Il Calderone di Severus

ellyson - Il Re e la Regina di Coppe, Tipologia: long fic - Genere: generico - Rating: per tutti - Avvertimenti: AU - Epoca: Post settimo anno- Personaggi: Severus Piton/pers. Originale

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view post Posted on 21/4/2024, 15:44
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Letti tutti d'un fiato secondo e terzo capitolo!
Che dire? Anathema mi piace, mi piace molto questa strega diversa dal solito cliché della bella impossibile. E mi piace come si sviluppa il rapporto tra lei e Severus.
Mentre leggevo mi sembrava di vedere una di quelle briose, frizzanti, ma anche un poco malinconiche, commedie in cui i due protagonisti cominciano come amici e finiscono marito e moglie dopo tante peripezie. E briosa, frizzante e un po' malinconica e' la tua Anathema. Severus al momento e' malinconico.😜
Deliziose le immagini allegate alla storia.
 
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view post Posted on 28/4/2024, 10:57
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CITAZIONE (chiara53 @ 21/4/2024, 14:49) 
Letto. Letto subito...

:*:

CITAZIONE (Arwen68 @ 21/4/2024, 16:44) 
Letti tutti d'un fiato secondo e terzo capitolo!
Che dire? Anathema mi piace, mi piace molto questa strega diversa dal solito cliché della bella impossibile. E mi piace come si sviluppa il rapporto tra lei e Severus.

Grazie. <3
Volevo una protagonista "culona" come me. :XD: :XD: :XD: :XD: :XD:


CITAZIONE
Mentre leggevo mi sembrava di vedere una di quelle briose, frizzanti, ma anche un poco malinconiche, commedie in cui i due protagonisti cominciano come amici e finiscono marito e moglie dopo tante peripezie. E briosa, frizzante e un po' malinconica e' la tua Anathema. Severus al momento e' malinconico.😜

E' esattamente quella l'idea di base.
Una storia allegra e briosa, sì qualche lacrimuccia e un po' di dolore qua e là, ma nulla di impossibile o troppo doloroso da superare.
Se Severus non ha quella punta di malinconia non sarebbe Severus.. :lol:


CITAZIONE
Deliziose le immagini allegate alla storia.

Grazie mille. Mi piace l'idea delle immagini, aiuta ad immaginare la storia.
Adesso Bing mi aiuta meno, ma me lo faccio andare bene lo stesso.
 
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view post Posted on 28/4/2024, 11:05
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Capitolo 4


