Il Calderone di Severus

Come andare a capo: viaggio attraverso le sillabe, Grammatica, verbi e sintassi - lezione 2

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view post Posted on 12/12/2010, 11:05
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I ♥ Severus


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Tratto da www.itisgalileiroma.it/aula/italian..._e_trittong.htm


Sillabe con dittonghi e trittonghi. Lo iato

Quando una a, una e oppure una o (dette vocali "forti") si incontrano con una i o una u (dette vocali "deboli"), si crea un dittongo. Anche l'incontro di due vocali "deboli" genera un dittongo .

Nel dittongo le vocali non devono essere mai divise tra due sillabe:

a-ria, spe-cie, uo-vo, au-to, fiu-me, fiu-to

Il trittongo si forma dall'unione di tre vocali: due "deboli", una "forte" .

Come nel dittongo, anche nel trittongo le vocali che lo costituiscono non possono essere mai separate:

a-iuo-la


Se nel gruppo di vocali la "debole" è accentata, non si ha dittongo: si genera invece uno iato. Anche l'incontro di due vocali "forti" genera uno iato.

Nello iato le vocali fanno parte di sillabe differenti:

zì-o, pa-ù-ra, ma-e-stra, po-e-ta
 
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view post Posted on 22/12/2010, 16:16
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Tratto da ITG Rondani


E’ importante saper dividere le parole in sillabe soprattutto quando, a fine riga, si deve spezzare una parola per andare a capo.
Bisogna tener presenti le regole che seguono.

1) Una vocale seguita da una sola consonante in inizio di parola, fà sillaba a sé
Es: a-mo-re, i-ra

2) Il dittongo forma sempre una sola sillaba
Es: au-ro-ra; sia-te; fio-ri

3) Lo iato forma sempre due sillabe
Es: o-ce-a-no; a-e-ro-pla-no

4) Una consonante fra due vocali forma sillaba con la vocale che segue
Es: a-mo-re; ca-sa

5) Le consonanti doppie di dividono sempre
Es: mam-ma; so-prat-tut-to

6) Le consonanti l,m,n,r seguite da un’altra consonante formano sillaba con la vocale che le precede
Es: al-to; bam-bi-no; im-por-tan-te

7) Il gruppo cq segue la regola del punto 6, per cui si divide sempre
Es: ac-qua, ac-que-rel-li; nac-que

8) La s impura fa sillaba con il gruppo sillabico che segue
Es: ca-sto; ba-sto-ne; ba-sti-men-to


Le sillabe non si dividono mai. Vanno scritte per intero su una riga oppure in quella successiva









 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 22/12/2010, 23:05




Lo ammetto, quando ho visto la discussione ho pensato "ah, ma ci sono dei casi specifici in cui si deve andare a capo?" nel senso di "stile di scrittura". :P
Invece adesso ho capito!!! Si parlava di sillabazione! (problema che, in effetti, capita di rado scrivendo su Word).

Ad ogni modo, lezioni sempre utili da rispolverare. :)

Queste cose le avevamo viste molto bene alle elementari, coi soliti barbatrucchi e me le ricordo bene :D
 
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view post Posted on 22/12/2010, 23:53
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Beh... ma c'era anche la descrizione "Viaggio attraverso le sillabe": quello doveva farti capire a priori...

Edited by Ida59 - 4/7/2015, 19:17
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 22/12/2010, 23:59




CITAZIONE (Ida59 @ 22/12/2010, 23:53) 
Beh... ma c'era anche la descrizione "Viaggio attraverso le sillabe": quello doveva farti capire a priori...

Ho mancato di netto il dettaglio evidente del titolo.
Ad ogni modo, l'idea è durata millesimi di secondo, il tempo di caricare la pagina e leggere la prima riga della discussione.
 
