Titolo: "Tra testo e realtà"
Autore/data: Gabrix1967 – 07.01.2020
Beta-reader: Lady Memory
Tipologia: one shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo, drammatico.
Personaggi: Severus, Gabrix1967
Pairing: nessuno
Epoca: post Hogwarts
Avvertimenti: AU
Nota 1: Ho finito le parole di ringraziamento per la mia preziosissima Beta, ma la riconoscenza resta e cresce insieme alla speranza di leggere sue nuove storie … e al senso di colpa di sottrarle i già risicato tempo “libero”.
Nota 2: Il racconto cita una poesia che ho molto amato: La Passeggiata di Palazzeschi "Andiamo? Andiamo pure. ... Torniamo indietro? Torniamo pure."
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali, ove presenti, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
" Tra testo e realtà "
Ho trovato la lettera sul comodino.
Nonostante un po' me l’aspettassi, l'invito mi ha sorpresa: non pensavo che, dopo gli incidenti dello scorso anno, potesse considerare di rinnovarlo. Invece Severus è paziente. “
Oppure smemorato,” mi suggerisce la mia cattiva coscienza, che, invece, i pasticci che ho combinato al castello nelle precedente visita li ricorda perfettamente. La colpisco idealmente con un martello per metterla a tacere, neanche fosse il Grillo Parlante di Pinocchio.
La procedura mi è ormai nota e, all’ora convenuta, prendo in mano alla lettera e...
“Accidenti, non mi abituerò mai a certe modalità di trasporto!”
Ma se è l'unico modo per incontrare Severus, smetterò subito di lamentarmene.
Attendo qualche istante prima di riaprire gli occhi, mentre ho la sensazione che il mondo ruoti così velocemente che potrei essere stata inghiottita da un gorgo. Ma no, il gorgo non c'è, ed io mi sono materializzata nello stesso posto dello scorso anno: a qualche metro dal grande cancello d’ingresso.
È strano, il castello sembra deserto, e sicuramente non ci sono sagome scure nelle vicinanze. Con tutto il biancore della neve, me ne accorgerei se ce ne fossero.
Lotto ancora per non rimettere. Varco il cancello con cautela. La situazione è davvero singolare: vengo invitata ad Hogwarts e il mio ospite non c'è!
Il disappunto preme, ma il desiderio di trascorrere una giornata con Severus prevale, insieme al timore che gli sia accaduto qualcosa che gli abbia impedito di essere qui ad accogliermi.
Il portone è dischiuso. Lo osservo in tutta la sua maestosità, sentendomi piccola e sgomenta all’idea che in caso di necessità potrei far ben poco: misera, inutile Babbana!
Un passo ancora e sono dentro, ma di Severus neppure l'ombra.
Non c'è anima viva neppure nei corridoi interni; solo i numerosi fantasmi fluttuano nella penombra e mi stupisco della mia indifferenza alla loro presenza.
Passo davanti alla Sala Grande, sperando che il mio ospite sia lì ad aspettarmi davanti ad una bella tazza di tè fumante. Mi sporgo a guardare dentro, manifestando la mia presenza con un saluto. Ma le poche torce accese rivelano che anche lì non c'è chi mi attenda.
Ovviamente, a questo punto il panico mi assale.
“
Ho sbagliato giorno?” m’interrogo inquieta. Ma un oggetto magico non fa errori, e la Passaporta si è attivata. Questo è segno che la data è corretta, ed io sono esattamente dove dovrei essere.
“Ma allora, dov'è Severus?” mi chiedo, poco prima di essere attratta da una luce argentea molto intensa che intravedo e che irrompe dall’esterno nel corridoio buio.
M’incammino in quella direzione. Mi ritrovo in un piccolo cortile quadrato, coperto da uno spesso tappeto di neve candida, e vedo il mio ospite seduto su una panchina.
Non voglio interrompere quel momento di perfetta dolcezza. Severus mi dà le spalle e sta accarezzando l'eterea sagoma di una giovane cerva. Nonostante sia muto e immobile, mi appare pacificato e non desidero disturbarlo. Rimango in piedi alle sue spalle ad osservarlo fino a quando la cerva punta i suoi occhi trasparenti nei miei e, visibilmente inquieta, gli sfiora una guancia con il muso e corre via.
Il mago si volta guardami, poi, ancora assorto, alza gli occhi alla meridiana che è sul colonnato.
“Non mi ero accorto che fosse così tardi,” mi dice con tono dolente. “Mi dispiace non essere venuto al portone,” aggiunge, indicandomi la strada. “Prendiamo un tè caldo, così mi racconti come desideri trascorrere la giornata,” aggiunge, incamminandosi.
Ha un sorriso malinconico, e l'idea di aver interrotto qualcosa che per lui era importante mi addolora. Lo seguo. Con mio stupore, superiamo l'ingresso della Sala Grande e arriviamo davanti al suo appartamento.
Al lieve movimento della sua mano, la porta si apre prontamente.
“Ho fatto apparecchiare qui; spero non ti dispiaccia,” mi dice, indicandomi un tavolino ovale accanto al camino.