Era appoggiata alla cattedra con le braccia incrociate al petto.
La sua prima lezione.
Sesto anno: Corvonero e Tassorosso.
Sentiva un nodo all’altezza dello stomaco, un vago malessere mentre fissava la porta in attesa dell’entrata degli studenti.
Gli ultimi due giorni prima delle lezioni li aveva passati ripassando ogni punto del suo programma, cercando di pensare ad un discorso di apertura divertente, ma serio nello stesso tempo. Voleva mostrarsi affidabile, amica, ma anche severa all’occorrenza.
La professoressa McGranitt era stata molto gentile a consigliarla su come presentarsi ai ragazzi; Severus, d’altro canto, era stato del tutto inutile con le sue ferree idee di non essere all’occorrenza un’amica per gli studenti, ma qualcuno di cui avere timore.
Non credeva che tutti gli studenti avessero paura di lui: era certa che per la Casa di Serpeverde lui fosse una guida severa, ma giusta e che la porta del suo ufficio fosse sempre aperta per qualsiasi domanda.
Trattenne un sospiro, ricordando la mezza visione avuta quella sera di ritorno dalla Torre di Astronomia.
Severus non aveva più tirato fuori l’argomento e lei aveva fatto finta di dimenticarla per colpa della tequila, ma lei la ricordava molto bene.
Era come impressa a fuoco sotto la pelle.
Se si concentrava, poteva ancora sentirsi stringere in quel ballo lento, sotto i fuochi colorati o lo sguardo che aveva, prima di provare a baciarla.
Perché Severus avrebbe dovuto baciarla? Perché lei lo respingeva?
Si stropicciò la faccia con le mani, reprimendo un gemito frustrato.
Il suo dono spesso si rivelava una vera fregatura troppe variabili, troppe domande e mai nessuna vera risposta. O meglio, nessuna risposta quando serviva, quando arrivavano era sempre troppo tardi.
Perché con la vita degli altri le previsioni sembravano più facili?
La campanella suonò, distraendola da Severus, dai balli, dai fuochi colorati e dai baci non ricambiati.
Una ventina di studenti entrarono timorosi in aula guardandosi attorno: di certo la disposizione dell’aula era ben diversa da quella della precedente insegnante.
- Qui non c’è puzza di tè. – notò una ragazzina con la divisa di Tassorosso, capelli ramati e una spruzzata di lentiggini sul naso.
- Neppure quello degli incensi. – valutò un ragazzino di Corvonero con ricchi capelli neri e la pelle scura.
- Non si muore di caldo. – finì una sua compagna dai cortissimi capelli biondi.
Anathema sorrise e allargò le braccia.
- Benvenuti ragazzi! Accomodatevi, - disse indicando le sedie – forza. Abbiamo tante cose di cui discutere in questa prima lezione.
Conosceva bene il lavoro della Cooman, aveva letto il suo programma e la valutazione che aveva fatto degli studenti prima della pensione.
Non era sua abitudine giudicare gli altri, ma sapeva che i ragazzi che aveva di fronte avevano una conoscenza della materia molto superficiale, dozzinale e basata su interpretazioni frammentarie.
Ci sarebbe stato molto lavoro da fare, ma prima avrebbe dovuto parlare con loro e fissare incontri individuali per capire le loro potenzialità.
I ragazzi presero posto in silenzio, lanciandole occhiate curiose e guardandosi attorno.
Prese la bacchetta che aveva appoggiato sulla cattedra e la agitò: il gessetto iniziò a scrivere alla lavagna alle sue spalle.
- Sono la professoressa Anathema Shipton.
- Anathema? – fece eco una ragazzina con lunghi capelli color platino e lo sguardo tagliente – Ovvero si chiama Maledizione?
Non era la prima volta che sentiva quella domanda e sapeva non sarebbe stata l’ultima.
Sorrise, come faceva sempre quando qualcuno le faceva notare il significato del suo nome.
- Esatto. – confermò – Il suo invece?
La ragazzina alzò il mento con sufficienza.
- Regina Schroede. – lo pronunciò come se il suo nome fosse abbastanza per aprire tutte le porte del mondo magico, e forse era davvero così per lei.
Ma non si sarebbe fatta raggirare da un nome altisonante.
- Bene signorina Schroede. – disse allungando la mano verso una pila di fogli che aveva sulla scrivania, proprio accanto alla bacchetta e alla piuma d’oca – La professoressa Cooman mi ha lasciato un resoconto dettagliato su tutti voi. – con la coda dell’occhio vide molti studenti muoversi a disagio sulle sedie – Se non ricordo male il suo nome… - sfogliò i fogli velocemente fino a quando non trovò quello della ragazza – eccolo qui. Sì, il suo nome è tra quelli che la professoressa riteneva più preparati nella materia.
La ragazzina gongolò con un sorriso freddo.
- Ci sono molti famosi veggenti nel mio albero genealogico.
- Lo immagino, ma deve sapere, - si mosse per la classe con i fogli ben stretti in mano – anzi tutti dovete sapere che io non sono la professoressa Cooman e pretendo che i miei studenti siano davvero portati per la divinazione. Non mi accontenterò di profezie fasulle su un foglio di carta e non basta essere preparati… dovrete essere predisposti alla Divinazione. – tornò a guardare la studentessa che deglutì incrociando sul suo sguardo – Nei prossimi giorni avrete un colloquio individuale con me. Se vedrò in voi la scintilla che cerco potrete seguire il corso. Altrimenti sarete costretti a scegliere un’altra materia per i M.A.G.O. del prossimo anno.
Si levarono dei mormorii di disapprovazione.
- Bene! - sorrise di nuovo rimettendo i fogli sulla scrivania – Avevate dei compiti delle vacanze. Voglio i rotoli sui vostri banchi. Sarà un buon punto di partenza per conoscervi meglio. Ed ora salutate Jim.
I ragazzi si guardarono intorno spaesati.
Si avvicinò al grammofono che aveva portato dalla sua camera e gli diede un lieve pacca sulla base.
- Lui è Jim e vi farà ascoltare un sacco di vecchia musica.

