chiara53 -
RitorneròHo deciso di raccontarvi quello che mi è successo, devo farlo e non vedo l’ora di sapere da voi, compagne di avventure immaginarie e non del Calderone, cosa ne pensate, cosa ve ne pare. Insomma voglio condividere con voi tutto quello che mi è capitato.
Ma andiamo con ordine.
Sono sempre stata una sognatrice.
Da quando ne ho memoria, almeno.
Così come ho sempre saputo leggere, non ricordo la mia vita prima dei libri e con i libri sono iniziati i sogni.
Ho letto e vissuto tante storie e ho sempre amato i personaggi meno appariscenti, quelli che non sembravano i vincitori, ma che avevano un’aura magica di lealtà, di coraggio e di sacrificio, soprattutto per il bene degli altri.
Le favole e la fantasia mi sono state sempre compagne anche quando ormai quel tempo avrebbe dovuto essere finito e avrei dovuto scegliere letture più consone ad una persona adulta, o meglio ad una signora non più tanto giovane. Per esempio dal 2000 leggo e rileggo Harry Potter e tutti mi prendevano in giro per questa mia anacronistica fissazione.
Che c’entra questo, penserete?
C’entra eccome!
Una sera nel mio televisore, Babbano e funzionante, è apparso un mago, ma non un mago qualsiasi: il Ministro del Mondo Magico, perché il Mondo Magico esisteva davvero!
Se voi non sapeste che è vero, perché lo avete visto anche voi, mi prendereste per matta.
In un breve volgere di attimi ho saputo con certezza che tutto quello che avevo immaginato, letto e pensato si rivelava reale.
Ero basita e mi pare di non aver più respirato per un po’, mentre scorrevano i titoli, la faccia mi diventava rossa e poi viola; Claudio – mio marito – si è seduto vicino a me e ci siamo messi a ridere di gioia: la magia esiste nel mondo ed io lo avevo sempre desiderato, o meglio lo avevo sempre saputo in fondo al mio cuore.
Non mi sono staccata dalla televisione, né dai giornali, in quei giorni. Ho cercato e cercato notizie sul Mondo Magico; ho visto i veri Harry, Hermione e Ron incontrare i loro corrispondenti attori e Joanna Rowling, che ho spesso criticato, mi è apparsa come la persona migliore e più simpatica di tutti i mondi possibili.
Non ho partecipato alla
Grande Ricerca che si è svolta a Londra, ma so che molti ci sono andati e mi sono ripromessa di provare anch’io a cercare le tracce del mondo magico; magari più in là, magari fra un anno, quando tutto il bailamme si sarebbe calmato.
Tutta la gioia improvvisa che ho provato in quei giorni, tuttavia, è stata rovinata da un pensiero costante e ineludibile: Severus Piton, il
mio Severus, non c’era, perché era morto; si era sacrificato affinché tutto il mondo, magico e non, potesse vivere senza timori.
Ecco, questa cosa proprio non mi andava giù.
Era per lui che da cinque anni ero entrata nel forum del Calderone, per lui avevo immaginato vite e situazioni in cui non era morto, ma proseguiva a vivere.
Avevo scritto e mi ero buttata a far leggere ad altri quello che scrivevo, avevo trovato parole e coraggio per esprimere tutto quello che sentivo per Severus Piton.
Ma perché? Era così ingiusto quello che gli era successo, e se prima Lui era solo un sogno e un personaggio di carta morto ingiustamente, adesso il dolore era ancora più lancinante: Severus era una persona viva e vera ed era davvero stato ucciso.
Così, mentre ero sul terrazzo a raccogliere le spighe di lavanda e ad innaffiare i fiori, soprappensiero e riflettendo per l’ennesima volta sull’ingiustizia di quanto era accaduto durante la seconda guerra magica, un grosso uccello marrone – che poi ho identificato essere un gufo – è arrivato come una freccia e mi ha appoggiato le zampe sulla spalla.
Ho gridato come un’ossessa e sono scappata in casa da dove l’ho visto mollare, infastidito dai miei strilli, una grossa busta sul pavimento del terrazzo, mentre sfrecciava via e in un attimo era sparito.
Che potevo fare?
Ho raccolto la busta e l’indirizzo non lasciava dubbi: quella lettera era per me, proprio per me ed era chiusa con un timbro di ceralacca marrone con lo stemma di Hogwarts.
