Il Calderone di Severus

Il plurale, Ortografia - Lezione 6

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view post Posted on 27/8/2014, 18:08
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CITAZIONE (Ida59 @ 3/5/2014, 14:44) 
Vediamo se avete assimilato le lezioni sui plurali.

Ecco un esercizio. Facile? Ditelo voi.



Gnocco, monaco, falco, automatico, calco, fantastico, cieco, eco, borgo, classico, parco, cuoco, incarico, decalogo, plico, gioco, prodigo, naufrago, luogo, medico, ago, fico, pratico, cardiologo, magico, equivoco, tragico, prologo, monologo.

Uhm, si può ancora fare questo esercizio?
Io ci provo prima di leggere la regola:
gnocco/ gnocchi
monaco/monaci
falco/falchi
automatico/automatici
calco/calchi
fantastico/fantastici
cieco/ciechi
eco/echi
borgo/borghi
classico/classici
parco/parchi
cuoco/cuochi
incarico/incarichi
decalogo/decaloghi
plico/plichi
gioco/giochi
prodigo/prodighi
naufrago/naufraghi
luogo/luoghi
medico/medici
ago/aghi
fico/fichi
pratico/pratici
cardiologo/cardiologi
magico/magici
equivoco/equivoci
tragico/tragici
prologo/prologhi
monologo/monologhi


E ora vado a leggermi la regola perché non la ricordo e il più delle volte vado "a orecchio".

Edited by Ida59 - 4/7/2015, 00:08
 
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view post Posted on 27/8/2014, 21:43
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CITAZIONE (Arwen68 @ 27/8/2014, 19:08) 
Uhm, si può ancora fare questo esercizio?

Ma certo che sì! Benvenuta nell'aula di scrittura, Manu!

Edited by Ida59 - 4/7/2015, 00:08
 
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view post Posted on 27/8/2014, 22:09
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Grazie, Ida.
Oggi ho fatto un primo giro in questa sezione.
E' una bella idea questa di un luogo dove trattare di grammatica. E visto che sul forum si pubblicano anche FF è anche molto utile!
 
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view post Posted on 5/6/2018, 18:27
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Plurali sovrabbondanti



Un sostantivo normalmente ha un unico plurale, ma, in rari casi, ciò non avviene e dunque si parla di plurali sovrabbondanti. Queste eccezioni linguistiche sono dovute alla scomparsa del genere neutro nel passaggio dal latino all’italiano. Il latino, infatti, prevedeva tre generi per i sostantivi (maschile, femminile, neutro) che nel passaggio all’italiano sono diventati due. Il neutro, che riguardava gli esseri inanimati, è scomparso e, per i sostantivi che prima erano neutri, è stata utilizzata la declinazione del genere maschile.
Il neutro, però, non è scomparso del tutto e, ancora oggi, alcune parole maschili singolari che terminano in –o presentano due plurali: uno maschile in –i e l’altro femminile in –a (relitto del plurale neutro latino, trattato come femminile perché in italiano la desinenza in –a è quella tipica del femminile).
Sapere dell’esistenza dei plurali sovrabbondanti è importante perché spesso ci sono frasi che ci lasciano perplessi, ma che, in realtà, sono formalmente corrette, come per esempio:

Aveva i diti indice di tutti puntati.


Non suona bene, sembra sbagliata, ma non lo è. Mi è sembrato significativo ribadirlo, dato che l’idea di questo post è nata proprio da una discussione sui diti.