* * * *



Era quasi la fine di quella lunga giornata, di quella lunga settimana, di quel lungo, lunghissimo mese.
Aveva concluso i colloqui individuali in tempi record. Alcuni non l’avevano presa bene – l’irritante signorina Regina Schroede solo la settimana prima, per esempio – altri avevano solo alzato le spalle sbuffando per aver perso il corso più facile di tutti.
Gli studenti rimasti avevano capito ben presto che il corso di Divinazione non sarebbe stato lo stesso di prima.
Aveva iniziato con lunghe sessioni di meditazione, insegnando ai ragazzi che per ascoltare il proprio dono bisognava estraniarsi dal mondo, anche quando attorno a te sta per crollare tutto.
Non era raro trovare i ragazzi seduti a terra, gambe incrociate e occhi chiusi mentre in sottofondo Jim il Grammofono suonava vecchie canzoni e lei camminava tra di loro cercando di distrarli.
Quella sera stava finendo di correggere gli ultimi compiti.
Era stato un compito a sorpresa che aveva creato qualche scompiglio, ma i ragazzi se la stavano cavando bene.
Appoggiò la piuma d’oca sul tavolo e si stropicciò gli occhi stanchi. La luce fioca delle lampade non aiutava: c’erano delle sere che si buttava a letto con un mal di testa lancinante.
Ma voleva essere all’altezza, Severus aveva creduto in lei e voleva dimostragli che aveva fatto la scelta giusta. Stranamente la vita da insegnante non le dispiaceva come aveva temuto.
Non le mancava Londra o quel buco di negozio che aveva a Diagon Alley, teneva ancora qualche consulenza; alcune clienti le mandavano lettere e lei si presentava nel fine settimana armata di parrucca e turbante per leggere carte e sfere di cristallo.
La totale assenza della mancanza di Londra era il chiaro segnale che quella vecchia vita non era per lei.
Le mancava la sua famiglia del circo. Era stata con l’ultima compagnia per dieci anni, aveva visto amori sbocciare, bambini crescere e loro l’avevano vista nei suoi momenti migliori e, soprattutto, in quelli peggiori.
Sospirò chiudendo gli occhi… i peggiori non li voleva ricordare.
Il grammofono iniziò a suonare Frank Sinatra.
- Non sei d’aiuto Jim, - gemette aprendo gli occhi – stasera il vecchio Frank non va bene.
Lo strumento optò per la figlia Nancy.
- Siamo nostalgici. – valutò con un mezzo sorrise triste, si alzò, si avvicinò al grammofono e gli accarezzò il legno della base – Mancano anche me.
Gli diede un’altra affettuosa pacca sul legno, quindi si voltò verso la scrivania.
Un miagolio.
Corrugò la fronte credendo di averlo sognato, forse era veramente troppo stanca.
Un altro miagolio.
Si voltò incuriosita trovandosi un gatto seduto su un banco.
Sembrava che la stesse fissando.
- E tu da dove arrivi?
L’animale miagolo in risposta.
La professoressa si avvicinò e allungò la mano per accarezzarlo. Il gatto si lasciò grattare la testa.
- Sei l’animale di uno studente? Ti sei perso?
Si affacciò alla porta per vedere se qualcuno lo stesse cercando, ma non si vedeva e non si sentiva nessuno.
Il gatto miagolò di nuovo, come se le stesse chiamando.
- Mi vuoi fare compagnia? - domandò – Va bene.
Lo prese in braccio e tornò alla sedia, si sedette e mise il gatto sulle gambe. Il felino si accoccolò e appoggiò la testolina sulle zampette.
Anathema gli diede una lunga carezza ricevendo in cambio delle sonore fusa.
- Saprai tornare dal tuo padrone. – mormorò prima di tornare al lavoro.

