Il Calderone di Severus

Sewa - Profondo sud., Tipologia: Storia a Capitoli - Genere: Azione - Altro Genere: romantico Avvertimenti: AU - Epoca: Post 7 anno - Pairing: Severus/Pers. Originale - Personaggi: Altro - Altri Personaggi: Nessuno

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view post Posted on 3/4/2017, 17:21
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Titolo: Profondo sud


Autore/data: Sewa– Luglio 2014
Beta-reader: chiara53/Ida59
Tipologia: long fic breve
Rating: per tutti
Genere: azione/romantico
Personaggi: Severus Piton, personaggio originale, il Saracino.
Pairing: Severus/ personaggio originale
Epoca: post 7° anno.
Avvertimenti: AU.
Riassunto: questa storia è il seguito di “Profumo di Basilico”. Giulia La Rosa, va in vacanza con Severus in un luogo molto, molto a sud per mostrargli il “suo mare”…

Parole/pagine: 9.786/32


Scritto per il Gioco Creativo 7. "La sfida olimpica", seconda edizione, luglio 2014.
Specialità scelta per questa storia: Il nuoto.
La storia partecipa al Gioco creativo n.14: Severus House Cup


Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling, la trama di questa storia e il personaggio originale sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.








Profondo sud




Prologo



Era l’alba. Severus scivolò silenziosamente giù dal letto dove Giulia continuava a dormire tranquilla e sollevò la tendina della finestra.
Il mare era lì, quieto, appena increspato da piccole onde. Da quando erano arrivati su quella minuscola isola, ogni mattina si godeva il sole mentre sorgeva lentamente dall’acqua.
Lui, abituato al suo sotterraneo, aveva seguito Giulia in una terra piena di luce, di colori vivaci, di profumi nuovi e di mare, una distesa d’acqua scintillante di un profondo blu che lo affascinava.
Per entrare in quel mondo nuovo e Babbano aveva dovuto fare qualche piccolo sacrificio, ma ne valeva senz’altro la pena.
Aveva barattato il suo abito nero con jeans e camicie, gli stivali con scarpe da barca e si era sentito ridicolo, guardandosi nello specchio dopo la metamorfosi, ma in fondo che importava?
Si era trasformato nel fidanzato inglese della “Professoressa”, viveva con lei in una casetta a due piani dipinta di bianco, a due passi dall’acqua, fornita di uno splendido terrazzo sul tetto, dove era bello cenare al tramonto, per poi passare tutte le notti con Giulia, la sua Giulia.
Era ancora stravolto dal cambiamento, dall’inopinata irruzione di quella donna nella sua vita, ma era un fatto che, con sua somma sorpresa, il sonno non era quasi più assediato da incubi e riusciva a relegare rimorsi e brutti ricordi in un angolo ben custodito della mente.
Come al solito aveva avuto ragione lei.
Alla fine delle lezioni, per quanto stuzzicato dalla prospettiva di partire con Giulia, aveva cominciato a nicchiare, opponendo stupide scuse ai suoi attraenti progetti.
Non sapeva neppure lui perché. Non aveva proprio niente da lasciare con dispiacere lì, solo orrendi ricordi, rimorsi, incubi e sensi di colpa.
Ecco, forse era l’ennesimo senso di colpa: fuggire dalla sofferenza e rischiare di divertirsi, di ricominciare a vivere da uomo normale, invece di continuare a macerarsi nell’angoscia.
E Giulia, che gli leggeva dentro come in un libro aperto, nonostante le sue doti di Occlumante, a quel punto era diventata brutale: “Capisco, preferisci spassartela a Spinner’s End”. Aveva ribattuto con gelido sarcasmo.
Lui aveva capitolato.
Così, dopo essersi materializzati nell’angolo sudicio di un porto sconosciuto, in mezzo a montagne di container, avevano raggiunto la stazione d’imbarco per i traghetti, confusi in mezzo ad una variopinta folla di turisti, trascinandosi dietro buffe valige con le rotelle.
Non era stato un viaggio comodo.
Severus detestava la confusione e il vocio, ma aveva sopportato, anche se avrebbe volentieri schiantato ad uno ad uno tutti quegl’invasati che strillavano, telefonavano, fotografavano, mangiavano, bevevano, ridevano e lo urtavano in continuazione.
La sua mano era corsa alla bacchetta quando una ragazzina dai capelli striati di viola gli aveva rovesciato addosso un bicchiere di aranciata e si era scusata ridendo, continuando a sgomitare per andare chissà dove. Giulia lo aveva fermato appena in tempo.
Erano riusciti a sbarcare senza altri incidenti di rilievo.
Al tramonto erano finalmente approdati all’ultima isola. Nel frattempo i passeggeri più scatenati e chiassosi erano miracolosamente scesi altrove, lasciando il posto a gente del luogo e normali turisti desiderosi di godersi il mare in santa pace.
Severus era rimasto incantato da quella specie di enorme scoglio incastonato nel blu, incendiato dal sole declinante.
Si era detto che Giulia poteva essere nata solo in un luogo così. La luce che emanava dai suoi occhi era la stessa che lo avvolgeva in quel momento.
Si era chiesto, con il cuore stretto in una morsa, se veramente si meritava la donna che lo stava guardando fiduciosa e innamorata.
Possibile che ci fosse anche per lui una seconda occasione, dopo aver visto spalancarsi l’inferno?
Si era stretto ancora di più a Giulia e lei lo aveva guardato di nuovo: aveva capito che per una volta le domande angosciose potevano aspettare, quando una donna ti contemplava con tanto amore e speranza negli occhi.