La specializzazione dei significati


Ogni lingua punta sempre sull’economia dei termini, quindi, se esistono due parole diverse, nella maggior parte dei casi queste hanno significati o sfumature di significati diversi. Questo avviene per i sinonimi e anche per i plurali sovrabbondanti, quindi occorre far molta attenzione nel loro utilizzo.
Per esempio, osso ha due plurali: ossi e ossa (sono quelle umane). Potete dire:
Ho dato degli ossi al cane.
Vi consiglio, però, di evitare:
Ho dato delle ossa al cane.
Sempre che il vostro cane non vi stia dando una mano a far sparire le tracce di un omicidio…

Esempi di plurali sovrabbondanti


Passiamo ora a ricordare alcuni dei casi più utilizzati, oltre a osso e dito.
Non vi annoierò con delle definizioni copiate dai dizionari (che riportano quali accezioni valgono per uno o per l’altro plurale per evitare errori). Ho scelto di evidenziare le differenze tra i due plurali in alcune frasi di un breve brano, per vedere nella pratica come usare i plurali sovrabbondanti.

Braccio: Bracci e Braccia


Marco sfiorò il braccio di Anna, incapace di fermarla e, allo stesso tempo, senza il coraggio di lasciarla andare. Lei rimase impietrita come colpita da un incantesimo e aprì le braccia pronta ad accogliere, per l’ultima volta, l’abbraccio dell’uomo che doveva lasciare per sempre. Intanto due bracci di mare avvolgevano la spiaggia come a voler partecipare a quel doloroso addio.

Ciglio: Cigli e Ciglia


Poche ore dopo, sul ciglio del dirupo, pronto a volare, Marco, ormai rimasto solo, non aveva lacrime tra le ciglia, mentre dai cigli delle strade vicine, la gente lo incitava a desistere dal folle intento.

Urlo: Urli e Urla (vale anche per Grido: Gridi e Grida)


Le urla confuse della gente non lo turbarono minimamente e a stento le sentì. Nemmeno gli urli strazianti della sua povera vecchia madre lo fecero desistere, mentre dentro di lui l’urlo della disperazione si faceva via via più intenso.

Filo: Fili e Fila


Marco aveva perso il filo della sua vita, il senso del suo esistere, la sua profonda essenza. Era come un involucro vuoto, un burattino senza fili. Morire, però, era così semplice e non c’era bisogno di chiedere permessi, fare la fila, chiedere congedi o autorizzazioni: bastava solo volare. (Su questo torno nel prossimo messaggio)

Membro: Membri e Membra


Marco non si sentiva più un membro del paese. Neppure i membri della sua squadra di pallone, la sua seconda famiglia, avrebbero potuto fargli tornare la voglia di vivere. Gli sembrava che nemmeno le sue membra ormai gli appartenessero più e presto la sua anima si sarebbe liberata di quel peso che le impediva di andarsene da lì, di fuggire lontano.

Fondamento: Fondamenti e Fondamenta


Anna era il fondamento della sua vita, il modiglione che l’aveva sorretto fino a quel momento, che l’aveva tirato fuori da tutti i suoi problemi e i suoi perché. Gli aveva insegnato i fondamenti della vita, quelle frasi fatte dette così spesso da essere vere. Ora, senza di lei, si sentiva crollare come un palazzo senza fondamenta.
Con lo sguardo fisso, Marco indugiava, osservando il vuoto a un passo da lui.

Si butterà o non si butterà? Se volete, potere cercare una bella conclusione sfruttando altri plurali sovrabbondanti. Di esempi, infatti, ce ne sono ancora tanti.
In ogni caso, spero di aver evidenziato il tema dei plurali sovrabbondanti e come sia importante verificare bene l’accezione che si intende utilizzare… ci si può anche buttare da delle ciglia (potrebbe anche essere una bellissima espressione poetica) ma bisogna sapere cosa si sta facendo! Attenzione all’uso dei plurali sovrabbondanti!



Dal blog di Pennablu: guest post scritto da Romina Tamerici.

Edited by Ida59 - 12/6/2018, 15:58
 
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view post Posted on 6/6/2018, 16:39
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Ma che interessante!
Molti li conoscevo, ma alcuni li ho usati senza sapere il perchè. Devo dire che li ho usati correttamente, ma leggere è stato un ripasso piacevole.

A proposito di diti mi è venuto in mente Fantozzi:
mi si sono intrecciati i ditiii... :lol: :lol:
 
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view post Posted on 12/6/2018, 15:22
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La trattazione sul plurale di FILO mi sembrava incompleta, così ho fatto una mini ricerchina. Ecco ciò che ho trovato.

