| Titolo: Guardami Autore/data: Bex. in data 29 agosto 2007 Tipologia: one-shot Rating: Per tutti Genere: Tragico Epoca: HP 7 Personaggi: Severus Piton, Voldemort, Harry Potter Pairing: Severus/Lily Avvertimenti: spoiler HP7
Voldemort sollevò la bacchetta che spaccando l'aria fece un rumore simile al sibilo di una frusta. Era buio attorno, uno strano odore di muffa e stantio pervadeva l'aria, comunque immobile, quasi tangibile, quasi visibile quando era stata tagliata dal gesto improvviso dell'uomo che gli stava di fronte. Uomo. In verità si chiedeva se quello che gli stava davanti fosse ancora definibile uomo. Ne aveva paura, gli procurava repulsione, ne aveva ribrezzo, mal sopportava il vedere le vene bluastre pulsare sotto il finissimo strato di pelle diafana, sui polsi, sulla testa, sulle tempie, il disgusto nel vederle era assoluto; eppure una volta, o due sole, si era persino sorpreso a provarne pietà. Anche di se stesso aveva pietà. Per ragioni differenti, ma ciò che ancora lo univa a colui che era stato il suo padrone era la consapevolezza che gli stessi sentimenti di schifo e pena che aveva per lui li aveva anche per sé. E anche lo stesso odio.
Il grosso e spesso serpente fluttuava sopra la testa di Voldemort a otto piedi da terra. Le vecchie persiane della Stamberga erano tutte abbassate, forse bloccate sulle finestre in quella posizione, alcune storte, altre rotte. Fu un attimo, e vide Nagini scivolare troppo avanti nella sua gabbia leggera. Sembrava un pallone, e l'orrendo accostamento fu quello fra i palloncini colorati a festa per le ricorrenze e quella... cosa che stava rotolando verso di lui. La prigione del serpente divenne anche la sua, come in una scena orribilmente rallentata sentì la pressione della gabbia attorno alla testa e alle spalle togliergli spazio e aria, sentì il fetore della pelle della bestia che lo stava soffocando. Gridava; non lo fece volontariamente e fu quando già stava urlando che se ne rese conto. Era la vita, la vita che lottava per proseguire, che cercava aria, che voleva luce, che mirava in alto, quella forza che persino nella disperazione più cupa brucia e fluisce in ogni fibra del corpo, era la vita, il suo respiro, il suo scorrere, era un corpo torturato ma sano, una mente lucida, troppo lucida, un cuore che aveva ancora forza di pompare sangue, era la vita a gridare, per essere liberata, per continuare, per pulsare, respirare, sentire, pensare, soffrire, era la vita che non voleva andarsene, che lottava prima ancora di ogni atto volontario della sua mente cosciente era la vita che lottava per vincere. Nonostante tutto ciò che aveva potuto pensare fino a quel momento, nonostante il desiderio, dopotutto, di morire, di finire, e finalmente riposarsi, forse dimenticare, ora, negli ultimi spasmi di libertà era la vita a urlare. Ma non c'era soccorso. Non ce ne sarebbe stato. Questo, e solo questo, la sua mente cosciente lo sapeva. Sentì un dolore lancinante al collo mentre i denti della belva penetravano del suo collo e cadde sulle ginocchia con la vista offuscata. Poi, di colpo, come svanita la furia, il serpente scivolò via, la sua gabbia si alzò, e l'aria più fresca tornò a muoversi appena attorno alla sua testa, libera dall'odore dell'animale. Cadde su un fianco, stremato, mentre brividi di freddo salivano dalle viscere procurandogli un intenso senso di nausea e invadendo tutto il suo corpo fino a togliergli anche quell'ultimo sprazzo di dignità. Si sentiva spaventato. E si sentiva umiliato. Persino nel momento della morte, che pareva non arrivare mai, si sentiva come si era sentito in vita. Spaventato. Umiliato. La sua mente era così affollata di urla, di voci, di pensieri, di immagini, che non riusciva a fermarne nemmeno uno. La sua intera vita passata stava sgorgando fino a inondarlo, travolgendo il poco controllo che ancora aveva; era la sua punizione. Era una sensazione terribile. Nel disperato tentativo di arginarne il flusso teneva le dita premute sulla ferita nel collo, uno vi affondava persino dentro, nel cerchio profondo lasciato da un dente; era un dolore orrendo, il sangue gli zampillava nel palmo della mano, caldo e viscoso. Vide qualcuno avanti a sé, qualcuno che si accovacciò accanto a lui. Una coltre di nulla scivolò via mostrandogli il ragazzo. Tentò di chiamarlo e lo vide chinarsi. Gli afferrò il bavero della maglia. Non aveva aria nei polmoni ma doveva dirgli ciò che andava detto, doveva metterlo al corrente della situazione, doveva lasciare dietro a sé una spiegazione e aveva paura di non fare in tempo, di non riuscirvi, aveva paura che il ragazzo se ne andasse; strinse con più forza portandolo verso di sé fino a che riuscì a dirgli: "Prendilo... Prendilo." Non poteva spiegare altro, era la parola più immediata che aveva in quel momento. Ma vide il ragazzo afferrare una bottiglia e riempirla della sostanza rilucente che scorreva via insieme al sangue. La vita. Era la vita, perlata, plasmatica, che se ne andava insieme al sangue che la trasportava normalmente dalla mente al cuore, e ora... fuori. Un moto di panico lo prese: stava finendo e non avrebbe mai più potuto pensare a Lily. "Guardami..." Vide il ragazzo voltarsi, e vide gli occhi verdi. Poi, più nulla.
Edited by Ida59 - 24/7/2015, 22:50
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