Non mi sono attardata a chiudere la finestra, anche se era un gran freddo, ho aperto la lettera,
la mia lettera e, mentre le mani mi tremavano, ho letto un invito, anzi l’Invito: quello che non avrei mai pensato di poter ricevere.
Le lettere delle parole, ovviamente scritte in inglese, si erano istantaneamente ridistribuite sulla pagina e io potevo capire e leggere distintamente quello che c’era scritto, anche se non so una parola di quella lingua: potenza della magia.
Io, proprio io, avrei trascorso una giornata nell’unico luogo dove mai avrei pensato di poter andare.
L’appuntamento era per il giorno dopo, la lettera stessa sarebbe diventata la passaporta che mi avrebbe condotto dovunque avessi voluto nel mondo magico. Qualcuno sarebbe stato lì ad aspettarmi.
Non avevo dubbi: quel luogo sarebbe stato Hogwarts, sarei arrivata davanti al Lago Nero con il castello a sovrastarmi.
Io e Claudio ci siamo guardati, lui non mi ha chiesto niente: ha capito subito, ha detto solo sorridendo felice per me:
- Quando?
- Domani. - Ho risposto tra le lacrime.
Ci siamo abbracciati.
Le ore sono volate via e
domani è arrivato in un baleno.
****
Posso tranquillamente dire che appena arrivata non sono riuscita a restare in piedi, ma con la testa che mi girava mi sono trovata seduta per terra e per terra c’era la neve, tanta neve, anzi tanta neve profonda e io ci stavo seduta in mezzo.
Molto bagnata.
Ma non avrei immaginato niente di più bello, niente di più freddo, niente di più magico.
Intorno nessuno.
Silenzio, fruscio di alberi lontani e lo sciabordio delle acque del Lago Nero che rifletteva il cielo, lì a pochi passi da me.
Bello, stupendo, ma dov’era la mia guida?
Quella di cui vagamente si accennava nella lettera?
Poi, ho alzato gli occhi e ho visto il castello, si ergeva antico e grigio, di pietra; una scala di sei o sette gradini portava ad un portone che mi è parso immenso e scuro, aperto.
Mentre cercavo di alzarmi con molta fatica in mezzo alla neve soffice e bagnata ho visto una figura scura e imponente uscire dal maestoso portone e scendere le scale piuttosto velocemente, dirigendosi verso di me.
A quel punto ho deciso di restare seduta, perché l’uomo che si stava avvicinando non poteva esistere, eppure non poteva che essere… ma no… non era possibile: Severus Piton.
Ho guardato e guardato ancora, incredula e sconvolta.
E’ stato allora che ho cominciato a piangere.
Ho chiuso gli occhi.
Ho pensato che doveva essere uno scherzo.
Qualcuno si stava prendendo gioco di me.
Mi stavano prendendo in giro.
E’ stato allora che una mano gentile ha preso la mia gelata e bagnata ed una voce dal timbro scuro e profondo mi ha detto in perfetto italiano (evviva la magia!)
- Chiara, ma non hai freddo lì seduta nella neve? Alzati. Andiamo dentro a scaldarci. – Ho colto nella voce un filo di ironia e un niente di sarcasmo: quindi non poteva che essere lui.
Ed era vivo.
Quando sono particolarmente agitata dico cose stupide e la prima è stata la più stupida in assoluto che potesse venirmi in mente.
- Ma tu, tu sei morto! – Gli ho quasi gridato tra le lacrime.
Lo stavo guardando quando le sue labbra si sono aperte in un moto di sorpresa e, cercando di restare serio, mi ha risposto con calma.
- No, non mi sembra proprio. – Poi ha sorriso e sollevato il sopracciglio, il mondo si è colorato e la testa ha ripreso a girarmi.
Mentre cercavo di assumere una posa meno ridicola non potevo staccare lo sguardo da lui.
Era esattamente il
mio Severus, alto, tanto alto e con gli abiti monacali che avevo visto indossare all’attore nei film, praticamente una copia di quelli, ma gli occhi e il viso!
Il volto era pallido, i capelli lucidi e morbidi e denti bianchi e perfetti spuntavano dalle labbra sottili aperte in un sorriso inimmaginabile.
Un sogno.
Ecco – mi sono detta -
lo sapevo che non era come nelle descrizioni dei libri: io non ci ho mai, mai creduto ai capelli unti e ai denti gialli!
Gli occhi neri e grandi tra ciglia lunghe e scure mi guardavano interessati, tra loro un naso importante e una piccola ruga tra le sopracciglia.
