Capitolo 4
Era appoggiata alla cattedra con le braccia incrociate al petto.
La sua prima lezione.
Sesto anno: Corvonero e Tassorosso.
Sentiva un nodo all’altezza dello stomaco, un vago malessere mentre fissava la porta in attesa dell’entrata degli studenti.
Gli ultimi due giorni prima delle lezioni li aveva passati ripassando ogni punto del suo programma, cercando di pensare ad un discorso di apertura divertente, ma serio nello stesso tempo. Voleva mostrarsi affidabile, amica, ma anche severa all’occorrenza.
La professoressa McGranitt era stata molto gentile a consigliarla su come presentarsi ai ragazzi; Severus, d’altro canto, era stato del tutto inutile con le sue ferree idee di non essere all’occorrenza un’amica per gli studenti, ma qualcuno di cui avere timore.
Non credeva che tutti gli studenti avessero paura di lui: era certa che per la Casa di Serpeverde lui fosse una guida severa, ma giusta e che la porta del suo ufficio fosse sempre aperta per qualsiasi domanda.
Trattenne un sospiro, ricordando la mezza visione avuta quella sera di ritorno dalla Torre di Astronomia.
Severus non aveva più tirato fuori l’argomento e lei aveva fatto finta di dimenticarla per colpa della tequila, ma lei la ricordava molto bene.
Era come impressa a fuoco sotto la pelle.
Se si concentrava, poteva ancora sentirsi stringere in quel ballo lento, sotto i fuochi colorati o lo sguardo che aveva, prima di provare a baciarla.
Perché Severus avrebbe dovuto baciarla? Perché lei lo respingeva?
Si stropicciò la faccia con le mani, reprimendo un gemito frustrato.
Il suo dono spesso si rivelava una vera fregatura troppe variabili, troppe domande e mai nessuna vera risposta. O meglio, nessuna risposta quando serviva, quando arrivavano era sempre troppo tardi.
Perché con la vita degli altri le previsioni sembravano più facili?
La campanella suonò, distraendola da Severus, dai balli, dai fuochi colorati e dai baci non ricambiati.
Una ventina di studenti entrarono timorosi in aula guardandosi attorno: di certo la disposizione dell’aula era ben diversa da quella della precedente insegnante.
- Qui non c’è puzza di tè. – notò una ragazzina con la divisa di Tassorosso, capelli ramati e una spruzzata di lentiggini sul naso.
- Neppure quello degli incensi. – valutò un ragazzino di Corvonero con ricchi capelli neri e la pelle scura.
- Non si muore di caldo. – finì una sua compagna dai cortissimi capelli biondi.
Anathema sorrise e allargò le braccia.
- Benvenuti ragazzi! Accomodatevi, - disse indicando le sedie – forza. Abbiamo tante cose di cui discutere in questa prima lezione.
Conosceva bene il lavoro della Cooman, aveva letto il suo programma e la valutazione che aveva fatto degli studenti prima della pensione.
Non era sua abitudine giudicare gli altri, ma sapeva che i ragazzi che aveva di fronte avevano una conoscenza della materia molto superficiale, dozzinale e basata su interpretazioni frammentarie.
Ci sarebbe stato molto lavoro da fare, ma prima avrebbe dovuto parlare con loro e fissare incontri individuali per capire le loro potenzialità.
I ragazzi presero posto in silenzio, lanciandole occhiate curiose e guardandosi attorno.
Prese la bacchetta che aveva appoggiato sulla cattedra e la agitò: il gessetto iniziò a scrivere alla lavagna alle sue spalle.
- Sono la professoressa Anathema Shipton.
- Anathema? – fece eco una ragazzina con lunghi capelli color platino e lo sguardo tagliente – Ovvero si chiama
Maledizione?
Non era la prima volta che sentiva quella domanda e sapeva non sarebbe stata l’ultima.
Sorrise, come faceva sempre quando qualcuno le faceva notare il significato del suo nome.
