| Il silenzioso incanto della notte viene improvvisamente spezzato da un repentino movimento. Si è materializzato il più vicino possibile. Si guarda intorno con aria compiaciuta: gli allarmi di prossimità non sono scattati. Prende a camminare avvicinandosi al limitare dello spazio erboso. La mano elegante fa roteare la bacchetta in un gesto deciso, subito dopo il corpo attraversa la barriera invisibile che si scosta come fosse fatta d'acqua. Ora è dentro la radura. Tutto è immobile. L'aria sembra attendere un suo gesto quasi che, solo dopo, il tempo possa ricominciare a scorrere. Gli alberi stormiscono piano alla calma brezza che soffia tra i rami e i secolari fusti rugosi, sentinelle della pace di quel luogo. Il lago, piatto e quasi immoto, ha assunto una sfumatura perlacea, come se fosse freddo acciaio che brilla di mille piccoli bagliori mentre il chiarore lunare lo accarezza delicatamente. La notte è serena. Una miriade di stelle luminose danno il benvenuto al nuovo arrivato rischiarando l'appena tracciato sentiero. L'uomo prende ad avanzare più veloce sulla stradicciola che lo porterà in pochi attimi alla sua meta finale. I passi sicuri e rapidi fanno scricchiolare la patina di ghiacchio che dalla notte scorsa ammanta tutto il panorama. D'improvviso una volpe bianca gli attraversa il cammino, si ferma pochi passi più avanti e volge l'aguzzo musetto fremente verso di lui. Il candore della pelliccia dell'animale riluce sotto la luce argentata della Luna e il nasino nero fiuta senza posa l'aria. E' così vicina che, sporgendosi appena, con una mano potrebbe perfino carezzare la morbidissima e candida pelliccia. Un lievissimo sorriso aleggia sulle labbra sottili mentre la testa si abbassa appena, quasi in un saluto. L'animale china, a sua volta, il capo da un lato e sparisce nel folto degli alberi. E' successo tutto in un attimo, potrebbe non essere mai avvenuto. La sentinella ha appena dato il suo benestare: ogni cosa è davvero al suo posto stasera. Riprende a camminare più velocemente. Sa di essere in ritardo: la mezzanotte è già passata. L'ampio mantello scuro ondeggia alle sue spalle, mosso dal vento del suo incedere risoluto, avvolgendosi in veloci e fluttuanti volute morbide, sfiorando il gelido suolo e carezzando i piccoli cumuli di neve ghiacciata lungo il sentiero. Un rumore improvviso e l'uomo si blocca all'istante, girandosi velocemente per guardare dietro di sé. La civetta è appollaiata sul ramo più basso dell'abete poco lontano. Il verso stridulo è come un saluto al padrone per troppo tempo lontano. La mano afferra i lembi del mantello e li stringe attorno al corpo riprendendo a camminare rapidamente. Arriva in pochi attimi davanti alla scalinata. Si ferma. Pace. Da sempre questo luogo lo rilassa, gli infonde tranquillità e serenità. Dovesse, per i motivi più disparati, dare un altro nome a questo luogo probabilmente potrebbe chiamarlo solo casa. Le possenti colonne del porticato gli danno come ogni volta il benvenuto e il marmo bianco già luccica etereo alla luce della Luna che, splendida e candida, domina il blu scurissimo del cielo notturno. Torna a guardare in basso e posa lentamente un piede sui chiari gradini. Ogni volta il salire quella scalinata è quasi un rito: ogni scalino è fatto perché possa abbandonare fuori dal ricercato edificio i suoi timori, le sue colpe, i suoi rimorsi, i suoi dolori e, non ultimi, tutti i suoi terribili ricordi. Sa che appena l'ultimo passo lo porterà sotto il porticato sarà, come ogni volta, un uomo diverso. Solo al Tempio Severus Piton torna ad essere solo Severus. Eccolo arrivato davanti al grande portone, spinge piano il battente e, senza un solo rumore, entra nell'atrio. Con un altro rapido gesto le torce si illuminano spargendo la fioca luce per l'ampio salone. Lascia libero il mantello nero, che torna a volteggiare appena attorno al corpo magro e longilineo, carezzandolo piano. Si ravvia i lunghi capelli scuri, sistemando le ciocche ribelli che sempre si assestano davanti agli acuti occhi neri. E' solo. Liscia la lunga giacca e allaccia un paio di bottoni che hanno lasciato la loro sede naturale stretti dalle piccole asole. Quindi sistema la serica sciarpa scura, riportandola dentro l'alto colletto della nivea camicia. La scala è poco più avanti. La raggiunge e agilmente, con movimenti fluidi e veloci, la scende. Si ritrova nel lungo corridoio deserto, illuminato appena dalle tremolanti fiamme delle candele accese e, grazie alla magia, fluttuanti a mezz'aria. Le porte delle varie camere sono tutte chiuse, tranne quella verso il fondo, accanto alla sua. Dopo un attimo percorre i metri che lo separano dalla porta aperta, con rapidità. Si ferma appena fuori dall'ingresso, spalancato, da cui esce una flebile luce. Abbassa la testa e sospira brevemente, sembra cercare il coraggio di entrare. No, il mago è solo consapevole che il suo arrivo è sempre inatteso. Sa che le parole da pronunciare in alcuni momenti possono essere molto importanti! Rialza la testa con un movimento fiero. Ecco, ora è pronto. Con un armonioso gesto porta il lungo mantello dietro di sè ed entra nella stanza. L'atmosfera è di attesa. Forse è solo una sua impressione, ma quella è la sensazione che prova varcando la soglia della stanza riscaldata dal grande camino accanto al letto a baldacchino, che sembra integro, nonostante la tarda ora. La proprietaria della stanza è in piedi, di fronte al focolare, e si stringe in una cappa di tessuto pesante rosso acceso. Con due passi le è accanto. La donna si volta, facendo scivolare sulla schiena il lunghi capelli scuri. Il mago si piega appena e le prende le mani, portandole lentamente verso il viso. Un breve sorriso prima di posare due brevi baci sul dorso di entrambe le mani. Poi la voce profonda vibra nell'aria, dolcemente: - Sono in un imperdonabile ritardo: la mezzanotte è passata da molti minuti, ma volevo essere il primo e non sarei potuto mancare per niente al mondo. Io non posso dimenticare te come tu non puoi, non potrai mai, scordare me. - Il tono diventa ora basso, tenero e intenso - Buon compleanno!
Auguri speciali dedicati ad una persona speciale! M.
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