Il Calderone di Severus

TrePi - La Grande Madre, Tipologia: One Shot ( 500) - Genere: Generale - Altro Genere: introspettivo Avvertimenti: AU - Epoca: Post 7 anno - Pairing: Nessuno - Personaggi: Altro - Altri Personaggi: Nessuno

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view post Posted on 4/4/2017, 15:27
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Titolo: La grande madre

Autore/data: Trepi – Luglio 2014
Beta-reader: ida59
Tipologia: one shot lunga
Rating: per tutti
Genere: introspettivo/ generale.
Personaggi: Severus Piton, personaggi originali.
Pairing: nessuno
Epoca: post 7° anno.
Avvertimenti: AU.
Riassunto: Severus, l'oceano, una barca e tanti amici...

Parole/pagine: 4.026/10


Scritto per il Gioco Creativo 7. "La sfida olimpica", seconda edizione, luglio 2014.
Specialità scelta per questa storia: Il nuoto.
La storia partecipa al Gioco creativo n.14: Severus House Cup


Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling, la trama di questa storia e i personaggi originali sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.






Introduzione: questo racconto è uno spin off della mia storia "Il cuore grande di Hogwarts".
Con molto piacere ho autorizzato TrePi - Claudio ad utilizzarla.
In breve il contenuto di quel racconto è il seguente: Severus è sopravvissuto al morso di Nagini., ma ha deciso di allontanarsi dal mondo magico e di non usare più la magia per non farsi trovare.
Si è stabilito ad Ullapool, una piccola cittadina nel nord della Scozia, dove sta imparando a vivere alla Babbana.
Ha un piccolo negozio di erboristeria e vive in un alloggio ubicato sopra il negozio.

Se volete potete leggervi la mia storia.
Ma anche no...
chiara53









....Severus si preparò ad uscire proprio per incontrare al pub il Dottore e fare quattro chiacchiere con lui; magari avrebbe preso anche un bel tè insieme.
Ad Ullapool il mondo aveva cominciato a girare nel verso giusto anche per il Dottor Steven Prince, alias ex Mangiamorte, alias ex Professor Severus Piton.( Da "Il cuore grande di Hogwarts" di chiara53)