Uno



Giulia sapeva essere silenziosa come un gatto. Mentre lui spiava il sorgere del sole, lei era sparita in cucina a preparare il caffè.
Un caffè che non aveva nulla a che fare con quello inglese: si serviva in tazzine minuscole e aveva sapore e consistenza tali da far sembrare quello che aveva bevuto fino ad allora la sciacquatura di una caffettiera sporca.
A volte si domandava tetramente come sarebbe potuto sopravvivere senza, quando fosse tornato a Hogwarts.
La tavola era già pronta e invitante. Dopo aver gustato la colazione all’italiana, aveva ammesso che, forse, mangiare salsicciotti arrostiti e pancetta fritta la mattina presto non fosse proprio il massimo del piacere. Invece inzuppare una brioche calda nel cappuccino lo faceva sentire in pace col mondo, anche se mai sarebbe riuscito ad abituarsi alla vista di Giulia che martoriava un povero cornetto, tuffandolo dentro un grosso bicchiere contenente un intruglio di ghiaccio, zucchero e caffè che i locali chiamavano granita.
Sgranocchiando un biscotto di pasta di mandorle e pistacchio, sbirciò dalla piccola finestra della cucina.
Giulia sorrise: Severus, dopo aver lasciato Hogwarts, era cambiato anche se ostentava il solito glaciale distacco dal resto del mondo.
La curiosità per quel nuovo ambiente se lo mangiava vivo; dietro la maschera c’era un ragazzino bramoso di novità. Quasi distrattamente buttava là una domanda e poi la lasciava parlare finché ne aveva voglia, ostentando un’aria quasi assente. In realtà quella bizzarra isola lo intrigava, e non solo per la sua bellezza.
Aveva appreso (e lì il suo aplomb aveva vacillato paurosamente) che non c’erano segreti fra maghi e Babbani nella piccola comunità. Lì la magia era così radicata nelle tradizioni più antiche che gli esseri magici non dovevano nascondersi, ma erano perfettamente integrati nella società.
Tutti sapevano dei poteri di Giulia e non ne avevano paura, anzi le volevano molto bene perché li usava per aiutare chi ne aveva bisogno, come peraltro facevano gli altri maghi e streghe.
Erano i Babbani dell’isola a proteggere con il silenzio più assoluto la comunità magica fin dalla notte dei tempi.
La curiosità suscitata da Severus non era dovuta al fatto di apparire strano ai conterranei di Giulia, come aveva temuto, ma più semplicemente tutti erano stupiti e contenti che “la Professoressa” si fosse finalmente decisa a mettere su famiglia, come la sua presenza accanto a lei faceva sperare.
Ecco, lui, quella domanda non aveva ancora trovato il coraggio di fargliela.
Come mai una donna intelligente e bella come lei non aveva mai avuto una relazione stabile con uno delle decine di uomini, maghi o Babbani, che sicuramente dovevano averle ronzato intorno?
Non glielo aveva mai chiesto, forse perché se ne vergognava. Proprio lui che fino a qualche mese prima si era macerato nel ricordo di Lily, come se le altre donne fossero scomparse dalla faccia della terra, doveva chiedere all’unica che fosse riuscita ad abbattere il solido bastione d’indifferenza che si era costruito, il perché della sua solitudine? Se fosse stato capace di ridere si sarebbe smascellato.
- A cosa stai pensando? – Gli chiese Giulia dopo aver ingollato l’ultimo sorso di granita.
- Quale avventura hai architettato per oggi? – Ghignò Severus.
- Sei preoccupato, grande mago? – Ribattè lei con un sorriso malizioso.
- Ho un ricordo piuttosto… pungente dell’ultima volta. – Replicò lui rabbuiandosi.
- Solo i barbari del nord riescono a ridursi come puntaspilli, se incontrano ricci di mare. Sentenziò Giulia ironica.
- Potevi avvertirmi!
- Ti avevo detto di non andare scalzo, ma sembra che le ciabatte ledano la tua dignità! Comunque oggi non ti serviranno.
- Non andiamo al mare? – Borbottò deluso.
- Sì, certo. A proposito, ti ricordi ancora come si fa l’incantesimo Testabolla?
- Per le mutande di Merlino! – Insorse Severus – Ti diverti tanto a provocarmi?
Giulia rideva, asciugandosi le lacrime, senza riuscire a rispondere.
Quando Severus assumeva quell’espressione oltraggiata, raggiungeva livelli di comicità inarrivabili.
Si alzò e andò ad abbracciarlo.
- Ci caschi sempre, Professore! – Gli mormorò all’orecchio – Ti adoro!
Lui la guardò immusonito:
- Sei una piccola strega impertinente. Se fossi stata mia allieva…
- …Avrei un sacro terrore di te. Ti piace davvero spaventare la gente?
- In fondo no. – Ammise di malavoglia.
- E’ già qualcosa. – Approvò lei con tono saggio, improvvisamente seria. – Non mi illudo di cambiarti, Professore, ma se… Se potessi smettere… Insomma, sei Severus Piton, hai tenuto testa a Voldemort, non devi dimostrare più niente a nessuno, non devi più difenderti se ti prendono in giro…
- Non puoi capire. – La interruppe lui.
- Davvero? Pensi di avere il monopolio della vita infelice? Allora sappi che ognuno di noi ha mostri che lo tormentano, cose fatte o non fatte che hanno causato dolore agli altri, occasioni perdute, crudeltà subite che non si possono dimenticare.
- Anche tu? – Chiese Severus, lo sguardo più cupo che mai.
- Certo, cosa credi? Pensavi che fossi un’ochetta senza pensieri?
- No, non l’ho mai pensato. Le ochette m’infastidiscono. – Rispose tetro – Chi sono i tuoi mostri?
- Uno solo. – Confessò Giulia lanciandogli uno sguardo duro come l’acciaio.
Severus l’afferrò e la costrinse ad accoccolarsi sulle sue ginocchia:
- Lo combatteremo insieme allora. – Mormorò accarezzandole i capelli. Lui sapeva bene cosa significa essere soli.
- Sei un brav’uomo, Severus Piton. – Sussurrò Giulia. - Non so se ti merito.
Severus sorrise fra sé: aveva pensato la stessa cosa qualche giorno prima, erano in pareggio, no?
- Sono sempre un ex Mangiamorte. – Puntualizzò.
- Basta con questa storia, mi hai stufato, Professore! – Lo rimbeccò Giulia. – Allora vuoi sapere dove andremo oggi?
- Se vorrai essere così gentile da dirmelo…
- Ti annegherò, un giorno o l’altro! Anzi, ci proverò oggi stesso. Andiamo alla Buca della Nave Morta.
- Che sarebbe… - Gli occhi di Severus erano tutto un luccichio di curiosità.
- Al largo della spiaggia dove andiamo di solito c’è una fossa molto profonda. Sei mai stato sott’acqua?
- E dove, secondo te? Nel Lago Nero ad Hogwarts?
- Barbaro. Questo è un posto meraviglioso, vedrai.
- Ci sono ricci? E cosa c’entra la Nave Morta?
- C’è una leggenda che ne parla. Una nave greca sarebbe stata affondata proprio lì da un mostro marino.
- Ancora un mostro, dunque.
- Io non ho mai visto né la nave né il mostro. Ricci sì però. Ma non ti preoccupare, tanto avremo le pinne.
- Conosci un incantesimo per far crescere le pinne? – Chiese Severus sollevando un sopracciglio. -
- No. - Rispose lei con aria di sopportazione. – Sono finte e si mettono ai piedi. Le usano i Babbani per nuotare più veloci. Noi abbiamo la magia, ma loro hanno una grande inventiva. In Inghilterra non li apprezzate abbastanza.
“Vero.” Pensò Severus. La saccente maestrina aveva ragione. “Qualche volta sembra la Granger.” Si disse, improvvisamente attraversato da un brivido.
- Qui da voi non si usava bruciare le streghe? – Mai le avrebbe dato soddisfazione.
- Certo che sì! E allora? E’ passato qualche secolo dall’ultimo rogo, o non ve ne siete accorti? La tecnologia sta superando la magia. Noi usiamo i gufi, loro gli SMS. Noi…
- Gli… cosa?
- Lascia perdere, te lo spiegherò. – Rispose Giulia sorridendo all’espressione esterrefatta di lui. – Piuttosto, è quasi ora di andare. – Annunciò alzando la bacchetta per sparecchiare la tavola.
- Questo i Babbani non lo sanno fare. – Puntualizzò Severus ironico.
- Non ancora. – Ribatté lei con un ghigno.
“No, non è come la Granger, è molto peggio!” Si disse Severus, preso dallo sconforto.
Ci fu un’altra discussione a proposito dell’incantesimo Testabolla.
Severus sosteneva che fosse meglio un’adeguata manciata di Algabranchia :
- Ha un sapore orrendo. – Si lamentò Giulia.
- Magari riesco ad addolcirla un po’. Ho una certa conoscenza di pozioni. – Insinuò Severus ironico – Con l’Algabranchia le pinne non serviranno e nuoteremo come pesci, è più sicuro.
- Vediamo cosa sai fare, Professore. – Cedette Giulia con un sospiro.

