Il Calderone di Severus

6.2. Richard Wagner, In occasione del bicentenario dalla nascita

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Alaide
view post Posted on 22/11/2012, 17:01 by: Alaide
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Der Fliegende Holländer
Opera romantica




Personaggi:

Daland, navigatore norvegese (basso)
Senta, sua figlia (soprano)
Erik, un cacciatore (tenore)
Mary, nutrice di Senta (mezzosoprano)
Il timoniere di Daland (tenore)
L’Olandese (baritono)

Marinai del Norvegese, l’equipaggio dell’Olandese volante, ragazze.

Scena: la costa norvegese


TRAMA E ANALISI:

Atto I.
Riva erta e rocciosa. Il mare occupa la maggior parte della scena; ampia prospettiva sullo stesso. IN primo piano le rocce, da entrambi i lati formano delle forre da cui rispondono gli echi. Tempo tenebroso; violenta tempesta; fra le rocce persino il vento, che in mare aperto si vede flagellare le onde, perde il suo vigore, solo di quando in quando sembra penetrarvi l’urlo della tempesta. La nave di Daland ha appena gettato l’ancora rasente la riva; l’equipaggio è occupato in rumoroso lavoro, ammainare le vele, lanciare cavi ecc. Daland è sceso a terra; sale su una roccia e, volto verso l’interno, cerca di riconoscere la regione.
Questa la didascalia che apre il libretto, decisamente lunga e articolata, in modo tale da dare un quadro preciso del paesaggio e dell’atmosfera, che è echeggiata dalla musica, dove si ode perfettamente la voce del mare in tempesta. E poco dopo il coro inarticolato dei marinai che stanno lavorando, volutamente privo di parole intelleggibili (Hojohe! Hallojo!). Prima di proseguire con il racconto voglio solo far notare la differenza tra la didascalia iniziale dell’Olandese Volante e quella di un’opera perfettamente contemporanea quale I Lombardi alla Prima Crociata di Verdi, dove si legge solamente La piazza di Sant’Ambrogio. Si ode lieta musica nel tempio, vaga, com’è abitudine nell’opera coeva. Emerge quindi, dalle didascalie, la vocazione letteraria di Wagner, nonché quel suo voler intrecciare tutti gli aspetti dell’arte che è ben presente nella sua visione dell’opera. Aggiungo unicamente, poi inizio a narrare seriamente la trama che il lavoro didascalico è preciso all’interno del libretto anche per quel che riguarda i movimenti dei personaggi.
Daland, come ci dice la didascalia, scende a terra e si guarda intorno. Comprende di essere stato sbattuto dalla tempesta lontano sette miglia dal porto dov’è diretto dopo un lungo viaggio. Il porto è il luogo dove vive (un anonimo villaggio norvegese), dove lo attende la figlia. Vagliando la situazione, decide di tornare a bordo, e di mandare gli uomini a riposarsi, in attesa che la tempesta, che si sta acquietando, finisca del tutto. Ordina al giovane timoniere di fare la guardia alla nave, per quanto Daland non percepisca alcun pericolo imminente.
Il timoniere, per tenersi sveglio, canta una canzone marinaresca che parla di vento del sud, di una fanciulla che lo aspetta, di un regalo fattole, in un clima dolcemente sognante. Alla fine, cullato dal canto, il timoniere si addormenta. Quando è completamente addormentato la tempesta torna ad infuriare ed in lontananza appare una nave con le vele rosso sangue e gli alberi neri. La nave si avvicina e getta l’ancora con un rumore sinistro e terribile. Il timoniere si riscuote appena, ma non si accorge di nulla, e si riaddormenta. L’equipaggio della nuova nave, completamente in silenzio – in netto contrasto con il canto dell’equipaggio norvegese – ammaina le vele e lancia le corde. Un uomo scende, vestito di nero, scende a terra.
L’uomo (di cui il pubblico non conosce ancora l’identità) medita a lungo sul suo destino, con le seguenti parole (contrariamente al solito, analizzerò alcuni passi dell’opera, mentre racconto la trama, perché mi permette di spiegare i vari passaggi in maniera più approfondita), in quella che è, per quanto ben mascherata in un continuo musicale pieno di tensione, la sua aria:

Il termine è trascorso, - e son passati ancora
sette anni: colmo di tedio mi scaglia
il mare sulla riva. Ah! Oceano superbo!
Fra breve termine mi devi di nuovo portare!
Cedevole è la tua superbia, ma eterna la mia pena!
La salvezza, ch’io cerco a terra, mai
Troverò! A voi, flutti dell’immenso mare,
resto fedele, fin che la vostra ultima onda
si franga, e la vostra ultima goccia inaridisca!
Quante volte nella più profonda voragine del mare
Mi precipitai colmo di bramoso desiderio:
ma, ah!, la morte non trovai!
Là dove sta l’orribile fossa delle navi,
sospinsi la mia nave al fondo degli scogli,
ma, ah!, la mia fossa non si chiuse!
Beffardo minacciai il pirata,
in selvaggia battaglia sperai la morte –
«Qui» gridai «mostra le tue imprese,
di tesori sono piene nave e scialuppa! »
Ma, ah! Il barbaro figlio del mare
Con terrore si fa il segno della croce e fugge via.
Quante volte nella più profonda voragine del mare
Mi precipitai colmo di bramoso desiderio!
Là dove sta l’orribile fossa delle navi,
sospinsi la mia nave al fondo degli scogli.
In nessun luogo una fossa! Mai, mai la morte!
Questo il divieto tremendo della mia dannazione!
(Volge lo sguardo al cielo.)
A te chiedo, lodato angelo di Dio,
che mi ottenesti la condizione della mia salvezza!
Infelice, fui forse zimbello del tuo scherno,
quando tu mi offristi la redenzione?
Inutile speranza! Terribile, vano sogno!
Finita è per sempre l’eterna fedeltà!
Solo una speranza mi resta ancora,
sol una, sicura, irremovibile:
fin da quando spuntino ancora i germi della terra
anch’essa deve alla fine andare in rovina.
Giorno del giudizio! Ultimo giorno!
Quando irrompi nella mia notte?
Quando rintrona il colpo annichilatore
Che fa crollare il mondo?
Quando tutti i morti risorgeranno,
allora io svanirò nel nulla!
O mondi, terminate la vostra corsa!
Annichilimento eterno, accoglimi!


Ascolto (L’aria è interpretata da Donal McIntyre. Si tratta di un film-opera, come si può ben notare dalla scena).



È un’aria colma del desiderio di morte e della mancanza di speranza che contraddistingue l’uomo, costretto a vagare per l’eternità tra i mari, con una sosta a terra ogni sette anni, alla ricerca della fedeltà eterna, perché in questo sta la sua possibilità di salvezza. Il libretto è volutamente vago circa le cause della condanna, così come del come l’uomo potrà ottenere salvezza. Sono informazioni sottintese per lui che le conosce perfettamente e che verranno poi fornite all’ascoltatore nel Secondo Atto. Quello che è interessante notare, in questo momento, è la totale mancanza di speranza. Esiste una possibilità di salvezza, ma l’uomo ha perso fede in lei e non vede che una sola possibilità per trovare finalmente la pace: la morte. E, per lui, che la morte non può incontrarla, nonostante la cerchi con tutto se stesso, questa sta unicamente alla fine del mondo.
La riflessione dell’Olandese è interrotta dall’arrivo di Daland che esce dalla sua cabina e nota la nave dalle vele rosso sangue. Sgrida il timoniere che è decisamente imbarazzato per il suo sonno. Poi scorge a terra l’uomo in nero. Daland scende e lo interroga. L’uomo risponde unicamente di essere Olandese. Daland è solidale con lui, pensando che, come lui sia stato sospinto dalla tempesta, aggiungendo poi che si trova poco lontano dalla sua dimora. Continua chiedendo se abbia subito danni. Così risponde l’Olandese:
Salda è la mia nave, e non subisce danni.
Sbattuto fra tempesta e perfido vento,
erro qua e là sulle acque;
da quando? Quasi dirlo non so;
io non conto più gli anni.
Impossibile mi riesce ricordare
Tutti i paesi che incontrai:
uno soltanto, quello che bramo,
io non trovo, la mia patria!
Concedimi per breve tempo la tua casa,
e della tua amicizia non ti pentirai!
Di tesori d’ogni regione, d’ogni dove,
è colma e greve la mia nave; se vuoi trattare,
sarai sicuro del tuo profitto!

Da un lato, quindi, l’Olandese ripone l’accento sul suo vagare senza meta – vagare senza meta che Daland legge però come un esilio – aggiungendo poi l’offerta di ricchezze e tesori. A questa offerta pare essere molto attento il capitano norvegese, rivelando quindi un tratto del suo carattere: il desiderio d’oro e di ricchezza, un desiderio a cui risponde l’Olandese, mostrandogli una cassa colma di perle e pietre preziose. L’Olandese è disposto a scambiare questo tesoro per l’ospitalità.
Chiede poi, quasi ex abrupto, se Daland abbia una figlia. Il capitano risponde positivamente e l’Olandese la chiede in sposa. Il capitano norvegese ne è piacevolmente sorpreso perché avere come genero il misterioso straniero gli prospetterà una vita d’agi e di ricchezze. Quindi accetta di offrire la figlia in sposa all’Olandese. Mentre Daland è preso dall’idea di avere un ricco genero e di poter quindi maritare ottimamente la figlia, l’Olandese è perso in ben altri pensieri, pensieri che ci svelano che egli sarà salvo, quando troverà fedeltà eterna in una donna:
Sarà lei il mio angelo?
Se dalla terribile forza dei tormenti
Il desiderio mi sospinge alla salvezza,
m’è concesso persistere
nell’unica speranza che mi resta?
Devo consumarmi ancora nell’attesa vana
Che a me si rivolga un angelo?
Dei tormenti, che offuscano il mio capo,
avrei forse raggiunto l’agognata meta?
Ahimè! Senza speranza qual sono,
pur m’abbandono alla speranza!