Il tepore in quella stanza è decisamente piacevole, e io sono meno imbarazzata della prima volta.
Tolgo il cappotto e Severus lo fa fluttuare fino ad una piccola cassapanca.
Mi accomodo e il mio ospite mi serve il tè, con un’eleganza che mi lascia ammirata.
“Grazie,” balbetto imbarazzata.
“E allora?” m’incalza qualche attimo dopo essersi seduto. Ha un tono cortese, e anche la malinconia sembra essere scomparsa.
Gli rivolgo uno sguardo esitante. “Posso chiederti qualunque cosa?” domando incerta.
“Più o meno,” mi risponde sollevando un sopracciglio in un modo così familiare e prevedibile che mi strappa un sorriso.
“Desidererei che fossi tu decidere come trascorrere questa giornata,” dico allora, vincendo ogni remora. Severus scuote il capo con un'espressione interdetta.
“In realtà, ogni mio desiderio è già appagato, se posso trascorrere qualche ora con te,” insisto.
“
Ho davvero detto quello che ho detto? Sono stata davvero io?” Arrossisco e l’unica consolazione è che non sono la sola. Inaspettatamente mi sorride. È un sorriso dolcissimo il suo, e anche un po' malizioso. “
Come mi tormenterà per stare al gioco?”
“Mi piacerebbe fare una passeggiata in riva al lago,” dice, interrompendo un silenzio che cominciava a sembrare eterno.
Una vocina nella testa mi ripete che me la sono cercata mentre rabbrividisco alla sola idea di mettere il naso fuori e passeggiare nella neve.
Non faccio una piega, però. “
Caro Severus, non sei l’unico che sappia indossare una maschera,” penso, stringendomi la sciarpa al collo.
Lui, con un movimento fluido, si lancia sulle spalle il mantello invernale ed io seguo la scia delle ampie volute che il tessuto disegna nel corridoio. Eccoci al portone. L'aria fredda che mi investe mi strappa all'estasi, ricordandomi che presto sarò un ghiacciolo.
La Rowling ha descritto i pomeriggi in solitudine trascorsi da Severus vicino al lago a studiare, quindi non so quanto sia abituato a camminare. Di certo, a causa dell'enorme sproporzione tra le sue e le mie gambe, dovrò faticare per non rimanere indietro.
“Andiamo?” mi chiede con gentilezza.
“Andiamo pure,” rispondo, più per convincermi a camminare che per reale accettazione dell'invito.
Abbiamo già scavalcato la prima collinetta innevata quando realizzo la sensazione di essere avvolta nella bambagia.
Non ho affatto freddo, nonostante io non indossi né i guanti né il cappello.
Mi volto a guardarlo stupita e lui, probabilmente sentendosi osservato, si gira.
“Pensavi che non ricordassi quanto sei freddolosa?” mi domanda.
In realtà è proprio così. Perché un mago così potente dovrebbe prestare attenzione ad aspetti tanto marginali che riguardano persone la cui esistenza solo sfiora la sua?
Sembra turbato dalla risposta che non gli ho dato, ma che immagino stia intuendo.
“Non è come pensi,” mi dice a bruciapelo, fermandosi per guardarmi meglio negli occhi. “Tu e le altre siete entrate nella mia vita almeno quanto io nella vostra,” dichiara, riprendendo a camminare.
Sono ancora incredula. Quell'idea mi sconvolge e mi dà serenità.
“Credi che io non percepisca i tuoi pensieri?” mi chiede. È molto serio.
A questa sua ultima domanda, il panico dipinge sul mio volto un'espressione ridicola. Dev’essere senz'altro così, perché lui scoppia in una risata schietta e sonora.
“Forse è meglio che chiarisca subito che percepisco quando pensi a me con affetto e positività,” precisa, cercando di tranquillizzarmi.
In effetti, le sue parole sortiscono l’effetto desiderato e io torno ad abbandonarmi al piacere della sua presenza.
“Quindi, tu “senti” in qualche modo i miei pensieri?” insisto per riprendere la discussione interrotta.
Annuisce. “Da quando sono stato restituito alla vita, percepisco il clima di stima che circonda le mie gesta,” riprende. “Il mondo del web, al quale sono stato introdotto da te e dalle tue compagne, non smette di stupirmi con le sue fantasie. Hai idea del numero di storie che sono state scritte per me?”
È il mio turno di annuire. “Non sono da tanto nel mondo dei forum, ma i numeri li conosco,” rispondo seria.
“Ecco,” dichiara. “Un numero davvero impressionante; sai che ne ho letto una buona parte?” chiede ancora sinceramente interessato. “Senza tener conto di quelle troppo fantasiose, ce ne sono migliaia nelle quali le autrici mi offrono nuove possibilità di vita, una compagna affettuosa, … dei figli,” mormora.
Stiamo attraversando un ponticello di legno sul lato del lago opposto al castello. Severus si ferma proprio nel mezzo e appoggia gli avambracci sul corrimano. Hogwarts si offre a noi in tutto il suo splendore; osservo le sue torri e, muta, mi volto verso la mia guida. Ha lo sguardo lontano, perso in chissà quali pensieri. Gli sfioro appena un braccio.