* * * *



Il pedone nero si mosse lentamente terminando la corsa in paio di caselle avanti.
- Torre in A-5.
La torre bianca di spostò in avanti senza fare rumore.
Il mago corrugò la fronte ragionando sulla prossima mossa.
Poteva sacrificare un pedone e provare un attacco frontale con l’alfiere.
Probabilmente il suo avversario ci aveva già pensato.
- Ragioni troppo. – lo rimproverò la strega seduta davanti.
- Vaglio ogni possibilità.
La sentì sbuffare contrariata e tirò le labbra in un sorriso sottile.
Fanny, dal suo trespolo, sonnecchiava, la testa nascosta sotto una grande ala.
Le lanciò uno sguardo contrariato, per quanto si sforzasse di cacciarla via quel maledetto pennuto non sembrava volerlo ascoltare.
Se ne andava solo quando sentiva di essere vicino alla fine; moriva e rinasceva da qualche parte per poi tornare ad Hogwarts.
Tornò a guardare la scacchiera.
- Terzo pedone a sinistra, F-6.
Il pezzo si mosse.
- Cavallo in F-6.
Il cavallo si avvicinò al pedone e lo distrusse in un colpo solo.
Severus prese i pezzi e li adagiò sulla scrivania.
- Da quando sei così impulsiva a giocare a scacchi?
- Sono vecchia, Severus. Gradirei non morire su questa sedia mentre aspetto che tu faccia la prossima mossa.
Silente ridacchiò alle sue spalle.
- Se ti annoi tanto perché accetti di giocare con me, Minerva?
- Vorresti giocare a whist con Vitius e Pomona?
- Ho l’aria di uno che gioca a whist? Torre in H-5.
La Vicepreside raccolse i pezzi dell’alfiere che la torre aveva distrutto.
- Secondo pedone a destra, B-3.
- Alfiere in…
Un forte rumore interruppe la quiete di quel tardo mattino.
Le temperature erano insolitamente miti, le finestre dell’ufficio erano aperte e arrivava ogni rumore forte proveniente dal parco.
Il suono arrivò di nuovo, questa volta più forte.
Un paio di pedoni si smontarono da soli per lo spavento. Fanny tirò fuori la testa dall’ala.
Lui si alzò velocemente dalla sedia e si affacciò alla finestra. Minerva lo seguì immediatamente, nonostante l’età, due guerre e un ginocchio ormai quasi fuori uso che la costringeva a camminare nelle giornate di pioggia con un bastone, dimostrando un’agilità degna del gatto in cui si trasformava.
Non fu difficile trovare la fonte del rumore: anche se distante, notò la classe di Divinazione del quinto anno di Serpeverde e Grifondoro, seduti nell’erba in fase di meditazione. Anathema camminava tra di loro tenendo in mano due grossi piatti da orchestra presi chissà dove, li faceva sbattere cercando di valutare il livello di concentrazione dei ragazzi. Da quella distanza non poteva esserne certo, ma gli sembrò che nessuno fosse disturbato dal suono fastidioso.
- Ho sentito dire che chiama il grammofono Jim. – disse Minerva, come lui stava fissando Anathema e la sua strana lezione di meditazione in giardino – Le hai detto delle lettere dei genitori?
Annuì tristemente ripensando alle lettere arrivate nelle settimane precedenti: alcuni genitori non avevano gradito l’estromissione del figlio dal corso.
- Non era sorpresa. – le spiegò osservando Juju mentre improvvisava un ballo sempre allo scopo di distrarre gli studenti – Credo che se lo aspettasse… oppure…- fece un vago cenno con la mano – l’avrà letto da qualche parte.
Minerva rise.
- È brava. – disse – Sai che la moglie del mio terzo nipote è incinta, vero? – lui annuì – La gravidanza non è iniziata sotto una buona stella. Anathema mi ha detto di non preoccuparmi e che la mia famiglia sarà benedetta da un'altra leonessa.
- Un momento… - disse fissando la donna – hai chiesto ad Anathema una lettura di carte?
- Ovviamente no! – rispose l’altra – Sai che non credo a queste cose! È venuta lei questa mattina a dirmelo, senza che io le avessi accennato nulla. Dopo colazione è arrivato un gufo da mio nipote che mi confermava che la visita era andata bene, il problema era rientrato e che avrebbero avuto una femmina.
- Sono felice per te, Minerva. Juju ha precisato leonessa?
Nel momento esatto in cui si rese conto di quello che aveva detto avrebbe solo voluto sprofondare sottoterra a fare compagnia ad Albus.
- Juju? - fece eco la strega stringendo le labbra per camuffare un sorriso – Non era il soprannome che le avevi dato quando eravate ragazzi?
- Mi è… scappato… - borbottò fissando Anathema che stava… imitando una gallina?
Scosse il capo, ma non si voltò a guardare Minerva.
- Bene, - continuò la donna dandogli una pacca sulla spalla prima di allontanarsi dalla finestra – posso ancora sperare.
Restò fermò a fissare la donna dalla finestra, la lezione era finita ed ora i ragazzi ridevano per via di tutti i modi in cui Anathema aveva provato a distrarli.
Non ne era certo, ma gli sembrava di sentire la sua risata da lì.
- Sperare in cosa, Minerva?
- Forse riesco a vederti felice prima di raggiungere Albus.

Immagini legate al capitolo 4


Regina Schroede



Jim! Adoro Jim! Sì, é un grammofono, ma é speciale!



Il gatto che Anathema si ritrova in aula




Minerva in presidenza che gioca a scacchi con Severus.
Sì, non é la Minerva dei film, ma Bing non collabora, quindi chiudiamo un occhio. E' quella che più si avvicina.