Come si può notare, ancora una volta emerge il tema della mancanza di speranza e dell’improvvisa presenza della stessa, che contraddistinguerà l’Olandese da qui alla fine dell’opera. Così come emerge, ma sarà palese anche negli altri atti, l’opporsi di due mondi: il mondo dell’Olandese e il mondo di Daland, o meglio il mondo fantastico e il mondo normale, borghese. L’Olandese è un diverso all’interno del mondo di Daland, dei marinai e, poi si vedrà, anche del villaggio norvegese, dove vivono Daland ed il suo equipaggio. È portatore di quel desiderio di morte e salvezza che emerge nell’aria e nel duetto con Daland. Non è un caso che, alla fine dell’atto, le due navi partano separatamente, quasi a sottolineare la diversità, il divario che separa i due mondi rappresentati. Un divario che si acuirà a partire dal prossimo atto.


Atto II.
Siamo in una grande stanza in casa di Daland, con alle pareti quadri di soggetti marini, ma soprattutto, sulla parete di fondo il ritratto di un uomo pallido dai capelli scuri e l’abito nero. Le ragazze del villaggio, sorvegliate da Mary, siedono intorno al camino e filano. Senta, la figlia di Daland, ha abbandonato il lavoro e sta fissando con aria di sognante ammirazione il ritratto sulla parete di fondo. Le ragazze cantano un’allegra canzone, fino a quando Mary non rimprovera Senta che non fila e non canta. Le ragazze la prendono in giro, dicendo che è innamorata di un ritratto, ma di guardarsi dalla gelosia di Erik, il cacciatore, che la ama.
Senta le rimprovera e chiede, poi, a Mary di cantare la ballata dell’Olandese Volante. Mary rifiuta e quel punto Senta decide di cantarla lei stessa:
Johohoe! Hohohohoe!
Hohohoe! Johoe!
Incontraste la nave in mare,
rosso sangue le vele, nero l’albero?
Sull’alto bordo l’uomo pallido,
padron della nave, veglia senza sosta.
Hui! Come sibila il vento! Johohe! Johohe!
Hui! Come fischia nella gomena! Johohe! Johohe!
Hui! Come una freccia egli vola via,
senza meta, senza sosta, senza pace!
Ma l’uomo pallido potrebbe un dì ancora
Aver redenzione,
se trovasse una donna che fino alla morte
gli sia fedele in terra!
Ah! Quando la troverai, o pallido marinaio?
Pregate il cielo che presto
Una donna gli serbi fedeltà!
(Verso la fine della strofa Senta si volge verso il ritratto. Le ragazze ascoltano con vivo interesse: Mary ha smesso di filare)
Con cattivo vento e furia di tempesta,
volle un giorno doppiare un capo,
bestemmiò e giurò con folle coraggio:
non desisterò in eterno!
Hui! E Satana udì! Johohe!
Hui! Lo prese in parola! Johohe! Johohe!
Hui! E dannato ora corre
Per il mare senza sosta, senza pace!
Ma, perché l’infelice uomo trovasse ancora
Un giorno redenzione in terra,
rivelò un angelo di Dio come la sua salvezza
potrà un giorno ottenere.
Ah! Potessi tu, o pallido marinaio, trovarla!
Pregate il cielo che presto
Una donna gli serbi fedeltà!
[…]
(Senta che già alla seconda strofa si era levata dalla poltrona, prosegue con sempre crescente esaltazione)
All’ancora ogni sette anni,
per sposare una donna, scende a terra,
si sposò ogni sette anni,
ma non trovò mai una donna fedele.
Hui! «Issate le vele!» Johohe! Johohe!
Hui! «Levate l’ancora!» Johohe! Johohe!
Hui! «Falso amore, falsa fedeltà!
Su in mare, senza sosta, senza pace!»
(Senta, troppo violentemente commossa, ricade nella poltrona.)
RAGAZZE
(dopo una pausa proseguono a cantare sottovoce, con profonda commozione)
Ah! Dove vive quella che un giorno l’angelo di
Dio ti possa rivelare?
Dove trovi quella che fino alla morte ti
Resti fedele?
SENTA
(presa da improvvisa esaltazione, balza dalla poltrona)
Ch’io sia quella che ti redime con la sua fedeltà!
Possa l’angelo di Dio rivelarmi a te!
Per mio merito devi raggiungere la salvezza!


Ascolto (La ballata è interpretata da Nina Stemme)