La Grande Madre



Col trascorrere dei mesi invernali, Severus aveva fatto alcune interessanti scoperte.
Quasi subito si era reso conto che il piccolo Pub annesso all'albergo di Amelia Lewis era il luogo di ritrovo dei VIP della cittadina: si andava dal Dottor Martin a Franck McCain, direttore della filiale locale della Bank of Scotland, per poi aggiungere Terry Whitlow, comandante del distaccamento locale della Coast Guard, John McLish, armatore e proprietario dei due grossi pescherecci d'alto mare di base a Ullapool, e dei relativi comandanti, quando le due navi erano all'ormeggio. L'ambiente marittimo era completato da Peter "Hardwood" Singleton, l'anziano proprietario del piccolo cantiere che si occupava del rimessaggio e della manutenzione delle molte barche dei "terragni", come lui li chiamava con disprezzo, delle città vicine. Singleton doveva il suo soprannome al fatto di essere uno degli ultimi e più famosi "Maestri d'ascia" della zona, capace di costruire una barca, diceva lui, "Come Dio comanda", ovvero di buon legno stagionato di quercia.
Completavano la clientela Tom Hasley, un pensionato ex direttore dell'Ufficio Postale e accanito "bird spotter", ed infine, cosa in sé curiosa, alcuni dei direttori e/o proprietari di importanti alberghi della zona.
Forse anche loro erano attratti dall'atmosfera che era subito piaciuta a Piton: buona birra, tranquille chiacchierate a bassa voce, reciproca e collaudata conoscenza.
Era stato il Dottor Martin a introdurlo in quella sorta di club esclusivo e, appena squadrato il soggetto, era stato immediatamente accettato.
Tutti si erano subito resi conto che questo "Mago della biochimica", come lo aveva presentato il medico, era di una ignoranza abissale su certi argomenti, ma Severus era riuscito a dare di sé l'immagine di una persona che aveva passato la vita fra laboratori e aule d'insegnamento - il che non era poi così lontano dalla verità - e tutti avevano annuito comprensivi.
Tutti meno il vecchio Singleton, che lo aveva guardato torvo:
- Magari sei uno di quelli che studiano le schifezze?
- Beh, ecco... Quali schifezze?
- Ma sì, quelle porcherie che ci fanno le barche adesso... vetroresina, fibra di carbone...
Il Comandante Withlow l'aveva interrotto sghignazzando.
- Peter, sei ignorante come una zucca! Intanto si dice "fibra di carbonio", non "di carbone"; e poi lui non si occupa di chimica industriale, ma di biochimica: erbe, vegetali, piante...
- Oh, ca... , allora è tutta un'altra cosa. Ti intendi anche di alberi, di legname?
- Ehm, sì, ci ho lavorato parecchio.
Sorridendo felice, il vecchio maestro d'ascia fece scivolare davanti a Piton il suo boccale di birra scura ancora intatto.
- Bevi, per tutti i diavoli. Quando ne hai voglia, io e te dobbiamo parlare; vieni giù al cantiere, per "il Mago" è sempre aperto.
La seconda scoperta era stata un po' meno gradevole: grato ai suoi nuovi compagni per la disinteressata amicizia ed il calore con cui era stato accolto, li aveva riempiti di campioni delle sempre nuove preparazioni che veniva elaborando.
Purtroppo, lui era sempre Severus Piton, il più grande dei pozionisti, e la parte femminile delle famiglie dei frequentatori del Pub era andata in visibilio per le qualità dei suoi prodotti.
La sua fama si era sparsa con la velocità del fuoco appiccato a un campo di erba secca, per poi diffondersi fra i turisti che cominciavano ad arrivare.
A quel punto Severus si era trovato a riconsiderare Hermione Granger e il suo C.R.E.P.A.: doveva lavorare dall'alba all'ora di cena come un Elfo domestico, dopo aver percorso, durante le ore di apertura del negozio, centinaia di volte i pochi metri fra il laboratorio e il banco di vendita.
Non si alzava all'alba solo per scelta, ma per necessità: quella di battere le sue più pericolose nemiche, le bianconere lanute pecore scozzesi.
Le colline intorno al paese erano un vero Paese di Bengodi di erbe e radici utili e rare, ma purtroppo lo sapevano anche le greggi che vi imperversavano: le simpatiche bestiole erano brave quanto lui nel riconoscere le erbe migliori, ma quanto a velocità di "raccolta" erano pari a una falciatrice Babbana a motore.
Il suo amico ornitologo gli aveva indicato una piccola valle, non vicinissima, che i pastori evitavano perché di difficile accesso, e gli aveva anche procurato il mezzo di trasporto, almeno per l'andata:
il camioncino del lattaio che tornava alla sua fattoria dopo le consegne.
Purtroppo questo avveniva poco dopo l'alba...
Il problema trovò una completa e soddisfacente soluzione quando il direttore di uno degli alberghi della cittadina gli mostrò il curriculum di un suo nipote, fresco diplomato Perito Chimico alla Technical School di Edimburgo. Piton lo lesse, e per quanto delle scuole Babbane conoscesse solo le votazioni delle elementari, capì che il giovane ad Hogwarts avrebbe avuto senza dubbio una "O". Per il giorno successivo lo invitò nel suo negozio-laboratorio, e dopo una mezza giornata si rese conto di aver trovato il suo assistente - allievo ideale.
Parco di chiacchiere, misurato nelle domande, attento e concentrato osservatore di quanto Severus veniva elaborando, non poteva non piacergli.
Dopo qualche giorno di lavoro il suo giovane assistente cominciò timidamente a fargli notare che il laboratorio era tragicamente scarso di attrezzature, almeno secondo la logica Babbana, e che forse questa o quella macchina sarebbe stata molto utile per velocizzare la produzione...
Severus colse la palla al balzo: da un canto poteva sfruttare le conoscenze tecnologiche del ragazzo, e dall'altro poteva mettere a tacere le continue lamentazioni del Direttore della banca, autoelettosi suo amministratore e consulente finanziario. Costui, infatti, sosteneva che nonostante i prezzi "ridicolamente bassi" praticati da Piton, sul suo conto corrente si stava accumulando una quantità assurda di denaro che "doveva" essere investito.
Decise quindi di dare carta bianca al ragazzo per l'acquisto delle attrezzature necessarie al laboratorio e ne informò il banchiere, ottenendone un soddisfacente "Ohh, finalmente!".
Abituato ai tranquilli ritmi di Hogwarts, rimase sorpreso dalla velocità con cui il laboratorio si riempì di curiosi marchingegni, ed ancora di più dal fatto che non erano difficili da usare e che, per la barba di Merlino, funzionavano bene!
Certo, non li avrebbe mai adoperati per una delle vere e complicate pozioni in cui era maestro, ma per le creme, le lozioni e le bevande che vendeva erano più che soddisfacenti.
Comunque il risultato finale fu che, finalmente, il sedicente Dottor Prince ebbe giornalmente a disposizione un po' di tempo libero da dedicare a sé ed ai suoi interessi.

