| Nykyo |
| | Direi che ci voleva una ff apposita in ornore del Club, no? Allora eccoci, a dimostrazione che gli scarni fianchi, specie se in asciugamano, sono perenne fonte d'ispirazione Titolo: Lo specchio non mente mai. Autore/data: Nykyo/oggi, ossia il 23.10.2007. Beta: Nessuno. Se no che sorpresa è? Speriamo non ci siano troppi strafalcioni. Genere: Introspettivo, Idraulico (Idraulico in onore di Stefi, ovviamente ) e tragicomico. Avvertimenti: Occhio, contiene acciughini in tenuta da doccia, potrebbe avere serie controindicazioni sulle coronarie più sensibili Pairing: Naaaaaaaaaa. Riassunto: Severus e lo specchio del suo bagno. Serve altro? Lo specchio non mente mai. (Le tubature idem) Severus tirò indietro la testa, lasciando che il getto fresco della doccia gli piovesse direttamente sul viso. Arricciò seccato le labbra sottili in una mezza smorfia, non appena avvertì il sentore un po' rugginoso dell'acqua invadergli la bocca. "Deprecabile" considerò. "Le tubature di Hogwarts peggiorano di anno in anno, e Albus non se ne preoccupa minimamente. D'accordo che abbiamo ben altro a cui pensare, ma questo non significa che si debba trascurare del tutto l'ordinaria manutenzione della scuola". Avrebbe mosso le sue sentite rimostranze al Preside, appena si fosse presentata un'occasione adatta. Una buona doccia era il massimo del comfort e dell'oblio che il Professor Snape era solito concedersi. A volte, quando Voldemort decideva di sottoporlo ad una nuova, estenuante sessione di Legilimanzia, era anche un modo per lavare via ogni scoria perfino dalla sua mente, oltre che dal suo corpo. Se poi l'Oscuro Signore era in vena di aggiungerci una Cruciatus, tanto per andare più sul sicuro, quel rito diventava una necessità assoluta. Non poteva certo andare da Poppy a farsi fare un massaggio, per dare tregua ai suoi poveri muscoli martoriati, e Voldemort era un vero mago delle Cruciatus. Nessuno cruciava con altrettanta elegante efficacia, neppure quel sadico di Doholov, o quella pazza invasata di Bellatrix. Uno aveva un bell'ingurgitare pozioni antidolorifiche e rinvigorenti. Se t’infliggono l’Anatema Cruciatus per trenta secondi è già un miracolo se resti in piedi, ma se ci si dilettano per interi quarti d'ora, condendo il tutto con violente incursioni nella tua mente, be', non è esattamente come fare una passeggiata dal Platano Picchiatore al Lago Nero e ritorno. Dopo ti ci vuole qualche cosa di più che una fialetta di elisir corroborante. E niente gli dava sollievo come l'acqua calda che gli scivolava addosso, picchiettando nei punti giusti, avvolgendolo in una nuvola di vapore, accarezzandolo ovunque. D'altro canto, era l'unico tipo di carezza che gli spettava. Per fortuna, quella sera, non aveva avuto il dispiacere di doversi sottoporre alla perizia nelle Arti Oscure del suo falso padrone. Ma l'afa lo stava torturando con pari tenacia. Era solo la fine di maggio, eppure faceva caldo come in piena estate. Bizzarrie climatiche prive di senso. Ormai le temperature scozzesi danzavano al ritmo impazzito dell'umore di Tom Riddle, alias Lord Voldemort. Il clima era diventato psicopatico quanto lui. Un giorno si gelava e quello dopo si moriva di caldo. Nessun altro ci aveva ancora fatto caso, a parte Silente, ma lui sì. Oggi era uno di quei giorni in cui l'Oscuro Signore era di ottimo umore, a causa di un paio di colpacci ben riusciti per infiltrarsi al Ministero (o, sospettava Severus, di una notevole botta di fortuna in borsa, visto che si vociferava con insistenza che Malfoy avesse investito svariate centinaia di Galeoni per conto del proprio Signore, facendogli ovviamente da prestanome). Forse Voldemort stesso era freddoloso, perchè più era contento più la temperatura saliva. "Il maledetto giorno in cui dovesse vincere la guerra... Altro che effetto serra!" riflettè il pozionista. "Ci ritroveremmo con i cammelli sulle Highlands" e nel pensarlo rabbrividì. Decise di non soffermarsi oltre su quell'idea tanto