La ballata di Senta è fondamentale per tutta la storia, divenendone quasi il centro drammaturgico. Sicuramente tutti i motivi musicali principali dell’opera sono presenti nella ballata (ascoltando con attenzione ce ne sono alcuni che si sono già ascoltati nell’aria dell’Olandese), così come è ancora più evidente il tema portante dell’opera: la redenzione. Redenzione cercata dall’Olandese ed offerta da Senta, che, affascinata dalla storia dell’uomo e dal suo ritratto, sogna di essere colei che lo possa redimere. Il rapporto di Senta con l’Olandese – prima di incontrarlo – è decisamente interessante. Da un lato la rende diversa rispetto alle altre ragazze che, se è vero che sono commosse dalla storia, sono atterrite e spaventate dalle ultime parole di Senta (dicono infatti Ci aiuti il cielo! Senta! Senta! e poco dopo E’ fuori di senno!), non comprendendone l’anima. La credono una pazza, una fanciulla ossessionata da una leggenda. In definitiva Senta si pone nello stesso mondo dell’Olandese (il mondo romantico, il mondo fantastico, il mondo dove i sentimenti sono estremi) e non già nel mondo del padre o del villaggio. Accanto a questo si può notare come Senta compartecipi pienamente alla storia dell’Olandese, come, al solo udirne parlare, sia legata indissolubilmente a lui.
L’amore (c’è chi lo chiamerebbe ossessione, ma io preferisco definirlo amore incondizionato) che Senta prova per l’Olandese è quindi motivo di paura per le sue compagne, così come è motivo di terrore da parte di Erik, un cacciatore del luogo, innamorato di Senta. Il giovane entra proprio nel momento in cui Senta, in preda all’esaltazione, pronuncia le ultime frasi della ballata. Si sente perduto, ma l’unica cosa che riesce a dire è che Daland è tornato. Le ragazze, eccitate di poter riabbracciare i propri innamorati od i propri familiari, escono, lasciando soli.
Inizia qui il confronto tra i due giovani, un dialogo tra sordi, se si analizza bene il testo. Erik esprime il suo amore ed i suoi timori. Egli vorrebbe sposare Senta, ma sa che Daland non darà mai il consenso alle nozze, perché è povero (e non ha tutti i torti, considerando che Daland ha “venduto” la figlia al migliore offerente, per quanto questi siano un perfetto sconosciuto). Erik appare all’inizio come un giovane insicuro, che intuisce che Senta, che egli ama sinceramente, non è sua. In fondo l’inizio del duetto lascia ben intuire che i sentimenti che intercorrono tra i due sono ben diversi:

ERIK
Il mio cuore fedele sino alla morte,
i miei scarsi beni, la mia fortuna di cacciatore:
posso così aspirare alla tua mano?
Tuo padre non mi respingerà?
Se allora il mio si spezza di dolore,
dì, Senta, chi parlare per me?

SENTA
Ah! Taci, Erik, adesso! Fammi uscire
A salutare il padre!
Se, come al solito, la figlia non sale a bordo,
non si dovrebbe egli adirare?

ERIK
Vuoi sfuggirmi?

SENTA
Devo andare a bordo!

ERIK
Mi eviti?

SENTA
Ah, lasciami andare!

ERIK
Fuggi lontano da questa ferita
Che m’infliggesti nell’illusione d’amore?
Ah, ascoltami in quest’ora,
ascolta la mia ultima richiesta!
Se questo cuore si spezzerà di dolore
Sarà Senta a parlare per me?

SENTA
Come? Dubiti del mio cuore?
Dubiti ch’io ti voglia bene?
Oh! Dì, che desta in te tali dolori?
Che turba col sospetto la tua mente?

ERIK
Tuo padre, ahimè! Brama solo tesori!
E tu, Senta, come potrei contare su di te?
Esaudisti anche una sola delle mie preghiere?
Non umili ogni giorno il mio cuore?


Senta risponde all’amore di Erik con l’affetto, con un ti voglio bene, che è ben diverso da ti amo. È sfuggente, non risponde realmente alle domande di Erik che cerca rassicurazioni, ma che non le trova, di qui il suo insistere, il suo continuare a fare domande che, immagino, le rivolge quasi ogni giorno, perché non può accettare la verità. Erik, dal mio punto di vista, vive nell’autoillusione che Senta lo ami, illusione che comprende benissimo da solo. Infatti, come dice egli stesso, Senta non ha mai esaudito una sola delle sue preghiere, non ha mai risposto al suo amore con amore, ma unicamente con affetto, come dice lei stessa, in un tentativo piuttosto goffo di rassicurarlo.
Alla fine Erik arriva a comprendere perfettamente dove giaccia il problema, giunge all’unica conclusione logica circa i sentimenti di Senta. Il ritratto e la ballata sono il problema:

SENTA
Il tuo cuore?

ERIK
Che devo pensare? Quel ritratto…

SENTA
Il ritratto?

ERIK
Ti libererai mai dalla tua fatale fantasticheria?

SENTA
Posso impedire la compassione al mio sguardo?

ERIK
E la ballata? Oggi l’hai cantata ancora!

SENTA
Sono una bambina, e non so quello che canto!
Oh! Dì, come? Temi una ballata? Un ritratto?

ERIK
Sei così pallida, sì, non dovrei temere?

SENTA
Non mi deve commuovere l’orrenda sorte del grande infelice?

ERIK
Il mio soffrire, Senta, non ti commuove più?

SENTA
Oh, non gloriarti! Che può essere il tuo soffrire?
Conosci il destino di quello sventurato!
(Porta Erik proprio davanti al ritratto e glielo indica)
Senti il dolore, il profondo cordoglio,
con cui egli guarda verso di me?
Ah! Quanto gli tolse per sempre la pace,
come tagliente tortura mi trafigge il cuore!

ERIK
Guai a me! Mi ammonisce il mio sogno infelice!
Dio ti protegga! Satana ti ha irretita!