Perfetto, ho pensato, è perfetto: è Lui!
Lo sguardo, però, aveva un qualcosa di malinconico e inquieto con piccole rughe agli angoli degli occhi. No, non erano
due tunnel bui e oscuri, ma erano occhi che lasciavano intendere di aver visto troppo e di aver troppo sofferto.
Ho allungato una mano e l’ho toccato, come quando non si crede che una cosa esista davvero: perché Severus era diventato improvvisamente un sogno fatto di carne e ossa
Ho sfiorato la stoffa dell’abito, poi ho preso il bordo del mantello che era morbido e leggero, come l’ala di un angelo.
Non mi sono potuta trattenere e ho pronunciato un’altra ovvietà.
- Oh dio, ma sei vero! Tu sei Severus! Eppure nel libro… quella scrittrice del cavolo! Quella Magonò ha detto ancora e ancora bugie e ti ha lasciato credere morto per noi tutti anche se eri vivo.
A quel punto l’ho visto diventare serio e guardarmi quasi addolorato.
- Io ho voluto che fosse così.
Poche parole dette socchiudendo quei magnifici occhi e troppe le mie di parole, ma impossibili da trattenere.
- Perché lo hai fatto? Sei il personaggio più importante della storia e… meritavi una vita felice, un futuro, più di chiunque. Tutti avrebbero dovuto saperti vivo, come ti spettava, hai tanto sofferto, non è giusto, no!
Lui ha sospirato e con pazienza aggiunto.
- Eppure dovresti conoscermi… Non volevo essere intervistato, non mi piace la confusione, né la folla. Non volevo essere costretto a spiegare il mio comportamento, né essere al centro della curiosità, e poi non pensavo di essere così… popolare. – Ha aggiunto sbuffando. – Ida, che è venuta qui per prima, mi ha detto molto del vostro mondo e del ruolo che il mio personaggio, cioè io, ha avuto nei libri di Joanna.
Severus Piton parlava ed io singhiozzavo, per la gioia, per l’emozione, per la sorpresa, non lo so: fate voi, tanto io sono una che piange facile e si commuove altrettanto facilmente.
Mentre mi alzavo mi ha allungato il suo fazzoletto e io l’ho preso come se fosse la cosa più normale del mondo.
Ma dico io… devo essere stata fuori di testa.
In quel momento, all’improvviso, mi è caduta addosso tutta la realtà dell’incredibile avventura che stavo vivendo e mi sono chiesta: che ci faccio qui? Io così, diciamo,
diversamente giovane; mi sono sentita a disagio, un po’ goffa, fuori posto. Che ci facevo io lì, vicino a lui: perfetto, alto ed elegante, ma soprattutto vivo?
Così la domanda delle domande l’ho posta subito, mentre ancora salivamo i gradini e entravamo nel castello, mentre tutta bagnata di neve mi asciugavo gli occhi, cercando di smettere di piangere.
- Perché mi hai invitato? - Gli ho chiesto. – Non sono che una qualsiasi, non più intelligente o migliore di tanti, perché io?
- Perché lo desideravi e lo meritavi. – Dopo una breve pausa ha proseguito - E poi sono un uomo curioso e voglio sapere il perché di tanta attenzione su di me da parte di persone tanto diverse.
- Ho letto le tue storie sai? – Ha aggiunto con l’aria di chi la sa lunga.
Avrei voluto scomparire, ma dal momento che non ne sono capace, sono solo arrossita un po’ di più, tanto di più e ho cercato di ricordarmi come, nelle storie che ho scritto, lo avessi trattato e in quanti luoghi lo avessi mandato e con chi… soprattutto.
Povera me, mi sono detta.
Lui ha sollevato la bacchetta magica, nera, elegante e, senza pronunciare una parola, l’ha puntata verso di me. Ho pensato: ecco, per punizione ora mi trasforma in un topo, invece no, ero solo asciutta, Severus Piton aveva fatto una magia su di me. Al mio stupore e alla paura che mi era balenata negli occhi, ha risposto con una risata e scuotendo la testa ha sussurrato tra sé e sé:
Babbani…Io, invece, ho pensato: allora è vero, Lui sa ridere! E mi sono sentita felice come se incontrassi un amico di vecchia data, qualcuno con cui potevo condividere pensieri e con cui confidarmi.
In fondo lo conoscevo da tanto tempo nei miei sogni, non avrebbe potuto essere così diverso dal vero.
O lo speravo, almeno.