 
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view post Posted on 29/4/2024, 19:02
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È deliziosa. Ho letto. 💕💕
 
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view post Posted on 29/4/2024, 19:49
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CITAZIONE (chiara53 @ 29/4/2024, 20:02) 
È deliziosa. Ho letto. 💕💕

:] :] :] :] :] :*: :*: :*: :*:
 
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view post Posted on 1/5/2024, 21:40
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Letto il quarto capitolo! 3_3
Veramente originale la tua Anathema, Elly! E deliziosa la scena di Severus e Minerva che giocano a scacchi: deliziosa e divertente.
Una storia veramente godibile. <3
 
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view post Posted on 2/5/2024, 09:47
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CITAZIONE (Arwen68 @ 1/5/2024, 22:40) 
Letto il quarto capitolo! 3_3
Veramente originale la tua Anathema, Elly! E deliziosa la scena di Severus e Minerva che giocano a scacchi: deliziosa e divertente.
Una storia veramente godibile. <3

Grazie. <3 :]
Anathema é un po' pazzerella... ha quella stravaganza che per me deve assolutamente avere una divinatrice e il passato al circo la rende decisamente unica.
E non ha filtri... o, per lo meno, é così che sto cercando di rappresentarla.

Minerva é vecchia... é stanca... e vuole assolutamente che Severus sia "sistemato" prima che decida di lasciare del tutto Hogwarts.
Sistemato no vuol dire, per forza, con una donna, ma lo vuole sereno.
Ci sarà un capitolo più avanti con i pensieri di Minerva. Uno dei miei preferiti :shifty:
 
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view post Posted on 5/5/2024, 08:30
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Capitolo 5


Weekend.
Agognato, amato, atteso weekend.
Era stanca.
Non avrebbe mai pensato che insegnare fosse così faticoso.
Era, comunque, più appagante di quello che aveva immaginato. I ragazzi l’avevano accolta bene e stavano lavorando velocemente; stava recuperando le lacune con i ragazzi più grandi e mettendo solide basi con quelli del quinto anno.
C’erano ragazzi dell’ultimo anno del tutto negati per la materia, ma non li avrebbe abbandonati a loro stessi, avrebbe puntato molto sulla teoria e meno sulla pratica della divinazione.
Sedeva alla sua scrivania anche quel giorno. Il gatto che ogni tanto veniva a trovarla non si era fatto vivo, Jim era spento da qualche ora e lei si stava godendo un po’ di quiete mentre mescolava un mazzo di tarocchi. Severus le aveva proposto un piccolo ufficio separato, ma aveva lavorato sodo per realizzare l’aula perfetta, attraversata dalle energie giuste e ne avrebbe approfittato.
Si era svegliata piena di energie e con le mani che prudevano dall’esigenza di leggere le carte, così si era recata in classe appena finita la colazione, impaziente di iniziare.
Solitamente, quando si sentiva così, c’era qualcosa di grosso che doveva sapere.
Aprì le carte davanti a lei e ne scelse tre a caso, come faceva sempre quando voleva una risposta rapida o quando aveva fretta.
Sette di bastoni.
La Temperanza.
Il Diavolo.