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view post Posted on 7/1/2011, 14:08
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Tratto da Mestiere di scrivere

Divisione in sillabe



- Si può sempre dividere una consonante doppia:
ter-ra, spes-so, fac-cia. Anche il nesso cq si può dividere: ac-qua.

- Non dividere mai il nesso s+ consonante:
co-sto, ri-spar-mio, mi-ni-stro.

- Non dividere mai il nesso costituito da b, c, d, f, g, p, t, v + le consonanti l o r:
do-blo-ne, ma-gro, le-pre.

- Si possono dividere tutti i nessi consonantici diversi dai casi citati finora:
cal-mo, mor-to, pron-to, in-ter-na-zio-na-le.

- Quando si incontrano tre consonanti la divisione si fa dopo la prima:
pol-tro-na, in-con-tro, ar-tro-si (attenzione: la s seguita da consonante non può comunque dividersi da quest'ultima, come sopra già indicato. Quindi a-stro, de-scri-ve-re).

- Queste regole si seguono di norma anche nelle parole composte o precedute da un prefisso (iper-con- super, sub, trans) eccetera.
Quindi i-pe-rat-ti-vo, su-bal-pi-no, tran-si-be-ria-na

Edited by Ida59 - 25/1/2011, 10:42
 
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view post Posted on 25/1/2011, 10:41
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Tratto da Wikipedia


Norme che regolano la sillabazione nella lingua italiana




Di seguito sono riportate le norme che regolano la sillabazione nella lingua italiana completate da alcune convenzioni in parte arbitrarie.

1. La sillaba italiana contiene sempre almeno una vocale-nucleo.

2. Se la parola è formata secondo l'ordine CVCV, ossia consonante-vocale-consonante-vocale, la sillaba inizia con la consonante e finisce con la vocale seguente (CV). Esempi: te-ne-re, la-vo-ro.

3. La prima vocale di una parola fa sillaba a sé se è seguita da una sola consonante. Esempi: u-no, E-va, a-la, I-da.

4. I gruppi di due consonanti possono essere separati o restare uniti a seconda del caso.

---a. Vanno separati i gruppi consonantici formati dalle doppie (tt, ss, eccetera). Avremo ad esempio tet-to, pas-so. Similmente, si divide anche il gruppo cq: ac-qua.

---b. Restano invece insieme gli altri gruppi di consonanti che producono un suono unico, come gl+vocale oppure ch e gn: a-glio, po-che, la-gna. Anche la s impura resta insieme alla consonante che la segue: re-spi-ro, pre-sto, pe-sca, a-scia.

---c. Una sillaba deve essere formata in modo che una parola in italiano possa cominciare con essa. Dividendo in sillabe la parola ampio, teniamo conto del fatto che nessuna parola italiana potrebbe iniziare con mp. Quindi le due consonanti vanno separate: am-pio. Similmente, una parola italiana non comincerà mai per lt oppure lb: per questo, separendo le due consonanti, avremo mol-to, al-bum. In sintesi, l, r, m e n vanno separate dalla consonante che le segue (al-ga, ar-ma, am-bra, an-ta).

---d. Viceversa, un gruppo consonantico che potrebbe trovarsi all'inizio di parola va tenuto insieme. Ad esempio, il gruppo pr può introdurre un vocabolo italiano come prendere; le due consonanti resteranno quindi insieme: a-pria-mo. Similmente avremo: o-stri-ca, o-cra: infatti, str e cr possono occorrere all'inizio di parola.

5. I gruppi vocalici devono essere tenuti insieme oppure divisi a seconda del caso, dato che possono produrre una sola emissione di fiato oppure generarne due distinte.Si osservino le differenze tra le due serie di esempi:

---a. Vanno tenute insieme le vocali che formano un dittongo: Mà-rio, pàu-sa, qui, Pào-la, piò-ve.

---b. Vanno però separate le vocali che compongono lo iato: Ma-rì-a, pa-ù-ra, cu-i, A-ò-sta, pì-o. Per stabilre la distribuzione è quindi di prima importanza stabilire su quale vocale la parola è accentata, perché sarà la vocale accentata a costituire il nucleo della sillaba.