Tratto da Treccani



La parola filo ha due plurali.

• Il plurale maschile fili si usa nel significato proprio di ‘elementi a forma di filo’

i fili d’erba, i fili dell’alta tensione, i fili di lana

• Il plurale femminile fila si usa con il senso figurato di ‘sviluppo coerente, connessione di elementi’

le fila del discorso, le fila della storia, le fila del complotto.



Le fila non va confuso con le file (plurale del nome femminile la fila), che indica invece ‘una serie di oggetti, di cose’

le file di sedie e non le fila di sedie

serrare le file e non serrare le fila (visto che significa ‘diminuire la distanza fra i vari componenti di una fila’ o, anche in senso figurato, ‘stringersi compatti gli uni agli altri’).



Tratto dal Corriere della sera, a conclusione del discorso.

[...] il plurale più comune è quello regolare, i fili: “i fili del telegrafo”, “tre fili di perle”. Il plurale femminile le fila è d’uso più limitato: si incontra in senso collettivo, per indicare molti fili presi insieme: abbiamo così “le fila dell’ordito”, e diciamo che il formaggio fuso “fa le fila”; ma più spesso lo incontriamo in frasi figurate, come “le fila della congiura”, “le fila del partito”, “tenere in pugno le fila del movimento”.


Completo il discorso con le conclusioni di unaparolaalgiorno.it

[...] è con i plurali di queste parole che la faccenda si complica: il plurale di "la fila" è "le file", (una fila di automobili, due file di automobili) mentre "il filo" ha due varianti di plurale: "i fili" e "le fila". Il maschile viene usato per indicare l'oggetto concreto (i fili di un tappeto), il femminile per indicare la trama, o comunque l'oggetto metaforico (le fila del racconto, le fila del complotto). Ma "le fila" non deve essere usato come plurale di "la fila". Sono due oggetti diversi. Capita spesso di leggere in libri o quotidiani, o di sentire in discorsi o film, espressioni come "serrare le fila" - espressioni improprie, in cui i concetti di "fila" e "filo" vengono confusi. Si serrano le file, non le fila: è un'espressione militare, e negli eserciti ci sono file di soldati, non fili di soldati.

Si dirà che l'uso di "le fila" come plurale di "la fila" è ormai invalso pacificamente - e può esser vero. Ma se da domani si iniziasse a usare "banane" come plurale di "cacciavite" questo non aumenterebbe il numero di banane nella cintura del carpentiere. Se "la fila" e "il filo" sono cose diverse, sono cose diverse anche "le file" e "le fila" (o "i fili").
 
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view post Posted on 21/6/2018, 21:57
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Altri esempi di plurali doppi



Alcuni nomi maschili in -o, oltre al plurale regolare in -i, di genere maschile, ne hanno un altro in -a, di genere femminile. Nella maggioranza dei casi a questa differenza corrisponde una differenza di significato

braccio ▶ bracci / braccia

budello ▶ budelli / budella

calcagno ▶ calcagni / calcagna

cervello ▶ cervelli / cervella

corno ▶ corni / corna

cuoio ▶ cuoio / cuoia

dito ▶ diti / dita

filo ▶ fili / fila

fondamento ▶ fondamenti / fondamenta

labbro ▶ labbri / labbra

lenzuolo ▶ lenzuoli / lenzuola

muro ▶ muri / mura

urlo ▶ urli / urla

In molti casi il plurale maschile ha significato figurato, mentre il femminile viene usato in senso proprio; ma non sempre è così. In mancanza di una regola generale, l’unica soluzione è ricorrere al dizionario ed esaminare i vari casi uno per uno.

Mah... a me sembra che sia vero il contrario: il plurale maschile è usato in senso proprio, mentre quello femminile ha un significato figurato.