***
Severus Piton è il Preside di Hogwarts, e questa mi è parsa una gran bella notizia, ma ha voluto rimanere a vivere ed insegnare là dove è sempre vissuto: nei Sotterranei.
Ecco, questa mi è parsa una notizia un po’ meno bella, ho pensato al freddo, alla solitudine, al buio e ad un camino spento.
Invece…
Abbiamo disceso una lunga e ampia scala, illuminata da luci nascoste: lui davanti e io lo seguivo senza perdermi un particolare.
Non c’erano le torce fumose che avevo immaginato, ma una nitida luminescenza che sembrava provenire… dal nulla. Niente quadri animati, lì.
Le mura di pietra grigia erano squadrate e perfettamente allineate senza una sola ragnatela, quelli erano i sotterranei: i
suoi sotterranei.
Per un attimo ho provato un senso di vertigine tanta era l’emozione.
Lui ha capito e mi ha preso la mano per rassicurarmi, credo, o per accertarsi che non svenissi: la sua mano era calda e forte e stringeva la mia. Brividi e calore insieme sulla mia pelle e nel mio cuore.
In fondo alla scala c’era un corridoio ampio e luminoso su cui si aprivano tre porte.
- Vieni, Chiara, accomodati. Questo è il mio studio. - Mi ha detto con gentilezza, aprendone una e accennandomi di entrare per prima da autentico gentiluomo.
Ma io non mi muovevo, guardavo curiosa le altre due porte.
Severus Piton è un vero signore, cortese e tollerante, altrimenti a quel punto avrebbe punito la mia curiosità, anziché assecondarla.
Ha alzato gli occhi al cielo come a dire: pure questo vuole sapere… Poi indicando le porte ha spiegato.
- Quella conduce ai miei appartamenti (io avrei dato chissà che per vederli, ma lasciamo stare…), quella è l’ingresso dell’aula dove il
terribile professor Piton tiene le sue altrettanto
terrificanti lezioni.
L’ha detto con ironia, mentre il famoso sopracciglio si sollevava pericolosamente e atteggiava il volto ad un’espressione corrucciata.
Stava scherzando, ma ho capito improvvisamente perché Harry Potter ne avesse sacro timore.
Quell’uomo fa paura, se vuole!
Subito dopo è tornato a sorridermi gentilmente e mi ha fatto accomodare in uno studio strapieno di librerie stracolme e bottiglie di tutti i colori.
Una scrivania antica ha attirato la mia attenzione, era ricoperta di pergamene e grossi tomi perfettamente impilati con precisione quasi maniacale, ad ingentilirla un vaso di cristallo con fiori secchi ed erbe officinali che spandevano intorno il loro profumo delicato in un misto di utilità e gradevole presenza, un altro segno della sensibilità dell’anima di Severus, ho pensato tra me.
Avevo immaginato così il suo studio? Forse nella mia mente l’avevo immaginato più cupo, più angusto e gliel’ho confessato non appena entrata in quella stanza sognata e sulla quale avevo fantasticato per tanto tempo: l’ho fatto con allarmate sincerità e molto realismo.
Ha socchiuso gli occhi come ricordando qualcosa di spiacevole.
- Lo era, prima della guerra, ma quando il castello è stato ristrutturato ho voluto più luce e un ambiente più ampio. – Ha sospirato, poi ha aggiunto - Qui ho vissuto – come sai – momenti difficili e l’atmosfera che vi si respirava non mi aiutava a vivere la nuova esistenza che mi è toccata in sorte. In fondo, per me, questa è la mia vera seconda possibilità. Imprevista e mai immaginata: perché io ero convinto che sarei morto. – Ha sollevato lo sguardo - Nelle tue storie lo dici spesso che dopo essere sopravvissuto mi sento finalmente libero ed è davvero così. – Ha ammiccato, a me: lo giuro. Poi ha proseguito - Mi hai descritto spesso sereno e amato. Poi mi dirai perché e come hai fatto a capire che non ero il bastardo che ho voluto far credere. Eppure mi ero raccomandato con Joanna e lei ha seguito puntualmente le mie istruzioni, ma evidentemente la mia copertura non è stata sufficiente per te.
E’ a quel punto che un Elfo ha fatto il suo ingresso, portando un vassoio troppo grande per una creatura tanto piccola, mentre contemporaneamente elargiva sorrisi a me, a Severus Piton ed alla stanza intera.