6. L'etimo della parola, secondo la maggioranza degli autori, non conta: nella parola subacqueo, sub- andrebbe dunque diviso: su-bac-queo (Garzanti)[3] o, forse, su-bac-que-o (De Mauro).

7. Per quanto riguarda la divisione in sillabe di sintagmi con apostrofo (dell'olio, all'amico, dall'esodo), le fonti non concordano affatto. Le varie soluzioni (ad esempio al-l'amico; all'-amico) sono giudicate diversamente dai vari autori. Alcuni sostenevano, soprattutto in passato, che fosse opportuno reintegrare la vocale caduta (allo - amico). Ultimamente, pare riaffermarsi una vecchia norma secondo la quale sarebbe lecito andare a capo dopo l'apostrofo, dunque scrivere all'-amico,una soluzione che era senz'altro malvista fino a non molto tempo fa. Nonostante la lacuna normativa che si è venuta a formare, nulla vieta di dividere la parola che si trova immediatamente dopo l'apostrofo (all'a-mico).

Edited by Ida59 - 21/2/2011, 13:27
 
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view post Posted on 21/2/2011, 13:37
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Tratto da Wikipedia


S complicata



Nella grammatica italiana, la locuzione S complicata (o s impura o preconsonantica) indica genericamente il caso grafico in cui la lettera S precede, all'interno della stessa parola, un'altra lettera consonantica; ad esempio:
scoglio - a inizio parola
• maestra - in mezzo alla parola

E' dubbio, invece, se sia legittimo parlare di s complicata, nei casi in cui, oltre a precedere una consonante, appartiene addirittura a gruppo grafemico ben preciso, dove perde il suo valore fonologico originario ([s] o [z]) per concorrere a indicare il suono [ʃ], nei casi SC e SCI, infatti in questo caso il valore "autonomo" della lettera s scompare del tutto.


Fonologia, grafica e grammatica



Il concetto della s impura è piuttosto aspecifico, non ha fondamento su basi teoriche che non siano prettamente consuetudinarie.
In fonologia non corrisponde ad alcun fenomeno fonetico ed è quindi un concetto prettamente grammaticale, individuato su basi puramente grafiche, utilizzato per sintetizzare diverse convenzioni e regole grammaticali o ortografiche, pur trovando in alcune di esse una giustificazione a livello fonologico. Contrariamente agli insegnamenti scolastici, la S di questi casi appartiene fonologicamente alla sillaba che la precede:

scoglio si pronuncia /s.kɔ.ʎʎo/
maestra si pronuncia /ma.ɛs.tra/

e questo in parte giustifica anche la regola grammaticale che vuole che prima della esse impura gli articoli maschili debbano essere non il e un, ma lo e uno per non violare la naturale ritmica dell'italiano.

lo scoglio /lo_s.kɔ.ʎʎo/
uno scoglio /u.no_s.kɔ.ʎʎo/

Anticamente, non potendosi modificare sempre la parola precedente, si usava lo stratagemma stilistico della i prostetica.

Da un punto di vista grammaticale invece, la s impura rappresenta un concetto chiave per semplificare e sintetizzare determinate regole ortografiche; nella sillabazione per l'"andare a capo" la regola è usata, per esempio, affermando che appunto la s impura fa sempre parte della sillaba che segue, ragion per cui si possono avere divisioni del tipo «sco-glio» o «ma-e-stra» con la s che deve sempre essere messa a capo.
In questo caso la regola non pone problemi neanche quando indica il fono [ʃ] nei composti SC e SCI in quanto, sempre per un'altra convenzione ortografica, i digrammi e trigrammi non si dividono. La regola della s impura quindi si rivela come un mezzo di sintesi per la sillabazione senza dover specificare troppi casi particolari.