Tratto da Treccani.it
 
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view post Posted on 26/6/2018, 16:48
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L'Accademia della Crusca spiega il significato dei plurali doppi già inseriti nel messaggio precedente e ne aggiunge altri fornendo utili informazioni.

Luca Serianni scrive, nella sua Grammatica Italiana: "Nella maggior parte dei casi alla differenza di terminazione nel plurale corrisponde una sensibile differenza di significato, e non è difficile ritrovare opposizioni come «astratto» / «concreto», «generale» / «particolare», «collettivo» / «singolo» [...]" (cap. III par. 117).

In mancanza di una regola generale, l'unica soluzione è prendere in esame i vari casi singolarmente.

· Il braccio --> i bracci / le braccia. Il femminile si usa propriamente per indicare gli arti superiori dell'essere umano, nonché il plurale del braccio unità di misura; il maschile in tutti gli altri significati: i bracci della gru, i bracci A e B di un edificio.
· Il budello --> i budelli / le budella. Il femminile indica le interiora di un animale (o di un essere umano); il maschile invece si usa per 'passaggi angusti, vicoli stretti'.
· Il calcagno --> i calcagni / le calcagna. Il maschile indica la parte posteriore del piede, il femminile, disusato, si è cristallizzato in alcune espressioni come stare alle calcagna.
· Il cervello --> i cervelli / le cervella. Il primo si utilizza come semplice plurale di cervello, il secondo, come per budella, indica la materia di cui è fatto il cervello, specialmente nell'espressione far saltare le cervella.
· Il ciglio --> i cigli / le ciglia. Il maschile indica l'insieme dei singoli cigli oppure il bordo di una strada ecc.; il femminile si usa per l'insieme delle ciglia degli occhi.
· Il corno --> i corni / le corna. Il primo si impiega per gli strumenti musicali e per 'le estremità' di qualcosa ('i corni della luna'), il femminile invece per le corna degli animali.
· Il cuoio --> i cuoi / le cuoia. Il primo per le 'pelli conciate', il secondo per 'l'insieme della pelle umana', praticamente solo nella colorita espressione tirare le cuoia 'morire'.
· Il dito --> i diti / le dita. Il maschile si usa quando si fa riferimento alle singole dita: i diti indici delle sue mani, il femminile quando ci si riferisce al loro insieme.
· Il filo --> i fili / le fila. Il maschile va adoperato nel significato concreto: i fili del telefono ecc., il femminile invece sta per 'trama di un ordito' oppure nel senso metaforico di 'intreccio': le fila di una congiura ecc. ATTENZIONE! È sbagliato l'uso di fila come plurale di fila 'serie, successione', ad esempio nella locuzione, spesso impiegata, *serrare le fila in luogo del corretto serrare le file.
· Il fondamento --> i fondamenti / le fondamenta. Il maschile indica 'le basi, i principi di una disciplina, di un pensiero' ecc., il femminile designa solo 'le strutture su cui poggia un edificio': le fondamenta della casa.
· Il fuso --> i fusi / le fusa. Il primo indica gli arnesi usati nella filatura, il secondo 'il ronfare del gatto' nella locuzione fare le fusa (probabilmente per la similitudine tra il suono prodotto dal gatto e quello del fuso che gira).
· Il grido --> i gridi / le grida. Il maschile per i versi degli animali ('i gridi dei gabbiani'), il femminile per 'voci o lamenti emessi dagli umani'.
· Il labbro --> i labbri / le labbra. Il maschile si usa per i bordi di una ferita o per i margini superiori di una fontana o sim., il femminile per le labbra della bocca o di altre parti anatomiche.
· Il lenzuolo --> i lenzuoli / le lenzuola. Il primo designa più lenzuoli presi uno per uno, il secondo la coppia di lenzuola con cui si prepara il letto.
· Il membro --> i membri / le membra. I membri sono coloro che appartengono a un'associazione, a un gruppo; le membra sono l'insieme delle parti del corpo umano.
· Il muro --> i muri / le mura. Il maschile per i muri di una casa, o quelli che costeggiano una strada; il femminile per le mura di cinta di una città, oppure per indicare la casa nel suo complesso: stare fra le proprie mura.
· L'osso --> gli ossi / le ossa. Come per i diti, il maschile sta per vari ossi presi separatamente; le ossa indica l'insieme dell'ossatura umana.
· Lo staio --> gli stai / le staia. Il primo indica i singoli recipienti per misurare il peso del grano, il secondo l'unità di misura relativa allo staio.
· L'urlo --> gli urli / le urla. In linea di massima, stessa distinzione che per gridi / grida.