raccapricciante, sotto tutti i punti di vista. Concluse anche che, forse, era giunto il momento di uscire dalla doccia. Per quanto non si rassegnasse al fatto che perfino nel suo sotterraneo, di solito così fresco e gradevole, il caldo la faceva da padrone, non poteva certo trattenersi oltre, sotto quel piacevole getto refrigerante. "Mi stanno venendo le dita di vecchia" si disse, osservando la pelle raggrinzita sui polpastrelli, che faceva somigliare le sue mani affusolate e nodose a quelle di una vecchia megera poco curata. Finì di risciacquare dai lunghi capelli nerissimi le ultime tracce di shampoo, chiuse il rubinetto, aprì la tendina, rabbrividendo di istintivo disgusto quando questa, viscida e traditrice, cercò di incollarglisi addosso, ed uscì dalla doccia. Senza peritarsi di scostare dal viso aguzzo la scura cortina di capelli bagnati che gli era calata sugli occhi, allungò una mano sicura verso il punto in cui sapeva di trovare un asciugamano e se lo avvolse sui fianchi. Infine, fermo in piedi davanti allo specchio del bagno, iniziò a districare il groviglio corvino dei capelli, finchè non tornarono ad incorniciargli severamente il viso in due austere e ordinatissime bande nere e lisce. A quel punto potè vedere il proprio riflesso. E, come al solito, non gli piacque. Troppo aguzzi quegli zigomi, e il naso poi. L’unica vera eredità che aveva ricevuto dai suoi genitori, tutti e due dotati di appendici nasali fin troppo pronunciate. Un becco d’aquila, altroché naso. Per non parlare delle occhiaie e del pallore. Mangiava poco, dormiva anche meno, lavorava come un matto e veniva sottoposto ai graziosi metodi di Voldemort ogni due per tre. I risultati si vedevano tutti. Non che gli interessasse particolarmente del proprio aspetto fisico, specie ora che era adulto. Da ragazzino magari era stato un vero rovello, ogni tanto. Almeno le volte in cui doveva ammettere con se stesso che somigliare a un corvo, o ad un ragnetto, non era esattamente il biglietto da visita più adatto con cui presentarsi alla ragazza dei suoi sogni. Specie se la fanciulla in questione era graziosa da incantare. E lo era stata. Lo era stata da morire. Quasi in senso letterale. Ma in quel momento, miracolosamente, non ci pensava. Era una delle rarissime occasioni, non più di venti minuti in tutto all’anno, o giù di lì, se qualcuno avesse voluto prendersi la briga di quantificare, in cui non aveva in mente una certa Lei. Ragion per cui, il suo stomaco avrebbe dovuto essere un po’ meno annodato del solito, invece osservandosi nello specchio lo sentì comunque contorcersi. Uno può anche non dare tanta importanza al proprio aspetto fisico, ma quello ti lancia ugualmente segnali d’allarme se è il caso. “Concediti una dormita di quelle vere, Severus. Usa una pozione Spegni-Sogni se serve, ma dormi un po’. Fatti questo favore” dicevano gli aloni scuri sotto i suoi occhi. Il resto del suo fisico rincarava: “Dormi di più, mangia come si deve e ogni tanto riposati. Non sei mica fatto di ferro!” Il Professore di Pozioni ispezionò ancora una volta la propria immagine riflessa, con occhio critico. A differenza di quanto era solito fare lui, a causa del suo ruolo di spia, lo specchio non mentiva. Gli specchi non mentono mai. Quello che stava osservando gli rimandò l’immagine di un uomo ancora giovane, anche se con il viso già segnato dalla crudezza di troppa vita e troppi rimpianti. Vide le proprie braccia sottili, lasciate ricadere inerti ai lati del torace magro, dallo sterno appena un po’ incavato. Notò l’ampiezza aguzza delle spalle, raddrizzandole d’istinto. Lasciò che le sue iridi nere scivolassero lentamente sul ventre piatto e teso. Nessuna traccia di veri muscoli addominali, ma solo due curve linee marcate che correvano parallele a delimitare l’attaccatura del pube, ancora coperto dall’asciugamano. I fianchi erano scarni, lievemente sporgenti e stretti. La vita risaltava più sottile al loro confronto. Un vago accenno di peluria