Ha appoggiato tutto su un basso tavolino di legno scuro e ha esclamato – Buonasera, signora. Anche lei amica del Preside. Benvenuta! – E, accennando al vassoio carico di delizie che aveva appena messo sul tavolo, si è rivolto a Severus - Va bene così, signor Preside, signore?
- Va benissimo grazie Binki, lascia pure lì. – Gli ha detto con naturalezza, sorvolando sul mio sguardo esterrefatto.
Ho guardato con occhio ebete quella creatura strana molto somigliante ad ET e ho cercato nella mia mente qualcosa da dire, ma era tabula rasa. Ahimè.
Ci siamo seduti su due comode poltrone e Severus ha acceso il fuoco con un cenno della bacchetta; ho spalancato gli occhi e battuto le mani, come la bambina che mi sentivo in quel momento, come non ero da tanto tempo, con il cuore leggero e a mio agio, felice e trepidante.
Aspettavo la mia risposta, invece lui mi ha rivolto una domanda.
- Allora come hai fatto a capire? - Mi ha chiesto serio.
Mi sono accorta che sarebbe stato facile rispondergli, perché bastava gli avessi detto la pura verità.
- Ho capito che non potevi essere quello che la Rowling voleva farti sembrare fin dal primo libro. Saresti stato solo la caricatura di un cattivo, se lo fossi stato davvero, e poi è impossibile che uno scrittore faccia intuire ai lettori chi sia il ”colpevole” fin da subito e tu non sei mai stato colpevole. Mai.
- Davvero? - Mi ha chiesto pensieroso e mi ha guardato negli occhi. – Nemmeno un dubbio? Nemmeno alla fine del sesto libro?
- No, mai, dovevi aver fatto… beh, quello che hai fatto, per una ragione. Tu non ti sei mai comportato a caso, c’era sempre un perché nelle tue azioni e nei tuoi insegnamenti. Hai salvato Potter un milione di volte e poi… era tutto così chiaro per me. Quello che non mi aspettavo è che nessuno nel mondo magico lo capisse, nemmeno Minerva, nemmeno lei!
Mi ha guardato curioso o interdetto. Stupito, forse? Poi ha aggiunto con un pizzico di stizza.
- Siete tutte così convinte che io sia buono, che lo sia sempre stato. Ma io non sono poi così perfetto.
Potergli rispondere è stato un momento incredibile.
- Questo è il bello, che non sei perfetto: nessuno lo è. Con te e anche con me – ho detto abbassando un attimo lo sguardo - la vita non è stata tanto giusta e c’è sempre stato qualcuno pronto a ricordarcelo, semmai capitasse di scordarsene per un po’. Tu hai pronunciato questa frase e mi è sembrata un’affermazione così vera, che l’ho fatta mia. E’ così che va. Hai sacrificato tanti anni e hai corretto gli sbagli commessi: lo hai fatto, ne sei stato capace a costo di tanti, troppi sacrifici. Sei un eroe, forse un eroe oscuro e tormentato, ma in fondo sei solo un uomo, non sei un santo e chi li vuole i santi? - Ho preso fiato, ma non avevo ancora finito, lui è troppo importante per me non volevo nascondergli la parte che più mi aveva colpito della sua vita e perché.
– Ho letto la tua storia, di quando eri giovane, solo un ragazzo e mi ci sono ritrovata. So quanto si soffre ad essere esclusi dagli altri coetanei e presi in giro, non per una ragione specifica, ma solo perché esisti: anzi sei lì apposta per essere il capro espiatorio, per far divertire chi ride di te. Fa male ed è un dolore profondo che ti porti dentro a vita. Tu, Severus volevi solo essere amato…
Lui mi ha guardato negli occhi ed io ho abbassato i miei per vergogna, per paura di aver detto troppo.
Invece Severus quasi sottovoce mi ha chiesto:
- E tu?
L’ho guardato trattenendo le lacrime e mi sono lasciata andare con la fiducia che si concede ad un amico di vecchia data, sapevo che mi avrebbe capito.