Digramma



In linguistica, un digramma è una sequenza di 2 grafemi (o lettere) che all'interno di una lingua identificano graficamente un fonema (o un gruppo di fonemi) indipendente dal valore fonologico singolarmente assunto dalle lettere che lo compongono.
Il digramma non è una realtà grafico-fonologica sempre stabile, innanzitutto il suo valore fonologico può non solo cambiare da lingua a lingua, ma anche non esistere in talune come realtà a sé stante dalle lettere oppure dipendere da alcune circostanze, talvolta di natura grafica, fonologica, ma anche semantica o etimologica. Può capitare dunque che due lettere rappresentino un digramma in un determinata parola a causa del contesto, ma che in un'altra le stesse lettere siano semplici grafemi autonomi rappresentanti il proprio valore fonologico "tradizionale".
Si pensi al caso della sequenza ci in italiano: in alcune combinazioni con vocale è un digramma che rappresenta il fonema [ʧ], ma se è seguita da consonante sia la lettera c che la i hanno il proprio valore fonologico normale.

Digrammi italiani
ch, davanti a -i ed -e corrispondente al fonema [k] (C dura).
ci davanti ad -a, -o e -u,corrispondente al fonema [ʧ] (C dolce).
gh, davanti a -i ed -e corrisponde al fonema [g] (G dura).
gi davanti ad -a, -o e -u,corrispondente al fonema [ʤ] (G dolce).
gl, -i corrispondente al fonema [ʎ].
gn, corrispondente al fonema [ɲ]
sc davanti a -i ed -e,corrispondente al fonema [ʃ]

Trigrammi italiani
sci, davanti a vocale -a -o e -u corrispondente al fonema [ʃ].
gli, davanti a vocale, corrispondente al fonema [ʎ].
 
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view post Posted on 11/3/2011, 20:54
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Tratto da Itis Galilei Roma

La sillaba



La sillaba è la più piccola combinazione di suoni (o fonemi) in cui può essere scomposta una parola. Essa si pronuncia con un'unica emissione di voce.
Una sillaba può essere composta :
• da una vocale (A-o-sta)
• da un dittongo (uo-vo)
• da un trittongo (a-iuo-la)
• da una o più consonanti seguite o precedute da una vocale o da un dittongo (ma-ti-ta, fiu-me, al-ber-go)


Sillabe con dittonghi e trittonghi. Lo iato



• Quando una a, una e oppure una o (dette vocali "forti") si incontrano con una i o una u (dette vocali "deboli"), si crea un dittongo. Anche l'incontro di due vocali "deboli" genera un dittongo .
Nel dittongo le vocali non devono essere mai divise tra due sillabe:
a-ria, spe-cie, uo-vo, au-to, fiu-me, fiu-to

• Il trittongo si forma dall'unione di tre vocali: due "deboli", una "forte" .
Come nel dittongo, anche nel trittongo le vocali che lo costituiscono non possono essere mai separate:
a-iuo-la

• Se nel gruppo di vocali la "debole" è accentata, non si ha dittongo: si genera invece uno iato. Anche l'incontro di due vocali "forti" genera uno iato.
Nello iato le vocali fanno parte di sillabe differenti:
zì-o, pa-ù-ra, ma-e-stra, po-e-ta
 
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Sempre tratto da Itis Galilei Roma


Come dividere le parole in sillabe



Ogni sillaba deve avere almeno una vocale:
a-mi-che-vol-men-te

Una vocale o un dittongo, posti all'inizio di una parola e seguiti da una consonante, costituiscono una sillaba:
o-ra-rio, au-gu-rio

Le vocali dei dittonghi e dei trittonghi non si dividono mai:
mie-le, a-iuo-la

Una consonante semplice forma una sillaba con la vocale e il dittongo che la seguono:
co-ro-na, piu-ma,