- Oh. – mormorò stupita – Con chi devo litigare?
Fece per girare una quarta carta quando la porta dell’aula si aprì.
La prima cosa che notò fu il vestito: un tailleur Chanel rosa pallido, una borsa firmata che probabilmente le sarebbe costata un anno di stipendio, scarpe alte col tacco, una pelliccia mollemente appoggiata sul braccio, gioielli vistosi… un caschetto biodo platino a una faccia che avrebbe riconosciuto anche in mezzo alla folla.
Affilata, tesa, truccata in modo magistrale per nascondere l’età.
- Portia. - sibilò il nome come un insulto, un veleno da cui non vi è antidoto, una maledizione ben più forte di quelle che ti mandano ad Azkaban senza il biglietto di ritorno.
La donna la fissò come se non valesse nulla, come se la sua sola presenza fosse un insulto per tutto il mondo.
- Dovevo vederlo coi mei occhi. – pronunciò malefica, poggiando la costosa pelliccia su un banco – Sei davvero tu l’insegnate di Divinazione.
- Conosci qualcun altro col mio nome? – domandò ironica.
- Sai perché sono qui?
- Oh sì.
- L’hai visto nei tuoi preziosi tarocchi?
- No. Ho ricevuto le tue lettere. Tutte e dieci.
Portia fece una smorfia e si avvicinò alla scrivania, il suono dei tacchi rimbombò per l’aula.
Forse voleva essere intimidatoria, ma Anathema conosceva molto bene Portia Vaughan.
Erano state compagne di Casa e purtroppo di dormitorio, per sette anni.
Si era interrogata spesso sulle decisioni del Cappello Parlante; in sette anni aveva conosciuto Grifondoro che sarebbero stati meglio nella calda e materna casa di Tosca; Serpeverde che avrebbero trovato più sostegno nell’alta torre di Corvonero, Tassorosso coraggiosi e leali come solo Godric e avrebbe apprezzato e poi c’era Portia.
Corvonero sul taschino della divisa, Serpeverde fin dentro l’anima.
Non si erano mai sopportate. Lei rappresentava quello che Portia detestava: povertà, mediocrità, vestiti scadenti e una dieta ricca di dolci.
Per anni l’aveva presa in giro per il suo aspetto e le sue forme rotonde.
In più era follemente gelosa del suo dono. Portia, da quando la conosceva, aveva sempre vantato di avere nella sua famiglia molti veggenti e profeti, millantava chissà quale dono della preveggenza, ma Anathema sapeva benissimo che l’unica cosa che Portia vedeva sul fondo di una tazza di tè era della porcellana sporca.
La strega appoggiò le mani ingioiellate e fresche di manicure sulla scrivania.
- Non mi hai risposto perché sapevi di essere in torto, vero?
- A dire il vero. – precisò con una smorfia – Speravo che ignorandoti avresti smesso di infastidirmi.
- Sono un genitore preoccupato.
Anathema si alzò dalla sedia, puntò le mani sulla cattedra e si piegò verso di lei.
- Regina non ha il dono, Portia. Così come non ce l’hai tu. Fattene una ragione.
- Non sai con chi stai parlando! – sbottò indignata la donna.
- Io ti conosco molto bene Portia Vaughan. Ti sei sposata con Ibram Schroede, il ragazzo con cui uscivi ai tempi della scuola. Un nome altisonante per un matrimonio altisonante. Ho riconosciuto tua figlia non appena ha messo piede nella mia aula. Mi è sembrato di rivedere la tua faccia ossuta dopo anni, ma questo non cambia quello che ti ho detto prima. E la tua famiglia ricca non mi spaventa.
- Sei solo invidiosa.
- Di te?
- Parlerò col Preside Piton.
- Fa pure, ma mi ha dato lui il permesso di allontanare i ragazzi che non erano adatti al mio corso.
- Regina è molto scossa.
- Regina è solo dispiaciuta di aver perso un corso che attirava le attenzioni della madre.
Portia rizzò la schiena e alzò in mento in segno di sfida.
- Conosco il Ministro Kinsley!
- Anch’io. – rispose una voce profonda alle sue spalle.
Anathema allungò il collo oltre la spalla della secca Portia e sorrise. Severus era alla porta, braccia incrociate al petto, sopracciglio sollevato e sguardo duro.
Dietro di lui si intravedeva Gazza.
- Preside Piton… - balbettò improvvisamente intimidita Portia.
- Signora Schroede, mi sembrava di aver già risposto alla sua lettera di protesta qualche giorno fa. Le avevo esplicitamente scritto che non tollero che qualcuno minacci gli insegnanti di questa scuola.
- Sono qui per fare gli interessi di mia figlia!
- Sono certo di questo. – concesse – Ma sono altrettanto certo che voglia che Regina segua la strada più adatta alle sue potenzialità.
- Senz'altro…
- Mi risulta che sia una buona pozionista e un’abile creatrice di incantesimi.
- Sì.
- Il professor Vitius ha indicato a Regina i corsi più adatti alle sue capacità.
- Mia figlia non finirà chiusa in un ufficio al Ministero.