Due



Presero in prestito la barca di Gaetano il pescatore, quello che lo salutava sempre con un sonoro “Buongiorno professor Pitò!”.
Per un puntiglio tutto mascolino Severus aveva preteso di remare, anche se la sua esperienza era limitata a qualche solitario tentativo sul lago di Hogwarts. Aveva lasciato che Giulia se la ridesse della sua goffaggine, poi a distanza di sicurezza aveva ordinato ai remi di andare da soli e aveva risolto il problema. Però Gaetano li accoglieva sempre con malcelato sollievo al ritorno. Forse temeva per la sua barca, affidata a quel tipo scuro che non aveva per niente l’aria del marinaio.
Il sole era ancora basso sull’orizzonte quando giunsero in vista della spiaggia. Giulia lanciò un’occhiata verso terra e trasalì:
- Per tutti i peli di Merlino! – Imprecò.
Severus sobbalzò, strappato all’incanto del mare calmo che sciaguattava contro il legno.
Riprese i remi e seguì lo sguardo di Giulia. Ancorato nell’acqua bassa c’era un gommone e sulla spiaggia un uomo stava armeggiando con una specie di vestito nero, mentre un altro si occupava di una strana attrezzatura.
- Ci mancavano proprio i Carabinieri stamattina! - Sbuffò Giulia stizzita.
- Chi sono? – Domandò Severus immusonito.
- Sono i tutori della legge, amor mio, non puoi schiantarli impunemente. – Rispose lei come gli avesse letto nel pensiero.
- Che stanno facendo?
- Preparano un’immersione. Mi sa che per oggi dobbiamo rinunciare. Vai a riva, almeno prenderemo il sole e faremo qualche bagno. – Borbottò indispettita.
Dilaniando feroci imprecazioni fra i denti, Severus si piegò sui remi. Una parola, “andare a riva”! Senza magia avrebbe fatto una figura pietosa. Chissà come si sarebbero divertiti quei due sulla spiaggia.
Si giocò il tutto per tutto: ordinò ai remi di muoversi e li afferrò saldamente, fingendo di faticare adeguatamente.
- Saresti stato un ottimo attore. – Lo prese in giro Giulia sogghignando.
All’improvviso l’uomo vestito di nero e il suo compagno, che da un po’ osservavano guardinghi i nuovi arrivati, cominciarono a sbracciarsi per salutarli, facendo loro segno di avvicinarsi.
- Ti conoscono? – Chiese Severus sospettoso.
- Pare di sì. Fammi guardare meglio… Ma sì, quello è Mimì, e c’è pure Antonio! Sono di qui, non dobbiamo preoccuparci. – Rispose Giulia cominciando anche lei ad agitare le braccia.
Con una manovra perfetta Severus raggiunse il gommone, saltò nell’acqua bassa e spinse la barca sulla sabbia, mentre Giulia correva a salutare i suoi amici.
Guardando la pantomima dei baci e degli abbracci pensò infastidito che al sud erano troppo appiccicosi: quel tipo sbucato dal nulla doveva proprio sbaciucchiare la sua donna per dimostrarle la contentezza di rivederla dopo tanto tempo?
E sarebbe toccato anche a lui quel trattamento?
Con suo grande sollievo, le presentazioni si risolsero con virili strette di mano.
- Che fate qui così presto? – Chiese subito Giulia, curiosa.
- Lavoro. – Rispose Mimì laconico.
- Un’indagine?
- Ca’ quale indagine, Giulietta! L’altro giorno Saro è venuto in caserma con un’anfora. Aveva pescato quella invece dei pesci. Ho mandato la foto al Nucleo T.P.C. e sai che mi hanno risposto? Anfora greca.
- La Nave Morta! – Esclamò Giulia.
- Non ci credo tanto, ma è la prima cosa che mi è venuta in mente. C’è stata burrasca qualche settimana fa. Vado a vedere se si è mosso qualcosa laggiù in fondo.
- Possiamo venire con te? – Chiese Giulia, gli occhi luccicanti di desiderio. Severus le strinse il braccio. Doveva essere impazzita. Va bene non doversi nascondere, ma mostrare a dei Babbani la loro magia era veramente troppo.
- Un’altra volta magari. – Le disse ammiccando – E poi il maresciallo è qui per lavoro, non vorrà gente tra i piedi.
Il maledetto Mimì si strinse nelle spalle.
- Il mare è di tutti. – Sentenziò. – E poi non sto svolgendo un’indagine vera e propria. Mi devo assicurare che un vecchio relitto non abbia cominciato a vomitare anfore. In quel caso dovrei avvertire il T.P.C., prima che si sparga la voce e comincino ad arrivare torme di sub a caccia di tesori sommersi. Voi non mi sembrate interessati al commercio clandestino, potete venire, vero Antò?
Il carabiniere, chiamato in causa, sfoggiò un sorriso complice.
- Non ci danno nessun fastidio. Però venite con la barca vostra, non possiamo portarvi col gommone. Noi intanto andiamo, eh marescià?
Senza aspettare risposta i due si voltarono e spinsero in acqua il gommone, facendo loro un cenno di saluto.
Severus era furibondo.
- Come ti è venuto in mente? – Esplose. – Tu ti fidi troppo dei Babbani!
- E tu troppo poco. – Ribattè lei, calma – Potevamo partire insieme, invece ci hanno lasciati soli. Sanno che noi usiamo la magia per andare sott’acqua, ma non ci vedono mai quando la mettiamo in opera.
- Ma dopo ci vedranno con le branchie!
- Conosco Mìmì da sempre. Quando eravamo bambini venivamo a nuotare qui, mi ha visto un sacco di volte usare il Testabolla.
- Siete tutti matti su quest’isola.
- Rilassati, professore, non devi difenderti da nessuno. Qui…
- Vi proteggete a vicenda, lo so. – Concluse lui allungandole l’Algabranchia.

Tre



Il cattivo umore di Severus si dissolse appena si tuffarono nell’acqua limpida e fresca. Tanto limpida da avere l’impressione di essere sospeso nel vuoto e riuscire a vedere il fondo parecchi metri più giù. Con una sensazione di leggera vertigine restò a guardare affascinato quello spettacolo incredibile, poi Giulia lo sfiorò superandolo a testa in giù, diretta verso Mimì.
Severus allungò una mano e le tolse il fermaglio che le tratteneva i capelli. Lei si girò inviperita, mentre un’onda di capelli neri fluttuanti si allagava intorno al suo viso.
Com’era bella! Non c’era da meravigliarsi dei marinai che raccontavano storie di sirene: se avevano incontrato donne come lei non poteva essere altrimenti.
La strinse a sé mentre lei si divincolava furibonda e tentava di prenderlo a schiaffi. Le rivolse un sorriso carognesco, mentre un torrente di bolle le scaturiva dalla bocca. Lo stava insultando ferocemente e aveva ragione, ma anche alla presenza di tutti i Mimì del mondo era impossibile resistere al desiderio di abbracciarla e di...
Per la barba di Merlino, cosa gli stava succedendo?
Dov’era finito il Severus contegnoso, riservato e schivo, cupo e gelido?
Tutta colpa di quel mare incantato, di quell’isola fuori dal tempo.
Com’era lontano il suo sotterraneo buio e freddo e quanto era felice che fosse così!
La lasciò andare dolcemente e lei gli appioppò una sberla prima di filare via, offesa, dopo avergli strappato di mano il fermaglio in malo modo.
All’improvviso si trovò di fronte Mimì, risalito senza che se ne fossero accorti.
Chissà se aveva assistito alla scena di tentato ratto subacqueo.
La maschera gli impediva qualsiasi espressione, ma accennando a Giulia che nuotava veloce verso il fondo, fece con la mano uno dei mille gesti usuali degli isolani. Le dita riunite a carciofo, scosse la mano avanti e indietro.
“Cosa è successo? Cosa le è preso?”
Severus rispose alzando le spalle e facendo un sorriso storto.
Mimì gli assestò una pacca sulla spalla scuotendo la testa, poi indicò il fondo della Buca, invitandolo a seguirlo.
Era veramente un altro mondo.
Mentre scendeva fra le rocce nere, circondato dall’azzurro profondo e trasparente, vide branchi di pesci che si sparpagliavano precipitosamente al loro passaggio per ricomporsi altrettanto velocemente alle loro spalle, navigò sopra una foresta di alghe dove migliaia di pesciolini e altre creature marine giocavano a rimpiattino nell’eterna lotta per la sopravvivenza, vide grotte e anfratti dove polipi e murene si nascondevano aspettando pazientemente la preda.
C’erano anche i micidiali ricci di mare, ma quel giorno poteva ignorarli senza pericolo.
Il fondo della Buca era sabbioso e piatto. Non sembrava davvero il teatro di un naufragio.
Un po’ deluso, Severus si voltò verso Mimì che si strinse nelle spalle, scuotendo la testa. Niente anfore, niente nave: era un bel mistero, di quelli intriganti, che solleticano la fantasia.
Gli sarebbe piaciuto continuare l’esplorazione con Giulia e il maresciallo, ma lei era ancora immusonita e lui batté un dito sull’orologio che aveva al polso.
Era ora di risalire.
Severus si sentiva come un bambino al quale avessero improvvisamente tolto uno splendido giocattolo. Seguì di malavoglia gli altri due, guardando con nostalgia il fondo che si allontanava. Sarebbe tornato il giorno dopo, si consolò.
Doveva fare pace con Giulia però e questo lo agitava almeno quanto vedere Voldemort redivivo.
Tornati alla spiaggia Giulia invitò i due carabinieri a cena.
- Stasera no, mi dispiace. – Rispose Mimì. – C’è la festa in paese.
- Che stupida, me n’ero dimenticata! Però verrò senz’altro, non posso mancare.
- Mi fa piacere. Sarà un po’ complicato vederci perché verranno una sacco di turisti e quelli fanno sempre un casino del diavolo, però troveremo il tempo per bere qualcosa insieme.
- La solita aranciata?
- Che fai, sfotti? Con gli ubriachi e gl’imbecilli che per ballare tutta la notte si faranno un tiro di coca non posso permettermi manco un sorso di vino. – Rispose Mimì completando la frase con una brutale imprecazione in dialetto. Dai, ci vediamo stasera, vi trovo io, sennò che carabiniere sarei?
Ripresero le loro imbarcazioni e si separarono. Severus fingeva di guardare il mare, ma pensava alla frase di Giulia. “Verrò senz’altro, non posso mancare.”
Come se lui non ci fosse.
Doveva essere ancora furibonda.
Si metteva male la giornata.
Ma poi, che aveva fatto lui, per le ciabatte bucate di Merlino? Le aveva sciolto i capelli e l’aveva abbracciata. L’aveva fatto tante volte e lei non si era offesa, anzi!
Era vero, non erano proprio soli, ma quando le aveva tolto il fermaglio aveva visto il carabiniere sul fondo, intento a cercare tracce della sua nave fantasma, non poteva averli visti.
Sarebbe riuscito a spiegarglielo? Giulia quando si sentiva offesa diventava una gatta inferocita.
Severus chinò la testa e finse di remare.