scura, quasi impercettibile, tracciava una riga giù dall’ombelico, sparendo dentro il riparo di spugna che lo rivestiva. Sembrava una pennellata data da un artista sconosciuto solo per rimarcare quanto il suo fisico era asciutto e longilineo. Scese ancora con lo sguardo e seguì le gambe lunghe ed esili per tutta la loro lunghezza. Erano dritte, se non altro, ma a lui ricordavano le zampe di un trampoliere. Non faceva meraviglia che nessuna donna avesse mai sentito il desiderio insopprimibile di portarselo a letto. Ma tanto, nell’impossibile caso che una simile evenienza si verificasse, lui avrebbe declinato, nemmeno tanto gentilmente, l’invito. Solo a Lei avrebbe permesso una simile intimità. E lei non c’era più. Gli angoli della su bocca tremarono per un istante, poi curvarono verso il basso. Non voleva pensarci. Non in quel preciso momento. Flettè un braccio, piegandolo ad angolo retto, poi fece lo stesso con l’altro. Per combattere la guerra che lo vedeva in prima linea da una vita, Severus lo sapeva bene, ci voleva molta più testa che muscoli. Però, considerati i tipacci che gli capitava di dover frequentare, magia o non magia, avere un fisico efficiente poteva comunque fare una bella differenza. I suoi muscoli guizzarono sottopelle, mentre ripeteva piano il movimento con entrambe le braccia. Anche se non si vedevano, non significava che non ci fossero, e che non li avesse mai temprati, preparandosi per ogni evenienza. Allungò il braccio destro in avanti, puntando una bacchetta immaginaria verso il se stesso che stava al di là del vetro argentato. Vide i tendini della mano mostrarsi in rilievo per un attimo, e poi sparire, quando chiuse il pugno. Ruotò il polso più volte, per saggiarne l’elasticità, notando che le ossa che lo componevano, invece, erano sempre visibili. Una vena si fece più nitida sul suo avambraccio, mentre lo sottoponeva a quella rapida torsione. No, non era un adone, ma se avesse ascoltato un po’ di più le indicazioni del proprio corpo, assecondandone almeno i bisogni primari, nessuno avrebbe comunque potuto dirgli che non era in piena efficienza. “Le macchine da guerra devono essere sempre pronte alla battaglia” ricordò a se stesso. “Se s’inceppano è la fine”. Distolse gli occhi dallo specchio. “Sì, credo che per questa notte potrei anche concedermi un sonno senza sogni” decise. “Almeno per scordare l’afa”. Raccolta la propria bacchetta dal ripiano su cui l’aveva riposta con cura, pronunciò un incantesimo per asciugarsi i capelli. Li avrebbe volentieri lasciati bagnati, ma il suo sotterraneo era già fin troppo umido di per sé. Meglio non correre rischi inutili. Una spia non può permettersi di prendere nemmeno il raffreddore. Meno che mai di restare bloccata per la febbre. Quando gli parve di aver raggiunto lo scopo, si sfilò l’asciugamano dai fianchi e lo usò per asciugare le poche gocce rimaste sulla sua pelle chiara. “Salazar, che orrore di impianto idraulico!” pensò, accorgendosi distrattamente che qualcuno dei tubi, imprigionati nelle mastodontiche e antiche mura di Hogwarts, aveva preso a emettere fischi, scoppi e striduli gorgoglii. “L’acqua sa di ruggine, i tubi fanno un fracasso infernale, quando meno te lo aspetti, scommetto che perdono anche… E quella storia del Basilisco che li usava per spostarsi non deve aver migliorato le cose” borbottò accigliato, tra sé e sé. “Devo proprio parlarne con Albus. L’Oscuro Signore non è una buona scusa per mandare in malora la scuola dal di dentro…”. Come a dargli ragione qualcosa fischiò ancora, proprio mentre, ripiegato meticolosamente l’asciugamano, si avvicinava alla doccia per riappenderlo al suo posto. Ancora nudo, Severus recuperò gli abiti che aveva appoggiato su uno sgabello, diede un’istintiva controllata per vedere che fossero in ordine, e uscì. “Un bicchiere di vino elfico e un’ampollina di Spegni-Sogni, sì. Solo per una notte” disse a se stesso, questa volta a voce alta, prima di chiudersi alle spalle la porta del bagno.
