Il Calderone di Severus

Perry - Un cappello chiacchierone, Tipologia: One Shot ( 500) - Genere: Drammatico - Altro Genere: Introspettivo Avvertimenti: AU - Epoca: HP 7^ anno - Pairing: Severus/Lily - Personaggi: Harry - Altri Personaggi: Nessuno

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view post Posted on 29/3/2017, 11:08

Buca-calderoni

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Titolo: Un Cappello chiacchierone
Autore/data: Perry; dicembre 2014
Beta-reader: Ida59
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo, drammatico
Personaggi: Severus e Harry
Pairing: Severus/Lily
Epoca: fine 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Un Cappello chiacchierone e la realtà assume tutto un altro aspetto
Parole/pagine: 3.324 / 5
Nota 1: storia scritta per la sfida “Il confronto”
(#entry390365749) nell’ambito della Severus House Cup (https://severus.forumcommunity.net/?f=8626845) del Forum “Il Calderone di Severus”.
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. Il personaggio originale, ove presente, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

Un Cappello chiacchierone



Come aveva osato, si chiedeva Harry, come aveva osato usare il suo nome?
Se n'era accorto per caso, passando davanti alla presidenza e sussurrando alcune parole disperate: "Avrebbe saputo cosa fare, sì, Silente…"; non era riuscito a finire la frase che il gargoile a guardia della presidenza si era spostato lasciandogli via libera.
L'odio gli aveva poi dato la forza di salire ogni scalino ed entrare in quella stanza con cautela per essere certo che il nuovo preside, quello che lui vedeva come un usurpatore, non ci fosse.
Severus Piton, dopo aver ucciso Albus Silente davanti agli stessi occhi di Harry, aveva persino usato il nome di quel buonuomo come parola d'ordine, come a voler sputare ogni singolo giorno su di lui e a sfotterlo per la fiducia che gli aveva dato e Harry questo non poteva accettarlo, non voleva accettarlo.
Ma non era andato lì per parlare con lui, non era andato lì per vederlo e, in realtà, non desiderava neanche vederlo: era andato lì per parlare con Silente, con il vecchio Silente che riposava nel quadro dietro la scrivania del preside; era andato lì per chiedergli dove si trovasse il diadema di Priscilla Corvonero, quello che, secondo lui e i suoi compagni, poteva essere uno degli horcrux che il Signore Oscuro aveva creato per impedire alla sua anima di morire.
Ma, con sua grandissima sorpresa, Silente non era nel suo quadro, la cornice dorata racchiudeva solo un bel paesaggio che si estendeva all'infinito: del mago barbuto, tuttavia, non vi era traccia.
Harry cominciò ad agitarsi, non aveva fatto tutta quella strada per niente, non poteva trovarsi davanti ad un punto morto solo per la voglia di camminare che una macchia di colore se movente poteva avere.
Percorse tutta la presidenza scalpitando, guardando in ogni quadro, in ogni angolo, persino sul foglio di giornale che giaceva sulla scrivania del preside, del quale lui si rifiutava di pensare il nome, per essere certo che il vecchio non avesse fatto una capatina lì, ma nulla: la figura di Albus Silente era sparita da ogni singolo quadro della stanza.
Harry sentì di nuovo quel senso di disperazione che lo aveva preso parecchie volte nei mesi precedenti disturbando il suo sonno: era un acuto dolore che partiva dalla bocca dello stomaco e saliva su, su fino alla gola bruciandola come se la saliva, che il ragazzo si costringeva a mandar giù, fosse fatta di acido o della più sgradevole delle bevande.
Senza Silente non avrebbe ottenuto niente e tutto sarebbe stato da capo, tutto inutile…
I suoi occhi caddero sulla piccola vetrinata colorata sul lato sinistro della stanza. Harry si avvicinò con un fremito come avesse visto l'unica cosa che avrebbe potuto salvarlo e, in effetti, era così: dietro quelle ante di vetro, su quegli scaffali d'ebano, riposava il Cappello Parlante.
Per quanto tedioso, quell'oggetto forgiato da Godric Grifondoro in persona lo aveva aiutato più di una volta e, Harry ne era certo, anche in quell'occasione avrebbe ottenuto dal vecchio manufatto tutto ciò che desiderava: si fidava di lui.