Quattro



Alla fine Giulia aveva preso per buona la sua versione. Gli aveva dato del barbaro incivile, lo aveva strapazzato in ogni modo possibile ma poi, forse stufa di non riuscire a farlo arrabbiare, aveva ammesso, pur recalcitrando, che forse Mimì non li aveva visti.
- Non farlo mai più! – Concluse con fare oltraggiato.
- Bene, dove pensi di farmi dormire stanotte? – replicò Severus con aria innocente, guardandosi intorno –
- Fuori della porta, come ti meriti!
- Uh, proprio come un cane! Chiederò ospitalità a Gaetano. Forse mi farà una cuccia nella sua barca. E tu? – Insinuò con un sogghigno malizioso.-
- Io cosa? Nel mio letto.
- Mmmh, magari con un carabiniere di guardia. - Com’è che gli riusciva così bene fare la carogna? “Dono naturale.” pensò.
Giulia spalancò gli occhi.
- Sei geloso di Mimì! – Soffiò. – Merlino aiutaci! Ma cosa ti viene in mente? Mimì si sposa il mese prossimo con una donna straordinaria.
- Questo lascialo giudicare a me.
Giulia sorrise per la prima volta.
- Sei un uomo impossibile Professor Piton. - Dichiarò con convinzione. – Certo, con Mimì sarebbe stata tutta un’altra vita... Ma a me piacciono le relazioni complicate.
Severus stava perdendo la pazienza, ma poi pensò che se l’era cercata e desisté. Allungò una mano e le sciolse i capelli, la prese in braccio, la portò verso la camera da letto. Basta con le sciocchezze, si disse. La burrasca era passata e stavano solo perdendo attimi preziosi di felicità.
Mentre Giulia gli accarezzava la cicatrice sul collo, provò una sorta d’inquietudine malevola che somigliava ad un presagio.
Lei scostò la mano; doveva averlo sentito trasalire.
- Ti fa male? – Domandò premurosa.
- Come tutte le vecchie ferite di guerra, no? Starà cambiando il tempo. – Minimizzò.
All’inferno quello schifoso serpente e il suo ributtante padrone! “Siete morti!” Pensò con gioia malvagia, stringendosi a Giulia.