Ed ecco che, nel confrontare Erik e l’Olandese, Senta compie una decisa scelta di campo. Il dolore di Erik – perché sia chiaro, Erik soffre – non vale nulla se paragonato a quello dell’uomo ritratto. Il cuore di Senta non appartiene ad Erik, ma all’Olandese. Il cuore di Senta è torturato dal destino dell’Olandese, non già dalle parole di Erik. Senta appartiene ad un mondo in cui Erik non riesce ad entrare (infatti nemmeno lui comprende l’amore di Senta per l’Olandese, ma lo scambia per qualcosa di molto più grave, per qualcosa di malvagio, generato dal Male assoluto), perché Erik appartiene, alla fine, allo stesso mondo di Daland e delle ragazze, un mondo in cui i diversi (perché Senta e l’Olandese sono due diversi) non possono essere compresi. È ovvio che nelle parole di Erik, nel suo tentare a tutti i costi di far volgere Senta verso di sé, v’è il cuore di un uomo innamorato e non riamato, un uomo che ha come rivale non un altro uomo, ma una leggenda, un ritratto, un destino di salvezza e dannazione.

SENTA
Che t’atterrisce tanto?

ERIK
Senta, lascia che ti confidi!
È un sogno, ascoltato come un monito!
(Senta si siede esausta sulla poltrona; all’inizio del racconto di Erik, sprofonda come in un sonno magnetico; sembra così ch’ella sogni proprio il sogno narrato da lui. Erik sta da un lato, appoggiato alla poltrona.)
Giacevo sognando su un alta rupe,
vedevo sotto di me il flutto del mare;
sentivo la risacca, mentre schiumando
la furia dell’onda si frangeva alla riva!
Una nave straniera sulla vicina spiaggia
Io scorsi, strana, stupenda;
due uomini s’avvicinarono a terra
l’uno, lo vidi, era tuo padre.

SENTA
(a occhi chiusi)
L’altro?

ERIK
Ben lo riconobbi…
Con la giubba nera – e pallido volto…

SENTA
(come sopra)
E cupo sguardo…

ERIK
(indicando il ritratto)
Il marinaio, lui.

SENTA
Ed io?

ERIK
Tu uscisti dalla casa;
volasti a salutare il padre…
ma lo vidi appena avvicinarsi a te,
ti precipitasti ai piedi dello straniero,
ti vidi abbracciare le sue ginocchia…

SENTA
(con tensione crescente)
Egli mi sollevò…

Erik
… al suo petto, -
Colma di fervore, t’aggrappasti a lui,
lo baciasti con ardente voluttà…

SENTA
E poi?

ERIK
(osservando Senta con sinistro stupore)
Vi vidi fuggire sul mare.

SENTA
(destandosi subito, in estrema esaltazione)
Egli mi cerca! Devo vederlo!

ERIK
Spaventoso! Ora comprendo!

SENTA
Devo andare in rovina con lui!

ERIK
Ella è perduta! Il mio sogno diceva il vero!

(Erik si precipita fuori, pieno di disperazione e orrore. Senta piombata in muta meditazione dopo che è esplosa la sua esaltazione resta nel suo atteggiamento, con lo sguardo fisso al ritratto)


Ascolto (Duetto Senta/Erik): Anja Silja e Fritz Uhl


Il sogno di Erik, che chiude il duetto, pone le basi per quello che accadrà dopo, per l’arrivo dell’Olandese e per il finale. Allo stesso tempo introduce l’uso che Wagner farà del sogno, anche nelle opere successive (molti personaggi wagneriani hanno sogni premonitori). Quello che importa è il modo in cui Senta reagisce al sogno di Erik, un modo che non lascia più alcun dubbio circa i suoi sentimenti ed il suo essere estranea al mondo borghese a cui dovrebbe appartenere (a cui, alle volte, sembra tentare di voler appartenere, senza riuscirci mai).
Una volta che Erik è uscito, Senta rimane a contemplare il ritratto, canta qualche strofa della ballata, ma si interrompe quando si apre la porta da cui entrano Daland e l’Olandese. Senta si volta ed emette un grido di sorpresa, poi resta in piedi, come incantata, senza distogliere lo sguardo dall’Olandese. L’Olandese, con gli occhi fissi su Senta, avanza lentamente verso il proscenio. Mentre Senta e l’Olandese si fissano immobili, Daland parla dell’accordo di nozze, chiede alla figlia il consenso, ma né Senta né l’Olandese interagiscono. Rimangono semplicemente a fissarsi immobili, lo sguardo dell’uno immerso in quello dell’altra. Anche quando Daland esce, lasciandoli soli, rimangono immobili a contemplarsi. L’Olandese si sente attratto verso Senta (La cupa fiamma, ch’io sento ardere, / dovrei, infelice, chiamarla amore? / Ah no! È la brama della salvezza: / per un tal angelo mi sia concessa), vede in lei, forse l’amore – ma lui, come si legge poco sopra lo nega, riconosce in lei chi lo salverà. Senta è bruciante d’amore e del desiderio di essere la salvezza che l’olandese brama.
A lungo non si parlano (le parole pronunciate nel libretto, sono mormorate a se stessi, mentre si contemplano). È l’Olandese a rivolgersi per primo a Senta:

Non biasimerai la scelta del padre?
Quel che ha promesso, come? Potrebbe valere?
Potresti dedicarti a me in eterno?
Porgeresti la tua mano allo straniero?
Dovrò trovare, dopo tormentosa vita,
nella tua fedeltà il lungamente bramato riposo?


racchiudendo in domande a cui Senta darà risposta (in netto contrasto con le domande formulate da Erik che non incontrano invece risposta alcuna) poco dopo, le sue speranze, quella comprensione iniziale che in Senta si racchiude la sua salvezza. Senta, naturalmente, risponde affidandosi a lui:

Chiunque tu sia, e quale la perdizione
Cui il tuo destino poté consacrarti;
qualunque sia la sorte ch’io mi dovessi guadagnare
sarò sempre ubbidiente al padre.


una risposta ancora cauta, che si artiglia per un attimo al dovere di figlia, quando, però, dentro di lei ha già deciso, sa già quale sarà la risposta, risposta che giunge dopo parole ben più minacciose da parte dell’Olandese, parole più disperate, quasi tema di credere veramente che lì, davanti a lui, sta la salvezza a lungo cercata.

OLANDESE
Ah! Potessi tu immaginare il destino
Cui poi con me apparterrai,
esso ti ammonirebbe sul sacrificio
che m’offri se mi giuri fedeltà!
Fuggirebbe atterrita la tua giovinezza
Dinanzi alla sorte a cui ti vuoi votare,
se non t’appelli alla più bella virtù della donna,
se non chiami tua l’eterna fedeltà!

SENTA
Ben conosco i sacri doveri della donna;
stanne certo, infelice uomo!
Fa’ che il destino giudichi colei
Che può sfidare il suo decreto!
Nella più alta purezza del mio cuore
Conosco l’alto comandamento della fedeltà.
Se la consacro, questa solo io dono:
la fedeltà fino alla morte!


Senta arriva a pronunciare le parole che ci aspettiamo dal momento in cui l’Olandese è entrato nella stanza, parole che sorgono da un sentimento covato da tempo, da quando ha conosciuto la ballata ed il ritratto, da quando è rimasta sopraffatta dall’amore, dal destino che la lega all’Olandese. Lui riconosce in lei la sua salvezza (e lo dice chiaramente poco dopo), lei in lui l’uomo che salverà. Il duetto tra Senta e l’Olandese è un duetto di contemplazione, contemplazione della salvezza, di due anime che si trovano, finalmente.
Il rientro di Daland porta all’accettazione di Senta della proposta di matrimonio (accettazione in cui ribadisce la sua fedeltà fino alla morte). A questo l’Olandese osa finalmente sperare, essere certo che il giorno dopo – il matrimonio è immediato – sarà finalmente unito a colei che ha a lungo cercato.

ATTO III
Insenatura marina con spiaggia rocciosa; da un lato la casa di Daland sul proscenio. Il fondo è occupato da entrambe le navi, quella del Norvegese e quella dell’Olandese, poste abbastanza vicine l’una all’altra. notte chiara: la nave norvegese è illuminata; i suoi marinai sono sulla coperta. Giubilo e gioia. L’aspetto della nave olandese forma un sinistro contrasto: vi è diffusa una innaturale oscurità; vi regna un silenzio di morte.
La didascalia iniziale dell’ultimo atto non fa che acuire l’opposizione tra i due mondi. Da una parte la spensieratezza dei marinai Norvegesi, dall’altra il silenzio dei marinai dannati della nave dell’Olandese. Contrasto che si farà evidente nel pezzo corale che segue, dove i norvegesi tentano di coinvolgere nelle loro canzoni gli uomini dell’Olandese, fino a che questi non risponderanno con i canto, che porta con sé tempesta e spavento, disperato, un canto di morte e di dannazione. I marinai norvegesi sono presi dal terrore, ammutoliti e, poco dopo, scappano.
A questo punto il silenzio torna a regnare sulla spiaggia.
Senta esce da casa sua a passi veloci, inseguita da Erik, che la pressa, chiedendole se è vero che lei si sposa. Senta tenta di metterlo a tacere, ma Erik la blocca ricordandole di quel giorno in cui lei gli avrebbe promesso eterna fedeltà. Senta ne è atterrita e domanda quando mai sia accaduto questo fatto.
Erik, addolorato, ricorda un giorno in cui Daland aveva affidato, prima della partenza, Senta a lui. Ed egli nei gesti della ragazza, nelle sue dimostrazioni d’affetto vi ha letto la promessa. Vi riporto sotto il testo cantato da Erik, che può essere, secondo me, interpretato in diverse maniere. Io provo a proporre le due che mi sembrano più probabili. Da un lato l’episodio potrebbe essersi svolto prima che Senta venga a conoscenza del destino dell’Olandese. Forse prima dell’arrivo del ritratto (non si sa nulla in proposito, ma io immagino che lo riporti Daland da uno dei suoi viaggi), sicuramente prima di conoscere la ballata e perdersi nell’amore per l’Olandese. Da un altro punto di vista – e attualmente è quello che credo maggiormente, perché è coerente con ciò che si vede di Erik nel duetto con Senta – Erik potrebbe aver letto nelle azioni di Senta un amore che non v’è mai stato in realtà, aver confuso quindi un “ti voglio bene” per un “ti amo”. Un abbraccio fraterno per un abbraccio da amante. Dal racconto, tra l’altro, non si evince che Senta abbia mai detto esplicitamente “ti sarò fedele fino alla morte”. Queste parole le ha unicamente volte all’Olandese. Ovviamente queste sono solo mie interpretazioni personali, quindi se uno di voi ne ha una differente ben venga.