Così lo prese sentendolo borbottare, infastidito dal fatto che qualcuno osasse disturbare il suo sonnellino giornaliero; tuttavia, quando Harry se lo calò in testa schiacciando i propri ribelli riccioli neri, la voce del Cappello risuonò chiara nelle sue orecchie, come la voce famigliare di un amico, di un consigliere e non come quella di un oggetto che si era appena svegliato da un sonno che, in teoria, non avrebbe neppure dovuto fare.
- Ah, Harry Potter! - Aveva esclamato il cappello sistemandosi sulla testa del ragazzo, - Cosa ti porta qui, figliolo?
Quell'appellativo suonò alle orecchie di Harry come pronunciato da Silente stesso, cosa che fece aumentare la sicurezza del ragazzo nei confronti di quell'oggetto.
- Voglio sapere dove si trova il diadema di Corvonero. - Rispose seccamente il ragazzo sperando di ottenere una risposta veloce di modo da fuggire il prima possibile da quel luogo nel quale né voleva stare né era ben voluto.
- Solo questo? - La vocina acuta e, allo stesso tempo, profonda dell'oggetto sembrava delusa, - Perché io sento altre domande molto più impellenti: vuoi sapere perché ha usato il nome di Silente?
Il cuore di Harry fu preso da una tremenda curiosità e non se la sentì di dire niente, tanto era certo che il Cappello sentisse i suoi pensieri e comprendesse quanto lui desiderasse saperlo.
- Sai, io li ho sentiti parlare. - continuò l'oggetto in tono vago, come se non avesse in realtà niente da dire: era lo stesso tono che Harry aveva spesso sentito usare dalle ragazze quando fanno finta di non aver niente da dire ma fremono per rivelare alle amiche ogni genere di pettegolezzo.
- Erano proprio qui, in questo ufficio, e Silente ha chiesto al Professor Piton di ucciderlo.
Harry, a quelle parole, spalancò gli occhi incredulo, certo che il Cappello gli stesse mentendo, non aveva alcun senso ciò che stava dicendo: che fosse vittima di qualche incantesimo?
Tuttavia, il cappello continuò.
- Sì, sì, hai sentito bene, mio caro, ho detto proprio che Silente ha chiesto a Piton di ucciderlo, gli ho sentito dire che tanto sarebbe morto a causa della maledizione dell'anello ma che il professore avrebbe dovuto finirlo al posto del ragazzino Malfoy. - continuò il Capello.
Harry, ormai incredulo, rimaneva ad ascoltare timoroso: tutte quelle parole erano assurde alle sue orecchie.
Aveva visto lui stesso il professore pronunciare la maledizione senza perdono e aveva visto il lampo verde scaraventare il vecchio mago giù dalla torre; aveva visto gli occhi neri e freddi dell'uno guardare morire l'uomo che gli aveva concesso tanta fiducia e non battere ciglio: non poteva essere tutto frutto di un freddissimo accordo, come se tutto quanto fosse sempre stato inevitabile.
Come se Piton non avesse alcuna colpa.
- Hanno detto anche altre cose. - confessò dunque il cappello, - Cose che neanche io avevo capito prima di ricordare i pensieri del giovane Severus Piton il giorno in cui l'ho smistato in Serpeverde.
Harry era combattuto, da una parte voleva ascoltare, voleva sapere di più, dall'altra non vedeva l'ora di fuggire da quella tortura.
- Io voglio solo sapere dov'è il diadema! - disse esasperato, il pensiero che l'uomo che aveva odiato fino a quel momento fosse assolutamente privo di colpa che gli martellava la testa come un chiodo poco appuntito che fatica ad entrare nel muro.
Il cappello, tuttavia, lo ignorò.
- Piton ha detto al vecchio che non riusciva a credere di aver fatto tutto quello sforzo per niente, hanno parlato di un altro Horcrux, ragazzo, l'ultimo, l'unico che potrà davvero condurre a morte il Signore Oscuro. Hanno anche parlato di tua madre.
Harry non ne poteva più. Mise le mani sui bordi del Cappello tirando perché venisse via, ma, con sua grandissima sorpresa, quello non aveva alcuna intenzione di lasciarlo stare: quel chiacchierone intendeva portare a termine il suo lungo discorso.
- E' stato a quel punto che ho ripensato ai pensieri del giovanotto quando l'ho smistato: sai, aveva i capelli unti anche allora ma una mente molto più facile da visitare. Pensava a quanto avrebbe voluto essere un Grifondoro anche lui per stare con Lily, sapeva bene che se fosse stato smistato in Serpeverde la loro amicizia avrebbe trovato un ostacolo insormontabile. Mi è dispiaciuto doverli dividere ma leggendo la sua anima ho visto tutto, tutto quello che sarebbe accaduto anche se non nei dettagli e avevo bisogno di lui per dimostrare una cosa.
