro.
- Grazie, Severus. Era da tanto tempo che aspettavo queste tue parole.

Non chiedere al vento di morire:
il suo lamento griderà in eterno.
Riecheggia tra le note della sola musica
che sappia intessere i fili della mia salvezza.
Non abbandonarmi nel vuoto,
non c'è strada ad indicarmi il sole. (6)


Sì, lo so: tante volte, troppe, le parole sono salite spontanee sulle mie labbra, ma per pudore le ho sempre ricacciate indietro.
- Ti prego, Albus, non chiedermelo. – ti supplico afferrandomi alle tue spalle.
- Mi dispiace, Severus, - sussurri stringendomi a te, - solo tu sei in grado di farlo, di trovare la forza e il coraggio necessari. Sono io che ti imploro, figlio mio!
Serro stretti gli occhi, baluardo inutile contro le lacrime che fluiscono senza ritegno bagnandoti la veste, mentre mi stringi nell’abbraccio paterno.
Rimango a lungo con la fronte appoggiata sulla tua spalla, le braccia abbandonate inerti lungo i fianchi, piangendo in silenzio, finché percepisco lo sforzo che stai facendo per rimanere in piedi, sostenendo anche parte del mio peso.
Mi sollevo dalla tua spalla e ti guardo: il tuo viso è stanco, ma ancora e sempre sorridi.
- Mi fido di te, Severus, mi sono sempre fidato completamente di te, dal giorno in cui venisti a cercare il mio aiuto, e sono certo che anche questa volta non mi deluderai.
Aspetti una risposta che non arriva, ancora incatenata dall’affetto per te.
- Promettimelo, Severus, ti prego…
Un’ultima lacrima scende greve di afflizione sulla guancia, mentre chino il capo in uno straziato cenno d’assenso.
Lo farò, Albus, ti ucciderò, ma quel “sì” non uscirà mai dalle mie labbra.

*


I giorni passano lenti, mentre ogni certezza si sgretola: il mio vasto sapere non mi ha permesso di salvare Albus e gli errori del passato costringono la mia vita verso l’oscurità, negandomi la speranza di redenzione perseguita dedicando l’esistenza alla causa della sconfitta dell’Oscuro Signore.
Ho perduto anche l’amore di Crystal, che per un attimo aveva illuminato le mie tenebre: mi sento trascinare sempre più verso l’inferno, definitiva prigione di lamento e nostalgia per una vita non vissuta che non ho più speranza alcuna di poter vivere.
La luce dell’alba entra appena a illuminare la mia stanza e, come freccia acuminata, scava un solco tra le mie angosce notturne, solo per rivelarmi ciò che già sapevo: l’incubo è la mia realtà e non posso trovare scampo nel vile trucco di risvegliarmi, perché non esiste più alcuna alba per me, nella notte infinita in cui sarò presto condannato a vivere in completa solitudine, quando avrò perso anche Albus.
Eppure, percorrerò fino in fondo ogni tortuoso sentiero che il destino, forgiato dalle mie colpe passate, ha predisposto per me, a mia definitiva dannazione, finché vedrò anche la mia ombra cercare di separarsi da me, disgustata dall’orrore per l’uomo che è costretta a seguire.
Vorrei poter gridare la mia disperazione, ma non c’è nessuno che può udirmi, né sono disposto ad accettare aiuto: compirò il mio dovere, fino in fondo.
In silenzio.


1 - Garcia Lorca - “Libro de poemas”: tratto da “Madrigale”.
2 - Earendil: “Argento”. Scritta nel febbraio 2007.
3 - Paul Verlaine – Dalla raccolta “Poesie saturnine – Paesaggi tristi”: V-Canzone d’autunno.
4 - Earendil.
5 - Ugo Foscolo – Poesie giovanili: tratto da “Sonetto”.
6 - Earendil.
 
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