Senta! Oh Senta, lo neghi?
Non vuoi più ricordare quel giorno
Quando mi chiamasti a te nella valle?
Quanto a raggiungere per te il fiore dell’altipiano
Con coraggio sopportai innumerevoli affanni?
Ricordi come, dall’alta scogliera,
vedemmo il padre staccarsi dalla riva?
Partiva sulla nave dall’ali bianche,
e ti affidava alla mia difesa.
Quando il tuo braccio s’avvinghiò al mio collo
Non mi confessasti ancora una volta amore?
Quel che di sublime mi penetrò stringendo le tue mani,
dì, non era la conferma della tua fedeltà?


L’Olandese ha spiato, non visto, la scena precedente. Alle parole di Erik si fa avanti, terribilmente agitato, perché crede di aver perduto per sempre qualsiasi possibilità di salvezza. Inizia adesso il finale dell’opera, un terzetto – ma a confrontarsi veramente sono solo Senta e l’Olandese – che porta all’inevitabile finale.

OLANDESE
Perduta! Ahimé! Perduta! Salvezza perduta in eterno!

ERIK
(ritraendosi con orrore)
Che vedo! Dio!

OLANDESE
Senta, addio!

SENTA
(sbarrando la strada all’Olandese)
Fermati! Infelice!

ERIK
(a Senta)
Che vuoi fare?

OLANDESE
Ina mare! In mare! In mare per tutta l’eternità!
(a Senta)
È finita con la tua fedeltà!
Con la tua fedeltà, con la mia salvezza!
Addio! Non voglio rovinarti!

ERIK
Orribile! Questo sguardo!

SENTA
(gettandosi sotto l’Olandese)
Fermati!
Da qui non devi più fuggire!


Il momento iniziale del duetto è colmo di tensione, rapido nel contrapporsi della volontà dell’Olandese di andarsene e la volontà di Senta di trattenerlo. Erik unicamente commenta. È ignorato da Senta che non risponde alla sua domanda e l’Olandese non si rivolge mai a lui. Il confronto che avverrà tra poco è soltanto tra Senta e l’Olandese, mentre Erik assiste impotente alla scena, confermando l’idea che già si era fatto nel duetto del secondo atto, ovvero che Senta è in preda al Male.

OLANDESE
(dà uno stridulo segnale col suo fischietto e chiama l’equipaggio della nave)
Issate le vele! Levate l’ancora!
Dite addio in eterno alla terra!
Di nuovo sono sospinto sul mare!
Io dubito di te! Io dubito di Dio!
Svanita, svanita è ogni fedeltà;
quel che promettesti fu per me uno scherno!

SENTA
Ah! Dubiti della mia fedeltà?
Infelice, che mai t’acceca?
Fermati! Non pentirti delle nozze!
Quel che promisi, io mantengo!

ERIK
Che sento? Dio! Che devo vedere!
Devo credere all’orecchio, all’occhio?
Senta! Vuoi andare in perdizione?
A me! A me! Sei fra gli artigli di Satana.


Come detto poco sopra, Erik vede unicamente il Male, la sua opera, in quello che gli sta accadendo davanti. Come nel duetto del secondo atto, riesce a trovare una sola reazione all’agire di Senta perché non vuole capire quale sia la verità, perché è perso nella convinzione che Senta ami lui e non già l’Olandese, il diverso, il dannato. Quest’ultimo è in preda alla più cupa disillusione, lontano è l’uomo che ha fissato Senta riconoscendo in lei la sua salvezza, è sordo alle parole della donna, sordo perché non vuole condannarla ad un destino simile al suo, come ben si evince da quanto dice poco dopo.

OLANDESE
Apprendi il destino da cui ti salvo:
dannato sono alla più orribile delle sorti,
incontrare dieci volte la morte, sarebbe per me voluttà!
Dalla maledizione solo una donna mi può liberare,
una donna che mi serbi fedeltà fino alla morte.
Mi hai promesso fedeltà, ma non ancora
Davanti all’Eterno: e questo ti salva!
Sappi, infelice, qual è il destino
Che colpisce quelle che mi mancano di fede.
Eterna dannazione è la loro sorte!
Vittime innumerevoli soggiacquero a questa sentenza
A causa mia! Ma tu devi essere salva!
Addio!
(pronto alla partenza)
Addio, mia salvezza, in eterno.