- Ho trascorso una prima giovinezza difficile, so cosa significa essere oggetto di scherno e tenuti a distanza perché diversi, troppo fragili, troppo soli, troppo generosi nel dare e mai compresi: è triste, ma ci si fa l’abitudine. A molti ho dato tanto coltivando la speranza di essere amata e apprezzata per me stessa e ho finito per non ricevere nulla: soltanto delusioni e amarezza. Ho ricominciato sempre da capo, testarda. Tu, Severus, dovresti sapere fin troppo bene come ci sente ad essere usati e poi gettati via come una cosa inutile. – ho fatto una pausa perché l’emozione era quasi palpabile, ho pensato a Silente e anche lui, credo - Volevo essere amata? Ebbene sì. Ho cercato di farmi amare, ma quasi tutti hanno preso il mio bisogno d’amore e lo hanno usato per trarne vantaggi effimeri e egoistici. Hanno finto, ma non mi sono mai arresa e non mi arrenderò mai… credo. Non lo hai fatto nemmeno tu. – Ho affermato decisa.
E’ sceso il silenzio e ho sentito scorrere lacrime silenziose sul mio volto, Severus con gentilezza mi ha sollevato il viso che avevo chinato, poi ha sorriso.
Un sorriso triste, comprensivo, di chi ha provato le stesse pene e non le commisera, ma le condivide.
Ci siamo guardati a lungo e alla fine le parole non servivano più a molto.
Severus è un bravissimo, esperto Legilimante, ho sentito la carezza della sua mente nella mia – strana sensazione – ho lasciato fluire immagini e ricordi, senza voler nascondere nulla di mio, parchè con lui non ce n’era alcun bisogno.
Ho lasciato che si affacciasse sulla mia anima.
Mi ha stretto le mani ed io ho toccato il cielo.
Poche parole hanno aperto il varco al mare infinito di emozioni che provavo, poi ha detto in un sussurro.
- Nella mia anima c’è ancora un bambino solo e abbandonato che piange nel buio; ho visto nella tua mente una bambina altrettanto sola che singhiozza e chiede aiuto: lo so è dura nasconderli, a volte emergono prepotenti, ma in fondo non è un male conservarli nascosti nel profondo. Io vado avanti, e devi farlo anche tu, perché non sei più sola. E nemmeno io, a quanto pare.
- Davvero? - Sono riuscita a dire tra i singhiozzi. - Davvero? - Ho ripetuto.
- Sì, davvero. Lo so io e lo sai anche tu.
Mi sono alzata e lui mi ha stretto in un abbraccio affettuoso e amichevole.
Severus profumava di speranza e affetto, di erbe e fresco sapone.
Profumava di sogno.
Mi sono sentita bene.
Accettata, compresa, uguale tra simili.
Solo Severus poteva compiere il miracolo.
***
Il tè che mi ha offerto era stupendo, i pasticcini e le tartine deliziose.
Mi sono accorta di aver fame.
Mi ha concesso tutto il tempo del resto della giornata, mi avrebbe condotto dovunque avessi voluto, ma per me l’importante era stare con lui.
Così siamo rimasti davanti al fuoco a chiacchierare. Ha risposto a tutte le mie domante; ha assecondato la mia curiosità, ha riso delle scelte amorose che ho fatto per lui.
– Tonks? Ma come ti è venuto in mente? – mi ha chiesto ridendo.
Ho risposta seria.
- Gli opposti si attraggono, non credi? Pensaci e trova per te una Tonks: è triste essere soli e non condividere le giornate e la vita, non amare una persona reale, ma solo un ricordo. Non credi?
Forse ho parlato troppo, ma non potevo evitarlo, ad un amico non si può che dire la verità anche se amara.
Sul camino avevo visto una vecchia foto incorniciata di una bella ragazza: Lily, ancora lei.
Sempre?
Ho sperato sinceramente di no.
Severus è diventato serio, ha abbassato lo sguardo e ha sussurrato soltanto:
- Prometto che ci penserò.
Ho dovuto accontentarmi.
Le ore sono volate, purtroppo, come succede quando si vive un momento di grazia.
- Ci rivedremo mai più? - Ho chiesto, facendomi coraggio, mentre stavo per riprendere la lettera/passaporta.
Ha sorriso con un’aria sbarazzina che non sospettavo avesse, poi mi ha detto.
- Dovrebbe esserci un motivo valido, per rivederci. Non ti pare?
***
Sono a casa adesso e, sinceramente, continuo a non apprezzare le passaporte.
Sono qui e stringo tra le mani un fazzoletto bianco da uomo, nell’angolo, ricamate ci sono le iniziali del proprietario: S.T.S., l’avevo in tasca, me ne ero dimenticata.
Ma Severus no.
Ne sono certa.
E prima o poi lui lo rivorrà indietro.
Mi sembra un motivo più che valido.
Almeno spero.
Ritornerò.
Edited by chiara53 - 22/12/2017, 18:16