- Esatto. – confermò – Il suo invece?
La ragazzina alzò il mento con sufficienza.
- Regina Schroede. – lo pronunciò come se il suo nome fosse abbastanza per aprire tutte le porte del mondo magico, e forse era davvero così per lei.
Ma non si sarebbe fatta raggirare da un nome altisonante.
- Bene signorina Schroede. – disse allungando la mano verso una pila di fogli che aveva sulla scrivania, proprio accanto alla bacchetta e alla piuma d’oca – La professoressa Cooman mi ha lasciato un resoconto dettagliato su tutti voi. – con la coda dell’occhio vide molti studenti muoversi a disagio sulle sedie – Se non ricordo male il suo nome… - sfogliò i fogli velocemente fino a quando non trovò quello della ragazza – eccolo qui. Sì, il suo nome è tra quelli che la professoressa riteneva più preparati nella materia.
La ragazzina gongolò con un sorriso freddo.
- Ci sono molti famosi veggenti nel mio albero genealogico.
- Lo immagino, ma deve sapere, - si mosse per la classe con i fogli ben stretti in mano – anzi tutti dovete sapere che io non sono la professoressa Cooman e pretendo che i miei studenti siano
davvero portati per la divinazione. Non mi accontenterò di profezie fasulle su un foglio di carta e non basta essere preparati… dovrete essere predisposti alla Divinazione. – tornò a guardare la studentessa che deglutì incrociando sul suo sguardo – Nei prossimi giorni avrete un colloquio individuale con me. Se vedrò in voi la scintilla che cerco potrete seguire il corso. Altrimenti sarete costretti a scegliere un’altra materia per i M.A.G.O. del prossimo anno.
Si levarono dei mormorii di disapprovazione.
- Bene! - sorrise di nuovo rimettendo i fogli sulla scrivania – Avevate dei compiti delle vacanze. Voglio i rotoli sui vostri banchi. Sarà un buon punto di partenza per conoscervi meglio. Ed ora salutate Jim.
I ragazzi si guardarono intorno spaesati.
Si avvicinò al grammofono che aveva portato dalla sua camera e gli diede un lieve pacca sulla base.
- Lui è Jim e vi farà ascoltare un sacco di vecchia musica.
* * * *
Era quasi la fine di quella lunga giornata, di quella lunga settimana, di quel lungo, lunghissimo mese.
Aveva concluso i colloqui individuali in tempi record. Alcuni non l’avevano presa bene – l’irritante signorina Regina Schroede solo la settimana prima, per esempio – altri avevano solo alzato le spalle sbuffando per aver perso il corso più facile di tutti.
Gli studenti rimasti avevano capito ben presto che il corso di Divinazione non sarebbe stato lo stesso di prima.
Aveva iniziato con lunghe sessioni di meditazione, insegnando ai ragazzi che per ascoltare il proprio dono bisognava estraniarsi dal mondo, anche quando attorno a te sta per crollare tutto.
Non era raro trovare i ragazzi seduti a terra, gambe incrociate e occhi chiusi mentre in sottofondo Jim il Grammofono suonava vecchie canzoni e lei camminava tra di loro cercando di distrarli.
Quella sera stava finendo di correggere gli ultimi compiti.
Era stato un compito a sorpresa che aveva creato qualche scompiglio, ma i ragazzi se la stavano cavando bene.
Appoggiò la piuma d’oca sul tavolo e si stropicciò gli occhi stanchi. La luce fioca delle lampade non aiutava: c’erano delle sere che si buttava a letto con un mal di testa lancinante.
Ma voleva essere all’altezza, Severus aveva creduto in lei e voleva dimostragli che aveva fatto la scelta giusta. Stranamente la vita da insegnante non le dispiaceva come aveva temuto.
Non le mancava Londra o quel buco di negozio che aveva a Diagon Alley, teneva ancora qualche consulenza; alcune clienti le mandavano lettere e lei si presentava nel fine settimana armata di parrucca e turbante per leggere carte e sfere di cristallo.