Il fiato di Harry si spezzò in aria: sua madre era stata amica di Piton? Non riusciva quasi a crederci, gli pareva impossibile.
- m-mia madre? - Sussurrò a bassa voce incredulo.
Piton lo odiava, se fosse stato amico di sua madre avrebbe mostrato per lui un minimo di affetto, quel tanto che bastava per non farlo sentire perennemente a disagio di fronte a lui. Eppure… eppure, ora che ci pensava non aveva mai sentito parole brutte riguardo a sua madre da parte dell'uomo, aveva sempre sentito accuse rivolte a suo padre.
Forse quei suoi sguardi carichi d'odio erano solo il frutto di un miscuglio di sentimenti che, magari, neanche il professore era in grado di spiegare: amicizia verso la donna e odio verso l'uomo di cui Harry era figlio.
Forse neanche voleva odiarlo, ma si sentiva spinto a farlo rivedendo in lui l'aspetto e il comportamento del padre.
Da fuori si poté distintamente vedere il Cappello Parlante sorridere mentre lasciava trarre le conclusioni al ragazzo.
- Cosa volevi dimostrare? - chiese, dunque, timidamente Harry, gli occhi ancora stretti e la voce tremante.
- Mi è sempre piaciuto avvalermi di esempi, - disse l'oggetto nero e vecchio, pieno di pezze che, tuttavia, gli davano un aspetto austero, - Volevo dimostrare che, come non tutti i Tassorosso sono deboli o i Corvonero intelligenti, come non tutti i Grifondoro sono coraggiosi, così non tutti i Serpeverde sono cattivi. Ma il resto chiedilo a lui.
Finalmente, il Cappello smise di opporre resistenza ed Harry, con un movimento fin troppo violento, riuscì a toglierlo dalla propria testa con ancora la voce di quello a rimbombargli nelle orecchie: ogni parola che gli doleva nel cervello e gli bruciava nel cuore.
Poi aprì gli occhi.
A pochi metri da lui, avvolto nel suo lungo mantello nero, gli occhi che sembravano una notte senza stelle, Severus Piton stava in piedi, accanto al quadro in cui Silente era tornato a riposare, e guardava il ragazzo.
Per un lunghissimo istante nessuno dei due disse niente: Harry cercava di capire quale fosse l'umore del professore e Piton cercava di capire che cosa esattamente il ragazzo sapesse.
- Il Cappello ha detto che lei e mia ma...
Il professore interruppe immediatamente il giovane.
- Quello che ti ha detto è vero.
Facile, pensò Harry, è ovvio che per l'uomo era comodo dirgli che fosse tutto vero anche se non era così: ci faceva una bella figura.
Però, perché mai avrebbe dovuto mentirgli? Piton non aveva mai provato a piacergli: perché avrebbe dovuto cominciare in quel momento?
Così, lo lasciò continuare.
- io e tua madre… per lei ho fatto tante cose che non avrei fatto per nessun altro.
Harry cominciò a sentirsi male, cominciò a sentire lo stomaco rivoltarsi e gli venne la nausea, non tanto per le parole che l'altro diceva quanto perché, dopo ciò che il Cappello gli aveva rivelato, suonavano terribilmente vere e questo spaventava Harry più di ogni altra cosa.
- E' solo merito suo se tu sei ancora qui, se tu fossi stato solo figlio di tuo padre, probabilmente non ti avrei protetto.
Harry abbassò gli occhi incapace di concepire del buono in quell'uomo, eppure ogni cosa era a suo favore: il ragazzo riusciva persino a vedere la figura della madre sorridere al professore davanti a lui, tendergli la mano come ad un buon amico e volergli bene.
E i fantasmi, le immagini della mente, alla fine non sono niente di diverso che la realtà della persona che li vede.
- Cosa le ha fatto mio padre di così grave? - chiese Harry titubante storcendo il naso in una smorfia, odiava parlare dei suoi genitori con quell'uomo ma, per la prima volta in quei sette anni, lo sentiva vicino, non certo amichevole ma sicuramente meno ostile.
Severus non rispose: guardò intensamente gli occhi verdi del ragazzo, quegli occhi bellissimi incastrati nel corpo dell'uomo che più aveva odiato al mondo.
Era quasi un peccato vederli lì e gli faceva male al petto.
- Sarebbe più giusto chiedere a lui cosa io gli avessi fatto. - Rispose secco Piton deciso a far sì che il discorso cadesse lì.