Cinque



Verso sera, agghindati per la festa, presero uno dei vicoli che s’inerpicavano fino al paese alto.
Incontrarono una vecchietta che si trascinava dietro un banchetto pieghevole e una sporta che doveva essere piuttosto pesante.
- Ciao Giulietta, buonasera professò! – Li salutò con un sorriso sdentato.
- Buonasera Filome’. Dove andate con tutto questo carico?
- Eh, provo a vendere qualcosa anche stasera. Ci sono le bancarelle lassù alla festa, magari faccio qualche soldo.
- Ma come fate, benedetta donna? – Si preoccupò Giulia – Severus, diamole una mano. Tu prendi il banchetto, io mi prendo la sporta.
Tacitate le proteste della vecchietta, che si trasformarono in accorate benedizioni per la loro squisita bontà d’animo, continuarono a salire.
Filomena era rimasta indietro, Severus tentava di sbirciare nella sporta.
- Cosa c’è lì dentro? – Domandò sospettoso – Sento un profumo strano.
- Lozione abbronzante e doposole. – Rispose Giulia abbassando la voce. - Li ho inventati per me e continuo a fabbricarne per far guadagnare qualcosa a Filomena. Poveretta, è sola come un cane, qui tutti l’aiutano, sennò morirebbe di fame.
- Ma queste sono pozioni magiche... E lei le vende?
- Perché no? E’ così contenta del suo banchetto pieno di barattoli! Chiacchiera, vende qualcosa e passa la giornata.
- Ma è rischioso! – Borbottò Severus – Smerciare pozioni magiche ai Babbani! E se a qualcuno interessasse la composizione e la facesse analizzare?
- Per chi mi hai preso Professore? Le macchine Babbane per le analisi non rilevano ingredienti magici. Troverebbero innocenti erbe officinali e basta.
- Ho sempre pensato che fossi una pazza scriteriata.
- Per questo stai con me, no? – Si girò a guardare Filomena che arrancava dietro di loro – Forza Filome’, siamo quasi arrivati! Dove sistemiamo il banchetto?
- Vicino alla casa dei tuoi genitori. Ci sarà un po’ di spazio ancora.
Severus aiutò Giulia ad allestire la bancarella con il viso aggrottato.
- Perché non mi hai detto che i tuoi genitori abitano qui? Non volevi farmeli conoscere?
Giulia scosse la testa con un sorrisetto di compatimento.
- Ti pare che se fossero stati sull’isola non si sarebbero precipitati a farci visita già da un pezzo? Qui le notizie non hanno bisogno dei gufi per volare. I miei stanno in continente. Ormai sono anziani e d’inverno le comunicazioni s’interrompono facilmente se c’è tempesta. Stanno più tranquilli così, e anch’io. Tu il mare non lo conosci. Sembra un amico adesso, ma diventa un mostro se scoppia una tempesta.
A Severus riusciva difficile immaginare quell’affascinante distesa d’acqua calma come un mostro, ma se lo diceva Giulia che era nata lì, doveva essere vero.
Salutarono Filomena e si immersero nella confusione della festa.
Turisti e locali si davano un gran da fare per agitarsi a dovere. Mangiavano, bevevano, ballavano, prendevano d’assalto le bancarelle... e fotografavano, naturalmente.
Severus non si era sentito entusiasta di trascorrere così la serata, ma scoprì che in fondo quella baraonda non lo disturbava poi tanto.
Non come sul traghetto almeno e non perché questa gente fosse meno agitata.
Cominciava a pensare che pur di potersi concedere ogni giorno un tuffo nell’ammaliante blu del mare, poteva sopportare la calca, le grida, la musica tambureggiante e quegli assatanati che fotografavano qualsiasi cosa, anche i loro piedi, chissà perché.
Cenarono poco lontano dalla piazza principale, in un piccolo slargo riempito per l’occasione di tavolini e ravvivato, come il resto del paese, da merletti di luce tessuti con centinaia di lampadine.
Giulia parlottò con il cameriere e Severus si preoccupò: cosa stavano architettando, sicuramente ai suoi danni?
Quando si vide mettere davanti un piatto di spaghetti sospirò di sollievo, ma qualcosa di strano affiorava qua e là dal viluppo della pasta.
Giulia rise della sua espressione aggrondata.
- Sono ricci di mare! – Annunciò. – Pensavo potesse farti piacere mangiarteli per vendetta.
- Si mangiano? – Chiese lui con un brivido nella voce.
- Sono una prelibatezza, caro il mio barbaro. Assaggia. Ti autorizzo a Cruciarmi se non è vero!
Era proprio vero, sapevano di mare.
Uno chiudeva gli occhi e sentiva il movimento sommesso delle onde, l’odore della salsedine...
- Sai che sono afrodisiaci? – Disse lei strappandolo al suo incanto.
- Non ne ho bisogno. – Rispose acido.
Giulia rise, poi alzò la mano per salutare qualcuno.
- I Carabinieri ci hanno trovato. Arrivano Mimì e Antonio.
- Buonasera. – Li salutarono loro portando la mano al berretto. -
- In servizio, eh? – Ironizzò Giulia, mentre i due si sedevano al loro tavolo.
- Due aranciate. - Ordinò Antonio al cameriere subito accorso.
- Ridi, ridi. – Rispose Mimì con una smorfia - Non ti posso nemmeno rispondere malamente, che sono in divisa e c’è il tuo fidanzato.
Il fidanzato pensò che non avrebbe avuto nulla in contrario.
- Molti ubriachi? – Domandò sorridendo al maresciallo.
Cominciava ad essergli simpatico quel tipo: forse era uno dei pochi che riuscivano a tenere a bada quella femmina irritante.
- Ancora no. – Rispose Mimì – Se ne parla verso mezzanotte, l’una. Ci sarà da fare. - Commentò guardandosi intorno.
All’improvviso si alzò il vento, un vento forte, salato, umido.
- Che succede? – disse Giulia che alzò la testa rimanendo a bocca spalancata.
Gli altri seguirono il suo sguardo poi si guardarono esterrefatti.
Il cielo era di un nero funereo, le raffiche di vento diventavano sempre più forti. Una specie di proiettile bianco-grigio sfiorò la testa di Giulia prima di abbattersi sul tavolo. Lei si alzò in piedi rovesciando la sedia, la mano sulla bocca, fissando il gabbiano morto.
Mimì e Antonio scattarono in piedi, consapevoli che stava per scatenarsi l’inferno con tutta quella gente accalcata in così poco spazio.
Mezzo secondo e già erano spariti, il cellulare appiccicato all’orecchio, abbaiando ordini, non senza aver urlato a Severus un “Portala a casa subito!”
- A casa un accidente! – Chiarì immediatamente Giulia, mentre lui tentava di trascinarla via.
- Che vuoi fare? Prenderti una tegola in testa? – La rimbeccò Severus, guardando le decorazioni luminose che oscillavano violentemente.
- Dobbiamo aiutare questa gente. Guarda!
Lui si voltò nella direzione indicata da Giulia e vide un gruppetto di persone che avanzava ingobbito controvento, le bacchette saldamente strette in mano, facendosi largo fra la gente che scappava.
Maghi e streghe, mormorando incantesimi spensero le luci e ancorarono solidamente le decorazioni ai muri delle case, mentre altri pensavano alle tegole ed a quanto poteva volare via.
Giulia e Severus si unirono a quel gruppo di soccorso magico, mormorando incantesimi, fino a quando lei gridò - Filomena! Dobbiamo cercarla. Se le succede qualcosa non me lo perdonerò mai! – E cominciò a correre verso la casa dei suoi genitori.
Severus si sentì attraversare da un brivido gelido. Qualcosa stava per accadere, ormai sentiva il Male a mille miglia di distanza, non si sbagliava.
Qualcuno minacciava Giulia, un essere oscuro, spietato.
Lo percepiva nel pulsare della cicatrice sul collo, mentre correva col cuore in gola.
Imboccò il vicolo e si fermò di botto.
Un uomo, avvolto in un mantello nero, teneva stretta a sé la povera Filomena per farsene scudo, con la bacchetta puntata al petto di Giulia.
- Expelliarmus! – Pronunciò Severus. La bacchetta volò via, l’uomo fu spinto all’indietro e lasciò Filomena che cadde a terra svenuta. Giulia, svelta come un gatto, la trascinò via.
Severus, la bacchetta puntata al petto dello sconosciuto urlò. - Chi sei? Che vuoi da Giulia?
L’uomo per tutta risposta stirò le labbra in un sorriso crudele. Con un movimento velocissimo la bacchetta gli tornò in mano a minacciare l’avversario.
Qualcosa esplose nella mente di Severus.
La cicatrice bruciava come un’ustione.
Rivide in un lampo Voldemort, tutte quelle facce contorte dalla paura, sentì urla e lamenti piantarsi nella sua anima come chiodi.
- Crucio! – ringhiò furioso .
Lo sconosciuto cadde a terra contorcendosi e lui gli fu sopra.
- Non ridi più? – Sorrise sarcastico – O pensavi che non fossi abbastanza cattivo? Che vuoi da Giulia? Crucio! – Ripetè vedendo con feroce soddisfazione che l’altro continuava a contorcersi violentemente e si lamentava come una bestia ferita a morte.
- Basta Severus, ti prego!
Giulia, pallida come se stesse per svenire, i capelli al vento, lo spinse via dallo sconosciuto. – Lascialo andare!
- Lasciarlo andare? Ti avrebbe ucciso!
- No, avrebbe ucciso te!
Severus spalancò la bocca per lo stupore.
- Me? Ma io non so nemmeno chi sia. I Mangiamorte li conosco tutti e sono ad Azkaban. Chi diavolo è questo pazzo furioso?
- E’ proprio u’ diavolo. – Mormorò una voce querula accanto a lui.
- Filomena! - Esclamò lui chinandosi per aiutarla a rialzarsi.
- E’ u’ diavolo! – Ripeté la vecchia stringendosi al mago con il terrore negli occhi. – Chiddu è u’ Saracinu. E’ tinto assai assai, professo’ !(Quello è il Saracino. E’ molto cattivo, Professore.)
Severus era più confuso che mai.
- Giulia, perché mi vuole ammazzare? – Chiese con lo sguardo che saettava da lei all’uomo per terra.
- Lascialo stare, ti prego, andiamocene via!
- Neanche per sogno. Stupeficium! – Urlò, vedendo che l’uomo aveva cominciato a strisciare, forse tentando di raggiungere la sua bacchetta.
Poi si ricordò di Filomena ancora aggrappata a lui e la vide sorridere
- Maganò sugnu, vossia ‘un si scantasse. Nenti vitti.(Sono una Magonò, non si preoccupi. Non ho visto niente.) – Severus la guardò come fosse un’aliena.
- Ha detto che è una Magonò e che non devi preoccuparti. Non ha visto niente. – Gli venne in aiuto Giulia.
In quel preciso istante al vento si aggiunse la pioggia e in pochi attimi furono tutti e quattro zuppi.
L’uomo a terra cominciò a muoversi pian piano, come se l’acqua lo avesse rianimato.
Giulia decise che era stufa di starsene in mezzo alla strada, fradicia e infreddolita.
- Confundo! - Disse con voce stridula.
L’uomo, colpito dall’incantesimo, alzò la testa a guardarla con gli occhi vitrei, sbattendo le palpebre.
Si tirò su e con le gambe malferme, lamentandosi per il dolore ancora forte della Cruciatus, tentò di appoggiarsi a Severus che si spostò fulmineamente sperando di farlo cadere di nuovo.
Ondeggiando pericolosamente il mago restò in piedi guardandosi intorno, poi si rivolse a Giulia:
- Vinni a chioviri... Unnè a me’ casa? – Chiese piagnucoloso.
- E chi ni saccio unnè? – Rispose lei aggressiva – Vattinni ca si’ ‘mbriacu, malanova a tia!
- Minni vaio, minni vaio. Ma vinni a chioviri... – Si lamentò ancora il Saraceno.
- Vattinni, ‘mbriacu fitusu, vattinni!
(- Comincia a piovere. Dov’è casa mia? –
- Non so dov’è – Vattene, sei ubriaco, maledizione a te!
- Me ne vado, me ne vado. Ma comincia a piovere.
- Vattene, sporco ubriacone, vattene!)

Lentamente l’uomo si girò, andando verso la piazza.
- Accio bacchetta! – Sussurrò Giulia afferrandola al volo nonostante il vento. – Venite! – Disse agli altri due ancora abbracciati e pietrificati dalla sorpresa.
– Severus, aiuta Filomena, io intanto apro la porta! Alohomora! – Sussurrò spalancando il portone della casa dei genitori.
Si rifugiarono nell’ingresso e la porta si richiuse con un tonfo. Restarono a guardarsi, frastornati dall’improvviso silenzio dopo l’urlìo incessante del vento e il tambureggiare della pioggia.
Poi lentamente Giulia si mosse, sciolse delicatamente Severus dall’abbraccio convulso di Filomena.
- Vai di là. – Gli disse piano, indicando una porta aperta. – C’è il salotto, siediti. Arrivo subito. – Poi condusse la vecchia su per le scale.
Lui sprofondò in una poltrona, la testa fra le mani.
I pensieri vorticavano nella sua mente, uno più orribile dell’altro.
Un mago oscuro li minacciava.
Di nuovo.
Certo non era Voldemort, ma ne aveva percepito la crudeltà, la malvagità disumana e quella percezione aveva fatto tornare fulmineamente a galla il suo lato oscuro, aveva goduto della sofferenza del nemico.
Se Giulia non lo avesse fermato lo avrebbe ucciso?
Preferiva non darsi una risposta.
Dov’era la pace in cui si era beato fino a qualche ora prima?
Aveva smesso di tormentarsi, aveva sperato di diventare un uomo come tutti gli altri...
All’improvviso la sua mente fu invasa dal ricordo rasserenante del mare, della sua dolce quiete, del blu profondo quando si erano immersi per cercare la Nave Morta.
Non voleva domandarsi perché, ma godere di quel ricordo felice. Il mare scacciava i brutti ricordi, i rimorsi, le colpe, possedeva una magia capace di farlo sentire diverso, nuovo.
E capì che lui a quella magia non voleva più sottrarsi; gli avrebbe dato la forza di ricominciare di nuovo. E con Giulia accanto.
Lei comparve, come evocata, nel vano della porta.
- Filomena si è addormentata. Disse – Povera vecchia, ho avuto paura che morisse per lo spavento.
Lui ricordò come gli si era aggrappata in cerca di protezione. Da allora in poi solo quello avrebbe dovuto fare. Proteggere, guarire, usare solo le sue capacità benefiche.
Guardò la sua donna e lei gli sorrise.
- Grazie. – Mormorò Giulia. – Ci hai salvato. Il Saraceno è un demonio. Speravo fosse morto, ma a quanto pare il Male non muore mai. – Concluse amaramente.
Severus si alzò dalla poltrona e l’abbracciò con la forza della paura che aveva avuto di perderla.
- Mi devi raccontare tutto. – Le sussurrò all’orecchio. – Il Male può morire. Ci penserò io. Non gli permetterò di farti soffrire ancora.