- Oh non mi preoccuperei di questo. – fece eco Anathema alle sue spalle girando due carte – Regina passerà davvero poco tra gli uffici del Ministero. Seguirà le orme di sua madre. Tacchi alti e vestiti babbani firmati compresi. – sollevò lo sguardo e le lanciò un’occhiata – Salutami Ibram quando tornerai a casa. – abbassò lo sguardo riordinando le carte – E anche suo fratello Joseph.
Tornò a guardarla in tempo per vederla sussultare ed afferrare con un gesto nervoso la pelliccia abbandonata sul banco.
- Sei solo uno fenomeno da baraccone. – sibilò velenosa – C’è un motivo se quelle come te sono sole. Tornatene al circo.
Si voltò di scatto e si incamminò verso la porta ancora occupata dalla figura del Preside.
- Scriverò al Ministero! – minacciò – Non capisco come una scuola così rispettabile possa assumere insegnanti tanto discutibili.
Severus la fissò per un lunghissimo minuto, poi si spostò di lato.
- Signor Gazza. – pronunciò con voce ferma – Si assicuri che la signora Schroede raggiunga il cancello principale senza problemi; sappiamo che alle scale piace cambiare.
- Certo, Preside Piton. – gracchiò la voce del vecchio custode – Mi segua, signora Schroede.
Restarono in silenzio sentendo il rumore dei tacchi di Portia che sbattevano con violenza sul pavimento del corridoio.
Anathema sistemò il mazzo con gesti calmi.
- Hai appena insinuato che Regina Schroede tradirà il suo futuro marito con suo fratello?
- No. – rispose lei picchiettando il mazzo sul tavolo – Con sua sorella.
Sollevò lo sguardo incontrando il sopracciglio alzato del mago.
Si alzò con un gesto veloce e aprì il cassetto della scrivania afferrando un mazzetto di salvia bianca. Afferrò la bacchetta e incendiò la punta del mazzetto. Non appena il fumo bianco e denso iniziò a liberarsi in piccole spirali agitò il mazzetto per spegnere il fuoco.
Con gesti ampi delle braccia fece volare il fumo profumato per tutta l’aula.
- Cosa stai facendo? – domandò Severus sventolando la mano davanti al viso per disperdere il fumo che l’aveva colpito.
- Brucio della Salvia Bianca. – spiegò – Secondo i Nativi Americani serve per purificare un’ambiente dalle influenze negative e Portia… - continuò indicando la porta – è come una nuvola nera che distrugge ogni equilibrio che ho faticato a creare.
- Posso restare o rovino anch’io i tuoi equilibri?
- Puoi restare. – acconsentì mentre passava la salvia sull’infisso della porta – Apri un paio di finestre, per favore.
Eseguì l’ordine senza commentare. L’odore della salvia si stava diffondendo per tutta l’aula.
- Mi ha chiamato fenomeno da baraccone! – borbottò indignata osservando il fumo che si liberava – Quella… quella… argh! Non trovo l’insulto giusto!
Mosse le braccia con foga, cercando di placare il nervoso che sentiva sottopelle. Sentiva l’impulso irresistibile di inseguire Portia e dar fuoco a quel tailleur rosa cipria con il suo mazzetto di Salvia Bianca.
In quel caso le influenze negative sarebbero state estirpate dalla radice.
Chissà se i Nativi Americani avevano mai pensato a questo uso alternativo della salvia bianca.
Si sentì toccare una spalla e lanciò un’imprecazione sorpresa.
Persa nel suo monologo mentale pieno di insulti verso Portia aveva scordato della presenza del mago.
- Stai bene? – le domandò Severus con le mani alzate, come se potesse usare quel mazzetto bruciacchiato come una bacchetta.
- Sì! – sbottò – Sto bene. Sono solo… arrabbiata…
- Non ti ho mai visto arrabbiata. – valutò inclinando il capo – Neppure da ragazza.
- Nessuno mi aveva mai dato del fenomeno da baraccone!
Con delicatezza le prese la salvia fumante dalle mani, fece apparire una ciotola di metallo e la mise dentro lasciandola bruciare piano senza correre il rischio di dare fuoco a tutta l’aula.
- Non sei un fenomeno da baraccone. – la rassicurò – Sei capace, gli studenti frequentano volentieri le tue lezioni e non perché è un corso semplice, ma perché li coinvolgi, li interessi, apri le loro menti e il loro… terzo occhio… - si bloccò – si chiama così, vero? - Anathema ridacchiò e annuì. – Quindi al diavolo quello che pensa Portia Schroede. Sono io il Preside di questa scuola, giusto?
- Giusto.
- Bene. Ora mi dica, professoressa Shipton. Cosa potrebbe risollevarle l’umore?
Le labbra della strega si allungarono in un sorriso che contagiò i suoi occhi, l’intero corpo, l’anima e anche quella del mago che la guardava rendendosi improvvisamente conto che qualcosa nel suo petto aveva ripreso a battere più forte del normale.
- Bignè al cioccolato.