Le consonanti doppie e quelle del gruppo cq si dividono tra due sillabe:
ap-pal-lot-to-la-re,
ac-qua

I 'digrammi' e i 'trigrammi', gruppi di lettere che formano un solo suono, non si dividono mai.
Essi sono:
gl + i: e-gli
gn + vocale: gno-mo
sc + le vocali e, i : sce-na, sci-vo-lo
ch + le vocali e, i: chi-mi-co, o-che
gh + le vocali e, i: ru-ghe, a-ghi
ci e gi + le vocali a, o, u: ca-mi-cia, mi-cio, gio-va-ne, giu-sto
gli + vocale: a-glio, mo-glie
sci + vocale: li-scio, a-sciu-ga-re

I gruppi formati da due o tre differenti consonanti + una vocale costituiscono una sillaba, se con questo insieme di lettere può iniziare una parola della lingua italiana:
re-cla-mo, a-pri-re, a-stra-le re-cri-mi-na-re, pro-ble-ma

Gli insiemi di due o tre consonanti che non potremmo mai trovare all'inizio di una parola italiana: rt, cn, lt, mbr, nfr, e così via, devono essere divisi tra due sillabe, come negli esempi seguenti:
cor-to, tec-ni-co, al-to, om-bra, in-fran-ge-re

La s seguita da una o più consonanti forma generalmente una sillaba con la vocale seguente, non con quella che la precede:
a-stro, ri-spon-de-re, di-sprez-zo

Nelle parole composte, nelle quali il primo elemento termina per i e il secondo elemento comincia per vocale, l'insieme delle vocali risultante da tale unione non deve essere considerato un dittongo e va diviso tra due sillabe:
chi-un-que, ri-e-du-ca-re

I prefissi come dis-, tras-, trans-, in-, ben-, mal- possono essere separati dalla radice e formare una sillaba a sé oppure divisi, secondo le regole generali della divisione in sillabe:
dis-a-bi-ta-to / di-sa-bi-ta-to,
tras-por-ta-re / tra-spor-ta-re,
mal-in-ten-zio-na-to / ma-lin-ten-zio-na-to
Oggi, però, si tende a seguire le regole generali e prevale la seconda delle possibilità.

 
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view post Posted on 5/6/2011, 13:22
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Tratto da Scritti inediti

Come dividere le parole in sillabe



Saper dividere una parola in sillabe è indispensabile per “andare a capo” correttamente. E a capo si può andare “spezzando”:
a) una vocale e una consonante;
b) due vocali;
c) due consonanti.

1. Le consonanti semplici fanno sillaba con la vocale che segue: co-sa, ta-vo-lo, ecc.

2. Quando le vocali i e u atone (cioè, come abbiamo già detto, senza accento) si incontrano con un’altra vocale (fiorino), eventualmente accentata (cuòre), o fra di loro – e in questo caso una delle due può avere l’accento (piùma) – abbiamo un dittongo, che può considerarsi come un’unica vocale composta, e non si spezza: fia-to, piog-gia, noi, Eu-ro-pa, fuo-co, fiu-me (quando le vocali inseparabili sono tre si parla di trittongo: buoi, miei, pagliai).
Altrimenti le vocali formano uno iato, si pronunciano separatamente e possono essere spezzate: be-a-to, ma-e-stro, mi-o, bu-e, pa-u-ra.
Ma attenzione: non sono dittonghi quelli derivanti da parole con i o u toniche, su cui cioè cade l’accento della pronuncia (ad esempio spi-a-re: i-a non è un dittongo perché viene da spì-a che ha la i tonica; o pa-u-ro-so che viene da pa-ù-ra); né sono dittonghi quelli presenti in parole in cui la i è preceduta da r o da un gruppo consonantico con r : ori-ente, settentri-one, patri-a, ri-one.

3. Le consonanti doppie si dividono a metà: una resta con la sillaba precedente, l’altra va con la seguente: boz-zet-to, az-zur-ro.