Sei



Poco dopo, tolti gli abiti fradici e avvolti nelle lenzuola che profumavano di lavanda, si abbracciarono, godendosi la reciproca vicinanza, il silenzio dopo la tempesta, il tepore di quel letto che sembrava un’isola di quiete.
Poi Giulia si scostò bruscamente, guardando Severus dritto negli occhi.
- Devi sapere tutto. – disse con voce roca per la sofferenza, lo sguardo opaco. – Il Saraceno mi tormenta da quando ero una bambina. Aveva giurato che mi avrebbe sposata a tutti i costi. Mi faceva paura, non capivo nemmeno cosa volesse da me, dai miei genitori. Li ha perseguitati per anni, perché mio padre gli aveva detto di no. Il Saraceno ha sempre avuto una brutta fama, usava la magia nera, si diceva che chi gli si opponeva facesse prima o poi una brutta fine. Mio padre non mi avrebbe dato mai a uno così, gli disse di girare al largo da me. Lui non voleva sentire ragione. Io avevo quindici anni ed ero costretta a stare in casa o ad uscire accompagnata dai miei genitori, per evitare che lui mi fermasse per la strada. Avevamo paura che mi rapisse, che usasse la sua magia maledetta su di me. Poi un giorno... – La voce le si incrinò e gli occhi le si riempirono di lacrime.
Severus la prese fra le braccia, la cullò come una bambina.
- Se vuoi dirmelo un’altra volta, quando sarai più calma... – Le sussurrò conciliante, nonostante la furia che sentiva montare dentro di sé al racconto di quella storia sciagurata
- No! – Lo interruppe lei, la voce carica d’odio. – Lo devi sapere!
- Sì, hai ragione, così non ne parleremo mai più.
Lei sorrise, poco convinta.
- Un giorno mi sono accorta che c’era qualcun altro che mi voleva. Un ragazzo che abitava qui di fronte. Si chiamava Nenè, aveva diciassette anni e anche a me piaceva. Era simpatico, bello quanto basta per far sognare una quindicenne. Lui forse non aveva capito il pericolo che correva, io sì. Lui se ne infischiava, mi parlava dalla finestra, lanciava fiori e bigliettini nella mia camera. I miei genitori non avevano capito, erano troppo preoccupati dal Saraceno. Sapevo che ero una pazza, ma era così bello sapere che qualcuno mi amava, un ragazzo normale, non quel diavolo che mi faceva paura. Così una notte Nenè mi diede appuntamento alla scogliera e ci andai. Lui arrivò con un grande mazzo di ginestre. Ci siamo detti un sacco di stupidaggini, ci siamo baciati... Poi è comparso il Saraceno all’improvviso, come un fulmine. Ha scaraventato Nenè a terra e... E gli ha scagliato la maledizione Cruciatus, non so più quante volte, contento di vederlo soffrire, urlare, chiedere pietà...
Lo stomaco di Severus si contorse al ricordo di tutte le atrocità inflitte e subite.
Non poteva pregarla di tacere, lei doveva andare fino in fondo.
- Poi è arrivato mio padre e ha tentato di affrontare il Saraceno ma lui... Lui ha ucciso Nenè con l’Avada Ke...Kedavra e... e poi ha colpito mio padre con la Cruciatus. Rideva e gli diceva che se non poteva avermi lui, non mi avrebbe avuto nessuno. Ho pensato che volesse uccidere anche me. Invece ha fatto volare in mare il... il cadavere di Nenè e ha continuato a tormentare mio padre, fino a quando non è caduto dalla scogliera, tentando di sfuggire alla Cruciatus, poi il Saracino si è smaterializzato e da quella volta non l’ho più visto. Mi sono tuffata per salvare mio padre. Aveva tutte e due le gambe spezzate. Cammina con il bastone da allora.
“Gli è andata ancora bene.” Si disse Severus pensando ai Longbottom.
- Ho capito dopo perché non aveva ucciso anche me. – Riprese Giulia – Io dovevo restare viva per soffrire, per avere paura che lui tornasse a reclamarmi come preda.
- Fitusu! Mallitto iddu e ‘a so’ magaria!* - Imprecò con odio.
- Calmati adesso. – La blandì Severus accarezzandola. Non ti farà mai più del male, te lo giuro.
- Questa è una cosa fra lui e me! Adesso non sono più una bambina spaventata, lo ammazzerò, lo farò ritornare all’inferno!
- E’ vero, adesso sei una strega che sa il fatto suo. – Convenne lui ricordando come si era liberata alla svelta del Saraceno poco prima, togliendogli anche la bacchetta. – Però adesso siamo stanchi, il tuo mago cattivo per ora è rimbambito dal Confundus e non si ricorda più nemmeno chi è. E poi pensi davvero che me ne starò a guardare, mentre un mago oscuro ti tortura perché vuole averti a tutti i costi?
- E’ una cosa mia! – Ripeté Giulia con fare battagliero.
- Se permetti riguarda anche me. Hai detto che vuole uccidermi? Si accomodi pure: io non sono un ragazzino e so come difendermi.
- No! – Esplose Giulia abbracciandolo. – No! Tu sei... Tu sei un brav’uomo, Severus, e hai sofferto anche troppo. Questa volta...
- Questa volta vuoi essere tu ad usare le Maledizioni senza Perdono? Io non sono un brav’uomo, Giulia, sono stato un Mangiamorte, sono stato un assassino, un torturatore di innocenti. Sono come il tuo Saraceno.
- No, non è vero! – Insorse lei infuriata. – Tu hai avuto una vita disgraziata, ti sei unito a Voldemort per vendetta, perché pensavi che fare del male ti avrebbe reso temibile agli occhi di chi un tempo ti prendeva in giro e… perché Lily ti aveva preferito quel Potter. Lasciami finire! – Esclamò vedendo che lui si era tirato su per protestare. – Erano tutti degli stupidi che si approfittavano della tua vulnerabilità. Tu eri il ragazzino timido, povero e sporco, venivi da una famiglia a dir poco disagiata: un bel bersaglio eri. Bella vigliaccata prenderti di mira, davvero. Neanche Lily ha capito niente di te. Ci voleva pazienza, amore, incoraggiamento per farti capire che avevi le stesse possibilità degli altri anzi, di più. Certo, era più facile innamorarsi del campione di Quidditch della scuola!
- Era solo una bambina... – Tentò debolmente di ribattere Severus, travolto da quella difesa appassionata.
- Mica tanto! – Rispose Giulia con acredine - Ti ha buttato via perché Potter era più fascinoso, sempre con quei capelli al vento...
- Come sai tutte queste cose? – Domandò Severus, gli occhi più neri e cupi che mai.
Lei non si lasciò intimidire, non abbassò lo sguardo.
- Me lo hanno raccontato. – rispose con aria di sfida.
- Minerva! - Disse lui sarcastico.
- E se fosse? Minerva ti vuole bene. Tu sei orgoglioso e cocciuto. Se fossi meno scorbutico e scostante ti accorgeresti che tanti ti vogliono bene. Minerva temeva che mi stancassi di quella tua aria antipatica e ti lasciassi perdere.
- E allora ti ha raccontato la storia della mia vita per impietosirti. – Ribattè lui freddamente.
- Oooh, ma quale pietà! Ti sembro una che si mette con un uomo che le fa pena? Adesso sì che sei patetico!
Non c’era verso di fermarla. Ma Severus non aveva nessuna intenzione di ascoltare ancora quella versione più adulta della Granger.
Non era il momento di parlare di lui.
Il Saraceno minacciava di mandare in fumo il progetto che aveva cominciato a covare da un po’ di tempo, un progetto pazzo, sicuramente, ma nessun mago oscuro poteva più mettersi fra lui e il desiderio di pace che provava sempre più intensamente.
Quel tipo tutto nero (come lui, per le mutande di Merlino!) avrebbe scoperto a sue spese chi era Severus Piton.
Faticosamente riuscì a convincere Giulia a calmarsi, a lasciar perdere quei vecchi ricordi dolorosi e le promise che avrebbe trovato il modo di neutralizzare il Saraceno senza ricorrere a metodi estremi.
Litigare tutta la notte non li avrebbe aiutati.
Si addormentarono abbracciati.