Anche ginocchio ha un doppio plurale, ginocchi / ginocchia, senza alcuna rilevante differenza di significato. Serianni nella già citata Grammatica Italiana ipotizza che tra i due plurali ci possa essere una distinzione simile a diti / dita, con il plurale maschile che designa i ginocchi presi singolarmente e quello femminile nel loro insieme, "tuttavia in troppi casi i due usi si sovrappongono l'uno all'altro" (cap. III par. 122 a). Stesso discorso vale per lo strido --> gli stridi / le strida e il vestigio (usato anche il singolare vestigie, rifatto arbitrariamente sul modello di effigie) --> i vestigi / le vestigia.

Vanno inoltre citati alcuni casi di sostantivi che hanno sia un doppio singolare che un doppio plurale, non per forza con differenza di significato.

· Strofa / strofe --> strofe / strofi, senza differenze di significato.
· Orecchio / orecchia --> orecchi / orecchie: tutte forme corrette, senza differenze di significato.
· Frutto / frutta --> frutti / frutte: qui le differenze di significato sono molto definite. Il maschile singolare si impiega per il singolo 'prodotto delle piante derivato dal fiore' oppure in senso figurato: il frutto delle mie fatiche, e il maschile plurale ne continua tali significati. La frutta designa la categoria alimentare, usato talvolta anche come forma plurale: molte frutta; il corrispondente femminile plurale frutte esiste ma è desueto.
 
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In giro per il Web ho pescato ancora qualche plurale sovrabbondante, ma non ricordo dove.

anello (gli anelli, le anella): “Gli anelli della catena”, “Capelli cascanti in soffici anella”
tergo, col plurale i terghi riferito piuttosto a cose: “i terghi degli armadi, delle monete”; nel significato di schiena di persona o animale, più comune le terga: “Volgere le terga”.
gesto : i gesti (movimenti del corpo) e le gesta (le azioni)
filaménto : filaménti (i filamenti dei muschi) e le filaménta
 
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Vediamo cosa dice la Treccani in merito al plurale.


Aggettivo e sostantivo maschile [dal latino pluralis, der. di plus pluris «più»].
– Che si riferisce a più persone o cose, che indica o esprime il concetto della molteplicità. È termine usato esclusivamente in linguistica e grammatica, in quanto costituisce un aspetto della categoria grammaticale del numero che, contrapposto al singolare (e, dove esiste, al duale, triale e quattrale), indica che le persone o le cose sono più di una (e rispettivamente più di due, tre, quattro): numero singolare e p.; sostantivo, aggettivo, pronome p. o di numero plurale; come sost.: la formazione del p.; sostantivi che non hanno il p., o usati soltanto al p., o difettivi del p.; parlare al p., o in p., usando la forma del plurale, pur riferendosi a persona singola.