Nell’uomo è scattato il desiderio di salvare Senta, di salvare colei in cui ha riconosciuto la sua salvezza (e forse – ma io credo che sia così – ama), di non condurla a dannazione, come è accaduto ad innumerevoli altre donne che hanno tradito il loro giuramento (non si sa nulla di loro, ma si può presupporre che molte di queste, come Daland, siano rimaste affascinate dalla sua ricchezza; altre forse dal mistero, ma nessuna lo ha atteso come Senta ed amato come lei), rinunciando – o almeno così ho sempre inteso io il libretto – per sempre a qualsiasi possibilità di salvezza, alla sua unica possibilità. Credo che l’Olandese avesse l’obbligo di sposare una donna ogni sette anni e, rinunciando a sposare Senta per salvarla, rinuncia anche alla sua salvezza. E non gli rimane altro che partire, andarsene, dire addio alla sua unica possibilità di incontrare la tanto agognata pace.

ERIK
(in terribile angoscia, gridando verso la casa e verso la nava)
Aiuto! Salvatela, salvatela!

SENTA
(trattenendo l’Olandese)
Ben ti conosco! Ben conosco il tuo destino;
già ti conoscevo quando ti vidi la prima volta!
La fine del tuo tormento è qui. Io sono quella
Per la cui fedeltà devi trovare la tua salvezza!

ERIK
Aiutatela! È perduta!

(Al grido di soccorso di Erik, in fretta sono usciti di casa Daland, Mary e le ragazze, e dalla nave I marina.)

DALAND, RAGAZZE, MARINAI e MARY
Che vedo!

DALAND
Dio!

OLANDESE
(a Senta)
Tu non mi conosci, non immagini chi io sia!
(Accenna alla sua nave, le cui vele rosso sangue vengono aperte al vento e il cui equipaggio si prepara, spettralmente, alla partenza)
Chiedi ai mari d’ogni regione, chiedi
Al marinaio che attraversò l’oceano!
Egli conosce questa nave, il terrore di tutti i buoni:
mi chiamano l’Olandese volante.

(L’olandese giunge con fulminea velocità a bordo della sua nave, che all’istante si stacca dalla costa ed entra in mare. Senta vuol correre dietro all’Olandese; Daland, Erik e Mary la trattengono.)

EQUIPAGGIO DELL’OLANDESE
Johohe! Johohohoe! Hojohohoe!
Hoe! Hoe! Hoe! Huissa!

MARY, DALAND, ERIK, RAGAZZE e MARINAI
Senta! Senta! Che vuoi fare?

SENTA
(con violenza selvaggia si è liberata e raggiunge un banco di scogli proteso nel mare; e da lì chiama con tutta forza l’Olandese che sta partendo)
Loda il tuo angelo e il suo comandamento!
Qui io sono, fedele a te fino alla morte!

(Si precipita nel mare; subito la nave dell’Olandese sprofonda con tutto l’equipaggio. Il mare si gonfia verso l’altro e poi risprofonda in un vortice. – Nel rosso ardente del sole nascente si scorgono al di sopra dei relitti della nave le immagini trasfigurate di Senta e dell’Olandese, che si tengono abbracciate, salgono dal mare e si librano verso l’altro. Un’aureola abbagliante illumina il gruppo sul fondo; Senta rialza l’Olandese, lo stringe al suo petto e accenna al cielo con la mano e lo sguardo. Il banco di scogli, sollevato lentamente sempre più in alto, assume in maniera impercettibile l’aspetto di una nuvola).


L’opera si conclude con la redenzione, ottenuta tramite il sacrificio di Senta (altro tema fondamentale in altre opere di Wagner sarà la redenzione tramite il sacrificio). Sacrificio preannunciato dal sogno di Erik, sogno premonitore, in effetti, ma non nella maniera in cui Erik lo legge. Quell’andare entrambi verso il mare, era la morte che li attendeva e la successiva trasfigurazione che la salvezza ha portato loro. In un certo senso nel finale si assiste a due sacrifici: quello dell’Olandese che lasciando Senta, vuole salvarla dalla dannazione, quello di Senta che, togliendosi la vita, porta salvezza all’Olandese.




Ascolto: Finale atto III. Direttore: Valery Gergiev


Vi lascio, aggiungendo che molta dell’interpretazione dell’opera è basata sulla mia opinione personale. Si può leggere la trama in molti modi, in maniera psicanalitica, come accade in alcune regie (ammetto di non aver mai visto Senta gettarsi in mare. Nell’ultima rappresentazione si pugnala e non avviene nessuna redenzione perché per il regista tutto sta unicamente nella mente di Senta. In un’altra era stato risolto con l’accasciarsi al suolo di Senta ed il palco investito di una luce abbagliante, una soluzione che mi era piaciuta perché rendeva l’idea di fondo), in maniera simbolica o come si vuole. L’opera si presta a infinite letture. Quindi ovviamente potete dissentire da me, dire che secondo voi Senta ha sempre ingannato Erik, che la sua è un’ossessione (come viene vista da alcuni)…
Avrei voluto mettere più ascolti, ma purtroppo non ho trovato molto che mi soddisfacesse a livello canoro o a livello visivo (questo spiega i due ascolti solo audio).
Al contrario di altre volte, non vi assegno compiti, ma lascio spazio alle vostre considerazioni.
 
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23 replies since 13/11/2012, 18:01   588 views
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