-Che altro ti ha detto il Cappello? -
Harry si morse il labbro, possibile che suo padre, il suo più grande eroe, se la fosse presa per niente con il professore? Stentava a crederci.
- Ha detto che c'è un altro horcrux, che Silente le ha chiesto di ucciderlo…- rispose Harry, - Ha detto davvero un mucchio di cose.
Il preside guardò il quadro alla parete: il Silente dipinto si strinse nelle spalle come a dire che ormai era fatta e poi tornò a sedersi all'ombra di una quercia fischiettando una melodia silenziosa.
Severus sapeva che il vecchio canuto voleva sentire ogni singola parola e stava solo facendo finta.
- Albus Silente. - proseguì Piton senza saper bene che cosa dire: in quell'ufficio, al cospetto di quel quadro; si sentiva terribilmente osservato.
E poi, soprattutto, come avrebbe fatto a dire al ragazzo che sarebbe dovuto morire per la salvezza di tutti quanti? Al solo pensiero il cuore nero del professore temeva di esplodere: veder di nuovo chiudersi quegli occhi verdi per sempre, ce l'avrebbe fatta? No. No certo che no, ma neanche lui contava poi di vivere a lungo.
- Il vecchio doveva morire. - rispose secco, acido.
Persino Harry riuscì a capire che il tono era tanto duro per proteggersi, per difendersi dal mare di emozioni che il ricordo aveva scatenato: non doveva essere facile vivere ogni giorno nel luogo in cui per anni aveva regnato l'uomo che si è ucciso.
Tuttavia, se la mente di Harry capiva, il cuore non riusciva e agli occhi del giovane salirono lacrime, che il mago in nero non riuscì ad ignorare, mentre la sua voce sussurrava in tono quasi straziato dall'odio e dal dolore:
- Perché?
Perché?
Piton lo guardò sospirando piano, gli occhi fissi in quelli del ragazzo cercando una forza che solo quegli smeraldi avevano sempre potuto dargli.
- Perché aveva deciso così. - La voce si fece meno fredda ma anche meno sicura, - Perché sarebbe morto in ogni caso a causa di una maledizione su uno di quegli horcrux: le pozioni che gli ho preparato per un anno intero sono valse poco e niente, rallentavano il progredire della maledizione oscura e lenivano il dolore ma era impossibile fermarla. Credimi, se avessi potuto avrei ucciso me stesso piuttosto che mettere fine alla sua vita. -
Ad Harry si gelò il sangue, il ragazzo cominciò a sentir le dita delle mani e dei piedi formicolare come se un vento gelido fosse entrato nella stanza e avesse preso possesso del suo corpo costringendo il sangue a circolare meno nella periferia per riscaldare e tenere vivi gli organi interni.
Era stato un gesto di pietà?
Uccidere Silente era stato un gesto di pietà e amore?
Ma quell'espressione di odio e di disgusto, quell'espressione con la quale gli aveva visto uccidere Silente?
Harry era più che incredulo, aprì la bocca per parlare ma le parole gli morirono a metà della gola e al loro posto uscì un rantolo indistinto che non voleva dire assolutamente niente.
"Credimi, se avessi potuto avrei ucciso me stesso piuttosto che mettere fine alla sua vita"
Sul volto di Severus Piton c'erano stati sia odio sia disgusto, ma tutti rivolti verso una persona sola: se stesso. Harry avrebbe solo voluto aver la capacità di capirlo prima.
- E… e l'horcrux? - riuscì infine a dire con una lentezza tale che al professore parve davvero davvero troppa.
Piton desiderò sul serio fuggire da quella domanda, tuttavia, Silente, nel suo comodo e caldo quadro, lo fulminò con lo sguardo:
- Avanti, digli tutto. - lo intimò muovendo un poco la mano e avvicinandosi alla cornice per sentire meglio.
Per Piton quella voce e quell'ordine significarono condannare a morte un ragazzo di neppure diciotto anni e non ne sentì la forza, non subito.
Aveva abbassato gli occhi neri al pavimento e solo dopo lunghissimi, interminabili istanti era riuscito ad alzarli di nuovo e guardare il ragazzo.
- L'ultimo Horcrux del Signore Oscuro? - Chiese Piton fingendo quasi di non saperne niente. Come avrebbe voluto non saperne assolutamente niente!
Potter annuì, insistendo ingenuamente. Con il senno di poi, Severus ne aera assolutamente certo, neanche lui avrebbe voluto saperne niente.