************

Fin dal giorno in cui Severus era giunto a Ullapool era stato irresistibilmente attratto dal mare, in tutte le sue manifestazioni.
La vista di quella immensa massa d'acqua dal colore che cambiava continuamente a seconda del tempo e dell'ora del giorno, l'odore salmastro e pungente che permeava l'aria, il perenne sciabordio delle onde, grandi o piccole, che si infrangevano sugli scogli a pochi metri dalle sue finestre, lo ammaliavano più di qualsiasi droga.
La cittadina era rintanata all'interno di un profondo fiordo, per cui la vista dell'oceano vero e proprio gli era preclusa; anche nei giorni di tempesta non c'erano grandi onde, ma il mare sembrava ribollire come uno dei suoi calderoni.
L'amico ornitologo lo aveva, nei mesi invernali, accompagnato in luoghi da cui era possibile avere una visione completa dell'oceano in tempesta, e quella, per lui, era stata un'esperienza sconvolgente, una miscela di sensazioni contraddittorie.
Da un canto, per la prima volta in vita sua, il grande Mago si era sentito infinitamente piccolo e impotente di fronte a quelle mostruose masse d'acqua che si infrangevano contro l'alta costa, inducendo un leggero fremito persino in quelle rocce vecchie di milioni di anni
Da un'altro si sentiva pervaso da uno strano senso di esaltazione, forse perché assisteva ad una straordinaria manifestazione della Natura e di quella Natura anch'egli faceva parte.
Aveva, cosa per lui assolutamente inconsueta, fatto partecipe di queste impressioni il suo nuovo amico, e questi gli aveva confermato che anche lui provava quelle sensazioni, ma aveva da tempo smesso di analizzarle e di chiedersene il perché: ora si limitava a guardare e a goderne.
Intanto, dietro le pressanti richieste del maestro d'ascia, si era recato più volte a visitare il cantiere navale, che non era poi così piccolo come sosteneva il suo proprietario.
Lunghe conversazioni e qualche consiglio ben azzeccato sui legnami avevano trasformato l'amicizia del vecchio Peter in idolatria, tanto che questi gli aveva dato le chiavi dell'ingresso pedonale, affinché Severus potesse gironzolare per il cantiere anche durante le ore di chiusura.
In particolare Piton era attratto dalla grande spianata di cemento digradante verso il mare su cui erano sparse una notevole quantità di imbarcazioni, tra quelle in attesa di riparazione o di rimessaggio e quelle ormai tristemente in disarmo.
Era proprio di queste ultime che Severus subiva l'irresistibile richiamo: la sua sensibilità di Mago avvertiva che in quei vecchi legni era racchiuso qualcosa che meritava di essere investigato.
Nell'angolo estremo della spianata, rovesciata, chiglia all'aria, giaceva una barca vecchissima; la vernice era quasi completamente scrostata, il legno reso ormai biancastro dall'azione combinata del sole e della salsedine. Questi due elementi avevano in qualche modo "mummificato" le vecchie tavole.
Giunse il momento in cui il Mago sedette su un blocco di cemento accanto allo scafo e, prima di rendersi conto di cosa facesse, appoggiò una mano sull'antico legno.
Fu come immergere il volto nel Pensatoio dello studio di Silente: si trovò proiettato nei ricordi della barca, ma non come osservatore estraneo e invisibile; Severus sentiva di essere la barca stessa.
E un lunghissimo racconto ebbe inizio...


