Il Calderone di Severus

Sfida Originali n. 2 - E qualcuno bussò al castello

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Anouk
view post Posted on 11/1/2020, 08:51 by: Anouk
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Visto che dopo Natale ho fatto qualche giorno al mare mi è venuta questa storiella.
Il castello c'è davvero ma ha una storia decisamente più dignitosa, così come il paese, e non hanno niente a che vedere con quello che mi sono inventata.


IL BORGO SEGRETO DI TUTTI

Era un piccolo castelletto sul mare, arroccato su uno scoglio anche se senza pretese.
Nessuna fanciulla si era gettata per amore tra i flutti, nessuna sirena era sbucata magicamente dalla spuma delle onde, e nemmeno valenti cavalieri avevano dovuto combattere strenuamente per difenderne le mura.
Pare risalesse al XIII secolo (addirittura?) costruito come punto di avvistamento per eventuali attacchi dal mare verso il borgo, attacchi che per fortuna non si erano verificati mai, ma, diamine, un po' di sangue, qualche scaramuccia tra signorotti e pescatori avrebbe fatto turismo oggigiorno.
Poi col tempo era andato in rovina.
Quattro sassi senza valore.
E poi doveva intervenire il comune, si diceva.
Una tiritera che sentivo fin da quando ero bambina, ma forse c'era ancora un erede.
Un erede?
Ma dai... mica era un nobile bastione! Era poco più di un fortino, anche se con la sua dignitosa presenza. Ma si sa, in paese una voce diventa subito un fatto e se poi non è certa, acquista ancor più spessore.
Sarà un duca? O un marchese? Ma no, un principe...
Sì dai, un imperatore, già che ci siamo.
Se tutto va bene c'è un ignaro tabacchino due paesi più in là che non sa che un prozio ha sbagliato una qualche trascrizione ed è meglio che non lo sappia o magari gli tocca pure pagare qualcosa.


Io ricordo solo che a noi ragazzi ci piaceva andarci di nascosto.
La sera, quando faceva buio, era l'ideale, ma a volte anche di pomeriggio, qui non siamo mica in una località turistica. Il rischio di essere beccati era minimo.
C'era uno sbrego nella rete di protezione e ci si sgattaiolava dentro con l'eccitazione di chi sgarra una regola.
Quante volte mi sono graffiata il braccio o il polpaccio, a seconda di come mi ci infilavo, e tra di noi si rideva di quei graffi: due righe parallele date dai fili di ferro tranciati, quasi un marchio di cui vantarsi.
E sempre nella speranza che il richiamo dell'antitetanica fosse ancora efficace.
E ci affacciavamo incoscienti da quelle rocce traballanti, nessuno era ingegnere, non ancora almeno. Ma allora non sapevamo cosa fosse un controllo di tenuta o un restauro conservativo. Noi dovevamo vedere il mare di sotto perché quello all'orizzonte non ci bastava.
E quante notti ce ne siamo stati lì sdraiati a guardare il cielo, uno dei più belli al mondo, dandolo per scontato come si fa da giovani, quando pensi che tutto durerà per sempre, perché tanto se cambia in qualche modo farò. Perché non sai cos'è la malinconia che si accentua col passare degli anni, rendendo quelle memorie dolci e dolorose al contempo.

E ricordo bene la prima sigaretta con Sara, sempre presente se c'era da fare una cazzata. Continuavamo a guardarci attorno colpevoli trattenendo a fatica un colpo di tosse per sembrare disinvolte e sentirci un po' più grandi.
E diamine, ricordo anche il mio primo bacio rubatomi da Luca, e io che non volevo fosse con lui, perché non erano le sue labbra che guardavo con desiderio.
I miei occhi accarezzavano altre braccia, scorrevano lungo la linea del collo di un altro ragazzo che non si accorgeva della mia esistenza.
O questo è quello che credevo. Se ci penso adesso sono convinta di aver accresciuto un po' la sua vanità coi miei sguardi languidi e i miei sospiri sommessi.

E poi sono arrivati quei tizi in giacca e camicia azzurra, con cartelle, progetti, misure. Parlavano a voce alta e gesticolavano come se sapessero tutto loro. Quello era il nostro castello!
È necessario, è pericoloso, era ora, dicevano in paese.
Pare ci faranno un museo.
Un museo? Di che?
Qui siamo stati solo pescatori da sempre e per dirla tutta non c'è più nessuno che ci campa con la pesca.
Ma sì, qualche rete, un piccolo gozzo all'ingresso e delle foto virate seppia per l'effetto storia.
Ma chi faceva le foto qui? Giusto ai matrimoni.
Invece hanno chiesto la collaborazione di tutti, chi ha delle vecchie foto le porti, ve le restituiamo, per carità!
Eh sì, perché poi fanno la copia, dicevano le donne improvvisamente esperte di tecnologia.
Bah, io ho delle foto di mio zio Sergio, a tavola, quella volta che è venuto a trovarci, con le pupille rosse per il flash e la bottiglia dell'acqua Boario che gli copre mezza faccia, dici che può andare?
E tutti a chiedere al professore, lo storico insegnante del borgo.
Magari lui ha un archivio di vecchie immagini. Ma dico io, insegnava a leggere, scrivere e far di conto, mica era un fotografo.
Al limite ti può raccontare di come i bambini fossero intimoriti di fronte a lui, di come regnasse un silenzio assoluto durante le sue lezioni. Lui era la persona colta, col dottore e il parroco, adesso invece ci sono tutti questi baldi giovani, con la loro laurea in tuttologia-dei-beni-culturali.

Quello era il nostro castello, quello dei momenti speciali che non sapevamo di vivere. Il più magico tra i bastioni che nessuna valorizzazione culturale potrà davvero raccontare.
Ma in fondo, tra i nostri ricordi loro sono riusciti a non farci scrivere il capitolo di quel giovane sfracellato sugli scogli perché la merlatura aveva ceduto.
Senza che noi lo capissimo loro sono arrivati in tempo.
Perché le regole non vanno sempre d'accordo con la poesia.

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