La totale assenza della mancanza di Londra era il chiaro segnale che quella vecchia vita non era per lei.
Le mancava la sua famiglia del circo. Era stata con l’ultima compagnia per dieci anni, aveva visto amori sbocciare, bambini crescere e loro l’avevano vista nei suoi momenti migliori e, soprattutto, in quelli peggiori.
Sospirò chiudendo gli occhi… i peggiori non li voleva ricordare.
Il grammofono iniziò a suonare Frank Sinatra.
- Non sei d’aiuto Jim, - gemette aprendo gli occhi – stasera il vecchio Frank non va bene.
Lo strumento optò per la figlia Nancy.
- Siamo nostalgici. – valutò con un mezzo sorrise triste, si alzò, si avvicinò al grammofono e gli accarezzò il legno della base – Mancano anche me.
Gli diede un’altra affettuosa pacca sul legno, quindi si voltò verso la scrivania.
Un miagolio.
Corrugò la fronte credendo di averlo sognato, forse era veramente troppo stanca.
Un altro miagolio.
Si voltò incuriosita trovandosi un gatto seduto su un banco.
Sembrava che la stesse fissando.
- E tu da dove arrivi?
L’animale miagolo in risposta.
La professoressa si avvicinò e allungò la mano per accarezzarlo. Il gatto si lasciò grattare la testa.
- Sei l’animale di uno studente? Ti sei perso?
Si affacciò alla porta per vedere se qualcuno lo stesse cercando, ma non si vedeva e non si sentiva nessuno.
Il gatto miagolò di nuovo, come se le stesse chiamando.
- Mi vuoi fare compagnia? - domandò – Va bene.
Lo prese in braccio e tornò alla sedia, si sedette e mise il gatto sulle gambe. Il felino si accoccolò e appoggiò la testolina sulle zampette.
Anathema gli diede una lunga carezza ricevendo in cambio delle sonore fusa.
- Saprai tornare dal tuo padrone. – mormorò prima di tornare al lavoro.
* * * *
Il pedone nero si mosse lentamente terminando la corsa in paio di caselle avanti.
- Torre in A-5.
La torre bianca di spostò in avanti senza fare rumore.
Il mago corrugò la fronte ragionando sulla prossima mossa.
Poteva sacrificare un pedone e provare un attacco frontale con l’alfiere.
Probabilmente il suo avversario ci aveva già pensato.
- Ragioni troppo. – lo rimproverò la strega seduta davanti.
- Vaglio ogni possibilità.
La sentì sbuffare contrariata e tirò le labbra in un sorriso sottile.
Fanny, dal suo trespolo, sonnecchiava, la testa nascosta sotto una grande ala.
Le lanciò uno sguardo contrariato, per quanto si sforzasse di cacciarla via quel maledetto pennuto non sembrava volerlo ascoltare.
Se ne andava solo quando sentiva di essere vicino alla fine; moriva e rinasceva da qualche parte per poi tornare ad Hogwarts.
Tornò a guardare la scacchiera.
- Terzo pedone a sinistra, F-6.
Il pezzo si mosse.
- Cavallo in F-6.
Il cavallo si avvicinò al pedone e lo distrusse in un colpo solo.
Severus prese i pezzi e li adagiò sulla scrivania.
- Da quando sei così impulsiva a giocare a scacchi?
- Sono vecchia, Severus. Gradirei non morire su questa sedia mentre aspetto che tu faccia la prossima mossa.
Silente ridacchiò alle sue spalle.
- Se ti annoi tanto perché accetti di giocare con me, Minerva?
- Vorresti giocare a whist con Vitius e Pomona?
- Ho l’aria di uno che gioca a whist? Torre in H-5.
La Vicepreside raccolse i pezzi dell’alfiere che la torre aveva distrutto.
- Secondo pedone a destra, B-3.