* * * *



Aveva lasciato Anathema in biblioteca, entrambi fin troppo carichi di zuccheri dopo la sosta nelle cucine.
Si era allontanato a passo veloce incrociando un gatto nei corridoi.
Lo seguì con lo sguardo e un sopracciglio alzato fino a quando non lo vide entrare nella biblioteca dalla porta socchiusa. A Madama Prince non avrebbe fatto piacere.
Accantonò il pensiero del gatto non appena varcato il portone del castello.
Percorse con passo deciso la strada fin troppo conosciuta, costeggiò il sentiero lungo il lago; presto il freddo avrebbe fatto gelare la prima parte dell’acqua. Poi sarebbe arrivata la neve.
Gli piaceva la neve.
Arrivò alla tomba bianca senza neppure accorgersene.
Aveva bisogno di pensare.
Lontano dal castello.
Dalle sue aule.
Specialmente da quella di Divinazione.
I suoi pensieri erano confusi, disordinati e ingarbugliati. Un nodo difficile da districare.
Gli zuccheri in corpo non aiutavano a calmare i nervi.
Sospirò massaggiandosi la radice del naso e chiudendo per un istante gli occhi neri.
- Avrei bisogno di un aiuto. – mormorò al marmo – O forse no. Se avessi voluto un aiuto avrei chiesto al tuo stupido quadro. Lui mi avrebbe risposto. – sospirò di nuovo – Forse non sono pronto a sentire quello che ha da dirmi.
Osservò la pietra bianca, un blocco unico che simboleggiava l’uomo tutto d’un pezzo che era stato Albus.
Chi aveva pensato a quella tomba non aveva mai visto Silente ubriacarsi al compleanno di quello che era stato l’unico amore per tutta la sua lunghissima vita.
Lui aveva avuto quella sfortuna, conosceva lati del vecchio preside che avrebbero fatto impallidire chiunque. Forse solo Aberforth non si sarebbe sorpreso.
Le volte in cui si era sbronzato con il vecchio si potevano contare sulle dita di una mano, e si svolgevano sempre nello stesso modo: lui che trovava Albus già alticcio in presidenza, una bottiglia a metà e due in attesa di essere aperte. Lui che beveva quasi sotto costrizione e, alla fine della terza bottiglia, entrambi che biasciavano parole a caso su quanto faccia schifo essere innamorati.
Marmo bianco: purezza dell’animo dell’uomo.
- Chi ha creato questa non sa quello che hai fatto in nome dell’amore, vero Silente? Di candido tu non hai proprio nulla. Però è giusto che gli altri ti ricordino così. Un eroe senza macchia serve sempre in una storia.
L’etichetta eroe ce l’aveva cucita addosso pure lui che gli piacesse o meno, ma lui non era senza macchia.
Era un dannato quadro di Jackson Pollock in bianco e nero.
Voltò la testa verso la scuola. Il sole era alto in un cielo così perfettamente azzurro da essere quasi accecante. Accarezzò con lo sguardo il profilo della scuola e non riuscì ad evitare di soffermarsi più del solito sulla torre più alta.
Là dove tutto era finito e iniziato.
Là dove ora c’era anche il ricordo di una sedia da campeggio, un margarita con troppa tequila e una visione dove veniva respinto.
Tornò alle cucine, dove il suo cuore si era fermato più di una volta quel giorno: intento a fissare una strega troppo golosa che emetteva mugugni viziosi ad ogni boccone, che si era leccata la cioccolata dalle dita senza vergogna e pulito le labbra con la punta della lingua. Il tutto ignara del suo guardo improvvisamente affamato.
Non di cibo.
Gemette frustrato e tornò a fissare la tomba.
Pensieri deprimenti per raffreddare un corpo che si era reso conto di essere ancora vivo dopo anni di letargo.
- Avevo promesso che non sarebbe più accaduto. – mormorò – Mentre fissavo quella parete al San Mungo e salutavo per sempre Lily. Avevo promesso che certe sensazioni… certi sentimenti… non avrebbero più influito sulla mia vita. Ho amato fino a consumarmi, Silente. Tu lo sai. Tu l’hai visto.
Dopo tutto questo tempo?
Che domanda stupida gli aveva posto quella volta nello studio, con la luce fioca del suo patronus che ancora gli illuminava lo sguardo.
Chissà se era ancora in grado di evocarne uno. Non ci aveva più provato.
- Eppure, sono ancora qui. – continuò il suo monologo senza nessuno ad ascoltarlo, probabilmente non era importante che qualcuno lo ascoltasse. Lui doveva solo ascoltare sé stesso. – Problema molto simile. Donna differente. Non imparo mai dai miei errori, vero?

Immagini legate al capitolo 5

Portia Schroede


Anathema che purifica l'aula



Severus davanti alla tomba di Silente

 
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