*Fetente! Maledetto lui e la sua magia!

Sette



Una musichetta antipatica lo aveva svegliato.
Severus sollevò la testa e vide quel curioso marchingegno che Giulia usava per comunicare a distanza lampeggiare disperatamente.
Maledisse dal più profondo dell’anima chi li stava disturbando dopo quella notte tremenda. Giulia lo fece tacere mugugnando un “Pronto, chi è?”, poi si tirò su velocemente e premette un tasto. Dall’infernale aggeggio proruppe la voce di Mimì.
- … Menomale, ero preoccupato. Dove siete?
- A casa dei miei genitori. Avevamo Filomena con noi, non ce l’avrebbe fatta a scendere e ci siamo fermati a dormire qui.
- Bene, meglio così. Senti, non ho buone notizie. Ti ho chiamato perché stamattina sono passato davanti a casa tua. La porta è sfondata, dentro c’è un putiferio. Non so se è stata la tempesta.
- E che altro… - Provò a mentire lei, ma Mimì la interruppe.
- Giulietta, in camera di sicurezza abbiamo un tizio tutto vestito di nero. Sembra ubriaco, ma non puzza di alcool. Lo hanno trovato i miei uomini e ho fatto finta di non conoscerlo, ma io e te sappiamo chi è. Lo hai ridotto tu in quel modo?
- Sì. – Confessò lei con aria di sfida.
- Ti ha minacciato?
- Altroché se mi ha minacciato! E aveva preso Filomena come ostaggio. Se non fosse stato per Severus…
- Vabbè, non voglio sapere altro. Però devi venire a sporgere denuncia. Non credo proprio che il vento abbia sfondato la porta. – Concluse Mimì ironico.
Così la giornata cominciò con una visita alla caserma dei Carabinieri, dove Giulia sporse regolare denuncia contro ignoti per la sua casa devastata.
- E adesso che me ne faccio di quello là? – Disse Mimì pensieroso mentre lei firmava. – Devo rilasciarlo per forza. In realtà non posso contestargli nessun reato. Lo hanno portato qui più che altro per evitargli di farsi male o impedirgli di dare fastidio a qualcuno. E’ la prassi per gli ubriachi, quando non possiamo portarli a casa.
- Lui la casa ce l’ha. – Gli ricordò Giulia.
- Questo è vero. Ma come entriamo? Non possiamo mica scassinare la porta.
- Senti, facciamo così. Tu e Antonio lo portate davanti a casa, vi assicurate che non ci sia nessuno in giro e alla porta ci penso io.
Severus non riusciva proprio a fare l’abitudine al modo disinvolto in cui maghi e Babbani interagivano per risolvere i problemi sull’isola.
Provava ancora un certo sgomento vedendo Giulia collaborare con le forze dell’ordine, ma nello stesso tempo si rendeva conto che una cooperazione simile avrebbe distrutto Voldemort molto prima, risparmiando centinaia di vite andate perdute in stragi, ipocritamente definite “incidenti” dal governo Babbano.
In quel momento, per esempio, avevano parzialmente risolto con discrezione la questione del Saraceno.
Ancora intronato dall’incantesimo si era infilato in casa, una specie di palazzetto tetro e cadente fuori del paese, apparentemente felice di trovarsi lì e li aveva salutati e ringraziati con aria trasognata.
Severus non lo aveva perso di vista un attimo.
Non si fidava, un serpente del genere poteva anche fingersi rimbambito per uscire di galera, sferrando un attacco assassino subito dopo.
Quando fu solo con Giulia la convinse a riparare immediatamente la casa e a proteggerla con tutti gli incantesimi possibili.
La comunità magica promise tutto l’aiuto immaginabile, anche se in modo un po’ vistoso e imbarazzante.
Furono assediati per tutto il giorno da decine di gabbiani che becchettavano le finestre e si assiepavano davanti alla porta, quasi la casa si fosse trasformata all’improvviso in un peschereccio carico di pesce.
Durante la cena lessero innumerevoli biglietti in cui maghi e streghe si dicevano pronti a sostenerli contro il Saraceno, offrendosi anche di montare la guardia notte e giorno.
- Brava gente, vero? – Disse Giulia, confortata da tanta solidarietà. - Hanno sparso la voce anche tra i Babbani.
- Ma i Babbani che possono fare? – Chiese Severus incuriosito.
- Non fanno magie, ma possono sorvegliare di nascosto la casa del Saraceno.
- E poi che fanno, mandano un gabbiano?
- Ma quanto sei spiritoso, Professore! Non mandano gabbiani, usano questo. – Rispose lei sventolando il cellulare.
- Tecnologia Babbana. Siamo salvi! – Commentò ironico, poi alzò velocemente le mani come farsene scudo contro la prevedibile rispostaccia di Giulia. – Sono stanco. – Si scusò – E anche tu. La casa è a posto e ben difesa. Riposiamoci.
- Ti fa così paura il Saraceno? – Gli chiese lei improvvisamente.
- Perché me lo chiedi?
- Sembra che tu stia rimuginando qualcosa. Sembri molto preoccupato… O impegnato ad architettare qualcosa.
Severus abbassò lo sguardo sul piatto che aveva davanti, come fosse in imbarazzo.
- C’è qualcosa che ti tormenta? O forse stai pensando che magari… Che magari potresti andartene perché non vuoi essere invischiato di nuovo in una storia pericolosa?
Lui alzò la testa di scatto, gli occhi ridotti a due fessure lampeggianti.
- Hai così poca stima di me? – Esclamò rabbioso, alzandosi e cominciando a camminare su e giù per la stanza. - Non mi tiro mai indietro Professoressa La Rosa! Sto pensando a qualcosa che ti riguarda, sì. Ma non perché voglio abbandonarti! Mi preoccupa quel Voldemort da strapazzo, ma solo perché… Perché ho in mente qualcosa per noi due. Qualcosa di… di definitivo. – Concluse chinando la testa di nuovo, gli occhi al pavimento.
- E sarebbe? – Domandò lei con un tremolio nella voce.
- Sarebbe che voglio restare qui con te. Non voglio tornare a Hogwarts. E non devi tornarci neanche tu. – Disse trovando finalmente il coraggio di guardarla.
Giulia restò come fulminata a scrutarlo, una mano sulla bocca.
- C’è un incantesimo in questo mare? – Lei si limitò ad un cenno di diniego.
- Per me sì. Per la prima volta in vita mia sono felice. Non mi era mai successo finora, capisci? Ogni volta che mi stendo al sole, ogni volta che sento quell’acqua sulla pelle dimentico tutto quanto di brutto c’è stato nella mia esistenza. Quando siamo andati a cercare la Nave Morta sarei rimasto laggiù per ore. Non posso pensare di tornare a scuola, in quel sotterraneo buio e sempre freddo. Non ce la farei più. Finalmente riesco a dormire senza incubi, perché mentre sto per addormentarmi, so che mi sveglierò all’alba per veder sorgere il sole su questo mare meraviglioso con te accanto.
Giulia emise un suono gracchiante, poi si schiarì la gola.
- Tu…Tu vuoi restare qui? – Balbettò incredula. – Vuoi lasciare Hogwarts per sempre? Sei sicuro di stare bene?
Lui stirò le labbra in un sorriso di compatimento.
- Credi che sia impazzito? Eppure sei stata tu a convincermi a venire qui con te, mi hai ripetuto fino alla nausea che mi sarei trovato bene. Avevi ragione, non sei contenta?
- Sì, sì, ma hai pensato a cosa farai qui, a cosa…
- Sì, ci sto pensando. Per questo passo il tempo a rimuginare. Alla Gringott ho un bel gruzzolo da investire. In tutti questi anni l’ho sempre ignorato, perché vivevo come un eremita in quel tugurio sottoterra. Adesso è arrivato il momento di usarlo. Pianificando adeguatamente, s’intende.
Aggiunse vedendo già obiezioni e dubbi nell’espressione di Giulia.
- Vuoi buttare via tutti i tuoi anni d’insegnamento…
- Lascia perdere. - La interruppe lui – Non voglio più essere nemmeno il capo della casa di Serpeverde. I miei allievi passati e presenti te li regalo. Sono tutti figli, parenti o simpatizzanti di Mangiamorte, non li sopporto più. Insomma, non ti piacerebbe vivere qui per sempre con me?
- Io vorrei… Mi piacerebbe… Sì, sono contenta, sì! – Esplose Giulia saltando su dalla sedia per correre ad abbracciarlo – Però devo prima sbarazzarmi del Saraceno. – Gli mormorò all’orecchio.
- Dobbiamo sbarazzarci del Saraceno. E poi qui da voi non è una faccenda da uomini questa?
- Uff! – Sbuffò lei minimizzando. – I tempi sono cambiati.
- Allora fai finta di essere tornata indietro di un secolo. E su questo non transigo.
Concluse per evitare infinite recriminazioni.