- Alfiere in…
Un forte rumore interruppe la quiete di quel tardo mattino.
Le temperature erano insolitamente miti, le finestre dell’ufficio erano aperte e arrivava ogni rumore forte proveniente dal parco.
Il suono arrivò di nuovo, questa volta più forte.
Un paio di pedoni si smontarono da soli per lo spavento. Fanny tirò fuori la testa dall’ala.
Lui si alzò velocemente dalla sedia e si affacciò alla finestra. Minerva lo seguì immediatamente, nonostante l’età, due guerre e un ginocchio ormai quasi fuori uso che la costringeva a camminare nelle giornate di pioggia con un bastone, dimostrando un’agilità degna del gatto in cui si trasformava.
Non fu difficile trovare la fonte del rumore: anche se distante, notò la classe di Divinazione del quinto anno di Serpeverde e Grifondoro, seduti nell’erba in fase di meditazione. Anathema camminava tra di loro tenendo in mano due grossi piatti da orchestra presi chissà dove, li faceva sbattere cercando di valutare il livello di concentrazione dei ragazzi. Da quella distanza non poteva esserne certo, ma gli sembrò che nessuno fosse disturbato dal suono fastidioso.
- Ho sentito dire che chiama il grammofono Jim. – disse Minerva, come lui stava fissando Anathema e la sua strana lezione di meditazione in giardino – Le hai detto delle lettere dei genitori?
Annuì tristemente ripensando alle lettere arrivate nelle settimane precedenti: alcuni genitori non avevano gradito l’estromissione del figlio dal corso.
- Non era sorpresa. – le spiegò osservando Juju mentre improvvisava un ballo sempre allo scopo di distrarre gli studenti – Credo che se lo aspettasse… oppure…- fece un vago cenno con la mano – l’avrà
letto da qualche parte.
Minerva rise.
- È brava. – disse – Sai che la moglie del mio terzo nipote è incinta, vero? – lui annuì – La gravidanza non è iniziata sotto una buona stella. Anathema mi ha detto di non preoccuparmi e che la mia famiglia sarà benedetta da un'altra leonessa.
- Un momento… - disse fissando la donna – hai chiesto ad Anathema una lettura di carte?
- Ovviamente no! – rispose l’altra – Sai che non credo a queste cose! È venuta lei questa mattina a dirmelo, senza che io le avessi accennato nulla. Dopo colazione è arrivato un gufo da mio nipote che mi confermava che la visita era andata bene, il problema era rientrato e che avrebbero avuto una femmina.
- Sono felice per te, Minerva.
Juju ha precisato
leonessa?
Nel momento esatto in cui si rese conto di quello che aveva detto avrebbe solo voluto sprofondare sottoterra a fare compagnia ad Albus.
-
Juju? - fece eco la strega stringendo le labbra per camuffare un sorriso – Non era il soprannome che le avevi dato quando eravate ragazzi?
- Mi è… scappato… - borbottò fissando Anathema che stava… imitando una gallina?
Scosse il capo, ma non si voltò a guardare Minerva.
- Bene, - continuò la donna dandogli una pacca sulla spalla prima di allontanarsi dalla finestra – posso ancora sperare.
Restò fermò a fissare la donna dalla finestra, la lezione era finita ed ora i ragazzi ridevano per via di tutti i modi in cui Anathema aveva provato a distrarli.
Non ne era certo, ma gli sembrava di sentire la sua risata da lì.
- Sperare in cosa, Minerva?
- Forse riesco a vederti felice prima di raggiungere Albus.
Immagini legate al capitolo 4
Regina Schroede
Jim! Adoro Jim! Sì, é un grammofono, ma é speciale!
Il gatto che Anathema si ritrova in aula
Minerva in presidenza che gioca a scacchi con Severus.
Sì, non é la Minerva dei film, ma Bing non collabora, quindi chiudiamo un occhio. E' quella che più si avvicina.