************

Storie di mare, storie degli uomini che l'avevano portata a fendere le acque, prima pescando con la rete, in un tranquillo fiordo percorso ancora dai salmoni e dai branchi di sgombri, poi verso il mare aperto, con lunghe lenze alla ricerca degli stessi salmoni che avevano smesso di percorrere il fiordo verso i luoghi di riproduzione.
Giorni di gioia e di soddisfazione, quando il mare sfiorava i suoi bordi per la gran quantità di pesce pescato.
Giorni di tristezza e scoramento quando le poche cassette di pescato sarebbero bastate a stento a sfamare le famiglie del suo equipaggio; ma non si può vivere di solo pesce, e l'incubo della fame spesso incombeva, mentre le donne percorrevano le colline alla ricerca d quelle erbe che occorrevano per tenere almeno i figli al riparo dalle malattie che una dieta solo ittica poteva causare.
Giorni in cui la disperazione del suo equipaggio la spingevano in mare aperto, con all'orizzonte nubi preannuncianti tempeste che lei non sarebbe stata in grado di affrontare.
Giorni in cui i calcoli si erano rivelati errati, in cui la tempesta li aveva raggiunti troppo presto; fughe disperate, tagliando le costose lenze che non c'era tempo di recuperare, per rifugiarsi in minuscole insenature dove i puntuti scogli mordevano i suoi legni come belve feroci.
Infine i giorni della pesca erano finiti, le barche come lei soppiantate dai più grossi e veloci scafi a motore; prima a vapore, poi i borbottanti motori a scoppio.
Era cominciata una nuova vita; passata di mano, portava in giro un nuovo tipo di persone, che amavano il suo lento e silenzioso incedere, che volevano ammirare le meraviglie dei bassi fondali non disturbate dallo spietato turbinio delle eliche.
Fondali che lei ben conosceva, pieni di vita e di strane, fantastiche creature; animali che sembravano piante, piante che sembravano animali, filtrate da quel meraviglioso schermo che erano le acque ancora limpide del fiordo.
C'erano anche le uscite in mare aperto, quando ormai la certezza del mare calmo non era più affidata all'esperienza dei marinai, bensì alla sicurezza di strumenti sempre più precisi e raffinati.
Ricordava il giorno in cui, a diverse miglia dalla costa, avevano incontrato una gigantesca megattera col suo piccolo: la gente che trasportava poteva vederne solo lo scuro dorso sbuffante e le pinne simili ad ali, ma lei aveva potuto seguirla anche quando si immergeva: quel leviatano del mare dalle movenze fluide ed eleganti.
Poi anche quei tempi erano finiti, anche per le gite dei turisti erano subentrati gli scafi a motore, e lei si era ritrovata, abbandonata e dimenticata, su quella spianata di cemento, con la sola compagnia del sole, del mare e dei suoi ricordi.