Otto



Faticarono non poco quella notte a prendere sonno.
Alla fine Giulia si assopì e Severus consolidò la cosa con un incantesimo adeguato per farla dormire saporitamente molte ore.
Arraffò dall’armadio il suo vestito nero, se lo infilò alla svelta, brandì la bacchetta e uscì di casa.
Il mare era ancora mosso, ma il cielo era limpido e pieno di stelle.
Forse c’era qualcuno lì intorno che lo teneva d’occhio, ma non aveva importanza: si smaterializzò, ricomparendo davanti alla casa del Saraceno.
Le finestre erano buie, ma per quanto ne sapeva lui, quel maledetto poteva essere appostato dovunque.
Percepì un movimento con la coda dell’occhio e si girò fulmineamente, la bacchetta puntata, e lo vide.
Il Saraceno sembrava in piena forma, probabilmente aveva davvero fatto finta di essere ancora in balìa del Confundus, e lo stava aspettando, sicuro che lui non avrebbe lasciato a Giulia il compito di combatterlo.
- Finalmente sei arrivato, inglese. – Ironizzò il mago con un sorriso di scherno. – Lo sai che fai paura, tutto vestito di nero?
Severus sentiva la cicatrice ardere di nuovo, intollerabilmente.
Il dolore pulsante alimentò la sua furia e l’odio per quel Male che ostacolava la sua felicità. - Avada Kedavra! - Urlò, e un fiotto di luce verde scaturì dalla sua bacchetta, ma il Saracino, veloce come un serpente, lo evitò per un soffio, scagliando a sua volta la maledizione mortale.
Abile come un consumato spadaccino, Severus rotolò su un fianco e fu di nuovo in piedi e in guardia, ma l’uomo era scomparso.
- Dove sei? – Ruggì. – Sei fuggito, vigliacco? Sai prendertela solo con i ragazzini e le donne? Ti fa paura combattere con un uomo?
Alla fine gli rispose una voce beffarda.
- Io sono qui, sei tu che non mi vedi, inglese!
Il Saraceno si era smaterializzato ed era ricomparso in cima a un dirupo.
Severus benedisse il momento in cui si era vestito con i suoi consueti abiti neri: si sarebbe sentito ridicolo ad affrontare un duello in bermuda e maglietta. Cominciò quindi a spostarsi prudentemente fra le rocce scure, per recuperare una posizione meno svantaggiata e salire al livello dell’altro mago, che sputava insulti e scagliava maledizioni alla cieca.
Se il Saracino sperava di farlo infuriare, per fargli perdere la concentrazione, non conosceva Piton.
Severus continuò silenziosamente a salire senza smuovere nemmeno un sassolino.
All’improvviso fu investito dall’odore di salmastro e sentì il rumore della risacca. Che fosse quella la scogliera di cui gli aveva parlato Giulia, quella dove era morto Nenè tanti anni prima?
“Posto pericoloso.” Pensò. Ci si poteva ammazzare anche senza essere colpiti dall’Avada Kedavra.
Alzò cautamente la testa e proprio in quel momento un lampo di luce bianca illuminò il Saraceno, aureolato da alti spruzzi di schiuma.
“Il faro!” Si rallegrò Severus: la fortuna lo stava aiutando, ora sapeva di essere dall’altro lato della baia e poteva approfittare di quegli attimi di chiarore per vedere dove stava andando.
- Allora, inglese, che vogliamo fare? Mi sto annoiando quassù!
- Sono qui. – Disse Severus con gelida calma. – Comparendogli a fianco.
Un’onda più alta delle altre superò di qualche metro la scogliera infradiciando i due maghi e facendoli barcollare.
La bacchetta stretta saldamente in mano, Severus si girò contro il suo nemico ancora accecato dall’acqua. Anche a lui bruciavano gli occhi maledettamente e sbatteva le palpebre, ma il mare lo stava aiutando, il Saraceno sembrava più in difficoltà di lui anche se aveva alzato la bacchetta per colpire… Ora o mai più.
- Avada…
Un’onda enorme, un mostro d’acqua si riversò su di loro.
Severus fu spinto da un gigantesco schiaffo liquido e scivolò lungo il dirupo.
Prima di sbattere la testa contro un sasso, perdendo i sensi, vide inorridito l’onda chiudersi sul Saraceno e trascinarlo giù dalla scogliera.


Un mese dopo.



Dopo inenarrabili traversie, Severus era riuscito a riappacificarsi con Giulia.
Neanche vederlo pieno di graffi e lividi, con un vistoso taglio in testa e una caviglia lussata, aveva indotto quella femmina, inferocita per essere stata imbrogliata, a provare un po’ di pietà per lui.
L’aveva fatto medicare da Filomena e lo aveva cacciato di casa.
La vecchietta lo aveva ospitato, lei sì impietosita, e gli aveva ripetuto cento volte al giorno di avere pazienza, che Giulietta aveva il cuore buono e lo avrebbe perdonato.
Era riuscita, dopo averlo tormentato a dovere, a farsi raccontare l’accaduto e le quotazioni di Giulietta si erano piuttosto abbassate, tanto che Filomena aveva cominciato a fare la spola tra casa sua e quella della “donna di buon cuore”, per tentare una mediazione.
Ci si era messo anche Mimì, con l’inseparabile Antonio, e poi Maghi, Maghinò, Babbani…
Alla fine, con quasi tutta l’isola contro, Giulia era addivenuta a più miti consigli.
Lui intanto si era ripreso, e zoppicando aveva seguito la sua donna per organizzare il matrimonio.
Stormi di gabbiani erano partiti con un invito legato alla zampa e il risultato, in quel giorno di fine agosto, si vedeva dal nutrito gruppo di maghi e streghe abbigliati vistosamente.
Provenivano quasi tutti da Hogwarts e dintorni.
Minerva, paludata in un lungo abito scozzese di seta, aveva preso Severus a braccetto, rivendicando il diritto di accompagnarlo dalla sua sposa, lì sulla spiaggia, a pochi passi dalla battigia.
Fu una cerimonia serena e felice, con Mimì e la sua bella moglie come testimoni di Giulia e la vecchia Filomena impacciata dal vestito nuovo, al braccio di Antonio a fare da testimoni a un Severus insolitamente allegro, ma ferocemente impacciato anche lui.
Mentre la coppia si scambiava la promessa, dal mare giunse una maestosa fenice che si librò per un attimo sulle loro teste prima di riprendere il volo e scomparire verso nord.
Severus si guardò le scarpe e ingoiò le lacrime, sperando che nessuno se ne fosse accorto.
Minerva pianse senza ritegno, in compagnia dei genitori della sposa, con il piccolo Vitious che cercava invano di consolarli.
Quando la McGranitt si fu un po’ rasserenata si fece promettere solennemente dalla coppia che sarebbero andati a Hogwarts a festeggiare il Natale.
Ma c’era una sorpresa in serbo per tutti o quasi.
Gli ospiti furono condotti, dopo uno straordinario pranzo a base di pesce, a vedere la casa degli sposi.
Sulla facciata della casa accanto, ancora scintillante di vernice nuova, occhieggiava un’insegna: “L’Erboristeria di Severus”.
- Dovremo pur mangiare! - Disse lui alle facce stupite dei suoi ex colleghi. In realtà loro stavano pensando a quanto fosse cambiato l’ex tetro e antipatico professore di pozioni.
Minerva lo abbracciò e dichiarò che quel piccolo negozio sarebbe stato un successo, quando si sarebbe sparsa la voce che Severus Piton avrebbe venduto le sue preziose pozioni.
Uno stormo misto di gufi e gabbiani si librò sulle loro teste a darle ragione.

Epilogo



Il negozio fu un vero successo e Severus imparò a mescolare pozioni canticchiando.
Aveva aggiunto a tutte le ricette un suo ingrediente segreto: una goccia di “quel mare” magico che gli aveva impedito di uccidere ancora e gli aveva salvato la vita.
Giulia ridendo sosteneva che “quel mare” non era incantato, per Severus era vero il contrario.
L’importante era crederci.
 
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