4. I gruppi di due o tre consonanti diverse fra loro si comportano nel modo seguente: se il gruppo può costituire inizio di parola (se cioè esiste nella lingua italiana qualche parola che inizi con quel gruppo consonantico) il gruppo si lega alla vocale che segue: re-spi-ro, perché esiste spronare; la-drun-co-lo, perché esiste: drenare; a-tro-fi-a, perché esiste: trofeo.

5. Se il gruppo delle consonanti non può costituire inizio di parola (se cioè non esiste nessuna parola italiana che inizi con quel gruppo) allora la prima o le prime consonanti si legano alla sillaba precedente in modo che le rimanenti possano costituire inizio di parola e dunque, secondo la regola precedente, andare a capo legate alla vocale che le segue. Ad esempio: in tecnico il gruppo consonantico cn non può costituire inizio di parola (non c’è infatti nessuna parola italiana che cominci con cn), perciò andremo a capo così: tec-nico. E così: subdolo – sub-dolo, amnesia – am-nesia, cripta – crip-ta, abnorme – ab-norme, tungsteno – tung-steno.
 
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view post Posted on 26/7/2011, 15:19
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Tratto da ITIS G. Galilei

In fin di riga. Apostrofo: sì o no?



Fino a qualche tempo fa, la regola impediva di lasciare l'apostrofo alla fine di una riga.
Se avessimo dovuto scrivere, ad esempio, la frase: "Per caso ho incontrato quell'uomo " e fosse stato necessario andare a capo dopo la parola quell', secondo la regola sarebbe stato corretto aggiungere alla parola la vocale mancante "o":
quello
uomo
oppure andare a capo dopo la prima sillaba:
quel-
l'uomo
Quest'ultima soluzione è tuttora considerata corretta.
La prima soluzione, al contrario, è oggi da evitare. Anzi, da molti è considerato un vero e proprio errore aggiungere la vocale mancante in parole che nel testo originale, per effetto dell'elisione, sono scritte con l'apostrofo.
Nella stampa di libri e di giornali è sempre più frequente incontrare esempi di parole con l'apostrofo in fin di riga. Le grammatiche più moderne registrano questa tendenza e ne ammettono la legittimità:
quell'
uomo
Il tabù è quindi superato!




Tratto da Accademia della Crusca


Negli ultimi anni, soprattutto in ambito di scrittura giornalistica, è ritornata in uso la consuetudine dell'apostrofo in fin di rigo, che era comunemente accettata fino alla metà dell'Ottocento. Non ci sono particolari controindicazioni a quest'uso, mentre va evitata la reintegrazione della vocale elisa (del tipo "lo... operaio"). Le soluzioni sono tre e, ad esempio per la sequenza "dell'oro", sono ammesse:
• dell'
oro
• del-
l'oro
• dell'o-
ro
La terza è normalmente evitata perché non bella graficamente.
Va invece scartata la soluzione:
• dello
oro
che produrrebbe una sequenza inaccettabile in italiano.
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 14/8/2011, 10:08




Interessante: conoscevo solo il secondo metodo per mandare a capo "dell'oro" cioè:

del-
l'oro.

Ma

dello
oro


è terribile!!!
 
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Swindle
view post Posted on 14/8/2011, 13:44




E pensare che a scuola dell' / oro viene segnato errore, mentre viene indicato come giusto dello / oro. (Io ho sempre dovuto fare così...)
Mi piacerebbe che prima o poi ci si decidesse... :lol:
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 22/8/2011, 08:11




CITAZIONE (Swindle @ 14/8/2011, 14:44) 
E pensare che a scuola dell' / oro viene segnato errore, mentre viene indicato come giusto dello / oro. (Io ho sempre dovuto fare così...)
Mi piacerebbe che prima o poi ci si decidesse... :lol:

Oddeu, ma è terribile scritto così! :o: :o: :o:
 
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