***********


Non era stato il racconto di un'ora; Severus aveva perso il conto dei lunghi tramonti nordici passati accanto alla vecchia imbarcazione.
Per non dare nell'occhio, aveva cominciato a portarsi un libro, che teneva aperto appoggiandolo sullo scafo; ma a volte era talmente immerso nella contemplazione che alla fine, a contatto interrotto, si era reso conto di aver tenuto per tutto il tempo il libro aperto alla rovescio.
Tuttavia, perso in quella infinità di ricordi e di situazioni, il Mago si era reso conto che c'era qualcos'altro: una presenza gigantesca e incombente, che restava però impenetrabile e misteriosa.
Severus doveva la sopravvivenza alla sua straordinaria capacità di Occlumante, ma era anche un buon Legilimens; usare questa capacità per tentare di contattare quella misteriosa presenza avrebbe però comportato l'uso della bacchetta, cosa che egli non intendeva assolutamente fare.
Infine, la curiosità divorante gli suggerì un tentativo mai sperimentato: simulare l'incantesimo nella sua mente, senza usare la bacchetta.
Sedette quindi sul solito blocco di cemento, appoggiò una mano sul vecchio legno, si concentrò al meglio delle sue capacità e "pensò" di lanciare l'incantesimo.
Il tentativo ebbe successo, ma ciò che vide lo lasciò esterrefatto e atterrito.
Stavolta, come nel magico Pensatoio, era solo un osservatore: quello che vedeva era un giallo sole infuocato, ancora "giovane" che riversava nello spazio circostante quantità incommensurabili di luce, calore e altre radiazioni che l'occhio umano non poteva vedere.
Poco lontano una piccola palla, la Terra, che Severus "sapeva" essere composta di rocce e metalli in buona parte ancora fusi, era circondata da un ammasso di gas letali squassati da terrificanti tempeste elettriche che davano al pianeta una tinta scura e minacciosa.
Eppure...
Eppure in quella sorta di inferno primigenio, in quel "brodo primordiale", stava nascendo la vita.
Non appena essa prese coscienza di essere "diversa", per prima cosa si preoccupò, in un abbozzo di istinto di conservazione, di rimanere unica.
Cominciò quindi a modificarsi per modificare a sua volta l'ambiente circostante, e ci riuscì bene e in fretta, in meno di un miliardo di anni. I gas letali furono assorbiti e cambiati, e alla fine rimasero solo quelli che, complici le onnipresenti tempeste elettriche, crearono le prime molecole d'acqua, il liquido amniotico in cui si sarebbe sviluppata la vita vera e propria.
Passarono altre centinaia di milioni di anni, ma alla fine il pianeta assunse l'aspetto definitivo: enormi distese azzurre di acqua, sovrastate da un cielo altrettanto azzurro solcato da immense nuvole bianche di vapore acqueo, che ricadeva come pioggia sulle relativamente poche terre emerse, iniziando a disgregare le rocce e a rendere anche loro adatte ad ospitare la vita.
Una vita di cui già le distese liquide brulicavano, il grembo in cui la Grande Madre, l'acqua, conduceva i suoi esperimenti e tentativi.
La Madre conosceva solo le leggi fondamentali dell'universo, e niente altro: poteva solo provare e riprovare, in un succedersi di prove fallite e di altre apparentemente ben riuscite, lasciando le terre emerse alla più semplice e resistente vita vegetale.
Tanti tentativi: accortasi che le creature con gusci e carapaci esterni avevano limitate capacità di sviluppo, ne aveva create altre con uno scheletro interno, ed erano state proprio queste a cominciare la conquista della terraferma, pur senza avere polmoni per respirare l'aria libera, né la forza necessaria per affrontare la forza di gravità, che era sconosciuta alle creature marine.
Ma alla fine c'erano riuscite, e la Grande Madre le aveva lasciate andare, insieme ad un ultimo dono, una parte di se stessa: il sangue che scorreva nelle loro vene, che permeava i loro tessuti altro non era che acqua, acqua salata.
Ma anche le creature che, ogni giorno più gigantesche, avevano invaso la terraferma, il cielo e lo stesso mare per milioni di anni, si erano rivelate tragicamente fragili.
Era bastato che un grande meteorite, un caso su miliardi, colpisse il pianeta perché la stragrande maggioranza di loro si estinguesse.
Infine la Madre aveva imboccato la giusta via: aveva sviluppato creature a sua immagine, che crescevano i propri figli ciascuna nel suo minuscolo mare interno, immersi nel liquido amniotico che era anch'esso prevalentemente acqua.
Queste erano state, infine, le creature che avevano, stabilmente e permanentemente, occupato il pianeta.