Il termine compare in alcune locuzioni che definiscono un procedimento stilistico, caratterizzato dall’uso del plurale dove sarebbe logicamente richiesto un singolare, trattandosi di una sola persona o cosa:
1) P. di maestà o ma(i)estatico (latino: pluralis maiestatis), l’uso della prima persona plurale del pronome e delle forme verbali e nominali che con essa concordano, così detto perché adottato dai sovrani e dai papi nei loro atti e discorsi ufficiali, e, per estensione, da personaggi d’alto rango o investiti di cariche particolarmente importanti.
2) P. di modestia o d’autore (latino: pluralis modestiae o auctoris), l’uso della prima persona plurale in un discorso o in uno scritto, al fine di evitare una troppo insistente e immodesta ripetizione del pronome di prima persona «io», o quando si vogliano considerare ascoltatori o lettori come partecipi del proprio ragionare.
3) P. ellittico: l’estendere, al plurale, il valore semantico di una parola, comprendendovi anche una nozione affine, spesso di genere diverso (il femminile incluso nel maschile, per es.: i principi Sanseverino per il principe e la principessa Sanseverino).
4) P. enfatico o poetico, l’uso stilistico, per ornamento letterario o effetto poetico, del plurale di un nome, con lo stesso senso generale e contestuale del singolare: esempio tipico è la parola cielo, in espressioni come nell’alto o dall’alto dei cieli.

Conoscevo il plurale maestatico ma non quello di modestia: usano entrambi il noi al posto dell'io ma per ottenere un risultato opposto, come dire, dalle stelle alle stalle.
In effetti, ponderando meglio, tutti noi conosciamo anche il plurale di modestia e, in effetti, lo usiamo proprio per non apparire troppo in prima persona nel testo e quando vogliamo coinvolgere gli altri nel discorso, proprio come ho appena fatto in questa frase.
Un altro modo per ridurre la nostra presenza di autore nel testo è il rivolgersi alla forma impersonale, dove il noi trascolora nel tutti.

Riguardo al maschilismo insito nel plurale ellittico, meglio se mi cucio la bocca; mentre l'ultima forma di plurale (enfatico) denota immediatamente il suo lirismo.
 
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view post Posted on 23/8/2018, 16:40
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Molto interessante.
Il plurale maiestastis è noto, ma che ci vosse identico quello di modestia non lo sapevo.

Avviene che quando un gruppo è molto coeso, se uno si avventura a sostenere un'opinione che sa condivisa, usi il noi. Tranne poi essere magari smentito da qualcuno :lol:
E' successo a volte con voi a Milano o quando mi sono trovata con persone di cui conosco pensieri e opinioni.
L'esempio dell'autore mi riesce un po' meno noto.
 
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view post Posted on 23/8/2018, 18:16

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Molto interessante, conoscevo il plurale di modestia, ma non sapevo che avesse un nome e fosse riconosciuto come tipo di plurale.
 
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view post Posted on 3/5/2019, 14:22
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Nomi composti al plurale.
I composto di capo-...



I nomi composti con capo- (capobanda, capolavoro ecc.) sono un capitolo a sé nell'ambito dei nomi composti.
Capo- può designare:
a) colui che è a capo di qualcosa, come capostazione ('il capo della stazione') ecc.;
b) colui che è a capo di qualcuno, come capoimpiegato ('il capo degli impiegati'), ecc.;
c) ciò che si segnala tra altri oggetti omogenei come 'preminente', 'eccellente': ad esempio capolavoro ('un lavoro, un'opera d'arte di prim'ordine'), ecc.

Distinguiamo dunque tre gruppi:
Nel tipo a) il secondo nome ha la funzione di determinatore: i due membri non formano un blocco unico e il segnale del plurale si aggiunge al primo: il capogruppo > i capigruppo; il capostazione > i capistazione ecc.
Nel tipo b) capo è in funzione appositiva rispetto al secondo nome ; il composto viene percepito come un'unica parola e il segnale del plurale si aggiunge al secondo membro: il capocuoco > i capocuochi, il caporedattore > i caporedattori, ecc.
Rimane invece sempre invariato il costituente capo- nel plurale dei nomi femminili, sia nel tipo la caporeparto > le caporeparto, la caposala > le caposala, sia nel tipo la capoimpiegata > le capoimpiegate, la caporedattrice > le caporedattrici.
• Anche nel tipo c), affine al precedente, il costituente capo- ha funzione appositiva e il plurale si forma modificando il secondo membro del composto: il capoluogo > i capoluoghi, il capolavoro > i capolavori."
 