Un altro pensiero bloccò le labbra e la voce del professore: il ragazzo, saputa la verità, avrebbe pianto? Piton non era affatto certo di volerlo vedere piangere per colpa sua.
Un altro lungo silenzio separò le parole che Severus Piton si trovava costretto a dire dalla curiosità del giovane Potter e dalla crudeltà del vecchio quadro che stava lì a guardarli come se tutto fosse normale, come se tutto andasse bene; ma niente, dopo quel momento, sarebbe più stato normale. Per nessuno dei due.
- La cicatrice che hai sulla fronte ti lega all'Oscuro Signore molto più di quanto tu non possa immaginare. - cominciò decidendo di prenderla alla larga e iniziando a torturarsi le dita lunghe e affusolate, pallide più che mai. - La notte in cui tua madre… in cui i tuoi genitori sono morti lui provò ad uccidere te ma non ci riuscì.
- Per l'incantesimo d'amore di mia madre. - disse di nuovo Harry annuendo, -Silente me lo ha detto.
Piton mosse piano la testa avanti e indietro: gli aveva detto tutto, quel vecchiaccio, ma non le cose veramente importanti, non le cose dolorose: ma sì, quelle era chiaramente meglio lasciarle dire a lui!
Lo sguardo di Severus Piton si riempì nuovamente di rancore mentre lanciava uno sguardo al quadro appeso al muro che, in tutta risposta, lo guardò con un sorriso lieve come se non avesse alcuna colpa.
- Esatto. - Rispose secco il professore, la voce ancora più carica di rancore e disgusto, rancore e disgusto ancora una volta rivolti a se stesso e a quell'ingrato compito che gli era stato assegnato.
- Tuttavia Tu-Sai-Chi non morì e non fu solo grazie ai suoi numerosi Horcrux ma perché un piccolo, debole pezzo della sua anima si aggrappò a ciò che di vivo aveva attorno.
Harry trasalì: l'unica cosa viva in quella casa in quel momento era lui. Lui soltanto.
Harry Potter fissò con i suoi grandi, giovani occhi verdi quelli neri dell'uomo che aveva di fronte: cominciò ad avere paura come se potesse immaginare quali altre parole sarebbero giunte dalla bocca del professore e, forse non voleva neanche sentirle.
- Quindi, Potter, capirai...
- Sì. - tagliò corto Harry voltandosi a guardare il Cappello vecchio e logoro su cui avrebbe giurato di vedere un sorriso dolce e sincero. - Sì, lo capisco. - ripeté ancora il ragazzo. -Dovrò affrontare il Signore Oscuro e… e distruggere ogni pezzo della sua anima.
Piton sentì perfettamente la voce del giovane tremare a quelle parole, sentì che aveva capito ogni cosa, anche la più terribile, anche quella che si sarebbe risparmiato più volentieri. - Potter… - ripeté ancora, - mi dispiace.
Per la prima volta in tutta la sua vita, Harry sentì veramente sincere quelle parole: si portò una mano agli occhi annuendo piano e ricacciando giù ogni lacrima che avrebbe voluto versare. Era buono, il professore, Harry lo sapeva, ma tuttavia non voleva che lo vedesse piangere: lo aveva odiato troppo per perdonargli ogni cosa in un solo momento.
- Professore. - Disse poi facendosi un poco più di coraggio, non voleva essere l'esempio scelto dal Cappello Parlante per quel Grifondoro senza coraggio, tuttavia aveva paura. -Vorrei che tutti sapessero cosa lei mi ha detto. - Continuò il ragazzo, la voce che tentava di farsi forte. - Ma nessuno mi crederebbe, professore e poi... poi lei si è fatto odiare così tanto che continuare è molto più facile che dire come stanno realmente le cose.
Paradossalmente, quelle parole strapparono un piccolo sorriso al professore; Piton, però, si assicurò di cancellarlo immediatamente.
Fece un passo verso Potter annuendo:
- Lo so, non ha importanza: entrambi abbiamo la nostra parte in questo gioco.
I suoi occhi si fissarono per qualche secondo in quelli del giovane per poi guardare altrove: non poteva, non voleva vederli chiudere come aveva visto chiudere quelli della madre.
Di colpo sentì salire la rabbia, la frustrazione e la paura, l'odio e il terrore che aveva provato la notte in cui Lily era morta.
Fece un passo avanti e abbracciò il ragazzo quasi esso fosse il corpo morto della sua Lily.
- Tu farai il tuo dovere e io farò il mio.
 
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