*********


Se i ricordi della barca erano durati giorni, questo riassunto della vita del pianeta era durato pochissimo; ma Severus era consapevole che ora era giunto il momento di parlare con quella che, a suo giudizio giustamente, si era definita "la Grande Madre": l'immenso Oceano che aveva di fronte.
Quell'acqua salata che era sempre in perenne movimento: la culla della vita.
- Perché mi hai mostrato tutto questo?
- L'ho fatto per te, Severus; visto che sei riuscito a parlarmi, ti ho mostrato tutto questo perché tu capisca e impari.
- Capire? Imparare? Che cosa?
- La vita è stata concepita in altro luogo e ambiente, ma io l'ho portata e ancora oggi la porto in grembo; riesci a concepire un mondo senz'acqua?
- Sarebbe solo una sterile palla di roccia e di metalli, come ce ne sono a miliardi...
- Infatti; ma la mia esistenza è stata una immensa sequenza di tentativi e di errori, e molti indizi mi fanno pensare che anche adesso non sono sulla giusta via. Capisci, ora, come la cosa riguardi anche te?
- Me come persona? Non... non sono sicuro di capire...
- Ma sì che capisci! Io ho riempito il pianeta di creature che guardano avanti; tu sembri essere l'unico che va avanti guardando solamente indietro.
- Certo che guardo indietro! Ho commesso cose terribili, ho compiuto errori irrimediabili che nessuno mai perdonerà: questo è il peso che mi trascino dietro; dovrei ignorare tutto?
- Se per "ignorare" intendi "dimenticare", certamente no. Ma ascoltati parlare, Severus: le cose che hai fatto sono "terribili", gli errori sono "irrimediabili", per te non c'è "perdono". Questa non è logica, questa è etica.
- E con ciò? L'etica esiste!
- L'etica... questa magica parolina tanto cara ai filosofi, ai poeti, ai capi religiosi e politici, chiamata anche "fede" o "destino"... una di quelle parole diventate le puttane dei dizionari, come "giustizia" e "democrazia"; infatti vanno con tutti.
- ...
- Severus, quello che cerco di farti capire è che esiste una sola, semplicissima forma di etica, quella che distingue ciò che è oggettivamente, ripeto, "oggettivamente" giusto da ciò che è oggettivamente errato. Il desiderare un qualsivoglia tipo di perdono, i sensi di colpa, il desiderio di espiazione sono solo una forma di masochismo; del resto, se gli errori sono "irrimediabili", che senso ha impetrare perdono? Ciò che è fatto è fatto.
- Allora io dovrei dimenticare ciò che ho fatto? Questo non è solo impossibile, è anche una sciocchezza.
- Ho forse detto qualcosa del genere? Mai dimenticare! La nostra memoria deve essere una biblioteca degli errori e delle cose giuste che abbiamo fatto, e dobbiamo consultarla ogni volta che ci si trovi a dover scegliere la cosa da fare.
Senza contare che quello che a suo tempo fu un errore la prossima volta potrebbe essere la scelta giusta.
- ...
- Non hai una risposta?
- Sì, o perlomeno un' osservazione: ti rendi conto che spesso logica e sentimenti non si accordano?
- Mi è difficile: a me sono state date solo le leggi che regolano l'Universo, ed un unico sentimento, un solo compito: curare ed espandere la vita. Però ricorda che i sentimenti sono relativi. Ti cito un esempio che ti riguarda da vicino. Tu ti arrovelli e ti condanni per l'uccisione di Silente, non è così?
Albus Silente, non considerando i suoi segreti piani, sapeva comunque di essere prossimo alla morte e soffriva molto fisicamente, anche se non lo dava a vedere. Ti ha chiesto, esplicitamente e con insistenza, di porre fine alla sua vita, e tu hai obbedito. Per questo ti consideri un assassino.
Questa situazione si è verificata e si verificherà migliaia di volte sui campi di battaglia di quelli che tu chiami Babbani: un soldato ferito a morte, che soffre terribilmente e sa di non avere speranza alcuna, chiede al suo compagno vicino di porre fine rapidamente a queste sofferenze.
Ebbene, se il suo compagno lo fa è considerato un coraggioso; in caso contrario, un vigliacco. Non mi credi? Fra i tuoi amici del Pub c'è un militare: prova a chiedere la sua opinione, e vedrai quale sarà la risposta.