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view post Posted on 16/5/2019, 10:11
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Il plurale dei sostantivi e degli aggettivi




In italiano il plurale dei sostantivi e degli aggettivi (i pronomi, gli articoli e i verbi hanno flessione propria) si forma come di seguito illustrato.

I nomi e gli aggettivi maschili in -o e in -e hanno il plur. in -i (tavolo-tavoli, cane-cani, lieto-lieti, felice-felici).
I femminili hanno il plur.
-e se terminano in -a (finestra-finestre),
-i se terminano in -e (nave-navi).
Sono invariabili al plur.: i maschili e femminili in -i (il, i brindisi, la, le crisi; pari, impari, dispari); i monosillabi (il, i re; la, le gru); le parole terminanti in vocale tonica (il, i caffè; la, le virtù); i nomi in consonante (il, i lapis; il, i film).

Si considerano regolari i nomi e gli aggettivi che rientrano nelle classi sopra indicate.
In altri casi non si possono dare regole assolute.

- Dei nomi masch. in -a alcuni fanno il plur. in -i (poema-poemi), altri sono invariabili (il, i delta).
- Dei femm. in -ie, alcuni fanno -i (moglie-mogli), altri sono invariabili (la, le serie), di altri è ormai disus. il plur. invar. (effigie, superficie) e rimane solo quello in -i: effigi, superfici.
- Dei nomi femm. in -o, mano ha il plur. in -i e gli altri sono invariabili (la, le radio).
- Dei nomi masch. in -co, -go, alcuni fanno al plur. -ci, -gi (amico-amici, teologo-teologi), altri -chi, -ghi (elenco-elenchi, dialogo-dialoghi).
- Stesso comportamento hanno gli aggettivi in -co (pratico-pratici di fronte a carico-carichi),
mentre quelli in -go hanno solo un plur. in -ghi (larghi, vaghi, ecc.).
- I nomi in -ca, -ga fanno tutti al plur. -chi, -ghi se maschili (monarca-monarchi, collega-colleghi), -che, -ghe se femminili (banca-banche, paga-paghe).
- I nomi e aggettivi masch. in -io con -i- atona hanno il plur. con una -i sola se terminano in -cio, -chio, -ghio, -glio, -scio, -aio, -eio, -oio, -uio (bacio-baci, vecchio-vecchi, grigio-grigi, mugghio-mugghi, taglio-tagli, uscio-usci, saio-sai, leguleio-legulei, corridoio-corridoi, buio-bui);
negli altri casi c’è scelta fra le grafie -i, î, -ii (premio: premi o premî o premii).
- I femminili in -cia, -gia, -scia (con i atona), sostantivi e aggettivi, fanno il plur. in -ce, -ge, -sce (lancia-lance, saggia-sagge, fascia-fasce), ma la -i- è spesso conservata nella scrittura quando ha una giustificazione etimologica (socia-socie, regia-regie; provincia-province o provincie, conscia-consce o conscie) e in genere quando la -c- o la -g- è preceduta immediatamente da vocale tonica (micia-micie, raro mice, grigia-grigie o grige; camicia-camicie o, meno frequente perché ambiguo, camice).

Un caso particolare è costituito dai sostantivi masch. che al plur. assumono la terminazione -a del neutro latino, diventando femminili (l’uovo - le uova, il lenzuolo - le lenzuola, ecc.), mentre per alcuni di essi sussistono tutte e due le possibilità, con qualche differenziazione semantica (filo, pl. i fili e le fila; braccio, pl. i bracci e le braccia; ecc.). Per maggiori spiegazioni leggi anche i plurali sovrabbondanti
Anomali sono i plurali di dio (dèi), uomo (uomini), bue (buoi).

Dalla Treccani.

[continua]
 
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view post Posted on 16/5/2019, 17:20
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Quando leggo esposte e codificate regole che rientrano nell'abitudine corrente sia del parlato che dello scritto per me, italiana, non posso non pensare agli stranieri che cercano di imparare la nostra stupenda e difficilissima lingua :P
 
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29 replies since 30/3/2012, 10:16   913 views
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