“Mi raccontavi delle storie che hai letto,” lo sprono a proseguire. Punta i suoi occhi nei miei e un brivido mi attraversa, leggendo sul suo volto una quieta rassegnazione.
“Sì,” afferma, riprendendo a camminare, “continuo ad appassionarmi a tutte quelle trame, che si svolgono rivelando spesso finali positivi, ma …” s’interrompe esitante.
È un’incertezza insolita quella che leggo nelle sue parole.
“Cosa?” lo incalzo ancora.
“Ma io sono sempre qui, da solo, mentre le autrici sono nelle loro case, assorbite dalle loro vite,” dichiara infine.
Ora mi sono chiari i suoi turbamenti. Nonostante la celebrità, derivatagli dalle gesta note e apprezzate in tutto il mondo, lui continua a essere il mago solitario che era prima che fosse rivelata la verità.
“Leggendo i vostri racconti, ho spesso la stessa visione: muoio, rinasco, mi riabilito anche ai miei occhi grazie ai pazienti incoraggiamenti di donne innamorate, e qualche volta, ho dei figli,” illustra depresso. “Ma quando mi risveglio, sono sempre prigioniero del mio laboratorio e dormo da solo nel mio letto. Vivo nei vostri sogni, ma non ho una vita reale,” mormora, osservando sul mio volto l’effetto delle sue parole.
“
Quanto è vero,” considero tra me, osservando la sua espressione orgogliosa, rotta da uno sguardo deluso.
“
Cos’è mutato, in effetti, da quando era inviso a tutti?” mi chiedo, muta. Che differenza c’è tra il mago solo e tenuto a distanza da tutti e l’uomo al quale, nei nostri racconti, è stata concessa una seconda vita? Provo a esaminare la situazione; ma per quanto mi sforzi d’individuare altri miglioramenti, non mi riesce di trovarne alcuno: oltre all’essere finalmente libero dal dominio di Voldemort, ha in fondo lo stesso passato, gli stessi ricordi, gli stessi rifiuti, la stessa solitudine.
Capisco come queste visite, il ricordo delle gesta eroiche e l’ammirazione che lo circonda, debbano sembrargli assolutamente prive di ogni significato. E questo, nonostante si sia aperto per lui un nuovo ciclo. Severus è bloccato nel suo personaggio, senza vie di fughe. È legato a un canone che esige che sia spesso avvinghiato ai dolori del passato e solo moderatamente fiducioso per quanto può riservargli ancora il futuro: niente guizzi, niente colpi di testa, niente sconsideratezze.
Tornerò presto a casa, alla mia vita, e lui rimarrà qui, circondato dai fumi delle sue pozioni ribollenti, dalle tenebre del suo laboratorio, dai ricordi dolorosi del suo passato. Finché qualcuno avrà memoria di lui, percorrerà ogni giorno gli stessi corridoi, indosserà lo stesso abito e atteggerà il viso a mezzi sorrisi e sguardi indagatori, nell’immota realtà che l’accoglie da quando è nato dalla fantasia e dall’inchiostro della sua genitrice.
“
È questa la nuova vita che abbiamo pensato per lui?” mi domando, cercando un’alternativa. E già so che non ne troverò alcuna. Già so che lui è destinato ad attendere pazientemente me, e quanti dividono con me lo stesso sogno, tra le mura di Hogwarts, le uniche che lo rendano autentico. So che è bloccato in questo videogioco, che contempla tante variabili e un finale unico. So che ci sarebbe un modo solo per liberarlo da tutto questo: lasciarlo andare. Fuori da Hogwarts, fuori dalle nostre menti, lontano dai nostri occhi critici. Ma so anche che non sono pronta a separarmene e allora torno alla finzione.
Chiudo gli occhi, il tempo necessario a ritrovare l’autenticità del panorama che ci circonda, li riapro. Severus è davanti a me e mi osserva commosso. Perché lui sente e sa cosa mi passa per la mente ed è sempre pronto ad accogliermi, magari non con un abbraccio, ma dandomi la certezza della sua presenza. Donandomi la conferma e la sicurezza che fino a quando al mondo, o nei nostri ideali, ci sarà spazio per chi accetta con coraggio il proprio sacrificio, per chi è disposto a morire per riscattarsi, la nostra esistenza continuerà ad avere un senso morale e non solo biologico.
“Sono un po’ stanca,” gli dico, prendendolo sottobraccio. “Potresti aiutarmi?” gli chiedo con un tono disarmante, benché il mio desiderio sia solo quello di toccarlo e sentire davvero la sua presenza, oltre a quello che la mia immaginazione mi consente solitamente.
Mi lancia un’occhiata incerta. So che intuisce i miei pensieri, ma non si sottrae. Posa una mano su quella con la quale gli ho preso il braccio. Ne avverto il calore, quello che un racconto o un ricordo non trasmettono, ma che a volte sono le uniche cose che restano di alcuni passaggi…
“Torniamo indietro?” mi chiede con gentilezza.
“Torniamo pure,” rispondo, pur sapendo che non sono pronta, che non vorrei lasciarlo.
FINE
Edited by Gabrix1967 - 8/1/2020, 10:59