- Grande Madre, Acqua infinita, tu stai sconvolgendo quasi tutto ciò in cui fino ad ora ho creduto...
- Perché devo e voglio, figlio mio.
- Devi?
- Sì, devo; devo cancellare dalla tua mente, ad esempio, quel tuo tragicamente ridicolo concetto di Destino, a cui ti aggrappi per compiangerti da quando sei stato in grado di ragionare.
- ...
- Ti chiedi di quale destino stia parlando? Immagina che in tua madre, per un attimo, pochi secondi, l'istinto materno avesse sopraffatto il morboso attaccamento che provava per tuo padre; quale Severus Piton avrei ora davanti a me? Niente povertà, niente solitudine, niente rancoroso desiderio di rivalsa, niente Mangiamorte; probabilmente, dato che sei più intelligente e sensibile di quanto lo fosse Potter, Lily sarebbe stata tua invece che sua. Cosa ha fatto la differenza fra quello che sei e quello che saresti potuto essere? Cosa ha forgiato il tuo "destino"? Solo pochi secondi di amore materno.
- E va bene; tu mi hai dato la logica, e non posso fare a meno di usarla. D'accordo, il passato è solo un... archivio, da utilizzare e basta. Ma il futuro? Il futuro, che sia stato una via già stabilita dal mio passato o il frutto di un piccolo evento casuale, resta comunque segnato!
- Severus, sei un caso disperato! Hai appena finito di dire che accetti di ragionare secondo logica, e già la rinneghi. Il futuro non esiste, caso mai esisterà; ma se questa parola ti piace tanto, allora usala al plurale, perché di futuri, per te, come per qualsiasi altra creatura, ne esiste, o meglio ne esisteranno, un numero infinito. Sei sempre stato solo, Severus? Eppure fra poco sarai a cena al Pub, circondato da amici veri, disinteressati, che ti amano e ti stimano per quel che sei, taciturno e un po' musone. Non hai mai avuto un vero amore, un amore da adulto? Eppure forse domattina una giovane entrerà nel tuo negozio per comprare delle creme e scoprirai che hai incontrato la donna della tua vita.
- Insomma, il passato è solo uno strumento, il futuro non esiste perché le possibilità sono infinite; cosa resta?
- Resta l'Oggi, resta l'Adesso. Vivilo completamente, vivilo intensamente, cogli quanto in esso c'è di buono, sopporta con pazienza ciò che eventualmente c'è di male e aspetta che passi. Bada, non ti sto dicendo di vivere alla giornata, Sogna, progetta, pianifica; ma non crucciarti più di tanto se le tue aspettative resteranno disattese, se le cose non andranno come credevi e speravi. Cerca di capire se e dove hai sbagliato, poi ricomincia. Un vostro antico poeta ha detto "carpe diem" , "cogli l'attimo"; ecco, questa sia la tua filosofia di vita, se vuoi che la vita stessa valga la pena di essere vissuta. Ora addio, Severus, spero tu abbia capito. Ah, dimenticavo... - aggiunse con tono irridente - Un altro antico filosofo ha detto: "Parce gaudere et sensim queri"; in buon inglese:" Rallegrati con discrezione... e piantala di frignare"!
Il contatto si interruppe, e Piton sentì di nuovo il vento salmastro sul volto, il vecchio legno tiepido sotto il palmo della mano, il mare davanti a lui e il blocco di cemento ormai fastidiosamente duro sotto le natiche.
Si alzò e si avviò a lunghi passi verso l'uscita del cantiere, apprezzando il piacere di sgranchirsi le gambe.
In cielo c'era ancora luce, ma sul lungomare le lampade si erano accese, e risaltava l'insegna blu del "Ferry Boat Inn".
Era venerdì, e tra poco avrebbe gustato la favolosa zuppa di pesce e crostacei di Amelia Lewis.
Poi un paio di ore di rilassanti discorsi con i suoi amici, un boccale di buona birra e infine una sostanziosa dormita, tanto il sabato e la domenica erano giorni di sola vendita, niente noioso e impegnativo lavoro di laboratorio.
Cogli l'attimo, gli aveva suggerito il mare, la Grande Madre.
E perché no?

Edited by chiara53 - 4/4/2017, 17:56
 
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