* *
Nella piccola stanza ormai vuota e buia tornò a regnare il silenzio. Dopo qualche secondo, però, un gorgoglio incerto lo interruppe di nuovo. Mirtilla Malcontenta fece capolino da dietro la tenda ancora semiaperta della doccia, e si lasciò sfuggire un sospiro, fissando lo specchio in cui il Professor Snape era stato riflesso fino a poco prima. Certo, Harry Potter era un ragazzo tanto carino, ma il fascino di un uomo maturo era tutta un'altra cosa. Anche Harry era magrolino. A Mirtilla erano sempre piaciuti i fisici asciutti e molto longilinei. Acciughini li chiamava. Era un nome così buffo e tenero. Non si era formalizzata da viva per un ginocchio, un gomito o un omero troppo sporgente, figurarsi poi da morta. Certo, Severus Snape aveva lineamenti poco armonici ed un gran nasone, ma… che labbra, che occhi! Quando girava per i corridoi della scuola, a detta degli altri fantasmi (Mirtilla si era informata a dovere) erano sempre cupi, bui, spenti, ma lei ormai lo spiava da un pezzo, e doveva dire che nell’intimità del proprio bagno le iridi d’ebano del pozionista sembravano liquidi tizzoni ardenti. E quando sospirava poi… Chissà chi era la donna a cui pensava. Doveva essere morta, poveretta. Be’, anche lei era morta, quindi era un po’ come se Snape sospirasse anche per lei. Bastava solo lavorare un poco di fantasia. Era così romantica l’idea di quel mago tanto burbero che ripensava ad un amore perduto. Harry non sospirava mai così. E poi, lei li aveva visti completamente nudi entrambi, e… Se fosse stata corporea e non trasparente sarebbe arrossita parecchio, nel fare il confronto. Dovette frenare una risatina maliziosa. Stava diventando troppo imprudente, non poteva farsi scoprire. Snape conoscendolo sarebbe andato su tutte le furie e non le avrebbe più permesso di osservarlo. Avrebbe incantato le tubature per tenerla alla larga. Invece era così piacevole fargli visita. Salvo quando tornava in condizioni davvero pietose. Mirtilla non aveva ancora capito il perché, e cosa in particolare lo riduceva in quel modo. Cruciatus, forse, anche se lei non ne aveva mai visto in pratica gli effetti, quando era ancora viva. Certo in quei momenti era difficile trattenersi e non venir fuori dal sifone, per domandargli come stava e cercare di confortarlo. Ma non si poteva, e poi Snape era così sexy anche in quelle occasioni, mentre si sforzava di non grugnire troppo spesso di dolore. Che uomo! Stoico perfino quando era l’unico spettatore di se stesso! “Un vero eroe tragico” considerò ammirata la giovane ectoplasma. “Uno così finisce sempre col fare una brutta fine. I veri eroi muoiono giovani”. Il che, egoisticamente, non le dispiaceva poi tanto. Snape sarebbe stato uno schianto di fantasma. E lui si vedeva brutto, era evidente dal modo in cui si osservava allo specchio. Con quei fianchi? Con quelle mani? Che adorabile acciughino sciocco. Non conosceva proprio le donne. Ma lei, oh sì, lei conosceva lui abbastanza bene, ormai. E, malgrado fosse morta, possedeva un ottimo udito. Severus aveva detto che avrebbe preso un potente sonnifero, quella sera. Avrebbe dormito profondamente. Faceva caldo. Troppo per indossare una veste da notte o un pigiama. I piedi di Mirtilla si trovarono di colpo a galleggiare a ben più di qualche centimetro da terra. Gran bella cosa essere un fantasma e poter attraversare anche i muri. Bastava aspettare che Snape si addormentasse. E, dopo tanti decenni da quando era morta, a Mirtilla di certo non mancava la pazienza. Trattenendo un’ulteriore gridolino soddisfatto, il fantasma della ragazza si rinfilò momentaneamente dentro lo scarico, passando questa volta dal lavandino, in attesa del momento più propizio.
Di là nella sua stanza da letto, Severus, del tutto ignaro, sorseggiava ancora il suo vino, imbronciato e seccato a causa dell’afa. In bagno, invece, Mirtilla era sempre Mirtilla ma, una volta tanto, non la si poteva dire affatto malcontenta.Edited by Nykyo - 23/10/2007, 23:00
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